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Rivista Maria Ausiliatrice: 2000-2012
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1 aprile: Santa IRENE (e sorelle)
***
S.
Irene (e sorelle Agape, Chionia), martiri (+304) ***
Non è follia ma pietà
E' una storia bella e commovente
quella di Irene e delle sorelle, martiri a Tessalonica nel 304,
per avere rifiutato di consegnare i Libri Sacri (la Bibbia) che
possedevano e leggevano assiduamente. E' una storia di martiri di
cui si hanno notizie discretamente fondate, in un periodo estremamente
difficile per vivere la fede cristiana per i discepoli e le discepole
di Cristo. E i martiri in quel periodo (persecuzione di Diocleziano)
furono tantissimi. Non si conosce il numero esatto, perché
non esistono resoconti di tutte le morti ordinate dai funzionari
imperiali, e non tutto è finito negli Archivi. Ma Dio che
ne conosce il numero non dimentica nessuno di questi suoi servi
che l'hanno onorato e glorificato anche a costo della propria vita.
Questi martiri cristiani erano cittadini romani o comunque sudditi
dell'Impero Romano, che vivevano, lavorano seguendo le leggi dello
Stato. Non erano dei ribelli contro l'ordine pubblico, seguivano
semplicemente la fede cristiana. Possiamo chiederci qual era in
generale, l'atteggiamento degli scrittori cristiani (e semplici
fedeli) verso l'Impero. E' utile saperlo per capire meglio.
Atteggiamento dei cristiani
verso l'Impero
Secondo gli storici due
furono due gli atteggiamenti più rilevanti.
Il primo: basandosi su Rm 13 e sugli Atti degli Apostoli, gli apologisti
affermavano che i cristiani erano cittadini come gli altri, rispettosi
delle leggi, pagavano le tasse imperiali e pregavano per l'imperatore,
dando così un sostegno spirituale perché le autorità
governassero con giustizia. L'idea di fondo: i cristiani, pur non
adorando gli dei di Roma, potevano essere ed erano dei buoni Romani,
non diversamente dagli altri. Quindi gli imperatori dovevano lasciar
libertà di culto anche ai cristiani.
Il secondo si ha con Tertulliano, importante autore cristiano. Questi
invece era di parere diverso, preferendo la tradizione dell'Apocalisse.
Per lui l'intera vita sociale e la presenza stessa dell'Impero era
rovinata dall'idolatria in generale ma specialmente da quella verso
l'imperatore (era visto come un dio). I cristiani quindi non potevano
mettersi al servizio di lui. Prevaleva, in questo secondo, le visioni
apocalittiche del drago rosso e della cattiva Babilonia (ambedue richiami
velati alla Roma imperiale, che opprimeva e perseguitava i cristiani).
Come corollario al primo atteggiamento c'era anche l'opinione di alcuni
scrittori che affermavano che solo gli imperatori "cattivi"
(che non capivano l'apporto positivo dei cristiani alla vita pubblica)
avevano perseguitato i discepoli di Cristo.
Diocleziano imperatore:
solo "cattivo"?
Certamente tra questi
"cattivi" i libri di Storia della Chiesa mettono, a ragione,
Diocleziano (284-305), un generale dell'esercito romano, arrivato
al potere più alto tra congiure, usurpazioni e omicidi vari.
Da buon soldato pianificò e organizzò in maniera ferrea
e spietata la persecuzione dei cristiani. Avendo prima riorganizzato
la macchina statale nell'amministrazione, nella finanza e nell'esercito,
e volendo restaurare gli antichi culti pagani, lo scontro con il cristianesimo
era inevitabile. Come difatti avvenne con la più lunga e feroce
persecuzione. E dire che, così sembra, anche la moglie Prisca
e la figlia Valeria erano almeno simpatizzanti della nuova religione!
Il vero ispiratore della sua azione persecutoria non fu tanto Galerio
(uno dei due Cesari, cioè successori designati) che era un
soldato duro quanto preoccupato solamente della disciplina dell'esercito,
ma un certo Ierocle, filosofo neoplatonico che combatteva il cristianesimo
anche con gli scritti (in Erba A.M.- P. Guiducci, La Chiesa nella
Storia, Elledici, Torino 2003, p. 72).
E arrivarono i famosi 4 Editti imperiali, di forma sempre più
repressiva. Il primo dei quali fu proprio all'origine del martirio
di Irene e sorelle a Tessalonica (oggi Salonicco), città che
aveva una fiorente e importante comunità di cristiani. Il primo
editto "comandava che le chiese fossero rase al suolo e le Sacre
Scritture date alle fiamme". Contemporaneamente "si proclamava
che i cristiani investiti di cariche erano scaduti e che gli schiavi
perdevano il diritto di emancipazione, se persistevano nella professione
del Cristianesimo". Quelli che "consegnavano" (in latino
'tradere') i Libri Sacri furono chiamati i Traditores, e diventavano
così un nuova classe di Lapsi (cioè quelli che, dietro
minacce di morte, avevano rinnegato la fede). La persecuzione fu lunga
e violenta, da oriente ad occidente, dai vertici dell'Impero fino
ai funzionari di periferia. Scrisse Lattanzio, uno scrittore cristiano,
"Il mondo intero era vessato, da oriente ad occidente incrudelivano
tre belve crudelissime". Solo Costanzo Cloro (il padre di Costantino,
futuro imperatore), in Gallia e Britannia, non fu feroce applicando
solo il primo degli editti.
Processo e interrogatorio
delle sorelle
In questa persecuzione
mancano le figure di primo piano tra i martiri venerati, benché
siano state molte le vittime. Questo è anche un segno che il
Cristianesimo era penetrato in profondità ed era ormai diventato
popolare. Una prova sono i racconti che si hanno di vari martirii
in Palestina, in Tebaide, ed in tante altre parti..
Anche a Tessalonica. Ci sono due Racconti o Passiones del martirio
di Irene e sorelle. Quella latina è assolutamente inaffidabile,
e quindi la lasciamo da parte, subito. Invece quella greca è
autentica, ed il merito di aver scoperto la sua autenticità
è dello studioso P. Franchi de' Cavalieri (1902). Certo non
è possibile ricostruire tutta la vita di Irene e delle sorelle.
Secondo qualche studioso, diventate cristiane vennero battezzate,
assumendo i nomi altamente simbolici che conosciamo (Irene, pace;
Agape, Carità, Chionia, bianca come neve). Probabilmente venivano
da Aquileia (Friuli) ed erano ricche e di nobili origini, possedendo
una casa nella città. Erano viste dagli altri fedeli come modello
di vita cristiana: ad Irene fu addirittura affidato il compito di
custodire i Libri Sacri, cioè la Parola di Dio.
Fu nel 303 che arrivò l'Editto di Nicomedia da parte di Diocleziano,
ordinando la distruzione dei Libri Sacri. Le sorelle non tradirono
la loro fede e si rifugiarono in montagna pregando e soffrendo per
quella persecuzione contro i cristiani. Dagli Atti del Processo:
Il governatore (si chiamava Dulcezio) disse: "L'anno scorso quando
fu diffuso per la prima volta tale ordine dei nostri signori, gli
Imperatori e Cesari, dove vi nascondeste?
Irene disse: "Dove ha voluto Dio, sui monti, Dio lo vede a cielo
aperto".
Il governatore disse: "In casa di chi eravate?".
Irene disse: "Vivevamo allo scoperto, ora su un monte, ora su
un altro".
L governatore disse: "Chi vi forniva il pane?".
Irene disse: "Dio, che lo fornisce a tutti".
Il governatore disse: "Vostro padre ne era informato?".
Irene disse: Giuro per Dio Onnipotente che non ne era informato".
Non si conoscono le circostanze nelle quali le sorelle furono prese.
Ma nel marzo del 304 il governatore Dulcezio eseguì gli ordini
di Diocleziano. Dagli Atti del processo:
Il governatore Dulcezio disse: "Tu che ne dici Irene? Perché
non hai ubbidito al comando dei nostri signori imperatori e Cesari?".
Irene disse: "Per timore di Dio".
Il governatore disse: "Tu Chionia, che dici?"
Chionia disse: "Credo nel Dio vivente e non faccio questo"
.
E il governatore aggiunse: "Tu, Agape, che dici? Vuoi fare tutto
quello che noi, persone pie, facciamo per i nostri signori imperatori
e Cesari?".
Agape disse: "Questo non è facile per Satana, egli non
piega il mio ragionamento, il nostro ragionamento è invincibile".
Il governatore disse: "Tu, Chionia, che dici?".
Chionia disse: "Nessuno può far cambiare il nostro ragionamento".
Morte sul rogo di Agape
e Chionia
Allora Dulcezio, visto
il loro ostinato rifiuto a rinunciare alla loro fede pronunciò
la terribile sentenza: "Poiché Agape e Chionia, con animo
ribelle, hanno nutrito opinioni contrarie ad divino decreto dei nostri
Signori Augusti e Cesari, ed inoltre venerano il culto dei cristiani,
vano, antiquato ed odioso a tutte le persone pie, ho ordinato che
siano messe al rogo". E poi ordinò anche alcuni altri
cristiani, tra i quali Irene, a causa della giovane età, fossero
messe in prigione.
Passati alcuni giorni furono trovati, nella loro casa, gli scrigni
appartenenti ad Irene e contenenti i Libri Sacri, che secondo l'Editto
imperiale dovevano essere consegnati e distrutti. Irene fu nuovamente
condotta davanti al governatore Dulcezio per un altro lungo ed estenuante
interrogatorio. Lo affrontò con coraggio e senza alcun timore.
Il governatore la invitò nuovamente ad obbedire all'Editto
dell'imperatore, rinnegando tutto
anche il ricordo delle due
sorelle già uccise. Ella con decisione rispose: "No, non
posso farlo a causa di Dio onnipotente che ha creato il cielo e la
terra e i mari e tutto ciò che sta in essi: grande infatti
è la punizione del tormento eterno per coloro che trasgrediscono
il verbo di Dio". La interrogò inoltre sul periodo passato
sui monti e se altre persone avevano avuto la possibilità di
leggere i Libri Sacri (voleva scoprire eventuali complici). Irene
gli rispose: "Stavano in casa nostra e non osavamo portarli fuori".
Poi soggiunse con coraggio: "Perciò per il resto del tempo
eravamo in grande afflizione, perché non potevamo consacrarci
ad esse giorno e notte, come facevamo appunto all'inizio, fino al
giorno in cui, l'anno scorso, li nascondemmo". Irene quindi non
fa nessun nome dei suoi amici cristiani.
Condanna di Irene
Ed ecco la seconda sentenza:
"Le tue sorelle, conformemente all'ordine impartito, furono bruciate
vive secondo la sentenza. Quanta a te, perché sei stata colpevole
anche in precedenza, sia per la fuga, sia per aver nascosto questi
scritti e queste pergamene, io ordino che tu non sia affatto privata
della vita alla stessa maniera, ma ordino che
sia esposta nuda
in un bordello, ricevendo dal palazzo un unico pane al giorno
".
Dulcezio fece requisire i cofanetti con i gioielli di Irene e fece
bruciare li Libri Sacri.
Non era ancora la condanna definitiva, ma per adesso una dura e violenta
intimidazione, nella speranza che Irene accettasse e magari rivelasse
i nomi dei complici di fede. Il racconto dice anche che Irene, nel
bordello, nonostante la sua avvenenza e giovane età, nessuno
osò toccarla o ingiuriarla.
La minaccia del governatore si era rivelata quindi inutile. Irene
non rinnegava niente e non si piegava agli ordini dell'imperatore.
La fece chiamare di nuovo in tribunale e le disse: "Persisti
sempre nella follia?". Irene disse: "Non è follia
ma pietà".
Ed ecco la sentenza definitiva che significava martirio sul rogo come
le sorelle: "Poiché Irene non ha voluto ubbidire all'ordine
degli imperatori e sacrificare, e per di più venera una setta
detta cristiana, per questo motivo, come anche in precedenza le sue
sorelle, ho ordinato che anch'essa sia bruciata viva
".
Correva l'anno 304 dopo Cristo, quando Irene preferì morire
martire per Cristo che vivere la vita senza Cristo.