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1 aprile: Santa IRENE (e sorelle)
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S. Irene (e sorelle Agape, Chionia), martiri (+304) ***

Non è follia ma pietà

E' una storia bella e commovente quella di Irene e delle sorelle, martiri a Tessalonica nel 304, per avere rifiutato di consegnare i Libri Sacri (la Bibbia) che possedevano e leggevano assiduamente. E' una storia di martiri di cui si hanno notizie discretamente fondate, in un periodo estremamente difficile per vivere la fede cristiana per i discepoli e le discepole di Cristo. E i martiri in quel periodo (persecuzione di Diocleziano) furono tantissimi. Non si conosce il numero esatto, perché non esistono resoconti di tutte le morti ordinate dai funzionari imperiali, e non tutto è finito negli Archivi. Ma Dio che ne conosce il numero non dimentica nessuno di questi suoi servi che l'hanno onorato e glorificato anche a costo della propria vita.
Questi martiri cristiani erano cittadini romani o comunque sudditi dell'Impero Romano, che vivevano, lavorano seguendo le leggi dello Stato. Non erano dei ribelli contro l'ordine pubblico, seguivano semplicemente la fede cristiana. Possiamo chiederci qual era in generale, l'atteggiamento degli scrittori cristiani (e semplici fedeli) verso l'Impero. E' utile saperlo per capire meglio.

Atteggiamento dei cristiani verso l'Impero

Secondo gli storici due furono due gli atteggiamenti più rilevanti.
Il primo: basandosi su Rm 13 e sugli Atti degli Apostoli, gli apologisti affermavano che i cristiani erano cittadini come gli altri, rispettosi delle leggi, pagavano le tasse imperiali e pregavano per l'imperatore, dando così un sostegno spirituale perché le autorità governassero con giustizia. L'idea di fondo: i cristiani, pur non adorando gli dei di Roma, potevano essere ed erano dei buoni Romani, non diversamente dagli altri. Quindi gli imperatori dovevano lasciar libertà di culto anche ai cristiani.
Il secondo si ha con Tertulliano, importante autore cristiano. Questi invece era di parere diverso, preferendo la tradizione dell'Apocalisse. Per lui l'intera vita sociale e la presenza stessa dell'Impero era rovinata dall'idolatria in generale ma specialmente da quella verso l'imperatore (era visto come un dio). I cristiani quindi non potevano mettersi al servizio di lui. Prevaleva, in questo secondo, le visioni apocalittiche del drago rosso e della cattiva Babilonia (ambedue richiami velati alla Roma imperiale, che opprimeva e perseguitava i cristiani).
Come corollario al primo atteggiamento c'era anche l'opinione di alcuni scrittori che affermavano che solo gli imperatori "cattivi" (che non capivano l'apporto positivo dei cristiani alla vita pubblica) avevano perseguitato i discepoli di Cristo.

Diocleziano imperatore: solo "cattivo"?

Certamente tra questi "cattivi" i libri di Storia della Chiesa mettono, a ragione, Diocleziano (284-305), un generale dell'esercito romano, arrivato al potere più alto tra congiure, usurpazioni e omicidi vari. Da buon soldato pianificò e organizzò in maniera ferrea e spietata la persecuzione dei cristiani. Avendo prima riorganizzato la macchina statale nell'amministrazione, nella finanza e nell'esercito, e volendo restaurare gli antichi culti pagani, lo scontro con il cristianesimo era inevitabile. Come difatti avvenne con la più lunga e feroce persecuzione. E dire che, così sembra, anche la moglie Prisca e la figlia Valeria erano almeno simpatizzanti della nuova religione!
Il vero ispiratore della sua azione persecutoria non fu tanto Galerio (uno dei due Cesari, cioè successori designati) che era un soldato duro quanto preoccupato solamente della disciplina dell'esercito, ma un certo Ierocle, filosofo neoplatonico che combatteva il cristianesimo anche con gli scritti (in Erba A.M.- P. Guiducci, La Chiesa nella Storia, Elledici, Torino 2003, p. 72).
E arrivarono i famosi 4 Editti imperiali, di forma sempre più repressiva. Il primo dei quali fu proprio all'origine del martirio di Irene e sorelle a Tessalonica (oggi Salonicco), città che aveva una fiorente e importante comunità di cristiani. Il primo editto "comandava che le chiese fossero rase al suolo e le Sacre Scritture date alle fiamme". Contemporaneamente "si proclamava che i cristiani investiti di cariche erano scaduti e che gli schiavi perdevano il diritto di emancipazione, se persistevano nella professione del Cristianesimo". Quelli che "consegnavano" (in latino 'tradere') i Libri Sacri furono chiamati i Traditores, e diventavano così un nuova classe di Lapsi (cioè quelli che, dietro minacce di morte, avevano rinnegato la fede). La persecuzione fu lunga e violenta, da oriente ad occidente, dai vertici dell'Impero fino ai funzionari di periferia. Scrisse Lattanzio, uno scrittore cristiano, "Il mondo intero era vessato, da oriente ad occidente incrudelivano tre belve crudelissime". Solo Costanzo Cloro (il padre di Costantino, futuro imperatore), in Gallia e Britannia, non fu feroce applicando solo il primo degli editti.

Processo e interrogatorio delle sorelle

In questa persecuzione mancano le figure di primo piano tra i martiri venerati, benché siano state molte le vittime. Questo è anche un segno che il Cristianesimo era penetrato in profondità ed era ormai diventato popolare. Una prova sono i racconti che si hanno di vari martirii in Palestina, in Tebaide, ed in tante altre parti..
Anche a Tessalonica. Ci sono due Racconti o Passiones del martirio di Irene e sorelle. Quella latina è assolutamente inaffidabile, e quindi la lasciamo da parte, subito. Invece quella greca è autentica, ed il merito di aver scoperto la sua autenticità è dello studioso P. Franchi de' Cavalieri (1902). Certo non è possibile ricostruire tutta la vita di Irene e delle sorelle. Secondo qualche studioso, diventate cristiane vennero battezzate, assumendo i nomi altamente simbolici che conosciamo (Irene, pace; Agape, Carità, Chionia, bianca come neve). Probabilmente venivano da Aquileia (Friuli) ed erano ricche e di nobili origini, possedendo una casa nella città. Erano viste dagli altri fedeli come modello di vita cristiana: ad Irene fu addirittura affidato il compito di custodire i Libri Sacri, cioè la Parola di Dio.
Fu nel 303 che arrivò l'Editto di Nicomedia da parte di Diocleziano, ordinando la distruzione dei Libri Sacri. Le sorelle non tradirono la loro fede e si rifugiarono in montagna pregando e soffrendo per quella persecuzione contro i cristiani. Dagli Atti del Processo:
Il governatore (si chiamava Dulcezio) disse: "L'anno scorso quando fu diffuso per la prima volta tale ordine dei nostri signori, gli Imperatori e Cesari, dove vi nascondeste?
Irene disse: "Dove ha voluto Dio, sui monti, Dio lo vede a cielo aperto".
Il governatore disse: "In casa di chi eravate?".
Irene disse: "Vivevamo allo scoperto, ora su un monte, ora su un altro".
L governatore disse: "Chi vi forniva il pane?".
Irene disse: "Dio, che lo fornisce a tutti".
Il governatore disse: "Vostro padre ne era informato?".
Irene disse: Giuro per Dio Onnipotente che non ne era informato".
Non si conoscono le circostanze nelle quali le sorelle furono prese. Ma nel marzo del 304 il governatore Dulcezio eseguì gli ordini di Diocleziano. Dagli Atti del processo:
Il governatore Dulcezio disse: "Tu che ne dici Irene? Perché non hai ubbidito al comando dei nostri signori imperatori e Cesari?".
Irene disse: "Per timore di Dio".
Il governatore disse: "Tu Chionia, che dici?"
Chionia disse: "Credo nel Dio vivente e non faccio questo" ….
E il governatore aggiunse: "Tu, Agape, che dici? Vuoi fare tutto quello che noi, persone pie, facciamo per i nostri signori imperatori e Cesari?".
Agape disse: "Questo non è facile per Satana, egli non piega il mio ragionamento, il nostro ragionamento è invincibile".
Il governatore disse: "Tu, Chionia, che dici?".
Chionia disse: "Nessuno può far cambiare il nostro ragionamento".

Morte sul rogo di Agape e Chionia

Allora Dulcezio, visto il loro ostinato rifiuto a rinunciare alla loro fede pronunciò la terribile sentenza: "Poiché Agape e Chionia, con animo ribelle, hanno nutrito opinioni contrarie ad divino decreto dei nostri Signori Augusti e Cesari, ed inoltre venerano il culto dei cristiani, vano, antiquato ed odioso a tutte le persone pie, ho ordinato che siano messe al rogo". E poi ordinò anche alcuni altri cristiani, tra i quali Irene, a causa della giovane età, fossero messe in prigione.
Passati alcuni giorni furono trovati, nella loro casa, gli scrigni appartenenti ad Irene e contenenti i Libri Sacri, che secondo l'Editto imperiale dovevano essere consegnati e distrutti. Irene fu nuovamente condotta davanti al governatore Dulcezio per un altro lungo ed estenuante interrogatorio. Lo affrontò con coraggio e senza alcun timore. Il governatore la invitò nuovamente ad obbedire all'Editto dell'imperatore, rinnegando tutto… anche il ricordo delle due sorelle già uccise. Ella con decisione rispose: "No, non posso farlo a causa di Dio onnipotente che ha creato il cielo e la terra e i mari e tutto ciò che sta in essi: grande infatti è la punizione del tormento eterno per coloro che trasgrediscono il verbo di Dio". La interrogò inoltre sul periodo passato sui monti e se altre persone avevano avuto la possibilità di leggere i Libri Sacri (voleva scoprire eventuali complici). Irene gli rispose: "Stavano in casa nostra e non osavamo portarli fuori". Poi soggiunse con coraggio: "Perciò per il resto del tempo eravamo in grande afflizione, perché non potevamo consacrarci ad esse giorno e notte, come facevamo appunto all'inizio, fino al giorno in cui, l'anno scorso, li nascondemmo". Irene quindi non fa nessun nome dei suoi amici cristiani.

Condanna di Irene

Ed ecco la seconda sentenza: "Le tue sorelle, conformemente all'ordine impartito, furono bruciate vive secondo la sentenza. Quanta a te, perché sei stata colpevole anche in precedenza, sia per la fuga, sia per aver nascosto questi scritti e queste pergamene, io ordino che tu non sia affatto privata della vita alla stessa maniera, ma ordino che… sia esposta nuda in un bordello, ricevendo dal palazzo un unico pane al giorno…". Dulcezio fece requisire i cofanetti con i gioielli di Irene e fece bruciare li Libri Sacri.
Non era ancora la condanna definitiva, ma per adesso una dura e violenta intimidazione, nella speranza che Irene accettasse e magari rivelasse i nomi dei complici di fede. Il racconto dice anche che Irene, nel bordello, nonostante la sua avvenenza e giovane età, nessuno osò toccarla o ingiuriarla.
La minaccia del governatore si era rivelata quindi inutile. Irene non rinnegava niente e non si piegava agli ordini dell'imperatore. La fece chiamare di nuovo in tribunale e le disse: "Persisti sempre nella follia?". Irene disse: "Non è follia ma pietà".
Ed ecco la sentenza definitiva che significava martirio sul rogo come le sorelle: "Poiché Irene non ha voluto ubbidire all'ordine degli imperatori e sacrificare, e per di più venera una setta detta cristiana, per questo motivo, come anche in precedenza le sue sorelle, ho ordinato che anch'essa sia bruciata viva…".
Correva l'anno 304 dopo Cristo, quando Irene preferì morire martire per Cristo che vivere la vita senza Cristo.

Mario SCUDU sdb - Torino


*** Tratto dal volume:

MARIO SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 San
te e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino


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