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Rivista Maria Ausiliatrice: 2000-2012
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12 aprile: Santa Teresa De Los
ANDES ***
S. Teresa
de Los Andes (1900-1920), monaca carmelitana ***
Andiamo
in cielo?
Il Dio dei cristiani non è
un solitario dei cieli, chiuso in se stesso perché infinitamente
e felicemente autosufficiente. No, infatti ama la compagnia dei
propri simili (la Trinità), ma anche la nostra compagnia
che non è sempre gratificante. Chiede perfino la collaborazione
di noi umani che, per definizione e purtroppo in realtà,
siamo peccatori e propensi a dimenticarci di lui. Ad attestarci
tutto questo basta il famoso incipit della Lettera agli Ebrei, sintetico
quanto significativo: "Nei tempi passati Dio parlò molte
volte e in molti modi ai nostri padri
.". Ma anche oggi
Dio parla a noi ogni giorno e in molti modi
se vogliamo ascoltarlo
e lo fa perché ci ama. Sono stati i santi quelli che più
lo hanno ascoltato e hanno saputo decifrare le modalità con
cui parlava loro.
S. Francesco di Sales ha espresso lo stesso pensiero scrivendo:
"S. Antonio, S. Francesco, S. Anselmo e mille altri ricevevano
spesso ispirazioni tramite la vista delle creature. Il mezzo ordinario
è la predicazione, ma talvolta coloro a cui non porta profitto
la parola, sono istruiti dalla tribolazione
S. Antonio ascoltando
il vangelo che si legge nella messa; S. Agostino udendo il racconto
della vita di S. Antonio
S. Pacomio osservando un esempio
di carità; il beato Ignazio di Loyola leggendo la vita dei
santi" (in Trattato dell'Amor di Dio, VIII,10).
Anche nella vita di S. Teresa de Los Andes troviamo molte "parole"
o "input" da parte di Dio che l'aiutarono nella strada
della santità, raggiunta in appena vent'anni. Uno dei primi
è stato il suo cappellano. A Teresa bambina che, mentre guardava
con occhi pieni di meraviglia le alte montagne delle Ande, chiedeva:
"Andiamo in cielo?", rispondeva: "Quando saremo arrivati
lassù mancherà ancora molto, moltissimo per arrivare
al cielo". E le faceva capire che c'era una strada più
breve nel Tabernacolo della cappella, davanti a Gesù. Il
cielo era già là. E lei, capito il messaggio, correva
a rifugiarsi proprio lì dentro
per un po' di cielo.
Anche durante i mesi estivi che Juanita passava correndo e andando
a cavallo nella "hacienda" del nonno, ebbe l'occasione
molte volte di osservarlo mentre recitava il rosario per ore intere,
parlando quindi con la Madonna.
Messaggi, ispirazioni, buoni esempi, begli incontri che uniti alla
sua buona volontà (e naturalmente alla grazia di Dio) l'hanno
aiutata nel suo cammino spirituale fino alla vetta altissima della
santità.
La dura battaglia contro il proprio
io orgoglioso
Juana Fernandez Solar è nata a Santiago del Cile il 13 luglio
1900, crebbe insieme a tre fratelli e due sorelle, in una famiglia
agiata economicamente e religiosamente praticante. Era di carattere
un po' difficile: egoista, orgogliosa, ostinata, vanitosa, con tutto
ciò che questo può significare nel quotidiano famigliare.
Ma era anche intelligente, simpatica, sportiva e generosa. Lei stessa
fa una breve presentazione di se stessa nel suo Diario: "Gesù
non volle che io nascessi povera come Lui. Io nacqui in mezzo alle
ricchezze, vezzeggiata da tutti
Fin da piccola mi dicevano
che ero la più carina dei miei fratelli. Io non ci badavo.
Tuttavia queste stesse parole me le ripetevano quando ero già
grande di nascosto dalla mamma, che non avrebbe voluto. Solo Dio
sa quello che mi è costato distruggere questo orgoglio o
vanità che si impadronì del mio cuore, quando fui
più grande
". Quindi Juanita, come veniva chiamata,
non è nata santa, lo è diventata anche con la lotta
su se stessa, contro i propri difetti che tutti abbiamo, scegliendo
il bene ed evitando il male giorno dopo giorno e vincendo, con pazienza,
qualche difetto che anche lei aveva. Per esempio: la capacità
di perdonare. Preparandosi alla Prima Comunione fece il proposito
di non lasciar passare la giornata senza chiedere perdono alle persone
eventualmente offese dal proprio comportamento, specialmente in
famiglia con i tre fratellini molto vivaci.
Fece anche il proposito di non perdere la pazienza. "Mamma
era felice di vedermi preparare così bene alla Prima Comunione
Non bisticciavo più con gli altri bambini, e a volte mi mordevo
le labbra
Nessuno riusciva a farmi perdere la pazienza, anche
se i miei fratellini mi provocavano di proposito e mi dicevano mille
cose per farmi arrabbiare". Test di pazienza superato e non
è poco all'età di sette anni e con 'esaminatori' così
creativi come i fratellini. Anche così si preparava al grande
incontro con Gesù nell'Eucarestia.
Altra piccola cosa ma grande per lei: per vincere la vanità
che sentiva crescere aveva promesso a Lui di non guardarsi allo
specchio! Piccole cose, ma fatte per amore che aiutano nel cammino
verso la santità. La Prima Comunione fu per lei e per il
suo cammino spirituale una tappa fondamentale e decisiva. In quell'occasione
ricevette grazie mistiche di locuzioni interiori che durarono tutta
la vita. Scrisse nel Diario: "Non riuscirei ad esprimere quello
che passò tra Gesù e la mia anima. Gli chiesi mille
volte di prendermi e sentivo per la prima volta la sua voce amata.
Ah, Gesù, io ti amo e ti adoro". Qui sta la radice della
sua santità: l'amore a Gesù, vissuto da autentica
innamorata, anche se ancora bambina.
"Gesù ha preso il comando della mia barchetta"
Gesù cominciava ad essere il suo grande e unico Amore. E
lo fu fino sempre più intensamente fino alla fine. Quando
un giorno era triste e piangeva per la mancata visita della sorella,
guardando l'immagine del S. Cuore, così scrisse nel Diario,
"Sentii una voce molto dolce che mi diceva: "Come, Juanita,
io me ne sto solo nel tabernacolo per amore tuo, e tu non riesci
a stare sola un momento con me?". Ed Egli cominciò a
parlarmi. E io stavo ore intere ad ascoltarlo, tanto che mi piaceva
molto stare sola. E Lui mi insegnava come dovevo soffrire, senza
lamentarmi, e come restare intimamente unita a Lui. Mi disse anzi
che mi voleva per Lui e che desiderava che io mi facessi carmelitana.
Ah, è inimmaginabile quello che Dio faceva alla mia anima.
In quel tempo io non vivevo in me stessa. Era Lui che viveva in
me
Facevo tutto per Gesù e con Gesù. Nostro
Signore mi indicò come fine la santità, spiegandomi
che l'avrei raggiunta facendo il meglio che potevo".
Interessante anche il piccolo particolare delle orchidee 'regalate'
da lei a Gesù. Le aveva ricevute da un dottore che l'aveva
operata e che era rimasto colpito dal suo atteggiamento (lei aveva
perfino baciato il Crocifisso dicendo "Tra poco ci vedremo
faccia a faccia. Addio"!). Scrisse: "Era la prima volta
che mi regalavano dei fiori. E li mandai a Gesù. Questo sacrificio
mi costò molto. Però lo feci".
Durante la convalescenza un giorno incontrò un bambino mal
vestito ed affamato. Lei se ne prese cura, gli procurò vestiti
(adattando quelli dei fratellini) e gli diede da mangiare ospitandolo
a casa. Finchè conobbe anche la madre, povera e abbandonata
dal marito. Per aiutarlo, mise all'asta anche il suo orologio. Ma
fece di più: lo preparò insegnandogli il catechismo
a ricevere i Sacramenti. In pratica lo adottò. Questo ci
mostra il suo animo sensibile e generoso.
Arrivata all'età fatidica dei quindici anni scrisse nel Diario:
"Quindici anni sono per una ragazza l'età più
pericolosa: l'ingresso nel mare tempestoso del mondo. Ma Gesù
ha preso il comando della mia barchetta". Ed intanto maturava
in lei l'idea del Carmelo, anche se prevedeva molte difficoltà
nel realizzarla. Ma non si scoraggiò.
Anche S. Teresa di Lisieux le diede una mano
con la sua "Storia
di un'anima" che Juanita cominciò a leggere con attenzione:
l'idea della 'piccola via' alla santità fatta di tante piccole
cose, azioni, pensieri, sacrifici per amore di Dio fece presa su
di lei. Una grande decisione per lei fu il voto di verginità.
Così scrisse nel Diario: "Oggi all'età di quindici
anni, alla presenza della Ss. Trinità, della Vergine Maria
e di tutti i santi del cielo, faccio voto di non volere altro Sposo
se non il mio Signore Gesù Cristo, che io amo con tutto il
cuore e che voglio servire fino all'ultimo giorno della mia vita".
Fu per lei una tappa molto importante: non era più una bambina
e sapeva bene quello che faceva, ma soprattutto perché e
per chi lo faceva: Gesù Cristo. Per nessun'altro si poteva
fare quel dono e sacrificio della propria vita.
Tormento e desiderio d'infinito
Juanita intanto cresceva e ringraziava Dio per i tanti benefici
che aveva come la vicinanza della propria famiglia, le vacanze,
le gite al mare e in montagna, le galoppate a cavallo, le scampagnate
con le amiche più care, la contemplazione delle alte vette
della Cordigliera che la invitavano a salire verso Dio, e la meditazione
davanti all'immensità del mare che risvegliava in lei un
"tormento d'infinito" e uno struggente desiderio di Dio.
Sapeva anche affidarsi a lui nelle difficoltà che incontravano
i propri cari e sopportando con amore anche le sofferenze che lei
stessa aveva: stanchezza crescente nonostante la giovane età,
dolori alla spalla, dolori al petto che non riuscivano a spiegare.
Non fu fatta una diagnosi approfondita (morirà infatti di
tifo). Nonostante queste difficoltà e anche attraverso di
esse, Juanita cresceva spiritualmente mentre si rafforzava in lei
il desiderio di entrare nel Carmelo. Aveva già offerto a
Gesù come compartecipazione alla sua Passione, non solo le
proprie sofferenze ma anche la morte che ormai intuiva non lontana,
come leggiamo nel Diario: "Accetterò con gioia la morte
che Ti piacerà inviarmi: sia che avvenga nell'abbandono del
Calvario o nel Paradiso di Nazaret".
Juanita sopportò con amore anche tutte le sofferenze spirituali
che ebbe in quel periodo, quelle che i grandi mistici chiamano 'purificazioni'
e 'notte oscura'. Molto spesso, scriverà, lottò con
forza per vincere la tristezza interiore e mostrare un volto gioioso
e allegro. Soffriva molto ma ebbe il coraggio di scrivere: "Questi
due mesi di sofferenza sono stati due mesi di Cielo
Ho offerto
tutto a Gesù e gli ho chiesto di darmi la sua croce
Ho preso la risoluzione di vivere molto allegra esternamente".
Il permesso del padre per il Carmelo non arrivava. Ma lei sapeva
attendere, con pazienza e con "santa indifferenza": voleva
fare solo la volontà di Dio accettando anche i suoi tempi
di realizzazione.
Scriverà nel Diario: "Ho scritto a papà sollecitando
il suo permesso e ancora non ho avuto risposta. L'anima mia soffre
l'indicibile
Io mi rimetto indifferente alla volontà
di Dio. Per me è lo stesso che mio padre mi dia o no il permesso
di partire a maggio, che mi lasci o no abbracciare il Carmelo. Certamente
ci soffrirei, ma, poiché cerco lui solo, purché lo
faccia contento, che mi può importare il resto? Se Egli lo
permette, io mi sottometto alla sua volontà, giacché
ho fatto quanto Egli mi ha ordinato ". Ed il permesso arrivò.
Scrisse: "Molto presto salirò la montagna del Carmelo,
per vivere crocifissa". E al padre: "Papà mio bello,
che Dio ti ricompensi mille volte
per la prima volta ero io
la causa delle tue lacrime. E' Dio che dà l'energia ai nostri
cuori per fare il sacrificio più doloroso in questa vita".
Lacrime non solo del padre ma anche di dei parenti ed amiche.
L'Innamorata esclamò: "Il
mio Sposo"
Ed il grande giorno fu il 7 maggio 1919. Juanita entrò nel
monastero di Los Andes, dove non c'era né luce elettrica
né acqua corrente, ma lei dirà di "aver trovato
il cielo sulla terra". Alla vestizione religiosa il nome scelto
fu Teresa di Gesù, per ricordare la grande Teresa D'Avila,
riformatrice del Carmelo. In una delle sue lettere scrisse: "Molti
giudicano inutile la vita della carmelitana, ma la carmelitana rassomiglia
all'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo". Ella quindi
sentì questa vocazione di compartecipare alla passione e
morte del Cristo per la salvezza del mondo. La sua missione fu quella
dell'espiazione per i peccati del mondo. Indubbiamente una missione
difficile. Lei dimostrò che anche la sofferenza accettata
e vissuta per amore di Dio, in unione a Cristo sofferente, può
diventare redentiva e salvifica per gli altri, perché solo
l'amore salva, come quello di Cristo sulla croce. Al fratello Lucho,
in difficoltà spirituale, scrisse: "Nella mia anima
c'è un cielo, perché c'è Dio, e Dio è
il cielo
Ama per possedere eternamente il Bene immutabile,
il Bene infinito, l'unico che può riempire e soddisfare la
tua volontà
C'è un abisso immenso tra le opere
fatte per le creature e quelle fatte per Dio. Fai come me, Lucho
e lavora per Lui". E alle amiche scriverà: "La
nostra vocazione ha per oggetto l'amore, l'amore più grande
che possieda il cuore dell'uomo".
Teresa non finì neppure il noviziato, anzi presagendo la
propria fine imminente ottenne dalla Priora di poter emettere i
voti religiosi e diventare così carmelitana. Morì
il 12 aprile 1920, non ancora ventenne. Chi l'assistette negli ultimi
momenti la sentì esclamare: "Il mio Sposo", come
una vera innamorata. Era Cristo, il suo amore, che veniva a prenderla
con sé in Paradiso.
La Chiesa con Giovanni Paolo II ne ha riconosciuto la santità
nel 1993, indicandola specialmente ai giovani come un modello di
santità coraggiosa e paziente. E' stata la prima santa cilena
e la prima santa carmelitana extra Europa.
Se c'è una parola che meglio caratterizza tutta la sua giovane
vita e il timbro particolare della sua santità, è
proprio quella messa ai piedi della statua (in S. Pietro a Roma),
opera del pronipote Juan Fernadez Cox: "L'Innamorata".
Parola semplice ma vera.
Mario
SCUDU sdb - Torino
*** Testi
1 - Da una lettera alla sorella Rebecca, con cui aveva più confidenza,
e che diventerà anche lei carmelitana.
"Credimi, Rebecca, a quattordici quindici anni una capisce la sua
vocazione!... Il Divino Maestro si è avvicinato a me e mi ha
detto: "Lascia tuo padre, tua madre e tutto quello che hai e seguimi"
E come potevo rifiutare la mano dell'Onnipotente che si abbassava verso
una creatura misera come me?... Mi sono data a Lui! Giorno 8 dicembre,
mi sono 'promessa'. Non riesco a dirti quanto Lo amo. Il mio pensiero
non si occupa che di Lui. E' il mio ideale. E' un ideale infinito. Sospiro
il giorno in cui potrò andare al Carmelo per occuparmi soltanto
di Lui
". Ed in una lettera seguente, come per tranquillizzarla,
le scrisse ancora: "Sorellina mia, non aver paura. Non ci sarà
mai separazione tra le nostre anime. Io vivrò in Lui. Tu cercherai
Gesù e in Lui mi troverai".
2 - Preghiera del 17 ottobre 1917.
"Gesù mio, ti amo. Sono tutta tua. Mi abbandono interamente
alla tua divina volontà. Dammi la tua croce, ma dammi anche la
forza di portarla. Non mi importa se mi dai l'abbandono del Calvario
o la gioia di Nazaret. Mi importa solo di vedere contento Te. Non mi
importa di non sentire niente, di essere insensibile come una pietra,
perché, o mio piccolo Gesù, so che tu sai che io ti amo.
Dammi la Croce. Voglio soffrire per Te, ma insegnami a soffrire con
amore, con gioia, con umiltà
Non desidero di essere felice
io, ma che Tu sia felice".
3 - 14 ottobre, durante la prova delle tenebre interiori (la 'notte
oscura').
"Non provo gusto né nella preghiera, né nel fare
la Comunione. Senza dubbio i desideri che ho nell'anima di unirmi a
Dio, sono desideri sconsiderati. Non sento la sua voce. Niente. Tenebre.
Non posso meditare. Non posso fare niente. Nostro Signore mi ha chiesto
di offrirmi vittima per espiare gli abbandoni e le ingratitudini che
Lui soffre nel tabernacolo".
***
Tratto dal volume:
MARIO
SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 Sante
e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino
Visita Nr.
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