23 aprile: Sant'Adalberto di Praga (956-997)
SONO TRA VOI PER LA VOSTRA SALVEZZA


L’anno 2004 che stiamo vivendo è molto importante per il nostro Vecchio Continente. La famiglia di stati dell’Unione Europea si è ingrandita notevolmente, acquisendo altri fratelli e sorelle, in particolare dei Paesi dell’Est europeo: Polonia, Cekia, Slovacchia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Estonia e la nostra vicina di casa Slovenia (sono entrati anche Cipro e Malta). Una famiglia numerosa con ben 25 membri, molto di più dei sei Paesi fondatori (Italia, Germania, Francia, Olanda, Belgio e Lussemburgo) del lontano 1957.

A differenza di qualche altro “aspirante” ad entrare nell’Unione (leggi Turchia) questi sono Paesi europei, nostri fratelli, che per secoli (da più di mille anni) hanno fatto storia con gli altri Paesi occidentali, ne hanno condiviso i valori profondi civili, unificanti e qualificanti, e hanno in comune con noi le stesse radici cristiane (ricordate il lungo dibattito per inserire questo concetto nella nuova Costituzione Europea?).

La loro entrata nell’Unione Europea pone fine definitivamente alla loro triste e tragica esperienza del comunismo, che tentò in tutti i modi di svellere quelle comuni radici cristiane.
All’origine del cristianesimo in alcuni di questi Paesi dell’Est europeo per primi vengono citati i santi Cirillo e Metodio, chiamati gli Apostoli degli Slavi: provenivano da Salonicco (Grecia) e operarono nel secolo IX.
Nel 1980 il primo Papa slavo Karol Wojtila (Giovanni Paolo II) li dichiarò compatroni d’Europa, con San Benedetto.
Un altro santo che operò per impiantare il Cristianesimo tra queste popolazioni (specialmente in Cekia, Ungheria e nord della Polonia) mille anni fa è sant’Adalberto di Praga. “Adalberto fu una figura di spicco per la storia dell’Europa centrale: legato all’imperatore Ottone III, sembra avere condiviso con lui l’idea di rinnovare l’impero romano e unificare le parti più lontane dell’Europa orientale” (A. Butler). È vissuto dal 956 al 997, quando morì martire ad opera di popolazione di origine germanica (prussiani).

Studente in Germania, monaco a Roma

Adalberto (il suo nome di origine era Voitiech che significa “soccorso dell’esercito”) era un rampollo della nobile famiglia degli Slavnik di Libice (Boemia), nato da padre boemo e madre tedesca, una parente del re Enrico I. Per suoi studi fu mandato in Germania a Magdeburgo presso la famosa scuola della cattedrale, dove c’era il vescovo
Adalberto che lo cresimerà e in onore del quale prenderà il nome.

Adalberto era un ragazzo intelligente, gentile e di bell’aspetto, amava lo studio e anche la vita ascetica. Era anche molto devoto della Madonna. Era destinato alla vita militare, ma i genitori, davanti ad una sua grave malattia che lo ridusse in fin di vita, fecero voto di consacrarlo a Dio e alla Vergine Maria. Adalbero sapeva di questo voto dei genitori e lo accettò liberamente come volontà di Dio.
Così nel 981 tornò in patria e fu ordinato sacerdote, dal primo vescovo di Praga, il tedesco Tithmaro. Perché tedesco? Per il semplice motivo che Praga fino ad allora era nell’orbita politica ed economica della Baviera e del vescovado di Ratisbona (l’odierna Regensburg).

Fu la geniale intuizione e rivoluzionaria decisione di San Volfgango di staccare la parte boema della sua diocesi abitata fondamentalmente non da tedeschi ma da boemi. E così il primo vescovo slavo di Praga, dopo la transizione di Tithmaro fu proprio Adalberto. Voluto dall’imperatore Ottone II, dal principe Boleslao di Boemia, dal clero della città e dal popolo.
Accettato da tutti, sarà anche ascoltato da tutti? Non fu così. Se Adalberto prima della elezione aveva condotto una vita piuttosto mondana (era pur sempre un nobile) creato pastore della diocesi cambiò profondamente. Alla stessa festa di accoglienza a Praga fece il suo ingresso a piedi scalzi, senza pompa magna e senza ostentazione personale. Tutti capirono il messaggio, ma non molti lo seguirono.
Cominciò subito con coraggio a proporre il Vangelo al suo popolo presentandolo come qualcosa da credere non in maniera magica, ma da vivere quotidianamente abbandonando le pratiche pagane ancora presenti in molti. Il Vangelo con le sue esigenze spesso dure lo predicò anche al clero (ne aveva bisogno parecchio) e ai governanti, ai quali raccomandava la giustizia come segno della loro conversione. Ce n’era per tutti.

Ma ben presto le enormi difficoltà e le dure resistenze ebbero il sopravvento. Con dolore si accorse del sostanziale fallimento della sua missione come vescovo. Insomma ai principi e al popolo piaceva il cantore Adalberto, ma non il suo canto cioè il messaggio evangelico che proclamava perché esigeva la loro conversione. E questa non era indolore per nessuno (ahimè, non lo è ancora oggi dopo mille anni). Si ritenne non all’altezza del suo compito e nel 988 abbandonò Praga e si recò a Roma, dove divenne monaco benedettino.

Vittima della politica, martire per il Vangelo

Gli storici dicono che la ragione dell’abbandono non era solo spirituale ma anche politica: non bisogna infatti dimenticare che Adalberto apparteneva alla potente famiglia degli Slavnik. E questa non aveva appoggiato il principe polacco Boleslao vincitore della guerra scoppiata in quegli anni. Adalberto ritenne opportuno anche per questo lasciare l’incarico.
Ma poco dopo i vescovi tedeschi chiesero al Papa di rimandarlo a Praga.
Lasciata la pace del monastero sul colle Aventino, fece ritorno in patria perché gli era stato promesso un appoggio incondizionato.

A quel popolo, così pensava lui, il vescovo doveva dare non solo evangelizzazione ma anche promozione umana, attraverso la scuola e l’istruzione. Il suo grande zelo poi non si limitò solo a Praga, ma raggiunse anche l’Ungheria, che egli stesso visitò (fu lui a dare il sacramento della Cresima al futuro re, Stefano d’Ungheria – santo –, e dove inviò dei missionari). Gli Ungheresi, nei decenni precedenti avevano terrorizzato le popolazioni dell’Europa occidentale (Germania, Austria, Italia del nord) finché furono sconfitti nel 955 da Ottone il Grande. Dopo questa disfatta divennero agricoltori e allevatori e si convertirono al cristianesimo (il primo tentativo fallimentare fu del vescovo San Volfango di Regensburg).
Anche grazie all’opera di Adalberto la conversione fu stabile e “romana”, continuarono infatti i legami con la chiesa di Roma (dal 1001).

Purtroppo anche questa volta non bastarono ad Adalberto la grande cultura, la sua vita ascetica luminosa, la santità visibile da tutti. Il demonio della politica con i suoi intrighi e tranelli era sempre presente e operante mediante gli oppositori della famiglia Slavnik.
Adalberto si vide di nuovo minacciato e riparò a Roma una seconda volta. Nel monastero fu accolto a braccia aperte e fatto addirittura priore tanta era la stima di cui godeva. In questo secondo soggiorno romano conobbe Ottone III anch’egli nella Città Eterna per l’incoronazione a imperatore. Questi apprezzò in lui la grande cultura e la sua bontà e mitezza. Vedeva in lui non solo un maestro ma un vero padre. I due infatti diventarono amici. Qui però lo raggiunsero due brutte notizie.

La prima l’uccisione di alcuni parenti e familiari (era la politica che si vendicava) e la seconda la protesta dei soliti vescovi tedeschi che chiedevano (al Papa e all’imperatore) il suo ritorno. Infatti per loro solo lui era il candidato adatto per la difficile sede di Praga.
Il Papa Gregorio V gli ordinò di tornare ancora una volta nella sua diocesi. Obbedì e lasciò Roma insieme alla carovana imperiale di Ottone III che tornava in Germania. Così i due ebbero il tempo di approfondire sia il proprio pensiero sia l’amicizia.
Adalberto si era piegato al volere del Papa, ma la politica anche questa volta ebbe il sopravvento: il duca di Boemia gli proibì, con le minacce, di tornare a Praga. Era l’ultima vendetta contro di lui e la sua famiglia. Questi si ritenne libero dall’incarico di Praga, ma non dal predicare il Vangelo.
Accettò infatti l’invito del duca Boleslao il Valoroso di predicare in Polonia. Qui la sua predicazione ebbe successo, contribuendo a legare indissolubilmente il cristianesimo polacco alla Chiesa di Roma. Fondò anche un’altra abbazia benedettina, nella Posnania.

Spinto dal suo grande zelo apostolico nel 996 programmò con alcuni monaci di predicare il Vangelo nel nord della Polonia (quella parte di territorio chiamata talvolta Prussia orientale) nel territorio di Danzica, dove erano presenti popolazioni di origine prussiana.
Anche Boleslao era interessato alla loro conversione al cristianesimo. Ma qui le cose andarono subito male, anzi malissimo. Furono catturati, accusati di essere spie polacche, e, rifiutandosi di abbandonare la loro missione, uccisi il 23 aprile 997.
Adalberto e i suoi compagni erano monaci ed ora anche martiri, incarnavano così insieme i due grandi ideali del tempo.

Il suo corpo fu sepolto nella città di Gniezno, che nell’anno 1000 l’amico imperatore Ottone III elevò ad arcivescovado.
Roma già l’anno precedente aveva proclamato Adalberto santo. Il suo corpo, nel 1039, venne poi portato a Praga, che accoglieva così definitivamente il suo primo vescovo slavo. Sarà davanti ai suoi resti mortali che mille anni dopo durante la sua visita alla città, sosterrà in profonda preghiera il primo Papa slavo della storia della Chiesa Giovanni Paolo II.
                                                                                       
   MARIO SCUDU ***


*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
          
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-4
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