29 APRILE: S. CATERINA DA SIENA:
PATRONA D'ITALIA E DOTTORE DELLA CHIESA


Ecco la tappe più importanti della vita e del culto di santa Caterina: nacque a Siena nel 1347, è morta a Roma all’età di 33 anni. Fu canonizzata il 29 giugno del 1461 da Pio II. Fu dichiarata patrona delle Donne di Azione Cattolica da Pio X, e nel 1939 Patrona d’Italia da Pio XII. Infine Paolo VI nel 1970 la insignì del titolo di “Dottoressa della Chiesa”. Caterina è stata la prima donna onorata con il titolo di “Maestra della Chiesa”.

Di famiglia numerosa, Caterina fin da piccola mostrò segni non comuni di una intensa vita spirituale. “Precocissima viene descritta la sua vocazione religiosa, segno dell’eccezionalità di tutta una vita: esemplare devozione, carità verso i poveri, penitenze individuali e collettive con le coetanee, fuga nell’eremo, fuori le mura della città, assistenza divina nei lavori domestici, prime esperienze mistiche; e soprattutto voto di verginità” (S. Boesch Gajano). Questo suo progetto fu fortemente ostacolato dalla famiglia (la madre specialmente) che sognava di maritarla bene e presto, fin dall’età di 12 anni. Caterina si oppose. Decise perfino di tagliarsi i capelli. Arrivarono le rappresaglie. Ma resistette e vinse. Chiese per sé solamente una stanzetta, dove creare un proprio spazio spirituale: questo diventerà per lei (diventata nel frattempo religiosa domenicana o mantellata), la sua “cella della mente”, il luogo dell’ascesi e del dialogo con Dio, del raccoglimento e delle esperienze mistiche.

Questo “spazio vitale” diventerà l’anticamera del paradiso dove poteva pregare e meditare, ed un cenacolo. Qui infatti Caterina attirerà donne e uomini, religiosi e laici, artisti e dotti “sociae et socii”, anzi “figli e figlie”, persone spesso più istruite di lei. Una piccola comunità insomma. Tutti affascinati dalla sua personalità e amabilmente guidati nel loro cammino spirituale, legati da affetto, devozione e ammirazione per lei che chiamavano “mamma”. Verranno chiamati i “Caterinati”.
Caterina impara faticosamente a leggere e scrivere. Tuttavia ella detterà le sue lettere e i suoi messaggi: a papi e a re, a semplici fedeli sprovveduti culturalmente e a dotti cardinali, a cittadini e a generali, a casalinghe e a regine. Fino ai carcerati di Siena, che da lei sentono solo parole di gioia e di incoraggiamento materno.

Caterina è espressione viva e creativa di quella società urbana del Trecento, che diventò protagonista del rinnovamento religioso della chiesa del tempo, attuato attorno a valori come la povertà, la penitenza, la carità e le opere di assistenza. Tutto vivificato dallo sforzo di conformarsi al Vangelo. Caterina fu anche esponente di quella religiosità femminile caratterizzata da carità impegnata, e da esperienze mistiche.

“Darò il mondo a donne non dotte e fragili, ma dotate da Me di forza e sapienza”

Una di queste sembra essere stata fondamentale per il futuro impegno “sociale” della santa senese e per il coraggio dimostrato nella sua vita “pubblica”. È un curioso dialogo tra Cristo e Caterina, narrato dal suo biografo e confessore Raimondo da Capua. Caterina: “Il sesso, o Signore, vi ripugna per molte ragioni. Alle donne non spetta di ammaestrare gli altri, sia perché il loro sesso è spregevole, sia perché non conviene a un tal sesso conversare con l’altro”.

E Cristo le risponde: “Non sono io che ho creato il genere umano e ho formato l’uno e l’altro sesso? Non c’è presso di me uomo o donna, popolano o nobile, ma tutte le cose davanti a me sono uguali. Darò dunque il mondo a donne non dotte e fragili, ma dotate da me di forza e di sapienza divina, per confusione della temerarietà degli uomini maschi”. Sono interessanti le parole di Cristo che correggono “cristianizzandola” la mentalità anti femminile del tempo e quindi anche della santa, figlia del suo tempo.

Caterina è stata una di queste donne, forte della forza divina, sapiente della sapienza di Dio. Questa forza la dimostrò nella sua “vita pubblica”: nell’adoperarsi per portare la pace nelle contrade di Siena, nel suo impegno a curare gli ammalati di peste, nell’impegnarsi a sollecitare la crociata presso re e principi. Nel 1376 diventò ambasciatrice della città di Firenze presso il papa Gregorio XI ad Avignone. Missione in cui ella doveva perorare la causa della crociata e la ribellione della città, il ritorno del pontefice a Roma, la pacificazione dell’Italia.

Ma anche ai santi non va tutto bene. A Caterina non riuscì la mediazione per Firenze. Anzi lei stessa fu sottoposta da alcuni teologi a vari “test” per “verificare” le sue convinzioni teologiche e le presunte esperienze mistiche. Forza che dimostrò durante il tumulto dei Ciompi a Firenze, nel 1378. Qualcuno cercò perfino di ucciderla. Era in compagnia di amici, e davanti al killer, che la cercava, lei gridò con forza: “Caterina sono io! Uccidi me e lascia in pace loro”. E gli porse il collo. Il “poveretto” fuggì via sconfitto ed umiliato.

Nel 1378 Caterina si trasferì a Roma. Fu ricevuta volentieri da Urbano VI. Su di lui ebbe un certo influsso per avviare la riforma della chiesa. I biografi e critici dicono che in complesso la sua attività “politica” non ebbe grande successo.
Caterina parla ancora oggi a noi attraverso gli scritti. Il principale è il Dialogo della Divina Provvidenza, chiamato da lei il Libro. È strutturata come un lungo colloquio tra lei e Dio, nella quale figurano quattro principali “petizioni”: per se stessa, per la riforma della chiesa, per il mondo, per l’intervento della Divina Provvidenza.

L’interesse teologico di Caterina ruota attorno alla ricerca dell’Unione con Dio da conseguire con la carità apostolica. Il suo è un linguaggio semplice, ricco di immagini. Eccone alcune: Dio è l’albero, che affonda le radici nella terra, ma guarda e tende verso il cielo. Cristo è integrazione dell’albero: la sua Incarnazione è come l’innesto di Dio sull’albero di morte dell’uomo. Cristo è il ponte, che traghetta l’uomo oltre il fiume del peccato. La Chiesa infine è la “bottega” costruita sul ponte per dare ristoro al viandante affaticato. Caterina aveva anche una grande devozione alla Madonna. La chiamava “Maria dolce”. Parlando di Lei usava le immagini: Maria è il “campo”, è “il libro”, è la “farina” di cui è impastato Gesù, il Pane Vivo disceso dal cielo.

Profondo fu il suo rapporto con Cristo (le “nozze mistiche”) che la confortò con frequenti visioni. Morì a soli 33 anni consumata da questo amore a Cristo (lo chiamava “dolce Gesù”) e dalla penitenza.
Una grande donna e una grande santa con un messaggio valido ancora oggi.
                                                                                      
MARIO SCUDU sdb ***


*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
          
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino


      
 Inno alla Trinità

“O Abisso, o Trinità eterna, o Deità, o mare profondo!
E che Tu potevi dare a me che Te medesimo?
Tu sei un fuoco che arde sempre e non si consuma.
Sei Tu che consumi col tuo calore ogni amore proprio dell’anima.
Tu sei fuoco che toglie ogni freddezza e illumini le menti con la tua luce, con quella luce che tu mi hai fatto conoscere la tua verità...
Tu bellezza sopra ogni bellezza.
Tu sapienza sopra ogni sapienza. Anzi, tu sei la stessa sapienza.
Tu cibo degli angeli, che con fuoco d’amore ti sei dato agli uomini.
Tu vestimento che ricopre ogni mia nudità.
Tu cibo che pasci gli affamati con la tua dolcezza.
Tu sei dolce senza alcuna amarezza.
O Trinità eterna!”
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 S. Caterina da Siena


IMMAGINE:
Santa Caterina da Siena, vetrata costruita dalla Domus Dei, Roma
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 1999-4
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