UNA
VITA PER I POVERI E PER LA CHIESA
Immaginiamoci in una delle strade di Roma nellanno
1429. Passa un fastoso corteo. I romani, abituati a simili spettacoli
non ci badano, danno solamente uno sguardo fugace a metà
tra linfastidito e lindifferente. Di simili cortei
che portano a spasso nobili, potenti, cardinali e altra gente
ricca ne vedono tutti i giorni. Perché regalare loro uno
sguardo di attenzione e ammirazione? Ma quel giorno tra i passanti
per quella strada cera anche unumile famigliola di
pellegrini, provenienti dalla Calabria. Papà, mamma ed
un ragazzo di tredici anni.
Questi guarda lo spettacolo
del corteo avvicinarsi sempre più rumoroso. Fissa bene
loccupante della carrozza: è un cardinale di Santa
Romana Chiesa. Il ragazzo rimane profondamente turbato dallo
sfarzo di cui si faceva sfoggio e grida allindirizzo del
presule: Gli apostoli di Gesù Cristo non andavano
per via con tanta pompa. Racconta un biografo che il cardinale
(si chiamava Giuliano Cesarini), ben valutando il coraggio del
ragazzo e soppesando le parole che gli aveva rivolto, non si
arrabbiò per niente, anzi rispose dolcemente al giovane:
Caro figliolo, non ti scandalizzare di questo lusso. Se
ne facessimo a meno, ai nostri tempi, la dignità ecclesiastica
ne scapiterebbe nella stima degli uomini, e verrebbe disprezzata
dai secolari.
Il ragazzo coraggioso che aveva
osato apostrofare un cardinale in pompa magna per le strade di
Roma, si chiamava Francesco, Alessio di cognome. Oggi lo ricordiamo
come San Francesco di Paola. Nacque appunto a Paola, una cittadina
della Calabria non lontana da Cosenza, dai genitori Giacomo e
Vienna da Fuscaldo. Perché il nome Francesco? Fu chiamato
così in onore del grande santo di Assisi. I suoi genitori
avevano pregato tanto questo santo per ottenere un figlio che
non arrivava mai. Questa nascita ci fa ricordare altre maternità
problematiche narrate nellAntico Testamento, in particolare
quella di Anna ed Elcana, i genitori di Samuele. Papà
Giacomo e mamma Vienna trovarono logico non solo chiamare Francesco
il loro tanto sospirato bambino (un filius senectuctis arrivato
dopo tante lacrime e preghiere) ma anche di promettere che gli
avrebbero fatto indossare labito votivo dei francescani.
Raggiunta letà
il piccolo Francesco fu accompagnato presso i conventuali di
San Marco Argentano, non lontano da Cosenza, per sciogliere il
voto e prestare un anno di famulatus.
Forse noi moderni storciamo il naso a questa iniziativa dei genitori
di relegare il loro bambino in convento facendogli già
vestire il saio francescano. Magari ci viene voglia di gridare
allo scandalo e di pensare a quali possibili traumi infantili
siano essi stati la causa. Non bisogna giudicare i fatti del
passato con le nostre categorie. Niente di tutto questo. Il bambino
si trovò bene, e manifestò ben presto la sua propensione
alla preghiera, alla vita di pietà. Anzi cominciò
a manifestare anche segni soprannaturali che poi lo renderanno
famoso negli anni seguenti.
I suoi superiori lo stimavano
molto e desideravano che il ragazzo si fermasse presso di loro.
Ma Francesco desideroso di conoscere altre forme di vita religiosa,
tornò a casa presso i genitori. Poco dopo intraprese un
lungo pellegrinaggio, durante il quale visitò Assisi,
Montecassino, Loreto e Roma, dove avvenne lepisodio appena
narrato.
La scelta
radicale di vita eremitica
Quel pellegrinaggio aveva impressionato
grandemente Francesco tanto da portarlo ad una svolta radicale:
la vita eremitica. Col permesso dei genitori molto religiosi
si ritirò poco fuori Paola, in un territorio della famiglia,
e cominciò la sua vita in solitudine, fatta di preghiera,
penitenza, riflessione, lavoro, silenzio ed austerità
molto accentuata.
Questo stile di vita di preghiera
di povertà assoluta non era un pallino, o una infatuazione
passeggera. Il giovane resistette bene attirando lattenzione
dei concittadini. Molti di essi si recavano da lui e gli chiedevano
di mettersi sotto la sua direzione spirituale, condividendo lo
stesso genere di vita dura e austera.
Francesco divenne per Paola un punto di riferimento religioso
e sociale, entrando nel cuore della gente si recava da lui per
sottoporgli problemi della più diversa natura. Leremita
era visto inoltre, come lunico baluardo in grado di opporsi
ai soprusi della corte aragonese, come la persona capace di mettersi
dalla parte della gente povera e semplice di quel lembo del Regno
di Napoli e di assumere un ruolo di vero umanista nellinteresse
di chi non aveva voce (A. Galuzzi).
Questo primo gruppo di giovani attirati dal suo esempio sarà
il primo nucleo di quello che diventerà in seguito lordine
religioso dei Minimi, cioè dei piccolissimi.
La fama di Francesco, della
sua santità, dei suoi poteri taumaturgici (vedi finestra)
si diffonde rapidamente ben oltre Paola. Portata infatti dai
mercanti napoletani questa arriva fino in Francia, alla corte
del re Luigi XI, allora infermo. Questi, tramite il papa Sisto
IV, fece chiamare il santo calabrese: dal profondo sud dItalia
alla magnificenza della corte del re francese. Non cè
che dire un bel salto. Fatto in obbedienza al papa, solo per
obbedienza. Leremita di Paola, tutto preghiera, penitenza,
silenzio iniziava così il capitolo diplomatico della sua
vita. Anche Ferrante dAragona il re di Napoli, il suo re,
politicamente sperava molto da questa missione in terra di Francia,
del suo suddito un po speciale. Così speciale e
coraggioso che una volta Francesco rifiutò le monete doro
che il re gli diede. Anzi le spezzò davanti a lui, lasciandone
colare del sangue e dicendogli in faccia: Sire, questo
è sangue dei tuoi sudditi che opprimi e che grida vendetta
al cospetto di Dio.
Al suo arrivo al castello,
il re Luigi XI gli venne incontro, inginocchiandosi davanti a
lui, e chiedendogli la benedizione. Sperava in uno dei suoi famosi
interventi taumaturgici.
Ma la grazia non arrivò. Il re non guarì, almeno
fisicamente. Ma il contatto con il santo operò una trasformazione.
Il suo regno era stato seminato da guerre, contese, odi infiniti
e sangue, tanto sangue, anche di innocenti. Francesco non pregò
per la sua guarigione ma per la conversione. Lo aiutò,
con successo, a fare una buona morte, liberandolo dai suoi tormenti,
dalle sue paure e terrori. Anche questo un miracolo.
Francesco fu trattenuto in
Francia per ben 25 anni, ma fu anche lasciato libero di vivere
in austerità assoluta. Era però sempre avvicinabile
da tutti. E lui che non parlava francese consigliava i cittadini
più semplici, li consolava e aiutava, come pure i dottori
della Sorbona, desiderosi di riforma personale spirituale. La
sua fama si diffuse in tutta Europa. Morì nel 1507 a 91
anni, una bella età, nonostante tutta la sua penitenza,
privazioni ed austerità.
Due cose da difendere:
la libertà e la povertà della Chiesa
La sua fama di eremita, di
uomo di Dio, e di taumaturgo si era sparsa in tutta Europa già
quando era ancora vivo (Liconografia lo rappresenta anche
mentre attraversa lo Stretto di Messina in piedi sul suo... mantello!).
Questo si spiega anche la celerità con cui fu proclamato
santo. Morto nel 1507 fu beatificato nel 1513 e canonizzato solamente
6 anni dopo. Vari regni come quelli di Napoli, di Boemia, di
Francia, di Spagna lo hanno invocato come loro protettore. È
stato anche dichiarato protettore della gente di mare da Pio
XII nel 1943, e ventanni dopo Giovanni XXIII lo dichiarò
patrono della Calabria.
Francesco di Paola è uno dei santi più conosciuti
della Chiesa. Questa sua fama fu dovuta non solo ai miracoli
fatti già da vivo, a beneficio specialmente dei poveri,
verso i quali fu sempre il suo primo amore e interesse. Dopo
i poveri il suo grande amore fu per la Chiesa. Per Francesco
la Chiesa deve farsi imitatrice dei poveri. Fustigatore dei prìncipi
del mondo e dei prìncipi della Chiesa. Francesco sembra
dire agli ecclesiastici: Due cose difendete sempre: la
povertà della Chiesa, e la libertà della Chiesa
(Mons. Girolamo Grillo).
È strano che san Francesco
di Paola fu spesso accusato di essere troppo impegnato nel sociale,
da altri invece di avere accentuato laspetto penitenziale,
austero, mistico della vita. In parole di oggi, lo si accusava
o di fare troppa contemplazione, o di fare eccessiva azione.
Il messaggio che ci viene da questo santo è che non cè
santità vera e autentica, fondata sullimitazione
di Gesù Cristo, se non cè nello stesso tempo
grande azione e grande contemplazione a beneficio sempre della
Chiesa e dellumanità intera.
MARIO SCUDU SDB ***
*** Questo
e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i
suoi campioni, Editrice Elledici, Torino
MIRACOLI IN DIFESA DI POVERI E DEBOLI
La volontà di san Francesco
di Paola di alleviare le sofferenze dei poveri, di difenderli
da soprusi e ingiustizie davanti ai potenti, baroni o principi
e anche re dellepoca, era totale. Era la sua opzione prima
insieme allamore alla Chiesa.
Per lui i poveri sono gli ignoranti, gli incolti, gli analfabeti,
gli indifesi dai furbi di turno. Per alleviare le loro sofferenze,
morali e materiali, farà molti miracoli. Si narra che
agli operai che lavoravano per la costruzione del suo convento,
e avevano sete oltre ad essere molto stanchi, con il suo bastone
abbia fatto scaturire acqua da una roccia lì vicina. O
per quegli stessi operai che non avevano né muli né
carri per portare su le pietre necessarie per il cantiere. Tuttavia
così privi di mezzi, riuscirono a portare sulle spalle
quelle pietre senza sentire alcuna fatica. La presenza del santo
tra di loro dava loro la forza necessaria. )Mario Scudu).
È la fede che
fa i miracoli
Fin dallinizio Francesco
ebbe fama di grande taumaturgo... Fu il suo un potere taumaturgico
a favore di tutti, in particolare dei poveri e degli oppressi
dalla diffuse malversazioni dei potenti, contro i quali Francesco
non si stancò di levare la voce. Gli elementi usati per
il miracolo erano davvero secondari o insignificanti, i primi
a portata di uomo, quasi a far capire che non erano essi a guarire
e a risolvere il problema, bensì Dio.
Cè un fatto che ben sottolinea la metodologia del
miracolo. Un giovane di Paola, nonostante il consulto con medici
di fama, aveva su un braccio una piaga che non si rimarginava.
La madre gli disse: Vai anche tu al romitorio di Francesco,
e vedrai che ti farà la grazia. Si decise e andò.
Espose il suo problema e tutti i tentativi fatti per guarire;
Francesco si abbassò, prese la prima erba che venne tra
le mani e gli disse: Falla bollire, mettila sulla piaga,
e sarai guarito. Il giovane lo guardò e gli disse:
Di questerba ve nè tanta a Paola, possibile
che fa miracoli?. Leremita replicò: È
la fede che fa i miracoli.
Ad un prete che gli faceva questa domanda: Come fai a sapere
che questa erba ha delle virtù?, Francesco rispose
con semplicità evangelica: A chi serve fedelmente
Dio e osserva i suoi comandamenti, anche le erbe manifestano
le loro virtù.
A.
Galuzzi
IMMAGINE:
GANDOLFI
U. (1772 ca): Visione di S. Francesco di Paola - Pinacoteca Naz.
- Bologna
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2000-4
VISITA Nr.