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VALDOCCO
SAN GIUSEPPE BENEDETTO
COTTOLENGO (1886-1842):
CI SPINGE L'AMORE DI
CRISTO
Sul finire del 2006, per pura
coincidenza e quasi negli stessi giorni, mi sono imbattuto in
due fogli illustrativi per turisti a Torino.
Il primo proponeva un impegnativo
percorso turistico-scientifico in alcuni luoghi di eccellenza,
a livello internazionale, nel campo dellalta tecnologia:
dalla microelettronica alla robotica più sofisticata fino
alle progettazioni e produzioni aerospaziali. Una visita non
per tutti i palati, ma molto interessante, anche perché
è un aspetto poco conosciuto della città.
La seconda
proposta era di natura storico-socio-spirituale. In altre parole:
si trattava della proposta di una serie di visite a vari musei
illustranti la documentazione dellattività sociale
e religiosa fatta dai cosiddetti santi sociali che
hanno operato e resa famosa la Torino del 1800. Ecco i principali:
Don Bosco, il Cottolengo, il Cafasso, il Murialdo, il Faà
di Bruno, il canonico Allamano, Anna Michelotti, Giulia di Barolo
(e altri). Di questi santi (o quasi) e della loro attività
sociale per la città esistono documentazioni storiche
e musei ben curati. Penso che un turista impegnato in visita
a Torino non dovrebbe ignorare questo aspetto della città
e la relativa documentazione museale.
In questo mese ci occuperemo
di uno di questi santi sociali, e cioè del Cottolengo
e della sua Piccola Casa della Divina Provvidenza. Qualche volta,
sintetizzando, si dice che Torino è la città della
Sacra Sindone, della Mole Antonelliana, della Cioccolata, della
Fiat, di Don Bosco e del Cottolengo. È tutto vero, anche
se non ancora esaustivo.
Ho la faccia rotonda
qual luna piena
Giuseppe Benedetto Cottolengo
nacque a Bra (Cuneo) il 3 maggio 1786, in una famiglia numerosa,
religiosa e di livello economico medio borghese. Fin da adolescente,
Giuseppe manifestò lintenzione di diventare sacerdote,
ma non poté frequentare il seminario per la temporanea
chiusura, dovuta allo strisciante e operante clima di ostilità
da parte di Napoleone (il Piemonte era occupato) verso la Chiesa
Cattolica (anche il Papa era stato fatto prigioniero). Date le
possibilità economiche della famiglia, ricevette tuttavia
una buona istruzione in privato. Finalmente, riaperto il seminario
di Asti, poté accedervi per gli studi regolari. Fino alla
ordinazione sacerdotale che avvenne a Torino l8 giugno
del 1811.
Per circa un anno fu vice curato
nella parrocchia di Corneliano dAlba, dove rivelò
subito una evidente e convinta predilezione per le attività
sociali e caritative. Si dedicò infatti con forza al sostegno
materiale e spirituale dei malati e alla cura delle ragazze bisognose,
povere e abbandonate. Attività queste che poi eserciterà
in sommo grado negli ultimi 15 anni della sua vita, a Torino.
Tornato di nuovo a Torino riprese
gli studi teologici fino al conseguimento della laurea. E siamo
nel 1816. Un particolare importante: la telogia
di allora aveva subito una certa influenza giansenista e gallicana
(dovute al dominio napoleonico). Ma questa non fece presa sul
Cottolengo (e nemmeno su Don Bosco), per cui egli riconobbe sempre
il primato della Chiesa di Roma e della sua guida, il Papa, per
tutto ciò che riguardava le questioni di fede e di morale.
Nel 1818 fu poi accolto nella
Congregazione della Santissima Trinità, formata dai preti
teologi del Corpus Domini di Torino, una delle belle chiese del
centro della città, eretta per ricordare il famoso Miracolo
dellEucarestia del 6 giugno 1453. Il canonico Cottolengo
cominciava così un periodo di predicazione e anche di
attività sociale a favore dei bisognosi. Sembrava che
tutto fosse a posto, e scrivendo alla madre, diceva scherzosamente
(era un tipo allegro e pieno di umorismo) di avere la faccia rotonda
qual luna piena.
Era un canonico dotto, stimato, ricercato da molta gente come
predicatore e confessore, aveva una bella camera e buon stipendio,
tuttavia era inquieto, incerto, talvolta scostante e burbero.
Qualche volta anche triste per un certa crisi interiore. Continuava
nella sua opera per i poveri con impegno, ma non capiva del tutto.
Era ancora alla ricerca della
propria strada, di che cosa fare veramente della propria vita.
E, particolare importante, non era più un giovane del
seminario. Una volta il suo superiore gli diede da leggere un
libro su San Vincenzo de Paoli perché così
avesse qualcosa su cui parlare a tavola con gli altri.
La grazia è
fatta: sia benedetta la Santa Madonna
Aveva ormai 41 anni. Quando
la crisi vocazionale finì. La ricerca e le sue riflessioni
di discernimento ebbero la risposta. Finalmente aveva capito
tutto. Dio gli aveva parlato attraverso dei segni, attraverso
un avvenimento, che per lui fu lavvenimento fondante e
stimolante lattività prodigiosa degli altri 15 anni
di vita che gli rimanevano ancora.
Il 2 settembre 1827, il Cottolengo
fu testimone della morte di una donna francese, che era giunta
a Torino con la propria famiglia. Era avanti nella gravidanza,
e anche malata e febbricitante. Sorretta dal marito furono mandati
allOspedale Maggiore, ma le fu opposto un rifiuto per il
ricovero. Andate allOspizio della Maternità
dissero loro. Ma anche qui un secondo e doloroso rifiuto, questa
volta per motivi di regolamento: non potevano accettare donne
con la febbre, perché probabilmente affette da altre malattie
(infettive?). La povera famiglia rifiutata di nuovo andò
a finire in un dormitorio pubblico. Aggravandosi la situazione
della donna, venne chiamato un sacerdote. Questi era il canonico
Cottolengo. Il quale dovette assistere, profondamente scosso,
alla morte della bimba appena nata per intervento chirurgico
e della madre. Impietrito dal dolore e confuso nello spirito,
andò in chiesa e davanti al Santissimo esclamò:
Mio Dio, perché? Perché
mi hai voluto testimone? Cosa vuoi da me? Bisogna fare qualcosa.
Aveva capito. Era arrivata
lilluminazione che aspettava. Si rialzò, accese
tutte le candele dellaltare, e ordinò al sacrestano
di suonare le campane, anche se era fuori orario e tardi. La
gente accorse e il canonico recitò solennemente le Litanie
della Madonna. Alla fine, senza discorsi di spiegazione, congedò
tutti
dicendo: La grazia è fatta! La grazia è fatta:
sia benedetta la Santa Madonna!. Aveva capito finalmente
la propria missione. Era diventato un uomo nuovo.
Ma gli restavano solo 15 anni
di vita. Cominciò subito la sua attività con alcune
camerette nel palazzo prospiciente la chiesa del Corpus Domini.
Queste saranno solo linizio di unattività
prodigiosa (in Italia e allestero), nel vero senso della
parola e cioè per la quantità di fondazioni e di
congregazioni religiose che nasceranno nel suo nome e seguendo
il suo carisma, e per lintervento e aiuto soprannaturale
che il Cottolengo chiamava La Buona Provvidenza.
Una famiglia per tutti
i malati
Nelle sue strutture egli ha
voluto subito accogliere i malati rifiutati dagli
altri (orfani, sordomuti, invalidi fisici e psichici), coadiuvato
in questo lavoro da suore o aspiranti suore, da volontari e volontarie,
e naturalmente da laici stipendiati ma che ne avevano accettato
il carisma e la metodologia tutta particolare. Per il Cottolengo
non si curavano solo dei malati, ma Gesù stesso in persona,
presente in ogni malato. I malati non erano dei numeri a cui
prestare qualche servizio, ma dei figli e figlie di Dio da amare
sempre e curare per quanto possibile. Con una premessa così
alta e così impegnativa, nessuno poteva e doveva lavorare
solo per lo stipendio.
Nel 1831 arrivò una
grossa difficoltà, che fu provvidenziale per il futuro
dellopera: venne sfrattato dal centro città e mandato
in periferia (allora) di Torino, cioè nella zona di Valdocco.
Qui iniziò quella che venne chiamata La Piccola Casa della
Divina Provvidenza, stimatissima e ricercata come ospedale e
casa di cura ancora oggi.
Nella stessa zona quindici anni dopo (1846) e a poche centinaia
di metri da dove operava lui, arriverà un giovane prete
che aveva già cominciato a raccogliere centinaia di ragazzi
poveri, orfani, sbandati, sfruttati, senza cultura e senza mestiere.
Era Don Bosco che iniziava la sua attività sociale e spirituale
a favore dei giovani.
Fin dallinizio, il Cottolengo
ha voluto organizzare la vita delle sue case, degli ospiti malati
e dei loro assistenti, attorno al concetto di famiglia: tutti
dovevano sentirsi persone portatori di diritti e doveri; tutti
erano chiamati ad un compito, compatibile certo con il proprio
stato, sano o malato; tutti dovevano sentirsi utili, e perciò
collaborare alla conduzione della Piccola Casa e alla propria
abilitazione in modo attivo. Naturalmente cerano non solo
quelli che lavoravano lavorando ma anche quelli che lavoravano...
pregando. Chi pregava lavorava, come gli altri che lavoravano.
Questo era il pensiero
del Cottolengo. Diceva infatti:
La preghiera
è il primo e più importante nostro lavoro. La preghiera
fa vivere la Piccola Casa. E anche: LEucarestia
e la preghiera sono le ruote che mandano avanti la Piccola Casa.
Oltre la preghiera laltro
caposaldo della vita e dellattività del Cottolengo
fu lassoluta e indistruttibile fiducia nella Buona
e Santa Provvidenza. Disse infatti ad un ministro del Re
di Sardegna in visita alla Piccola Casa e... preoccupato (lui
ministro ma non il Cottolengo) dei mezzi per mandare avanti quellopera
enorme e complessa: Questa piccola Casa vive sotto la protezione
della Divina Provvidenza, la quale provvede con elemosine spontanee.
Se poi fossero necessari miracoli, essa è capace di farli.
Gli rispose scettico il ministro: È passata lepoca
dei miracoli!. E il Cottolengo:
Si persuada,
Eccellenza. Ella si preoccupa di un problema risolto. La Divina
Provvidenza non manca e non mancherà mai. Spariranno gli
uomini, verranno meno le famiglie, passeranno i governi, ma la
banca della Divina Provvidenza non fallirà mai! Io sono
più certo della Divina Provvidenza che se esista la città
di Torino.
E la Provvidenza non mancò
mai allappuntamento, anche in momenti molto difficili.
Tanta era e proverbiale la fede del canonico Cottolengo nella
Provvidenza che il suo confessore a tal proposito una volta disse:
Cè
più fede nel solo Canonico Cottolengo che in tutta la
città di Torino.
Questo gigante della carità,
questo genio del bene (così disse Pio XI,
nel 1934, quando lo canonizzò) finiva la sua intensa
giornata damore (dalla Gazzetta Piemontese del tempo)
il 19 marzo 1841 pronunciando le parole: Misericordia,
Domine, Misericordia, Domine. Buona e Santa Provvidenza... Vergine
Santa, ora tocca a voi. E la Buona Provvidenza, con la
Vergine Maria, raccolsero il suo invito continuandone lopera
fino ai giorni nostri.
MARIO SCUDU sdb
***
*** Questo
e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i
suoi campioni, Editrice Elledici, Torino
Carità illuminata dalla Fede nella Provvidenza
«Charitas
Christi urget nos» (2 Cor 5,14), Lamore di
Cristo ci spinge,
amava egli
ripetere, consapevole che ogni attività assistenziale
deve trarre ispirazione dalla pagina evangelica del giudizio
finale (Mt 25, 31-34) e dallammonimento di Gesù
ad abbandonarsi con fiducia alla Provvidenza celeste (cf Mt 6,25-34).
Questa convinzione sua emerge con chiarezza, ad esempio, nella
fondazione della casa per disabili mentali, chiamati buoni
figli e buone figlie. Era la carità
cristiana illuminata dalla fede che gli diceva Quello che
avete fatte ad uno dei miei più piccoli, lavete
fatto a me.
Quale significativo e ricco patrimonio carismatico il Cottolongo
lascia ai suoi figli e figlie spirituali! È patrimonio
che essi devono conservare gelosamente, anzi attualizzare e rinnovare
con coraggio, tenendo conto delle sfide emergenti nel nostro
tempo. È un servizio ecclesiale che raggiunge i più
miseri e gli ultimi; un servizio alimentato da unincessante
fiducia nella Provvidenza divina....
Messaggio di Giovanni Paolo II nel 175° anniversario (1827-2002)
della Fondazione della Piccola Casa della Divina Provvidenza
di Torino.
La relazione di un giovane e promettente Conte...
Questa
è la Piccola Casa della Divina Provvidenza ove cinquecento
sventurati sono albergati, nutriti, vestiti ed educati a proprio
e altrui beneficio, ove è raccolto luomo che nasce
e luomo che muore, ove è la storia di tutte le umane
miserie e di tutte le umane beneficenze. E questa opera mirabile
è fondata e sostenuta da un sol uomo, che altro non possiede
al mondo che gli inesauribili tesori di una immensa carità,
e confida nella Provvidenza, e questa non gli manca mai...
Il Canonico non ha ragionieri, non spenditori, non amministratori,
non ha carte, non ha libri, non ha registri. Eppure qui tutto
procede con ordine, poiché tutti quelli che hanno parte
nellavvenimento dello stabilimento sono gli stessi beneficiati
e tutti con una immensa religione: hanno il solo pensiero della
Provvidenza... Brevemente, il Cottolengo è un privilegiato,
un vero uomo prodigioso.
Lautore
della relazione era il giovane Conte Cavour, con un grande avvenire
politico davanti.
Io non interrogo la Provvidenza,
preferisco
seguirla. Costruire un ospedale, io? Neppure per sogno! Però
la Divina Provvidenza potrebbe volerlo...
Chissà cosa vorrà la Divina Provvidenza? Io sono
un buono a nulla e non so neppure cosa mi faccio. La Divina Provvidenza
però sa certamente ciò che vuole. A me tocca solo
assecondarla. Avanti in Domino.
San
Giuseppe Benedetto Cottolengo