AZIONE E CONTEMPLAZIONE
PER LA CHIESA

7 ottobre 1571, ore 12. La minaccia che incombeva pesante sull’Europa Cristiana era gravissima e rischiava di diventare mortale per tutto l’Occidente. La flotta turco musulmana, forte di più di 300 navi che aveva terrorizzato il Mediterraneo, si trovava nel golfo di Lepanto, intatta, organizzata e pronta a colpire in modo devastante. Aveva già collezionato una serie di vittorie e conquiste e pareva inarrestabile. La Lega delle nazioni cristiane aveva una flotta inferiore di numero ma più potente nelle artiglierie. Meno di 300 navi: 140 della Serenissima Repubblica di Venezia, 70 della Spagna, 12 pontificie e altre dei Medici di Toscana, dei Savoia, dell’Ordine di Malta e della repubblica di Lucca. Proprio verso mezzogiorno cominciò la battaglia: furiosa, rabbiosa, sentita da tutti come storica. La flotta cristiana, guidata da don Juan d’Austria, Sebastiano Venier (futuro doge) e Marcantonio Colonna, percepiva la posta in gioco, e tutti erano pronti a fare il proprio dovere.

Tra i “combattenti”, assente col corpo ma presente con lo spirito ce n’era uno: vecchio, malato e stanco che pregava incessantemente con il Rosario, come un novello Mosè sul monte che combatteva pregando. Era il Papa di Roma, Pio V, che aveva faticato tanto per mettere su quell’Alleanza per respingere con le armi la politica aggressiva e crudele dei turco-musulmani. Dopo tre ore di furiosi scontri la flotta musulmana era sconfitta ed in rotta, la loro ammiraglia catturata, il loro comandante ucciso. Il successo navale della Lega voluta dal Papa era totale. Quando la notizia della grande vittoria giunse a Roma, Pio V fece suonare tutte le campane della Città Eterna ed invitò i fedeli a pregare e a ringraziare Dio. Egli aveva invitato i romani a pregare (con la recita del Rosario) e ringraziare la Madonna, la Vergine Maria, di cui egli era grande devoto. Per questo volle istituire la festa della Beata Vergine del Rosario proprio il 7 ottobre. Festa che dura ancor oggi.

Cento anni dopo, con la vittoria di Vienna (1683) il progetto di conquista militare e dell’imposizione dell’islam “manu militari” sull’Europa era terminato. Oggi si parla di nuovo di queste importanti battaglie (la prima del 732 a Poitiers, poi 1571 Lepanto e Vienna 1683) contro l’espansionismo musulmano in campo militare, e del fatto che l’islam (almeno un certo islam) abbia riesumato il progetto di islamizzazione dell’Europa. In questi anni però il progetto sarebbe da attuare non più militarmente ma mediante l’immigrazione e la crescita demografica delle loro famiglie. Progetto sostenuto dai petrodollari dell’Arabia Saudita usati non per lo sviluppo dei paesi musulmani poveri ma per l’espansione dell’islam nel mondo. Il famoso giornale New York Post in un editoriale del 26 gennaio del 2003 ha citato la frase pronunciata da uno studioso islamico durante un incontro promosso dal Vaticano: “Per mezzo della vostra democrazia vi invaderemo, per mezzo della nostra religione vi domineremo”.

Da frate domenicano a grande inquisitore

Antonio Michele Ghislieri (questo era il nome “laico” di Pio V) era nato a Bosco Marengo, non lontano da Alessandria. Aveva solo 14 anni quando vide passare due frati col saio bianco e la cappa nera. Incuriosito chiese subito chi erano. “Sono due Frati Predicatori, i Domenicani”. Gli fu risposto. Chiese altre informazioni e dopo pochi mesi entrava nel convento di Voghera. Qui diventò anche lui “come quei due” cioè frate domenicano, col nome di Fra Michele.

Era di pronta intelligenza, di volontà decisa, di disponibilità apostolica ammirevole e di pietà profonda. Era poi particolarmente devoto della Madonna. Devozione che lo accompagnerà tutta la vita. Compì tutti gli studi di filosofia e teologia, e fu ordinato sacerdote a Genova nel 1528. Con questa tappa importante continuava la sua vita nell’Ordine Domenicano e nella Chiesa. Fu poi designato come insegnante di Teologia, prima a Bologna e poi a Pavia. Si metteva così al servizio della Verità non solo nell’insegnamento ma anche nella predicazione e nella difesa della Fede dalle eresie. Fu anche priore in vari monasteri domenicani.

Intanto il Papa Paolo III nel 1542 istituì l’Inquisizione per la difesa della Fede Cattolica. E Fra Michele Ghislieri fu nominato Inquisitore prima a Pavia poi a Como. In questo incarico dimostrò grande dinamismo, intelligenza, diligenza e zelo. Nel 1555, il suo diretto superiore il Card. Carafa diventò Papa Paolo IV e la carriera ecclesiastica del Ghislieri fece un salto di qualità. Infatti, l’anno dopo anche se con riluttanza accettò la consacrazione episcopale. Nello stesso anno entrava nella Commissione incaricata della Riforma della Curia, e poi nel 1557 fu creato cardinale e l’anno seguente nominato inquisitore a vita (Inquisitor maior et perpetuus). “A differenza di alcuni suoi colleghi egli non volle per sé né ricchezze né tenere corte numerosa, ma esigeva dai suoi familiari una condotta quasi monastica ed egli stesso dava esempio di vita austera e laboriosa” (Angelico Iszak).
Come Inquisitore maggiore invitò alcuni esponenti dell’Inquisizione alla moderazione e al realismo, condito di buon senso, anche nell’esecuzione degli ordini dati... dal Papa stesso, suo protettore. Come quando invitò ad atteggiamenti più prudenti il vescovo di Genova che voleva proibire la pubblicazione dell’Orlando Furioso dell’Ariosto, come era stato richiesto dall’Indice. Il Ghislieri fece osservare che sarebbe stata una mossa ridicola, impopolare e... inattuabile. Il successore Pio IV lo riconfermò nella carica, e poi lo fece vescovo di Mondovì (1560). Incarico che non era per niente un tentativo di esilio. Infatti il Ghislieri rimaneva lo stesso a Roma alla direzione dell’Inquisizione. Tuttavia volle recarsi nella sua diocesi per una visita.

Temo le preghiere di questo Papa

Ma dopo alcuni anni il Ghislieri “cadde in disgrazia” agli occhi del Papa che decise di “farlo fuori” politicamente. Il tutto in due semplici mosse: la prima fu nel 1564 di privarlo dell’appartamento in Vaticano. La seconda: l’istituzione di una commissione cardinalizia per dirigere l’Inquisizione romana. Il cardinale alessandrino si vide praticamente esautorato ed inutile a Roma, e fece i bauli per tornare al nord, nella sua diocesi. Ma i suoi bagagli finirono non a Mondovì ma nelle mani dei... corsari che avevano assaltato la nave che li trasportava. Per questo motivo e per la malattia, restò a Roma. È proprio vero che “l’uomo propone e Dio dispone”. Nel 1566, il Card. Ghislieri infatti veniva eletto Papa avendo tra i suoi “sponsor” i Card. Altemps e Carlo Borromeo. Era diventato così Pio V. Un vero scherzo della Provvidenza.

La sua prima preoccupazione fu la riforma della Chiesa secondo i dettami del Concilio di Trento (che portò avanti con coraggio) e la riforma della Curia romana, combattendo duramente il nepotismo allora imperante. “Invitava ripetutamente i cardinali a riformare se stessi e i loro familiari... ma per riguardo all’età e dignità non volle emanare nessun decreto generale: si limitava ad avvertirli e a rimandare nella loro diocesi quelli che non erano indispensabili a Roma. Nella creazione dei nuovi porporati non ammetteva alcuna interferenza politica: badava soltanto ai meriti e alle attitudini dei candidati” (A. Iszak). Oggi si direbbe che usava i criteri dell’efficienza e dell’efficacia, della meritocrazia e della... trasparenza. Cose di cui c’è sempre bisogno in ogni tipo di governo. Diceva: “Può governare soltanto colui che governa se stesso secondo le leggi di Cristo”.

E fu la fine della mala pianta del nepotismo che era cresciuta così rigogliosamente e disastrosamente. Non fu né principe né sovrano, fu soltanto un pastore della Chiesa, un vero padre spirituale per i cristiani (cominciando a visitare personalmente la diocesi di Roma, la sua). Dopo i precedenti papi “politici” (spesso per esigenze storiche) e talvolta molto “terreni” ecco arrivare sulla cattedra di Pietro uno che incarnava “finalmente l’ideale di un papa religioso nel pieno senso della parola” (F. Seppelt). Era Papa ma nel profondo rimaneva ancora fra Michele, frate domenicano. Qualche storico può anche ironizzare su un certo idealismo (forse esagerato, se visti con gli occhi post moderni e smaliziati dell’uomo del XXI secolo). Affermava, infatti, che non c’era bisogno di fortezze per lo Stato Pontificio perché “le armi della Chiesa sono la preghiera, il digiuno e la Sacra Scrittura”.

Aveva addirittura pensato ad una certa “monasterizzazione” di Roma; decisamente un’impresa difficile anche per lo Spirito Santo.
Per aiutare i parroci nell’istruzione cattolica fece pubblicare il Catechismo Romano (1566), promuovendone la traduzione in varie lingue. Curò la riforma e l’unificazione della Liturgia, avocando alla S. Sede ogni riforma per l’avvenire. Fece pubblicare il Breviario (1568) ed il Messale (1570) e li impose a tutte le diocesi e Ordini religiosi. Diede anche molto impulso alla difesa della Fede (fece costruire il palazzo del Sant’Uffizio) e alla sua propagazione.

Alieno dalle questioni politiche vere e proprie, dovette tuttavia interessarsene molto in quanto avevano influenza sulla sua missione religiosa. Non sempre in questo campo così complesso e suscettibile ebbe intuizioni giuste, come nel caso dell’Inghilterra quando scomunicò la regina Elisabetta. Una misura inutile, anacronistica e controproducente.
Ma il suo grande successo “politico” e storico rimane la Lega contro i Turchi musulmani e la vittoria di Lepanto. Ottenuta anche grazie alle sue preghiere e alla recita del Rosario, che considerava la sintesi del Vangelo, una preghiera che egli raccomandò, nel 1569, anche con una bolla pontificia. Solimano il Magnifico disse una volta: “Temo più le preghiere di questo Papa, che tutte le milizie dell’imperatore”.
Pio V godette già in vita di una considerevole fama di santità, dimostrata anche nella sua malattia. In quei momenti difficili pregava: “Signore, aumenta i miei dolori, ma aumenta anche la mia pazienza”. Morì il primo maggio del 1572, e venne canonizzato nel 1712.
                                                                         
   MARIO SCUDU SDB ***


*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
          
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino

IMMAGINE:
El Greco : San Pio V, Collezione Moussalli, Roma

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2003-4
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