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31 maggio: S. CAMILLA BATTISTA DA VARANO
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S. Camilla B. da Varano (1458-1524), monaca clarissa ***

Tutto per Cristo, il giglio più bello

Camilla era ancora una bambina quando ebbe un'esperienza che la segnò per l'avvenire dandole l'impronta spirituale particolare, tutta sua. Cos'era successo?
La sua spiritualità si colloca nell'alveo di quella francescana che insisteva molto sull'aspetto cristologico della propria vita spirituale (e non può essere diversamente, essendo Cristo il centro di tutto!). E così si ebbero predicatori figli di S. Francesco che avevano insistito chi sul nome di Gesù (Bernardino da Siena, 1380-1444), chi sul simbolo della croce che salva, messa sugli stendardi (Giovanni da Capestrano 1386-1456), chi sul sangue redentore sparso per amore da Cristo (Giovanni della Marca 1393-1476).
Nel 1468, Venerdì Santo, a Camerino, la città dove Camilla era nata, parlava un noto predicatore, un ex medico, un certo Marco da Montegallo (1425-1496). L'argomento, dato il giorno, era ovvio: meditare sulla e partecipare alla Passione di Cristo. Papa Francesco ha scritto: "… il predicatore, prima di preparare concretamente quello che dirà nella predicazione, deve accettare di essere ferito per primo da quella Parola, che ferirà gli altri" (Evangelii Gaudium, 150). Egli raccomandava di fare memoria della Passione di Cristo e del suo amore per noi, meditando e versando, ogni venerdì, una 'lacrima' di solidarietà con lui. Ferito lui stesso dalla Passione di Cristo, quella volta riuscì a 'ferire' anche una fanciulla di appena dieci anni : Camilla, la figlia del principe Giulio Cesare Varano, signore di Camerino. Lei stessa anni dopo gli scrisse affermando che faceva risalire l'inizio della propria vita spirituale… a quella predica e all'invito della lacrima per Cristo.

Camilla, figlia del…. Rinascimento

La vita e la santità di Camilla sono sbocciate in pieno Rinascimento, cioè durante un periodo glorioso ed esaltante nella storia d'Italia, che diventava la guida d'Europa. Si ebbero una serie di profondi ed esaltanti movimenti nella vita culturale, politica, artistica, finanziaria, ecclesiastica e religiosa. L'uomo si pose a centro di tutto, scoprendo in se stesso energie e creatività mai viste prima in tutti i campi. Il Rinascimento è stato soprattutto una creazione del mondo laico ed in particolare del cosiddetto 'terzo stato' nascente cioè della borghesia. E queste nuove tendenze culturali ebbero un ruolo dominante anche su quelle religiose, anche se non furono dichiaratamente contrari alla Chiesa. Due centri brillarono sugli altri: la Firenze della famiglia Medici e la Roma dei papi di quel periodo (ricordiamo tra gli altri Alessandro VI, Giulio II, Leone X). E le corti dei signori rinascimentali respiravano questo nuovo clima fatto di culto della libertà, del proprio interesse particolare (il famoso 'particulare'), della bella vita ostentatamente ricca e vissuta nell'edonismo e lassismo (e violenza di ogni tipo e grado).
E Camilla? Nessuna eccezione: fu figlia del suo tempo e come adolescente non si tirò indietro. Era una ragazza forte, vivace, intelligente, sempre in ricerca, dotata di forte volontà e fantasia creativa. Era la figlia del signore di Camerino, quindi ricca di possibilità dal lato culturale (fu educata ed istruita a dovere, come si conveniva ad una socialmente in su) e del divertimento, che ella non rifiutò. Le piaceva "sonare, cantare, ballare, pazzeggiare", amava cavalcare e a vestire sontuosamente, oggi si direbbe vestiva completamente 'griffata'. Non fu Lorenzo il Magnifico (1449-1492) a scrivere: "Quant'è bella giovinezza / che si fugge tuttavia! / Chi vuol essere lieto, sia: / di doman non c'è certezza" ? Queste parole erano diventate il ritornello delle corti rinascimentali e anche un po' il fondamento culturale di un certo modo di vedere la vita. Anche Camilla aveva accolto volentieri questo invito. Un particolare che ci farà sorridere: in quel periodo non poteva sopportare nemmeno l'ombra di frati e suore e aborriva le loro parole devote.
E l'invito della 'lacrima per Cristo'? non era stato cancellato, c'era ancora ma…. nello sfondo. Camilla visse questi anni come una tipica adolescente ricca, con ottime possibilità di divertirsi, destreggiandosi tra Dio e le sue esigenze ed il mondo le offriva (e per lei era molte!). Tuttavia anche in questi anni dell'adolescenza, apparentemente persi sul versante spirituale, non tralasciò la preghiera e le normali devozioni; il suo cuore batteva sempre per Dio e per le 'cose di Dio'. Il desiderio profondo dell'assoluto, e anche il pensiero della Passione di Cristo, c'erano sempre, anche se indeboliti. Tutto questo le impedì di stordirsi completamente nei divertimenti e nelle cose mondane. E' proprio vero quello che scrive s. Paolo: "Dio fa tendere ogni cosa al bene di coloro che lo amano" (Rm 8,28). E Camilla, nonostante le apparenze e quello che pensavano gli altri, amava sinceramente Dio. E Dio stesso aspettava il momento per farsi sentire più distintamente da lei.

"Avevo il cuore imprigionato"

Disse di se stessa e degli anni dell'adolescenza: "Avevo il cuore imprigionato". E così cominciò quel processo di liberazione, graduale ma continuo, per tutta la vita. Fu un vero esodo, un lento liberarsi dai due faraoni che erano i condizionamenti familiari esterni del suo ambiente e le proprie passioni fatte di desideri capricciosi. Inoltre cresceva in lei, parallelamente alla voglia di divertirsi e alla sete di libertà, il timore di mancare all'appuntamento con Dio, di cui sentiva la chiamata nel profondo del cuore. Data la sua sensibilità, formazione e intelligenza, questi furono naturalmente anche anni di vera lotta interiore.
Ha scritto Abraham J. Heschel: "La vita dell'uomo si svolge in un campo di battaglia spirituale. Costantemente l'uomo è costretto a combattere con l''impulso del male', poiché l'uomo si trova come sospeso sopra una fune, di cui un'estremità viene tenuta da Dio e l'altra da Satana" (in Dio alla ricerca dell'uomo, pag. 411). Anche Camilla non sfuggì a questa lotta spirituale. Ma il richiamo di Dio su di lei fu decisamente più forte di tutto il resto: più forte delle circostanze, delle pressioni sociali, dei sogni mondani, di Satana e delle sue 'pompe'. Sentiva che Dio la chiamava ad un amore assoluto, ad una dedizione totale alla Sua causa nel mondo. Ed arrivarono nuovi 'imput' dal cielo, che la aiuteranno a completare l'esodo da se stessa per arrivare a Dio stesso, nella donazione completa a lui, attraverso Dio Crocifisso. Un altro predicatore francescano segnò il suo cammino spirituale, un certo Francesco da Urbino. Le parole di questo frate le sembrarono, come lei stessa scrisse:"… come fiamme di fulmine. Queste ispirazioni divine erano più amare del fiele, poiché puntavano dritte contro le mie inclinazioni naturali e il mio attaccamento al mondo". Ella stessa scrisse al frate di Urbino e ne ebbe questa risposta: "E per te, figlia mia, ti prego di fare grandi sforzi per preservare la purezza del tuo cuore…. Sta in guardia dalle seduzioni del mondo e sforzati di vincere te stessa". Riconobbe che Dio le aveva parlato tramite quel predicatore. Camilla fece una confessione generale, e cominciò a pensare seriamente alla vita religiosa. Gradualmente si arrese alla volontà di Dio e al suo amore che la chiamava. Scriverà poi che Cristo "colui che è il Fiore del campo ed il Giglio della valle" le aveva dato tre gigli: l'odio del mondo, il senso della propria indegnità e la prontezza nelle sofferenze. Gigli che Camilla accolse completamente, comprese le sofferenze fisiche che ben presto si fecero sentire e in non piccola quantità, accettate per amore di Cristo e sofferte con lui.

Camilla: suora nonostante il principe suo padre

Superato il ciclone adolescenziale e la lotta spirituale di quel periodo, nel 1479 (a 21 anni) prese la decisione di entrare nel monastero delle clarisse di Urbino. Come da copione (presente anche nella vita di altre sante e santi) ci fu l'opposizione ferma del padre. Il destino della figlia, così intelligente e brillante, ammirata da tutti, non erano le quattro mura di un convento, ma nello splendore di qualche corte signorile. Infatti Giulio Cesare da Varano aveva pensato ad un super matrimonio per lei. Ed era deciso a realizzare questo progetto, arrivando perfino a parlare di imprigionarla per impedirle di farsi suora. Per questo anche le case francescane e clarisse della zona furono investite dalla sua opposizione ed ira. Ma anche Camilla, figlia di un padre così deciso, era… decisa a resistere e seguire la propria vocazione. Impiegò ben due anni per convincere il padre, ma alla fine vinse lei e nel 1481 entrò nel monastero delle Sorelle Povere di S. Chiara ad Urbino. Lontano quindi dagli sfarzi di corte di Camerino, lontano dalle feste e dai bei vestiti, lontano dal lusso e dalle comodità vissute fino ad allora. Camilla lasciava tutto, e non rimpiangeva niente. Anzi si sentiva felice, per la prima volta profondamente e totalmente felice. Rimase solo due anni nel monastero di Urbino e, nonostante la vita molto austera e ricca di privazioni, furono per lei anni… meravigliosi. Aveva finalmente risposto alla sua sete di assoluto. La sua saggia superiora poi le suggerì di scrivere le meditazioni e lei naturalmente obbedì. Scriverà: "In questi due anni trascorsi ad Urbino una straordinaria grazia dello Spirito Santo mi ha guidato nelle profondità del Cuore di Gesù: un imperscrutabile mare di dolori nel quale sarei affogata se Dio non mi avesse sostenuta". L'invito avuto a dieci anni di una lacrima di solidarietà con Cristo nella Passione adesso avrà molta più consistenza e più partecipazione da parte sua: sarà una vita di continua conformazione a Cristo e di partecipazione solidale alla sua Passione, alle sofferenze del suo Cuore per la salvezza del mondo. Anche Camilla attuerà gradualmente quello che scrisse di sé S. Paolo: "Ora vivo per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo. Non sono più io che vivo: è Cristo che vive in me" (2,20). Programma spirituale che Camilla fece proprio egregiamente, ma che dovrebbe essere anche il nostro, di ogni cristiano: conformarsi sempre di più a Cristo, e questi Crocifisso, diminuendo sempre di più la centralità del nostro io con le sue passioni e aspirazioni terrene e mondane.
Fu nel 1484 che Camilla con alcune consorelle ritornò a Camerino, in un monastero fatto costruire, a proprie spese, dal padre. Motivo? Camilla, anche se, purtroppo, era diventata monaca, continuava ad essere sempre sua figlia e non voleva… che vivesse lontano.

"Tutti i giorni come un Venerdì Santo"

La devozione particolare di Camilla fu centrata sulla passione di Cristo, con una sottolineatura originale: lei meditava sulle amarissime sofferenze del Cuore di Gesù. Pertanto decise di "entrare nel sacratissimo Cuori di Gesù e di annegare nell'oceano delle sue acerbissime sofferenze" desiderando, come dirà lei, che tutti i giorni dell'anno fossero per lei come un Venerdì Santo". Avendo conosciuto, per via mistica, queste sofferenze del Cristo, lei stessa scrisse (1488) un'opera dal titolo: "I dolori interiori del Cuore di Cristo nella sua Passione" che costituisce il suo capolavoro di spiritualità. Essa rappresenta anche il vertice delle sue meditazioni sulla Passione. Camilla, immaginando di essere nell'orto del Getsemani, e di entrare " nel Cuore e mare di Gesù benedetto" rivela a tutti il suo dolore e la sua sete di salvezza per tutto il mondo. Riferisce anche delle sofferenze sofferte per i dannati, per gli eletti, per la sua beata Madre, per Maria Maddalena, per i discepoli, per Giuda, per il popolo ebreo e per l'ingratitudine di tante anime. Fu stampata a Napoli, lei ancora vivente, ed ebbe molte edizioni. Camilla con quest'opera apriva la via ad un esplicito riconoscimento della devozione al Sacro Cuore, che avverrà in seguito ad opera di S. Margherita M. Alacoque (1647-1690).
Ma giorni di grandi sofferenze e lutti a catena Camilla li ebbe specialmente negli anni 1501-1502: prima suo padre fu scomunicato dal papa Alessandro VI (Borgia), e lei dovette fuggire, con tutta le comunità, in esilio ad Atri davanti alle truppe del figlio (illegittimo) di Alessandro VI, Cesare Borgia. Questi, nella sua crudeltà, fece uccidere prima il padre e poi tre suoi fratelli. Furono anni di silenzio, di sofferenze e di paura, di dubbi e tradimenti: una vera 'notte oscura'. Sembra strano ma non c'è nessuna eco di questi avvenimenti, della sofferenza e crudeltà che si abbatterono su di lei. Silenzio. Perché? La sofferenza spirituale, oltre che affettiva, era ancora più grande perché in tutte queste crudeltà contro i suoi familiari (e non solo) era implicato il papa stesso di Roma, Alessandro VI, come mandante o ispiratore. Ed quel papa era la suprema autorità della Chiesa, a cui, come religiosa, doveva obbedienza. Dolore nel dolore quindi. Davanti a tutte queste sofferenze ella arrivò a parlare di "amorosa crocifissione". L'esperienza del dolore, se accettato come ha fatto lei, rende l'uomo libero e finalmente capace di 'oblazione' totale a Dio.
Camilla ci ha anche insegnato a contemplare la nostra vita alla luce di quella di Cristo, ma specialmente le nostre sofferenze o 'passioni' dentro la sua passione non separando mai il dolore dall'amore. Il motivo è semplice: solo così c'è salvezza, per sé e per gli altri. Ella parlò anche con insistenza di amore ai nemici invitando, in lacrime, a pregare per superare le piccole e grandi "tribulazioni del mondo". Davanti alle sofferenze di ogni genere che possono abbattersi su una creatura, Camilla insegna ancora oggi (non solo attraverso le sue opere spirituali quali Autobiografia, Lettere e Preghiere ecc.) a rileggere tutto e con fede alla luce del Cristo Crocifisso certo ma Risorto. E' la luce della Pasqua di Cristo che ci deve illuminare e ci deve aiutare a riprendere il cammino, nonostante tutto.

Mario SCUDU sdb - Torino

*** Testi

1 - Il Crocifisso parla a Camilla
Un giorno, appena mi ero posta in orazione, subito mi fu detto: "Va e scrivi quei dolori mentali della Passione che tu sai… emana il balsamo dei miei dolori mentali ed effondilo in altri". Io mi scusai e dissi: "Signore mio, non so neppure come incominciare, perché non voglio dire in nessun modo che queste cose sono mie". Mi fu detto: "Comincia così: Vi fu un'anima molto desiderosa di pascersi, ecc.". E mi furono così dettate due pagine. Io subito mi levai ed obbedii a tale comando. Tanto mi abbondavano le parole, che mai dovetti pensare quello che volevo dire". (Dall'Autobiografia).
2 - I tre gigli (Dalla sua Autobiografia)
Dopo il travaglio vissuto da Camilla prima di donarsi a Dio, descrive nella sua Autobiografia il dono dell'esperienza mistica e come il Cristo, colui che è "il fiore del campo e il giglio delle valli" le avesse 'lasciato' tre gigli.
1 - Il primo giglio
Il primo fu questo: n odio tanto grande per il mondo che a chi mi avesse proposto: "Che cosa scegli: stare nel mondo ed essere imperatrice dell'universo con la certezza di essere salva a suo tempo, ovvero entrare in monastero col pericolo di essere dannata?" veramente, Padre mio, senza esitazione avrei scelto di entrare subito nella vita religiosa nonostante il pericolo di essere dannata, piuttosto che stare nel mondo con tutte le sue seduzioni e glorie e la certezza di salvarmi. Questo per il grande odio che avevo per esso, perché non mi pareva più mondo, ma quello che era e ed è, cioè un inferno qui nel tempo ed un anticipo dell'inferno eterno. Ed è proprio così anche se qualcuno non ci crede".
2 - Il secondo giglio
Il secondo giglio fu questo: l'umiltà di cuore, perché sinceramente confessavo e credevo con tutto il cuore che sopra la terra non vi fosse maggior peccatrice di me. Ritenevo che la più grande misericordia che Dio mi potesse usare era quella di salvarmi, così come la più retta giustizia che potesse mai compiere era quella di mandarmi all'inferno. E quanto più Dio mi faceva doni e grazie, tanto più mi stimavo vilissima. Mi ha fatto sempre questa grazia di stimare tutti i suoi doni debiti e non ricchezze. E infatti è così…
3 - Il terzo giglio
Il terzo giglio fu questo: un infuocato desiderio di 'mal patire', talmente forte che, se mi avesse voluto dare il paradiso senza 'mal patire', non lo avrei voluto. Perciò pregavo Dio e gli dicevo con dolce affetto: "Se il grande amore che mi hai mostrato e mi mostri è sincero e non uno scherzo, dammi questo vero segno: che io sia rivestita di quella veste con cui fu rivestito il tuo dilettissimo Figlio, cioè mal patire in questo mondo". Me ne fu annunziato e promesso tanto…


*** Tratto dal volume:

MARIO SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 San
te e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino


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