S.
Camilla B. da Varano (1458-1524), monaca clarissa ***
Tutto per
Cristo, il giglio più bello
Camilla era ancora una bambina quando
ebbe un'esperienza che la segnò per l'avvenire dandole l'impronta
spirituale particolare, tutta sua. Cos'era successo?
La sua spiritualità si colloca nell'alveo di quella francescana
che insisteva molto sull'aspetto cristologico della propria vita
spirituale (e non può essere diversamente, essendo Cristo
il centro di tutto!). E così si ebbero predicatori figli
di S. Francesco che avevano insistito chi sul nome di Gesù
(Bernardino da Siena, 1380-1444), chi sul simbolo della croce che
salva, messa sugli stendardi (Giovanni da Capestrano 1386-1456),
chi sul sangue redentore sparso per amore da Cristo (Giovanni della
Marca 1393-1476).
Nel 1468, Venerdì Santo, a Camerino, la città dove
Camilla era nata, parlava un noto predicatore, un ex medico, un
certo Marco da Montegallo (1425-1496). L'argomento, dato il giorno,
era ovvio: meditare sulla e partecipare alla Passione di Cristo.
Papa Francesco ha scritto: "
il predicatore, prima di
preparare concretamente quello che dirà nella predicazione,
deve accettare di essere ferito per primo da quella Parola, che
ferirà gli altri" (Evangelii Gaudium, 150). Egli raccomandava
di fare memoria della Passione di Cristo e del suo amore per noi,
meditando e versando, ogni venerdì, una 'lacrima' di solidarietà
con lui. Ferito lui stesso dalla Passione di Cristo, quella volta
riuscì a 'ferire' anche una fanciulla di appena dieci anni
: Camilla, la figlia del principe Giulio Cesare Varano, signore
di Camerino. Lei stessa anni dopo gli scrisse affermando che faceva
risalire l'inizio della propria vita spirituale
a quella predica
e all'invito della lacrima per Cristo.
Camilla, figlia del
. Rinascimento
La vita e la santità di Camilla
sono sbocciate in pieno Rinascimento, cioè durante un periodo
glorioso ed esaltante nella storia d'Italia, che diventava la guida
d'Europa. Si ebbero una serie di profondi ed esaltanti movimenti
nella vita culturale, politica, artistica, finanziaria, ecclesiastica
e religiosa. L'uomo si pose a centro di tutto, scoprendo in se stesso
energie e creatività mai viste prima in tutti i campi. Il
Rinascimento è stato soprattutto una creazione del mondo
laico ed in particolare del cosiddetto 'terzo stato' nascente cioè
della borghesia. E queste nuove tendenze culturali ebbero un ruolo
dominante anche su quelle religiose, anche se non furono dichiaratamente
contrari alla Chiesa. Due centri brillarono sugli altri: la Firenze
della famiglia Medici e la Roma dei papi di quel periodo (ricordiamo
tra gli altri Alessandro VI, Giulio II, Leone X). E le corti dei
signori rinascimentali respiravano questo nuovo clima fatto di culto
della libertà, del proprio interesse particolare (il famoso
'particulare'), della bella vita ostentatamente ricca e vissuta
nell'edonismo e lassismo (e violenza di ogni tipo e grado).
E Camilla? Nessuna eccezione: fu figlia del suo tempo e come adolescente
non si tirò indietro. Era una ragazza forte, vivace, intelligente,
sempre in ricerca, dotata di forte volontà e fantasia creativa.
Era la figlia del signore di Camerino, quindi ricca di possibilità
dal lato culturale (fu educata ed istruita a dovere, come si conveniva
ad una socialmente in su) e del divertimento, che ella non rifiutò.
Le piaceva "sonare, cantare, ballare, pazzeggiare", amava
cavalcare e a vestire sontuosamente, oggi si direbbe vestiva completamente
'griffata'. Non fu Lorenzo il Magnifico (1449-1492) a scrivere:
"Quant'è bella giovinezza / che si fugge tuttavia! /
Chi vuol essere lieto, sia: / di doman non c'è certezza"
? Queste parole erano diventate il ritornello delle corti rinascimentali
e anche un po' il fondamento culturale di un certo modo di vedere
la vita. Anche Camilla aveva accolto volentieri questo invito. Un
particolare che ci farà sorridere: in quel periodo non poteva
sopportare nemmeno l'ombra di frati e suore e aborriva le loro parole
devote.
E l'invito della 'lacrima per Cristo'? non era stato cancellato,
c'era ancora ma
. nello sfondo. Camilla visse questi anni come
una tipica adolescente ricca, con ottime possibilità di divertirsi,
destreggiandosi tra Dio e le sue esigenze ed il mondo le offriva
(e per lei era molte!). Tuttavia anche in questi anni dell'adolescenza,
apparentemente persi sul versante spirituale, non tralasciò
la preghiera e le normali devozioni; il suo cuore batteva sempre
per Dio e per le 'cose di Dio'. Il desiderio profondo dell'assoluto,
e anche il pensiero della Passione di Cristo, c'erano sempre, anche
se indeboliti. Tutto questo le impedì di stordirsi completamente
nei divertimenti e nelle cose mondane. E' proprio vero quello che
scrive s. Paolo: "Dio fa tendere ogni cosa al bene di coloro
che lo amano" (Rm 8,28). E Camilla, nonostante le apparenze
e quello che pensavano gli altri, amava sinceramente Dio. E Dio
stesso aspettava il momento per farsi sentire più distintamente
da lei.
"Avevo il cuore imprigionato"
Disse di se stessa e degli anni dell'adolescenza:
"Avevo il cuore imprigionato". E così cominciò
quel processo di liberazione, graduale ma continuo, per tutta la
vita. Fu un vero esodo, un lento liberarsi dai due faraoni che erano
i condizionamenti familiari esterni del suo ambiente e le proprie
passioni fatte di desideri capricciosi. Inoltre cresceva in lei,
parallelamente alla voglia di divertirsi e alla sete di libertà,
il timore di mancare all'appuntamento con Dio, di cui sentiva la
chiamata nel profondo del cuore. Data la sua sensibilità,
formazione e intelligenza, questi furono naturalmente anche anni
di vera lotta interiore.
Ha scritto Abraham J. Heschel: "La vita dell'uomo si svolge
in un campo di battaglia spirituale. Costantemente l'uomo è
costretto a combattere con l''impulso del male', poiché l'uomo
si trova come sospeso sopra una fune, di cui un'estremità
viene tenuta da Dio e l'altra da Satana" (in Dio alla ricerca
dell'uomo, pag. 411). Anche Camilla non sfuggì a questa lotta
spirituale. Ma il richiamo di Dio su di lei fu decisamente più
forte di tutto il resto: più forte delle circostanze, delle
pressioni sociali, dei sogni mondani, di Satana e delle sue 'pompe'.
Sentiva che Dio la chiamava ad un amore assoluto, ad una dedizione
totale alla Sua causa nel mondo. Ed arrivarono nuovi 'imput' dal
cielo, che la aiuteranno a completare l'esodo da se stessa per arrivare
a Dio stesso, nella donazione completa a lui, attraverso Dio Crocifisso.
Un altro predicatore francescano segnò il suo cammino spirituale,
un certo Francesco da Urbino. Le parole di questo frate le sembrarono,
come lei stessa scrisse:"
come fiamme di fulmine. Queste
ispirazioni divine erano più amare del fiele, poiché
puntavano dritte contro le mie inclinazioni naturali e il mio attaccamento
al mondo". Ella stessa scrisse al frate di Urbino e ne ebbe
questa risposta: "E per te, figlia mia, ti prego di fare grandi
sforzi per preservare la purezza del tuo cuore
. Sta in guardia
dalle seduzioni del mondo e sforzati di vincere te stessa".
Riconobbe che Dio le aveva parlato tramite quel predicatore. Camilla
fece una confessione generale, e cominciò a pensare seriamente
alla vita religiosa. Gradualmente si arrese alla volontà
di Dio e al suo amore che la chiamava. Scriverà poi che Cristo
"colui che è il Fiore del campo ed il Giglio della valle"
le aveva dato tre gigli: l'odio del mondo, il senso della propria
indegnità e la prontezza nelle sofferenze. Gigli che Camilla
accolse completamente, comprese le sofferenze fisiche che ben presto
si fecero sentire e in non piccola quantità, accettate per
amore di Cristo e sofferte con lui.
Camilla: suora nonostante il principe
suo padre
Superato il ciclone adolescenziale
e la lotta spirituale di quel periodo, nel 1479 (a 21 anni) prese
la decisione di entrare nel monastero delle clarisse di Urbino.
Come da copione (presente anche nella vita di altre sante e santi)
ci fu l'opposizione ferma del padre. Il destino della figlia, così
intelligente e brillante, ammirata da tutti, non erano le quattro
mura di un convento, ma nello splendore di qualche corte signorile.
Infatti Giulio Cesare da Varano aveva pensato ad un super matrimonio
per lei. Ed era deciso a realizzare questo progetto, arrivando perfino
a parlare di imprigionarla per impedirle di farsi suora. Per questo
anche le case francescane e clarisse della zona furono investite
dalla sua opposizione ed ira. Ma anche Camilla, figlia di un padre
così deciso, era
decisa a resistere e seguire la propria
vocazione. Impiegò ben due anni per convincere il padre,
ma alla fine vinse lei e nel 1481 entrò nel monastero delle
Sorelle Povere di S. Chiara ad Urbino. Lontano quindi dagli sfarzi
di corte di Camerino, lontano dalle feste e dai bei vestiti, lontano
dal lusso e dalle comodità vissute fino ad allora. Camilla
lasciava tutto, e non rimpiangeva niente. Anzi si sentiva felice,
per la prima volta profondamente e totalmente felice. Rimase solo
due anni nel monastero di Urbino e, nonostante la vita molto austera
e ricca di privazioni, furono per lei anni
meravigliosi. Aveva
finalmente risposto alla sua sete di assoluto. La sua saggia superiora
poi le suggerì di scrivere le meditazioni e lei naturalmente
obbedì. Scriverà: "In questi due anni trascorsi
ad Urbino una straordinaria grazia dello Spirito Santo mi ha guidato
nelle profondità del Cuore di Gesù: un imperscrutabile
mare di dolori nel quale sarei affogata se Dio non mi avesse sostenuta".
L'invito avuto a dieci anni di una lacrima di solidarietà
con Cristo nella Passione adesso avrà molta più consistenza
e più partecipazione da parte sua: sarà una vita di
continua conformazione a Cristo e di partecipazione solidale alla
sua Passione, alle sofferenze del suo Cuore per la salvezza del
mondo. Anche Camilla attuerà gradualmente quello che scrisse
di sé S. Paolo: "Ora vivo per Dio. Sono stato crocifisso
con Cristo. Non sono più io che vivo: è Cristo che
vive in me" (2,20). Programma spirituale che Camilla fece proprio
egregiamente, ma che dovrebbe essere anche il nostro, di ogni cristiano:
conformarsi sempre di più a Cristo, e questi Crocifisso,
diminuendo sempre di più la centralità del nostro
io con le sue passioni e aspirazioni terrene e mondane.
Fu nel 1484 che Camilla con alcune consorelle ritornò a Camerino,
in un monastero fatto costruire, a proprie spese, dal padre. Motivo?
Camilla, anche se, purtroppo, era diventata monaca, continuava ad
essere sempre sua figlia e non voleva
che vivesse lontano.
"Tutti i giorni come un Venerdì
Santo"
La devozione particolare di Camilla
fu centrata sulla passione di Cristo, con una sottolineatura originale:
lei meditava sulle amarissime sofferenze del Cuore di Gesù.
Pertanto decise di "entrare nel sacratissimo Cuori di Gesù
e di annegare nell'oceano delle sue acerbissime sofferenze"
desiderando, come dirà lei, che tutti i giorni dell'anno
fossero per lei come un Venerdì Santo". Avendo conosciuto,
per via mistica, queste sofferenze del Cristo, lei stessa scrisse
(1488) un'opera dal titolo: "I dolori interiori del Cuore di
Cristo nella sua Passione" che costituisce il suo capolavoro
di spiritualità. Essa rappresenta anche il vertice delle
sue meditazioni sulla Passione. Camilla, immaginando di essere nell'orto
del Getsemani, e di entrare " nel Cuore e mare di Gesù
benedetto" rivela a tutti il suo dolore e la sua sete di salvezza
per tutto il mondo. Riferisce anche delle sofferenze sofferte per
i dannati, per gli eletti, per la sua beata Madre, per Maria Maddalena,
per i discepoli, per Giuda, per il popolo ebreo e per l'ingratitudine
di tante anime. Fu stampata a Napoli, lei ancora vivente, ed ebbe
molte edizioni. Camilla con quest'opera apriva la via ad un esplicito
riconoscimento della devozione al Sacro Cuore, che avverrà
in seguito ad opera di S. Margherita M. Alacoque (1647-1690).
Ma giorni di grandi sofferenze e lutti a catena Camilla li ebbe
specialmente negli anni 1501-1502: prima suo padre fu scomunicato
dal papa Alessandro VI (Borgia), e lei dovette fuggire, con tutta
le comunità, in esilio ad Atri davanti alle truppe del figlio
(illegittimo) di Alessandro VI, Cesare Borgia. Questi, nella sua
crudeltà, fece uccidere prima il padre e poi tre suoi fratelli.
Furono anni di silenzio, di sofferenze e di paura, di dubbi e tradimenti:
una vera 'notte oscura'. Sembra strano ma non c'è nessuna
eco di questi avvenimenti, della sofferenza e crudeltà che
si abbatterono su di lei. Silenzio. Perché? La sofferenza
spirituale, oltre che affettiva, era ancora più grande perché
in tutte queste crudeltà contro i suoi familiari (e non solo)
era implicato il papa stesso di Roma, Alessandro VI, come mandante
o ispiratore. Ed quel papa era la suprema autorità della
Chiesa, a cui, come religiosa, doveva obbedienza. Dolore nel dolore
quindi. Davanti a tutte queste sofferenze ella arrivò a parlare
di "amorosa crocifissione". L'esperienza del dolore, se
accettato come ha fatto lei, rende l'uomo libero e finalmente capace
di 'oblazione' totale a Dio.
Camilla ci ha anche insegnato a contemplare la nostra vita alla
luce di quella di Cristo, ma specialmente le nostre sofferenze o
'passioni' dentro la sua passione non separando mai il dolore dall'amore.
Il motivo è semplice: solo così c'è salvezza,
per sé e per gli altri. Ella parlò anche con insistenza
di amore ai nemici invitando, in lacrime, a pregare per superare
le piccole e grandi "tribulazioni del mondo". Davanti
alle sofferenze di ogni genere che possono abbattersi su una creatura,
Camilla insegna ancora oggi (non solo attraverso le sue opere spirituali
quali Autobiografia, Lettere e Preghiere ecc.) a rileggere tutto
e con fede alla luce del Cristo Crocifisso certo ma Risorto. E'
la luce della Pasqua di Cristo che ci deve illuminare e ci deve
aiutare a riprendere il cammino, nonostante tutto.
Mario
SCUDU sdb - Torino
*** Testi
1 - Il Crocifisso parla a Camilla
Un giorno, appena mi ero posta in orazione, subito mi fu detto:
"Va e scrivi quei dolori mentali della Passione che tu sai
emana il balsamo dei miei dolori mentali ed effondilo in altri".
Io mi scusai e dissi: "Signore mio, non so neppure come incominciare,
perché non voglio dire in nessun modo che queste cose sono
mie". Mi fu detto: "Comincia così: Vi fu un'anima
molto desiderosa di pascersi, ecc.". E mi furono così
dettate due pagine. Io subito mi levai ed obbedii a tale comando.
Tanto mi abbondavano le parole, che mai dovetti pensare quello che
volevo dire". (Dall'Autobiografia).
2 - I tre gigli (Dalla sua Autobiografia)
Dopo il travaglio vissuto da Camilla prima di donarsi a Dio, descrive
nella sua Autobiografia il dono dell'esperienza mistica e come il
Cristo, colui che è "il fiore del campo e il giglio
delle valli" le avesse 'lasciato' tre gigli.
1 - Il primo giglio
Il primo fu questo: n odio tanto grande per il mondo che a chi mi
avesse proposto: "Che cosa scegli: stare nel mondo ed essere
imperatrice dell'universo con la certezza di essere salva a suo
tempo, ovvero entrare in monastero col pericolo di essere dannata?"
veramente, Padre mio, senza esitazione avrei scelto di entrare subito
nella vita religiosa nonostante il pericolo di essere dannata, piuttosto
che stare nel mondo con tutte le sue seduzioni e glorie e la certezza
di salvarmi. Questo per il grande odio che avevo per esso, perché
non mi pareva più mondo, ma quello che era e ed è,
cioè un inferno qui nel tempo ed un anticipo dell'inferno
eterno. Ed è proprio così anche se qualcuno non ci
crede".
2 - Il secondo giglio
Il secondo giglio fu questo: l'umiltà di cuore, perché
sinceramente confessavo e credevo con tutto il cuore che sopra la
terra non vi fosse maggior peccatrice di me. Ritenevo che la più
grande misericordia che Dio mi potesse usare era quella di salvarmi,
così come la più retta giustizia che potesse mai compiere
era quella di mandarmi all'inferno. E quanto più Dio mi faceva
doni e grazie, tanto più mi stimavo vilissima. Mi ha fatto
sempre questa grazia di stimare tutti i suoi doni debiti e non ricchezze.
E infatti è così
3 - Il terzo giglio
Il terzo giglio fu questo: un infuocato desiderio di 'mal patire',
talmente forte che, se mi avesse voluto dare il paradiso senza 'mal
patire', non lo avrei voluto. Perciò pregavo Dio e gli dicevo
con dolce affetto: "Se il grande amore che mi hai mostrato
e mi mostri è sincero e non uno scherzo, dammi questo vero
segno: che io sia rivestita di quella veste con cui fu rivestito
il tuo dilettissimo Figlio, cioè mal patire in questo mondo".
Me ne fu annunziato e promesso tanto
***
Tratto dal volume:
MARIO
SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 Sante
e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino
Visita Nr.