LA SPIRITUALITA' EDUCATIVA
IN
MARIA MAZZARELLO

Le Figlie di Maria Ausiliatrice celebrano quest’anno il 125° della morte di Santa Maria Mazzarello, confondatrice con Don Bosco del loro Istituto. L’occasione è resa più solenne dalla presenza della Madre Generale, suor Antonia Colombo, che ha scelto il Piemonte: Torino, Mornese e Nizza Monferrato per la festa del “grazie” che ogni anno si celebra in una parte diversa del mondo.
A Nizza si conserva con venerazione la cameretta dove Madre Mazzarello dimorò dal 1878 al 1881, anno della sua morte. È qui custodito lo scrittoio dove la Madre scrisse le 44 lettere, dirette soprattutto alle missionarie, datate “Nizza Monferrato”.

Alla sua morte l’Istituto delle FMA era ben consolidato, non solo per lo sviluppo delle opere, ma per l’impronta carismatica condivisa con Don Bosco: l’educazione dei giovani.

Madre Mazzarello ha scelto i giovani come destinatari del suo apostolato ancor prima di conoscere Don Bosco. Indebolita dalla malattia del tifo, la giovane Main è costretta a lasciare il lavoro dei campi, si impegna a imparare il mestiere di sarta per un sogno che già da tempo urgeva nel suo animo: dedicarsi alle ragazze di Mornese, «toglierle dai pericoli, come dice all’amica Petronilla, e insegnar loro a conoscere il Signore».
C’è stata anche una visione: un grande caseggiato con tante ragazze che giocano, e una voce: «A te le affido».
Don Bosco la trova già pronta per assumere lo stile educativo del “sistema preventivo”, con la fedeltà umile da una parte, ma con l’intraprendenza creativa dall’altra, propria dello specifico femminile e della sua personalità.

Educazione come “prendersi cura”

È questa la prima caratteristica che definisce Maria Mazzarello come “Madre” e come educatrice; si può dire educatrice perché madre.
Alla base sta il primato della persona, centro unitario della molteplicità delle sue dimensioni (fisica, intellettiva, affettiva, sociale, etica e religiosa...) e quindi centro della varietà degli interventi. Maria Mazzarello, come madre, non compie un’analisi teorica di queste dimensioni, ma con l’amore le investe tutte nella trama ordinaria della vita, cioè nella diversità delle situazioni, dell’età, dei temperamenti e della storia individuale. Esprime bene l’attenzione alla globalità della persona l’espressione che ripete a genitori e parenti delle ragazze in collegio, assicurandoli che ne avrà tutta la cura possibile.
Questo atteggiamento comporta aver coscienza del valore della persona, che per Madre Mazzarello è propria di un’antropologia cristiana. Il riferimento a Dio, creatore dell’uomo come sua “immagine”, carica di positività il significato della vita, perché la considera come un percorso coerente tra l’origine e il fine.

Il discernimento come attitudine educativa

L’attenzione alla persona per Madre Mazzarello vuol dire capacità di porsi di fronte alla singola ragazza o suora, conoscere i tratti della sua indole, le potenzialità positive e i difetti. Sviluppare il positivo e correggere il negativo in sé e negli altri è la grande impresa che diviene arte educativa per la costruzione di una maturità integrale. Tale arte implica intuito psicologico, stimoli adatti, paziente attesa; come quella del contadino, per cui le forzature non ottengono lo scopo, anzi sono dannose.
Dice di una giovane suora: «Mi pare che se la saprete prendere riuscirà bene. Così delle altre, ciascuna ha i suoi difetti, bisogna correggerle con carità, ma non pretendere che siano senza e nemmeno pretendere che si emendino di tutto in una volta. Bisogna studiare i naturali e saperli prendere; bisogna ispirare confidenza».
Saper discernere le qualità delle persone significa per Madre Mazzarello aderire al progetto di Dio su di loro. Ne consegue un’educazione ai valori etici e religiosi fondata in Cristo e nel Vangelo. L’evangelizzazione non è un’aggiunta alle dimensioni della persona; le permea e caratterizza, costruendo una maturazione umana garantita dalla maturità cristiana.

Amorevolezza come amore espresso e riconosciuto

L’amore è certamente la molla che fa scattare la dedizione educativa di Madre Mazzarello, secondo il binomio inscindibile del Vangelo: Dio e il prossimo. Proprio per questo trae da un fondamento sicuro tutto il calore e la diffusività dell’amore materno, che si esprime come amorevolezza.
Don Bosco aveva chiarito il significato di amorevolezza anche dicendo: «... che i giovani non solo siano amati, ma sappiano di essere amati». Richiede, quindi, un amore espresso da chi ama e riconosciuto da chi è amato. Non sempre questo si verifica nei rapporti educativi. «L’educazione è cosa di cuore» aveva anche detto Don Bosco.

Si può dire che l’amorevolezza salesiana possiede i connotati propri della delicatezza femminile. Madre Mazzarello, attenta alle diversità dei temperamenti, alla gradualità dello sviluppo e al coinvolgimento di tutte, suore, novizie, ragazze, sa conciliare molto bene la chiarezza delle mete da raggiungere con l’effusione di un affetto che cura, che aiuta, che comprende e soddisfa le esigenze, come quando cura i geloni dei piedi di una bimba o fa fare un giro nella vigna alla suora giovane. L’influsso della Madre sulle altre educatrici crea quell’ambiente saturo di spiritualità e di accoglienza che fa “star bene” come in famiglia. Suor Enrichetta Sorbone, dopo aver descritto il clima della casa di Mornese, vissuto da ragazza e da suora, conclude: «Com’era bella la vita!».

La pedagogia del lavoro e della gioia

Madre Mazzarello, col senso della concretezza che la distingue, guarda al futuro delle giovani donne a lei affidate e perciò inculca in loro l’amore al lavoro, che si traduce in doveri di studio, di ordine della casa e della persona, nell’acquisto di abilità che garantiscono una vita indipendente e dignitosa. La durezza del lavoro agricolo e la fatica per apprendere l’abilità di una sarta l’hanno temprata a valorizzare le occasioni per impiegare i talenti ricevuti a servizio degli altri. Non conta per lei il tipo di lavoro o la quantità, ma che ciascuna faccia quello che può e meglio che può. Dice: «Dio non domanda conto se si è fatto maggior lavoro di un’altra, ma se si sono impiegati tutti i talenti che Egli ci ha donato». Si riafferma qui il valore della persona e del suo sviluppo. Alle suore di Montevideo scrive: «Mi dite che avete da lavorare molto, e io ne sono ben contenta, perché il lavoro è il padre delle virtù; lavorando scappano i grilli e si è sempre allegri».

Il lavoro, se corrisponde alle capacità e ha una valenza altruistica, si coniuga certamente con la gioia, elemento necessario perché la persona esprima il meglio di se stessa e collabori a costruire un ambiente educativo. Si può scorgere chiaramente un legame anche tra amorevolezza e gioia. Nelle lettere di Madre Mazzarello alle suore missionarie emergono principalmente due interrogativi: «Vi volete bene?» e «Siete allegre?». Coglie il valore della gioia, o allegria con quest’espressione: «L’allegria è segno di un cuore che ama tanto il Signore».

L’allegria è alimentata dalle feste che si celebrano nelle varie occasioni dell’anno oltre che con le funzioni liturgiche, con teatri, musica, canti; ma anche ogni giorno con le ricreazioni, in cui sono abituali gli scherzi e le sorprese.

E oggi?

Oggi siamo nel tempo degli approfondimenti, delle ricerche, dei trattati pedagogici a livello universitario. Vengono elaborate le Linee orientative della missione educativa delle FMA. Emerge un linguaggio nuovo: “Educomunicazione”, “Cammini di sinergia”, “Progetti di solidarietà”; si allestiscono “Siti web”. Nell’Istituto delle FMA c’è tutto un fermento per affrontare il problema educativo in modo adeguato all’oggi, alle molteplici sfide di un mondo complesso.

Il cuore di tutto, però, è un’esigenza sempre emergente di tornare alle origini, al carisma di Mornese e dei Becchi, dove due giovani contadini, Maria Mazzarello e Giovanni Bosco si sono resi esperti nell’arte del seminare, del dissodare, del coltivare ... la terra e le anime!
                                                                         
Suor Armida Magnabosco ***


«È cosa di cuore»

Un titolo di questo genere, parlando di una donna confondatrice con Don Bosco dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, potrebbe indurre ad errate interpretazioni del suo messaggio.1
Madre Mazzarello, così come semplicemente viene chiamata, ha parlato molto del “cuore”, soprattutto nelle Lettere scritte alle sue figlie che, dalla casa di fondazione di Mornese, prendevano il largo per le varie fondazioni.
Il significato della parola “cuore” nel pensiero di madre Mazzarello è quello biblico. Nella Bibbia la parola “cuore” torna 797 volte. Solo dieci volte questo termine significa nel testo sacro l’organo del corpo; tutte le altre volte il cuore è visto come la sede profonda dell’uomo; presiede alla sua vita interiore e lo muove a conoscere, amare, sentire, ricordare, decidere. Il cuore nel senso biblico è il centro dell’essere; è la fonte della personalità cosciente e libera.

Sulla scia di Don Bosco che affermò: “L’educazione è cosa di cuore”, madre Mazzarello, con caratteristiche peculiarmente femminili, indicò e propose la via della sapienza del cuore. È stata anche definita donna di Spirito Santo, quindi donna sapiente ed è proprio la “sapienza del cuore” che emerge dalla sua vita e dal suo magistero.

Più che importa

Possiamo ora sottolineare alcune indicazioni che ci vengono dalla sua esperienza di vita veramente cristiana2 e impegnata a livello familiare e parrocchiale.
Una sua espressione tipica è questa: “Torniamo al più che importa”.3 Questa espressione si riferisce a ciò che è essenziale, che non cambia con il mutare delle situazioni e che rende il cuore grande, generoso, aperto a tutto ciò che è buono, bello, giusto. Questa serena “stabilità” interiore ha una sua origine ed è la certezza cristiana di essere amati da Dio e quindi capaci di amarlo a nostra volta. Il segno esterno di questa speranza teologale è appunto la gioia: “L’allegria è segno di un cuore che ama tanto il Signore”.

Il “più che importa” è quindi un cammino che riporta sempre a ritrovare il senso delle cose e degli avvenimenti per non perdere mai l’orientamento del cuore fatto per essere la “nostra abitazione con Dio”.
Quando la lontananza dalle persone non le permette un dialogo esaustivo dice: “È meglio che andiamo nel Cuore di Gesù e là possiamo dirci tutto”.4 È la vita del cristiano che si realizza, come dice San Paolo con Cristo e in Cristo, una compagnia che non conosce soste, né di giorno né di notte: “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado... di conoscere l’amore di Cristo... perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio”.5

Madre Mazzarello indica il Cuore di Cristo come il luogo abituale in cui dimorare. È un invito a fare l’esperienza dell’amore di Dio perché chi si sente amato matura la capacità di amare a sua volta. Un monaco protestante diceva ai suoi monaci – e dire “monaco” significa indicare uno che vive nella compagnia di Dio – “Ricordatevi il vostro cuore deve essere l’abitazione di Dio”.
Dio che abita nel cuore educa al dialogo con le persone e alla capacità di mantenere e rafforzare le relazioni anche in mezzo a possibili contraddizioni e diversità di carattere; per questo lei dice: “Parliamoci sempre nel Cuore di Gesù”;6 qui sono anche abolite le distanze geografiche: “Possiamo ogni giorno trovarci vicino nel Cuore di Gesù...”.7

Restare nel cuore

Seguendo le indicazioni di Madre Mazzarello potremmo quasi dire che la vita cristiana è vita che si origina nel cuore, nel luogo più sacro della persona perché lì in ogni istante avvengono le scelte e le decisioni alla luce di Colui che lo abita. Dio parla al cuore: “... l’attirerò a me, e parlerò al suo cuore”.8
E il dialogo che si impara nel cuore abitato da Dio non è fatto solo di parole, ma anche di silenzio, di capacità di ascolto; chi vive abitualmente in questo luogo impara a mettere ordine nei pensieri, davanti a lui si aprono orizzonti comunicativi che vanno al di là delle simpatie o antipatie e la capacità di accoglienza del diverso si moltiplica.
Certo, nel cuore bisogna anche starci di tanto in tanto; madre Mazzarello denuncia il pericolo di una vita tutta esteriore, di chi sta sempre fuori, e non si concede tempi o momenti per entrare dentro; non teme di dire: “... bisogna stare dentro nel cuore se si vuole sentire la voce di Gesù”.9
Nella società della chiacchiera è certamente provocatoria un’espressione come questa contenuta nella stessa lettera: “Bisogna parlar poco e riflettere molto”: quando le parole escono dal cuore abitato non feriscono, non offendono, non scoraggiano, non violentano. Lo spirito delle chiacchiere è la distruzione di ogni convivenza.

Chi vive nel cuore abitato da Cristo impara un linguaggio nuovo, quello della sapienza: “Lui vi farà veramente sapiente”, dice ancora madre Mazzarello.
Ci consola il fatto che Dio sempre cerca il nostro cuore, sempre bussa per potervi entrare; nonostante i nostri ritardi e le nostre sonnolenze, ci rimane sempre un po’ di tempo per scuoterci e verificare se veramente amiamo il Cristo che abita il nostro cuore: “Se è vero che lo amiamo, diamogli questo piacere e contentiamo il suo cuore che tanto ci ama”.10

La vita cristiana è quindi una relazione di amore con Dio: è un vivere insieme nel cuore, è un’attenzione vigile e perseverante di farsi contenti reciprocamente e questo stesso amore si espande e coinvolge altri. In mezzo ai tanti surrogati dell’amore il mondo ha bisogno della profezia del cuore abitato dall’amore di Dio. La parola di Madre Mazzarello giunge nell’oggi come un piccolo fuoco, ma che arde e risplende.
                                                                       
Suor Erta Cigolla fma ***

1 Maria Domenica Mazzarello nacque a Mornese, provincia di Alessandria, il 9 maggio 1837. Morì a Nizza Monferrato (AL) il 14 maggio 1881. La saggezza contadina, l’ardore apostolico, l’esperienza educativa e la potente azione dello Spirito, specie attraverso il dono del discernimento, la prepararono a dare inizio ad una Famiglia religiosa estesa in tutto il mondo. Il suo breve itinerario di vita fu un cammino di interiorità crescente che traboccò nella carità educativa e missionaria. L’Istituto fu approvato il 5 agosto 1872.
2 Maria Domenica Mazzarello si fece suora a 35 anni, quindi il tempo più lungo è stato vissuto da laica impegnata.
3 Lettera 58 in POSADA M.E. - Costa A. - Cavaglià P., La sapienza della vita. Lettere di Maria Domenica Mazzarello, Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice, Roma, 2004, p. 226.
4  Lettera 27.
5  Ef 3, 17-19.
6  Lettera 39.
7  Lettera 42.
8  Osea 2, 16.
9  Lettera 22.
10 Lettera 27.


IMMAGINI:
 © Elledici / Nino Musio / Il desiderio di portare le giovani a Dio, ha animato tutta la vita di Madre Mazzarello.
2  La terra in cui Madre Mazzarello è cresciuta le ha trasmesso il valore del sacrificio e del lavoro assiduo come risposta alla generosità di Dio.
3  La finestra della cascina di Valponasca. In questa casa, Maria Mazzarello visse gli anni dell’adolescenza e della giovinezza. Qui il ritmo della sua vita si modificò. Fino allora era stata il braccio destro della madre, ma ora che la sorellina Felicita si era fatta più grande, lei poteva seguire il padre in campagna, dove grazie alla sua vigoria fisica e il suo carattere, sbrigava gran parte dei lavori della vigna.
4  Il Papa riceve Madre Mazzarello e le sue giovani suore.
5  Madre Antonia Colombo, attuale Madre Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice (2006)
*** Questa e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
         
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2006 - 4
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