S. Paola
Frassinetti (1809-1882), fondatrice delle Dorotee ***
Madonna
mia, ricordatevi che sono vostra figlia
Non è raro leggendo la vita
dei santi trovare che non pochi di essi, per seguire la vocazione
religiosa o anche per consacrare la propria verginità a Cristo
Signore, hanno dovuto lottare contro l'opposizione dei loro genitori
che, ad essere più precisi, era il più delle volte
quella del padre. Questo è anche comprensibile: in genere
le madri, portatrici della vita proprio perché madri e quindi
più in sintonia con il mistero della vita stessa che sboccia
e che cresce in loro, sono più generose con Dio, capiscono
meglio il valore del dono di se stessi al Dio della vita.
Questo è chiarissimo nella vita di S. Paola Frassinetti.
Sua madre Angela che era stata una fonte di esempio e di virtù
per lei, prima di morire all'età di 34 anni, sul letto di
morte espresse questo desiderio: "Quanto sarei contenta che
tutti e cinque vi consacraste a Dio". Un ultimo desiderio così
bello che Dio non potè che esaudire: Giuseppe, Francesco,
Giovanni e Raffaele diventarono sacerdoti. Paola la terzogenita
sarà suora e fondatrice di una congregazione di suore. Un
vero miracolo e un grande dono per il popolo di Dio che beneficiò
del loro apostolato.
Un piccolo episodio che aiutò a vincere l'opposizione del
papà a lasciare libera la figlia. Don Giuseppe, il primogenito,
diventato sacerdote e parroco (e che conosceva la difficoltà
di Paola) un giorno nella sua chiesa durante il catechismo degli
adulti usò parole severe verso quei genitori che si opponevano
con durezza egoistica alla vocazione religiosa dei loro figli. Don
Giuseppe non sapeva né si era accorto che il padre era tra
i fedeli
e che anche Paola era presente, proprio dietro di
lui. Silenzio imbarazzante naturalmente sia durante il ritorno sia
casa in casa. Finchè papà Giovanni Battista disse
a d. Giuseppe: "Veramente, se avevi qualche osservazione da
farmi, me la potervi fare in privato, senza mettermi in berlina
davanti a tutti".
Nel 1835 Paola aveva già costituito una piccola comunità
a Quinto a Mare (Genova) quando suo padre fece loro una visita di
cortesia, ma non solo. Viste le difficoltà, le strettezze
e la povertà in cui quelle ragazze vivevano e volendo risparmiare
quella vita di stenti alla sua amatissima figlia disse a quelle
giovani: "Ma che cosa state a fare qui? Fatemi il piacere!
Tornatevene a casa, perché Paolina è pazza".
Era l'estremo tentativo di riavere indietro la figlia e vederla
di nuovo come la 'donna di casa'. Ma Paola non era pazza, per niente,
anzi, se vogliamo, era pazza della migliore pazzia di questo mondo:
la 'pazzia' per Dio. E rimase ancor più determinata e fedele
al suo progetto: Dio veniva prima di tutto, anche degli affetti
familiari. Suo padre, così pensava lei con tenerezza, col
tempo e
con la grazia di Dio, avrebbe capito. E questo avvenne
nell'anno seguente, il giorno di Pasqua del 1836: il padre inaspettatamente
diede la sua 'benedizione' acconsentendo alla formazione della nuova
comunità che si era formata, sempre a Quinto.
Piccoli intoppi o imprevisti... ma provvidenziali. Le difficoltà
temprano il carattere e testano anche la serietà dei progetti
che uno vuole realizzare. Lo fu anche per Paola, che fece tesoro
di quella esperienza.
Dalle Suore di Santa Fede
.
Paola Angela Maria nacque a Genova
il 3 marzo 1809 in una famiglia benestante: il padre era un commerciante
di stoffe, con un 'business' affermato. La mamma Angela, donna di
grande virtù, volò in paradiso quando aveva solo nove
anni. Il padre, rimasto vedovo, era poi così geloso di lei
che non le permise di frequentare la scuola pubblica, pagando addirittura
un istitutore a domicilio. Raccontò lei stessa anni dopo:
"Io mi trovavo, sola donna, in mezzo a cinque uomini, nei discorsi
dei quali non mi era facile entrare: me ne stavo dunque zitta ed
ascoltavo con piacere ciò che dicevano, particolarmente mio
padre ed il fratello maggiore; ed è così che ho imparato
tante cose che non avrei mai potuto sapere".
Il fratello maggiore in questione era d. Giuseppe, il primogenito
che diventerà sacerdote, che avrà sempre un grande
ascendente su di lei, e le sarà di grande aiuto per il suo
progetto spirituale.
Paola sentiva la vocazione religiosa e sognava in grande: diventare
una nuova Chiara d'Assisi, tanto l'ammirava. La scelta non era facile,
e poi il padre si oppose risolutamente a quei 'sogni'. Ma la Provvidenza
vegliava e a tempo opportuno si fece sentire. Nel 1830 d. Giuseppe
diventò prevosto a Quinto e Paola lo seguì, aiutandolo
nel lavoro pastorale. Il fascino di Paola bene presto fece presa
su alcune ragazze del paese, povere e senza dote. Aiutate da d.
Giuseppe, Paola maturò in quegli anni l'idea di un nuovo
Istituto religioso. Progetto bello e affascinante ma non di semplice
realizzazione e davanti alle prime difficoltà alcune ragazze
si ritirarono. E fu così che d. Giuseppe, deluso, non le
aiutò più nel loro cammino formativo, attirandosi
per questo il duro rimprovero della sorella: "Dopo che ci hai
messi in ballo, ci abbandoni? Bene, se tu ti ritiri, io mi sento
il coraggio di andare avanti da sola. Lascia fare a me, perché
con l'aiuto di Dio, spero di fare tutto". E nascevano così
le Figlie di S. Fede, il 11 agosto 1834, naturalmente memoria di
S. Chiara.
alle Suore di S. Dorotea
Il coraggio e la risolutezza di Paola
erano visibili, l'opposizione del padre conosciuta da tutti. Ma
anche la Provvidenza vigilava e 'lavorava', a suo modo, sul progetto
dell'incipiente Istituto, che solo poco tempo dopo diventarono Suore
di S. Dorotea. Cos'era capitato?
Il sacerdote d. Luca Passi (Bergamo), amico del fratello d. Giuseppe,
aveva fondato l'Istituto Pia Opera di S. Dorotea per l'educazione
delle giovani. Ed era alla ricerca di un qualche Istituto religioso
che si facesse carico del progetto per le ragazze. E fu tramite
il fratello d. Giuseppe che Paola venne in contatto con il sacerdote
bergamasco. L'intesa non fu difficile, perché i due progetti
educativi e pastorali coincidevano. E così nascevano le Suore
di S. Dorotea (1835). Dopo le prime esperienze anche difficili a
Quinto al Mare, nel 1838, in una cerimonia presieduta da d. Luca
Passi, si svolse la prima vestizione solenne e la professione dei
voti religiosi di dodici giovani. Da quel momento Paola diventava
Madre Paola, fondatrice e superiora generale dell'Istituto.
Dopo l'apertura di alcune case il grande salto, in senso ecclesiale
ed affettivo. Nel 1841 Madre Paola ottenne l'udienza dal papa Gregorio
XVI, che oltre alla benedizione la incoraggiò molto a proseguire
nel progetto, ottenendo anche il permesso di aprire una casa a Roma.
E così le sue figlie cominciarono il lavoro pastorale ed
educativo in alcune parrocchie romane. Si fecero conoscere, si fecero
apprezzare, si fecero desiderare, fino ad essere richieste anche
in altre parti d'Italia e in seguito anche all'estero specialmente
in Brasile e Portogallo.
Capacità pedagogiche di Madre
Paola
Nel 1844 Madre Paola accettò
la direzione del Conservatorio di S. Maria del Rifugio, alle pendici
del Granicolo. Un incarico prestigioso, ma anche rischioso. il Conservatorio
infatti non era una blasonata scuola di musica, ma crudamente e
semplicemente un riformatorio femminile: un contesto difficile,
per molti aspetti, e imprevedibile nei risultati. Una vera sfida
al giovane Istituto religioso ed un vero banco di prova, da subito,
per Madre Paola e le sue figlie per l'aspetto disciplinare ed educativo.
Erano necessarie buone capacità pedagogiche, buona metodologia
educativa, il tutto però fondato su saldi principi, anche
religiosi. Ma non solo. Era necessario avere una buona dose di coraggio
e molta, molta pazienza per applicarli. Ci fu anche bisogno di molta
fermezza e di decisioni operative precise, ma anche di risolutezza
davanti alle minacce di ritorsione, che puntualmente arrivarono.
"Ci volle, perciò, tutta la capacità di Madre
Paola per trasformare, con amore e pazienza, il cuore di chi le
era contrario
Ancora una volta la 'sua' pedagogia fatta di
"spirito di dolcezza e di amore" aveva avuto la meglio"
(G. Passarelli).
Madre Paola era sempre stata guidata, nella sua vita personale e
poi nella sua azione dal "desiderio di piacere a Dio e di giovare
al prossimo per amore di Dio". E la sua intuizione pedagogica,
che doveva essere assimilata dalle Figlie, ella la chiamò
"la via del cuore e dell'amore". Questo, nell'educazione
delle giovani, significava avere un atteggiamento di apertura, disponibilità,
fiducia e rispetto nel far appello alla libertà e alle profondità
del cuore dell'educanda. Una fonte per questa sua azione pedagogica
la troverà nella spiritualità ignaziana. "Lei
personalmente, non faceva trasparire né fatiche, né
dolori, né ansie, anzi riusciva sempre con un a forma di
gioia a nasconderle abilmente a chi non la conosceva a fondo"
(G. Passarelli).
E arrivò il terremoto politico
del 1848
Le premesse di quello che succederà
nel 1848 c'erano. Infatti già nel 1846 cominciò a
soffiare in Italia il vento freddo dell'anticlericalismo e dell'anticattolicesimo.
Una certa massoneria infatti era al lavoro da tempo a questo fine.
Il sogno politico di alcuni patrioti per la futura Italia era vederla
non solo unita ma (possibilmente) senza l'influenza della Chiesa
Cattolica. Ecco il motivo per remare contro papi, preti e
suore.
Arrivarono anche molte difficoltà a Genova per le case delle
suore: furono infatti momentaneamente chiuse con le religiose costrette
a vivere addirittura in clandestinità, mentre i Gesuiti furono
espulsi. Entrarono in azione squadracce di facinorosi che sfilavano
sotto le loro finestre minacciando: "Morte alle Dorotee".
Anche a Roma il 1848 le difficoltà non furono poche, ma in
generale le cose andarono un po' meglio. Proclamata la Repubblica
Romana con i triumviri Mazzini, Armellini e Saffi, il papa Pio IX,
eletto nel 1846, con la curia preferì andare a Gaeta in esilio.
Anche le case religiose correvano il rischio di essere chiuse con
la forza. Il pericolo c'era e concreto anche per la comunità
di Madre Paola. E anche in questi momenti la Provvidenza 'lavorava'
per loro. Una suora infatti scrisse una lettera a Giuseppe Mazzini
stesso, visto che erano stati compagni d'infanzia proprio a Genova.
Questi le rispose molto rispettoso: "Non tema di cosa alcuna
e rassicuri le di lei sorelle". E avvenne che quei volontari
patrioti che sembravano tutti ultra cattivi e che incutevano paura
un po' a tutti, facevano il saluto militare quando vedevano passare
una suora Dorotea. Ed in seguito Madre Paola ebbe anche molto coraggio
nel dare l'acqua e aiutare così i garibaldini che erano a
Roma per difendere la Repubblica Romana dai francesi accorsi per
sostenere il papa. Si evitò così che la casa fosse
saccheggiata da male intenzionati, che certo non mancavano.
Altro gesto di coraggio fu quello di andare, nel 1850, a visitare
a Gaeta Pio IX. Lo esortò a tornare a Roma e da allora il
papa fu sempre grande amico del suo Istituto, con visite anche improvvisate.
Una volta si presentò dicendo: "So che la superiora
sta fuori e ho pensato: lasciatemi un po' andare a vedere che cosa
fanno lassù, perché quando non c'è il gatto
i sorci ballano
.". Scherzi e battute da papa (proclamato
Beato nell'anno 2000).
"E questo c'era nel vostro preventivo"?
Le suore Dorotee, durante il pontificato
di Pio IX ed in seguito, ebbero una notevole espansione con nuove
fondazioni in Italia, ma anche in Brasile ed in Portogallo. Il tutto
fatto con notevoli sacrifici, specialmente da parte di Madre Paola.
Nell'estate del 1876 Madre Paola fece visita alle comunità
di Genova e Bologna. Fu l'ultima perché proprio a Bologna,
forse per la eccessiva stanchezza, una notte venne colpita da paralisi.
Quando riuscì a parlare chiese alla suora che l'assisteva
e che l'aveva accompagnata nella visita in Portogallo: "Ce
l'avevate questo nel vostro preventivo?". La suora rispose
negativamente, e lei: "Nel mio preventivo c'era".
Fu un grande esempio per le sue figlie: la sua capacità di
soffrire in silenzio, senza lamentarsi e senza pretendere attenzioni
eccessive. Tornata a Roma la paralisi l'aveva presa in tutta la
parte destra del corpo, a stento riusciva a scrivere. Era la sua
'ora': quella della sofferenza e della pazienza, della preghiera
e dell'adorazione. In cappella rimaneva infatti a lungo davanti
all'Eucaristia, facendo "compagnia a Gesù" come
lei diceva:"Io Lo guardo, e Lui guarda me".
Il dolore da parte delle sue figlie che vedevano la loro amata fondatrice
e madre spirituale andarsene piano piano era grande, ma lo stesso
suo atteggiamento sereno e confidente in Dio le consolava. Fu Don
Bosco, il fondatore dei Salesiani, che un giorno aveva avvertito
le suore dicendo: "La corona della madre vostra è compiuta".
E Madre Paola ricevette il premio della serva fedele, tornando a
Dio il giorno 11 giugno 1882, esclamando: "Madonna mia, ricordatevi
che sono vostra figlia
". ". Aveva 73 anni.
Le Suore Dorotee continuarono e continuano ancora oggi il lavoro
educativo con molte comunità sparse nel mondo, mentre la
Chiesa, nel 1984, attraverso il papa Giovanni Paolo II, riconobbe
la sua santità, parlando di lei come un vero frutto maturo
della Redenzione di Cristo.
Mario
SCUDU sdb - Torino
*** Testi
1 - La carità non impoverisce
nel dare.
2 - Non avrei mai pensato che l'ultima acqua che mi sarebbe toccata
da bere dovesse essere così sporca (così rispose Madre
Paola a chi la minacciava di gettarla nel Tevere).
3 - L'irreligione va sempre avanti per cui bisogna che ci mettiamo
ad ogni costo a far più bene che si può.
4 - La pedagogia del vangelo guida l'u90mo a scoprire che è
amato da Dio, a credere in questo Amore e a crescere come persona
fino alla maturità di Cristo.
5 - "I santi sono il frutto maturo della Redenzione di Cristo.
Paola Frassinetti è, infatti, uno splendido frutto della
Redenzione, sempre in atto nella Chiesa. E' stato detto che, per
distinguere se un'opera sia cristiana, bisogna vedere se c'è
il sigillo della croce redentrice. Ora la croce di Cristo distese
ampiamente la sua ombra o , meglio, la sua luce sull'intera vita
e su tutte le opere della santa. Ella infatti era convinta che chi
vuole iniziare un cammino di perfezione non può rinunciare
alla croce, alla mortificazione, all'umiliazione e alla sofferenza,
che assimilano il cristiano al modello divino che è il Crocifisso.
Nella sua fervorosa immolazione per la salvezza di tutte le anime,
ella riteneva che, a confronto dei patimenti di Cristo, ciò
che uno può soffrire è nulla. La croce non solo non
la spaventava, ma era per lei la molla potente che la muoveva, la
fonte segreta da cui scaturiva la sua insonne attività e
il suo coraggio indomito
" (dall'Omelia di Giovanni Paolo
II, per la sua canonizzazione, 11 marzo 1884).
***
Tratto dal volume:
MARIO
SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 Sante
e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino
Visita Nr.