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11 giugno: SANTA PAOLA FRASSINETTI
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S. Paola Frassinetti (1809-1882), fondatrice delle Dorotee ***

Madonna mia, ricordatevi che sono vostra figlia

Non è raro leggendo la vita dei santi trovare che non pochi di essi, per seguire la vocazione religiosa o anche per consacrare la propria verginità a Cristo Signore, hanno dovuto lottare contro l'opposizione dei loro genitori che, ad essere più precisi, era il più delle volte quella del padre. Questo è anche comprensibile: in genere le madri, portatrici della vita proprio perché madri e quindi più in sintonia con il mistero della vita stessa che sboccia e che cresce in loro, sono più generose con Dio, capiscono meglio il valore del dono di se stessi al Dio della vita.
Questo è chiarissimo nella vita di S. Paola Frassinetti. Sua madre Angela che era stata una fonte di esempio e di virtù per lei, prima di morire all'età di 34 anni, sul letto di morte espresse questo desiderio: "Quanto sarei contenta che tutti e cinque vi consacraste a Dio". Un ultimo desiderio così bello che Dio non potè che esaudire: Giuseppe, Francesco, Giovanni e Raffaele diventarono sacerdoti. Paola la terzogenita sarà suora e fondatrice di una congregazione di suore. Un vero miracolo e un grande dono per il popolo di Dio che beneficiò del loro apostolato.
Un piccolo episodio che aiutò a vincere l'opposizione del papà a lasciare libera la figlia. Don Giuseppe, il primogenito, diventato sacerdote e parroco (e che conosceva la difficoltà di Paola) un giorno nella sua chiesa durante il catechismo degli adulti usò parole severe verso quei genitori che si opponevano con durezza egoistica alla vocazione religiosa dei loro figli. Don Giuseppe non sapeva né si era accorto che il padre era tra i fedeli… e che anche Paola era presente, proprio dietro di lui. Silenzio imbarazzante naturalmente sia durante il ritorno sia casa in casa. Finchè papà Giovanni Battista disse a d. Giuseppe: "Veramente, se avevi qualche osservazione da farmi, me la potervi fare in privato, senza mettermi in berlina davanti a tutti".
Nel 1835 Paola aveva già costituito una piccola comunità a Quinto a Mare (Genova) quando suo padre fece loro una visita di cortesia, ma non solo. Viste le difficoltà, le strettezze e la povertà in cui quelle ragazze vivevano e volendo risparmiare quella vita di stenti alla sua amatissima figlia disse a quelle giovani: "Ma che cosa state a fare qui? Fatemi il piacere! Tornatevene a casa, perché Paolina è pazza".
Era l'estremo tentativo di riavere indietro la figlia e vederla di nuovo come la 'donna di casa'. Ma Paola non era pazza, per niente, anzi, se vogliamo, era pazza della migliore pazzia di questo mondo: la 'pazzia' per Dio. E rimase ancor più determinata e fedele al suo progetto: Dio veniva prima di tutto, anche degli affetti familiari. Suo padre, così pensava lei con tenerezza, col tempo e… con la grazia di Dio, avrebbe capito. E questo avvenne nell'anno seguente, il giorno di Pasqua del 1836: il padre inaspettatamente diede la sua 'benedizione' acconsentendo alla formazione della nuova comunità che si era formata, sempre a Quinto.
Piccoli intoppi o imprevisti... ma provvidenziali. Le difficoltà temprano il carattere e testano anche la serietà dei progetti che uno vuole realizzare. Lo fu anche per Paola, che fece tesoro di quella esperienza.

Dalle Suore di Santa Fede….

Paola Angela Maria nacque a Genova il 3 marzo 1809 in una famiglia benestante: il padre era un commerciante di stoffe, con un 'business' affermato. La mamma Angela, donna di grande virtù, volò in paradiso quando aveva solo nove anni. Il padre, rimasto vedovo, era poi così geloso di lei che non le permise di frequentare la scuola pubblica, pagando addirittura un istitutore a domicilio. Raccontò lei stessa anni dopo: "Io mi trovavo, sola donna, in mezzo a cinque uomini, nei discorsi dei quali non mi era facile entrare: me ne stavo dunque zitta ed ascoltavo con piacere ciò che dicevano, particolarmente mio padre ed il fratello maggiore; ed è così che ho imparato tante cose che non avrei mai potuto sapere".
Il fratello maggiore in questione era d. Giuseppe, il primogenito che diventerà sacerdote, che avrà sempre un grande ascendente su di lei, e le sarà di grande aiuto per il suo progetto spirituale.
Paola sentiva la vocazione religiosa e sognava in grande: diventare una nuova Chiara d'Assisi, tanto l'ammirava. La scelta non era facile, e poi il padre si oppose risolutamente a quei 'sogni'. Ma la Provvidenza vegliava e a tempo opportuno si fece sentire. Nel 1830 d. Giuseppe diventò prevosto a Quinto e Paola lo seguì, aiutandolo nel lavoro pastorale. Il fascino di Paola bene presto fece presa su alcune ragazze del paese, povere e senza dote. Aiutate da d. Giuseppe, Paola maturò in quegli anni l'idea di un nuovo Istituto religioso. Progetto bello e affascinante ma non di semplice realizzazione e davanti alle prime difficoltà alcune ragazze si ritirarono. E fu così che d. Giuseppe, deluso, non le aiutò più nel loro cammino formativo, attirandosi per questo il duro rimprovero della sorella: "Dopo che ci hai messi in ballo, ci abbandoni? Bene, se tu ti ritiri, io mi sento il coraggio di andare avanti da sola. Lascia fare a me, perché con l'aiuto di Dio, spero di fare tutto". E nascevano così le Figlie di S. Fede, il 11 agosto 1834, naturalmente memoria di S. Chiara.

… alle Suore di S. Dorotea

Il coraggio e la risolutezza di Paola erano visibili, l'opposizione del padre conosciuta da tutti. Ma anche la Provvidenza vigilava e 'lavorava', a suo modo, sul progetto dell'incipiente Istituto, che solo poco tempo dopo diventarono Suore di S. Dorotea. Cos'era capitato?
Il sacerdote d. Luca Passi (Bergamo), amico del fratello d. Giuseppe, aveva fondato l'Istituto Pia Opera di S. Dorotea per l'educazione delle giovani. Ed era alla ricerca di un qualche Istituto religioso che si facesse carico del progetto per le ragazze. E fu tramite il fratello d. Giuseppe che Paola venne in contatto con il sacerdote bergamasco. L'intesa non fu difficile, perché i due progetti educativi e pastorali coincidevano. E così nascevano le Suore di S. Dorotea (1835). Dopo le prime esperienze anche difficili a Quinto al Mare, nel 1838, in una cerimonia presieduta da d. Luca Passi, si svolse la prima vestizione solenne e la professione dei voti religiosi di dodici giovani. Da quel momento Paola diventava Madre Paola, fondatrice e superiora generale dell'Istituto.
Dopo l'apertura di alcune case il grande salto, in senso ecclesiale ed affettivo. Nel 1841 Madre Paola ottenne l'udienza dal papa Gregorio XVI, che oltre alla benedizione la incoraggiò molto a proseguire nel progetto, ottenendo anche il permesso di aprire una casa a Roma. E così le sue figlie cominciarono il lavoro pastorale ed educativo in alcune parrocchie romane. Si fecero conoscere, si fecero apprezzare, si fecero desiderare, fino ad essere richieste anche in altre parti d'Italia e in seguito anche all'estero specialmente in Brasile e Portogallo.

Capacità pedagogiche di Madre Paola

Nel 1844 Madre Paola accettò la direzione del Conservatorio di S. Maria del Rifugio, alle pendici del Granicolo. Un incarico prestigioso, ma anche rischioso. il Conservatorio infatti non era una blasonata scuola di musica, ma crudamente e semplicemente un riformatorio femminile: un contesto difficile, per molti aspetti, e imprevedibile nei risultati. Una vera sfida al giovane Istituto religioso ed un vero banco di prova, da subito, per Madre Paola e le sue figlie per l'aspetto disciplinare ed educativo. Erano necessarie buone capacità pedagogiche, buona metodologia educativa, il tutto però fondato su saldi principi, anche religiosi. Ma non solo. Era necessario avere una buona dose di coraggio e molta, molta pazienza per applicarli. Ci fu anche bisogno di molta fermezza e di decisioni operative precise, ma anche di risolutezza davanti alle minacce di ritorsione, che puntualmente arrivarono. "Ci volle, perciò, tutta la capacità di Madre Paola per trasformare, con amore e pazienza, il cuore di chi le era contrario… Ancora una volta la 'sua' pedagogia fatta di "spirito di dolcezza e di amore" aveva avuto la meglio" (G. Passarelli).
Madre Paola era sempre stata guidata, nella sua vita personale e poi nella sua azione dal "desiderio di piacere a Dio e di giovare al prossimo per amore di Dio". E la sua intuizione pedagogica, che doveva essere assimilata dalle Figlie, ella la chiamò "la via del cuore e dell'amore". Questo, nell'educazione delle giovani, significava avere un atteggiamento di apertura, disponibilità, fiducia e rispetto nel far appello alla libertà e alle profondità del cuore dell'educanda. Una fonte per questa sua azione pedagogica la troverà nella spiritualità ignaziana. "Lei personalmente, non faceva trasparire né fatiche, né dolori, né ansie, anzi riusciva sempre con un a forma di gioia a nasconderle abilmente a chi non la conosceva a fondo" (G. Passarelli).

E arrivò il terremoto politico del 1848

Le premesse di quello che succederà nel 1848 c'erano. Infatti già nel 1846 cominciò a soffiare in Italia il vento freddo dell'anticlericalismo e dell'anticattolicesimo. Una certa massoneria infatti era al lavoro da tempo a questo fine. Il sogno politico di alcuni patrioti per la futura Italia era vederla non solo unita ma (possibilmente) senza l'influenza della Chiesa Cattolica. Ecco il motivo per remare contro papi, preti e… suore.
Arrivarono anche molte difficoltà a Genova per le case delle suore: furono infatti momentaneamente chiuse con le religiose costrette a vivere addirittura in clandestinità, mentre i Gesuiti furono espulsi. Entrarono in azione squadracce di facinorosi che sfilavano sotto le loro finestre minacciando: "Morte alle Dorotee".
Anche a Roma il 1848 le difficoltà non furono poche, ma in generale le cose andarono un po' meglio. Proclamata la Repubblica Romana con i triumviri Mazzini, Armellini e Saffi, il papa Pio IX, eletto nel 1846, con la curia preferì andare a Gaeta in esilio. Anche le case religiose correvano il rischio di essere chiuse con la forza. Il pericolo c'era e concreto anche per la comunità di Madre Paola. E anche in questi momenti la Provvidenza 'lavorava' per loro. Una suora infatti scrisse una lettera a Giuseppe Mazzini stesso, visto che erano stati compagni d'infanzia proprio a Genova. Questi le rispose molto rispettoso: "Non tema di cosa alcuna e rassicuri le di lei sorelle". E avvenne che quei volontari patrioti che sembravano tutti ultra cattivi e che incutevano paura un po' a tutti, facevano il saluto militare quando vedevano passare una suora Dorotea. Ed in seguito Madre Paola ebbe anche molto coraggio nel dare l'acqua e aiutare così i garibaldini che erano a Roma per difendere la Repubblica Romana dai francesi accorsi per sostenere il papa. Si evitò così che la casa fosse saccheggiata da male intenzionati, che certo non mancavano.
Altro gesto di coraggio fu quello di andare, nel 1850, a visitare a Gaeta Pio IX. Lo esortò a tornare a Roma e da allora il papa fu sempre grande amico del suo Istituto, con visite anche improvvisate. Una volta si presentò dicendo: "So che la superiora sta fuori e ho pensato: lasciatemi un po' andare a vedere che cosa fanno lassù, perché quando non c'è il gatto i sorci ballano….". Scherzi e battute da papa (proclamato Beato nell'anno 2000).

"E questo c'era nel vostro preventivo"?

Le suore Dorotee, durante il pontificato di Pio IX ed in seguito, ebbero una notevole espansione con nuove fondazioni in Italia, ma anche in Brasile ed in Portogallo. Il tutto fatto con notevoli sacrifici, specialmente da parte di Madre Paola.
Nell'estate del 1876 Madre Paola fece visita alle comunità di Genova e Bologna. Fu l'ultima perché proprio a Bologna, forse per la eccessiva stanchezza, una notte venne colpita da paralisi. Quando riuscì a parlare chiese alla suora che l'assisteva e che l'aveva accompagnata nella visita in Portogallo: "Ce l'avevate questo nel vostro preventivo?". La suora rispose negativamente, e lei: "Nel mio preventivo c'era".
Fu un grande esempio per le sue figlie: la sua capacità di soffrire in silenzio, senza lamentarsi e senza pretendere attenzioni eccessive. Tornata a Roma la paralisi l'aveva presa in tutta la parte destra del corpo, a stento riusciva a scrivere. Era la sua 'ora': quella della sofferenza e della pazienza, della preghiera e dell'adorazione. In cappella rimaneva infatti a lungo davanti all'Eucaristia, facendo "compagnia a Gesù" come lei diceva:"Io Lo guardo, e Lui guarda me".
Il dolore da parte delle sue figlie che vedevano la loro amata fondatrice e madre spirituale andarsene piano piano era grande, ma lo stesso suo atteggiamento sereno e confidente in Dio le consolava. Fu Don Bosco, il fondatore dei Salesiani, che un giorno aveva avvertito le suore dicendo: "La corona della madre vostra è compiuta". E Madre Paola ricevette il premio della serva fedele, tornando a Dio il giorno 11 giugno 1882, esclamando: "Madonna mia, ricordatevi che sono vostra figlia…". ". Aveva 73 anni.
Le Suore Dorotee continuarono e continuano ancora oggi il lavoro educativo con molte comunità sparse nel mondo, mentre la Chiesa, nel 1984, attraverso il papa Giovanni Paolo II, riconobbe la sua santità, parlando di lei come un vero frutto maturo della Redenzione di Cristo.

Mario SCUDU sdb - Torino

*** Testi

1 - La carità non impoverisce nel dare.
2 - Non avrei mai pensato che l'ultima acqua che mi sarebbe toccata da bere dovesse essere così sporca (così rispose Madre Paola a chi la minacciava di gettarla nel Tevere).
3 - L'irreligione va sempre avanti per cui bisogna che ci mettiamo ad ogni costo a far più bene che si può.
4 - La pedagogia del vangelo guida l'u90mo a scoprire che è amato da Dio, a credere in questo Amore e a crescere come persona fino alla maturità di Cristo.
5 - "I santi sono il frutto maturo della Redenzione di Cristo. Paola Frassinetti è, infatti, uno splendido frutto della Redenzione, sempre in atto nella Chiesa. E' stato detto che, per distinguere se un'opera sia cristiana, bisogna vedere se c'è il sigillo della croce redentrice. Ora la croce di Cristo distese ampiamente la sua ombra o , meglio, la sua luce sull'intera vita e su tutte le opere della santa. Ella infatti era convinta che chi vuole iniziare un cammino di perfezione non può rinunciare alla croce, alla mortificazione, all'umiliazione e alla sofferenza, che assimilano il cristiano al modello divino che è il Crocifisso. Nella sua fervorosa immolazione per la salvezza di tutte le anime, ella riteneva che, a confronto dei patimenti di Cristo, ciò che uno può soffrire è nulla. La croce non solo non la spaventava, ma era per lei la molla potente che la muoveva, la fonte segreta da cui scaturiva la sua insonne attività e il suo coraggio indomito…" (dall'Omelia di Giovanni Paolo II, per la sua canonizzazione, 11 marzo 1884).


*** Tratto dal volume:

MARIO SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 San
te e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino


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