| HOME PAGE - ITALIANO | FORMAZIONE CRISTIANA  | FORMAZIONE MARIANA | INFO VALDOCCO |


      BEATO RAIMONDO LULLO: filosofo, teologo e mistico (1233-1315) :
     SOLO CON LA RAGIONE E CON L'AMORE

Non è una figura molto conosciuta e citata in ambito ecclesiale, eppure è riuscito con la sua vita e con i suoi scritti a ritagliarsi un posto nella storia della filosofia (e teologia) e a conquistarsi anche un posto nella storia della mistica. Sto parlando del Beato Raimondo Lullo (Ramon Llull), nato a Palma di Maiorca nel 1233 e morto nella stessa isola nel 1315.

Per alcuni aspetti la considero una figura moderna, attuale, propositiva, degna di considerazione anche per capire certe problematiche che, guarda caso, sono presenti ma non sono risolte ancora oggi, ma che lui aveva intuito, studiato, sofferto e... tentato di risolvere. Per la verità, la storia dice anche con risultati non esaltanti. Ma è degno del nostro ricordo perché lui almeno ci ha provato, e con tutta l’intelligenza e il suo amore. Vediamo due di questi aspetti.

Il primo: rapporto ragione e fede. È una problematica sempre esistita. Uno che crede non può non voler darsi ragione anche razionalmente, finché può, del fondamento della propria fede. Nel secondo secolo del Cristianesimo abbiamo avuto San Giustino, martire, che ha voluto indagare e ricercare anche filosoficamente, cioè razionalmente, sulla fede a cui era approdato dopo una lunga ricerca. Ma prima ancora di lui San Pietro esortava i primi cristiani ad “essere pronti a dare ragione della speranza” che avevano e che li faceva vivere e morire diversi dagli altri.

Recentemente abbiamo avuto Papa Giovanni Paolo II che ha scritto una magistrale Enciclica proprio dal titolo “Fides et Ratio” (1998). Riportiamo il suo famoso incipit: “La Fede e la Ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità”. Anche Benedetto XVI è ritornato con forza e precisione sullo stesso tema (specialmente nel confronto con l’Islam).
Altresì il nostro Raimondo già nel 1200 ha affrontato lo stesso problema e anche lui aveva già gli stessi interlocutori, i musulmani.

Ed è questo il secondo aspetto dell’attualità del Lullo. Un po’ come noi oggi, in questa nostra Europa, sempre più secolarizzata, post moderna e post cristiana che ci dobbiamo confrontare con la presenza sempre più massiccia dei seguaci di Maometto, che talvolta non solo sono fonte di problemi ma anche di paura (vedi fondamentalismo e purtroppo anche il terrorismo di matrice islamica). Anche Raimondo ha dovuto sperimentare già nella sua isola di Palma di Maiorca la presenza invadente (perché invasori) dei musulmani. Ricordiamo che la penisola iberica fu una delle prime terre di conquista militare da parte degli eserciti musulmani, fino a che furono fermati (almeno un’avanguardia) a Roncisvalle nel 732 da Carlo Martello.

Raimondo segui me

Raimondo è nato a Palma di Maiorca nel 1233, da una nobile e ricca famiglia catalana. Ricevette un’e­ducazione nella classe sociale dei cavalieri e fu anche maggiordomo di don Giacomo, che diventerà poi re di Maiorca. Quindi ha vissuto per molti anni la vita di corte, non certo una vita di povertà ma di benessere, di lusso, di feste. Il bel mondo di corte e dell’alta società, insomma. Raimondo, poeta e cavaliere di corte non si trovava a disagio.

Sembrava felice in mezzo alle belle e sorridenti dame, alle feste numerose, ai bei vestiti, componendo e cantando poesie d’amore. Contrasse anche matrimonio con donna Blanca, dalla quale ebbe due figli: Domenico e Maddalena. Ma Cristo lo aspettava al varco, un po’ come con altri santi.

Verso i 30 anni, quando oramai sembrava “perso” in quella vita e mentre scriveva poesie d’amore, ebbe una profonda crisi religiosa. L’origine? Delle strane visioni del Cristo Crocifisso. Questi gli apparve per ben cinque volte, dicendogli “Raimondo, segui me”. La fama e l’esempio di San Francesco e della sua scelta radicale di Madonna Povertà era giunto fino a Palma di Maiorca. Raimondo dopo vari tentennamenti prese la grande decisione: conversione totale. D’accordo con la moglie e dopo aver lasciato beni sufficienti anche per i figli, lasciò la sua precedente vita di lusso e di agiatezza, vendette parte dei suoi beni, e si mise in cammino per visitare vari santuari, in preghiera e povertà, per alcuni anni.

Raimondo, pur portato alla vita eremitica e contemplativa, scelse l’azione. Da convertito voleva diventare un convertitore, cioè uno che aiutava gli altri nel loro cammino spirituale. Sentiva la propria vocazione missionaria, specialmente verso i musulmani che aveva in patria. A questo però si doveva arrivare non solo con la predicazione e con il dialogo (fatto con amore) ma anche con la cultura (argomentazioni razionali). Furono questi i due orizzonti che segnarono il pensiero e l’azione di Raimondo.

Che lo portarono ad approfondire la filosofia, la teologia, a studiare anche l’arabo e specialmente ad enucleare le tecniche della logica, facendone l’arte universale, comune e accessibile a tutti, come mezzo di dialogo e di incontro per la conversione universale (notevole a questo proposito la sua opera maggiore Ars Magna). Il suo era un progetto di “crociata spirituale” (in contrapposizione alle altre di altro tipo) della quale sollecitò anche i papi, vescovi, principi. La sua molteplice opera letteraria aveva essenzialmente lo scopo di istruire e confermare i cristiani, e di convincere gli altri alle ragioni della fede cristiana.

Raimondo missionario sfortunato

Per due anni (1287-1289) Raimondo fu anche insegnante all’Università di Parigi (prima di lui erano stati insigni “Magister” sia Tommaso d’Aquino sia Bonaventura di Bagnoreggio). Qui poté esporre i capisaldi della sua dottrina, dando lettura pubblica dell’Ars Magna (in seguito, per la sua cultura e per i suoiscritti, i posteri lo chiameranno Doctor Illuminatus). Ha insegnato anche a Roma e Napoli.
Essendo essenzialmente uomo di azione, anche la sua riflessione era concentrata su come rendere più efficiente ed efficace, più convincente e più convertente l’azione del missionario (e sua quando volle essere missionario). Egli insisteva molto sulla formazione intellettuale (studio della filosofia, teologia e delle lingue) del missionario. Essendo la predicazione del Vangelo un’altissima missione e apostolato non poteva essere lasciato solamente all’abnegazione e alla buona volontà del singolo. Occorreva preparare e prepararsi. Il suo pensiero (teso quasi a fondare scientificamente la missione) e la sua azione ne hanno fatto un precursore di quella che oggi si chiama Missionologia.

In tutto questo Raimondo si ispirava alle due grandi figure (e santi) del secolo: San Francesco e San Domenico. Del primo aveva preso l’idea che la predicazione del Vangelo deve esser fatto nel dialogo, nella dolcezza, nella pazienza, nell’amore (famoso il tentativo di Francesco d’Assisi di parlare del Vangelo con il sultano d’Egitto, rischiando la vita). Lo seguì anche diventando Terziario francescano. Da San Domenico e dalla scuola domenicana invece prese l’importanza della preparazione culturale, delle conoscenze intellettuali a vari livelli e nei vari campi (anche linguistico), del dialogo razionale, della fiducia nel potere della ragione, se bene usata. Tutto però sempre nel rispetto della libertà della persona (era contro certe forme di battesimo forzato).
Raimondo non solo parlò di missione di evangelizzazione, volle anche provare ad attuarle, e non solo tra i musulmani di Palma di Maiorca.

Il primo vero tentativo missionario a 60 anni. Altro che pensione e vita tranquilla. Già per questo è degno di ammirazione. Era a Genova e voleva partire per Tunisi, in mezzo ai musulmani, per sperimentare un po’ le proprie teorie e testare le lunghe riflessioni fatte. La verità è che Raimondo era terrorizzato però dalla paura della morte, molto probabile allora (e in alcuni paesi musulmani anche oggi!), per opera dei seguaci di Maometto. Terrore che lo inchiodò a Genova. Non partì. Ma arrivò invece una grave crisi psicologica, quasi sull’orlo della follia. Vinti finalmente i timori e le paure partì per la sua missione a Tunisi. Ma venne quasi subito espulso. Altro che dialogo. Dopo nel 1307 si recò nell’odierna Algeria (a Bughia). Sperava in una sorte migliore per sé e per le proprie teorie. Le intenzioni erano ottime, la preparazione anche. Ma, i musulmani lo arrestarono, lo picchiarono, lo imprigionarono condannandolo a morte. Infine espulsero l’incauto predicatore del Vangelo.

Ma Raimondo non si arrese. Ultimo tentativo a 80 anni suonati: nel 1314. Ancora Tunisi, dove dedicò le proprie opere al sovrano musulmano e tentò di discutere con i dottori ed esperti del Corano. Le cose non andarono meglio. Finì per essere lapidato. Venne raccolto da mercanti genovesi e riportato in patria, dove morì poco dopo nel 1315.

Martire per la fede? Forse, almeno un po’ sì. Qualcuno infatti lo mette in dubbio. Certamente ha osato e sofferto molto per le proprie teorie e per le proprie convinzioni nella fede cristiana. Comunque sia il suo culto fu forte specialmente nella sua patria. E già nel sec. XVI era venerato come beato. Finché nel 1850 il Papa di Roma, Pio IX confermò l’autenticità del suo culto con il titolo di Beato.

                                                                             MARIO SCUDU sdb ***


Non amare è morire

Dimmi, o Pazza d’amore,
se il tuo Amato non ti amasse più,
che cosa faresti allora?
Io continuerei ad amare,
per non morire.
Perché non amare è morire.
Amare è vivere...
L’Amore mise alla prova
la saggezza dell’Amico
e gli chiese
se egli avesse amato l’Amato
più per il fatto che
Egli avesse preso la sua natura
o perché Egli l’avesse salvato.
L’Amico rimase confuso,
ed infine rispose all’Amore:
che la Salvezza era stata voluta
per vincere il Male, e
l’Incarnazione per dare la Felicità.
E da questa risposta
venne fuori un’altra domanda:
quale Amore è più grande?



L’Amico, l’Amato… e l’Amore

Per Raimondo vivere significa aspirare alla contemplazione di Dio, visto come Bontà ed Amore supremi. Il cristiano deve applicarsi metodicamente per ricondurre e mettere le potenze della propria anima e cioè la memoria, l’intelletto, la volontà nell’ottica di Dio visto come Amore, che dà origine, sostiene, ed è di esempio ad ogni vero amore umano.

Ed è specialmente nel cap. 5 della sua opera Blanquerna, che porta il titolo “Libro dell’Amico e dell’Amato”, dove presenta queste idee. È un libretto pieno di immagini suggestive e vive, proprie del linguaggio mistico di tutti i tempi. Insuperabile in questo sarà, alcuni secoli dopo, il grande San Giovanni della Croce.

Il capitolo si presenta come una guida alla contemplazione, meta e obiettivo supremo di ogni cristiano (dovrebbe esserlo almeno) con la prospettiva, da parte dell’anima (l’Amico) e quindi di ciascuno di noi, della meta finale cioè dell’unione mistica totale e indistruttibile con Dio (o con Cristo) visto come l’unico Amato, sorgente viva e sede insuperabile di ogni Amore.

Naturalmente per fare questo bisogna lasciare progressivamente tutto e spogliarsi affettivamente di tutto, affrontare difficoltà e mari in tempesta con i venti contrari, tribolazioni e privazioni fisiche e morali, il tutto però non fine a se stesso (sarebbe puro masochismo patologico) ma per arrivare all’unione con l’Amore-Amato, dove ogni tipo di paura e angoscia cesseranno, dove la ricerca e il desiderio finiranno, dove il nostro cuore finalmente troverà riposo perché arrivato alla Meta.

E qui gioirà per sempre nella quiete e nella pace dell’Oceano Sconfinato dell’Amore, della Bellezza e della Bontà che è Dio e Dio solo. (Mario Scudu)

Aforismi di Raimondo LULLO


1 Il cuore dell’amico volò verso le vette dell’Amato, per non avere impedimenti ad amare nell’abisso del mondo. E quando fu con l’Amato lo contemplò nella gioia, e l’Amato lo fece scendere nel mondo perché lo contemplasse nella pena e nella tribolazione (56).
2 Chiesero all’Amico dov’era il suo Amato. Rispose: lo troverete nella dimora più nobile tra tutte le cose nobile create, lo troverete nel mio amore, nei miei desideri e nei miei pianti (824).
3 Chiesero all’Amico che cos’era la gioia. Rispose: la sofferenza sopportata per amore (65).
4 L’Amico diceva al suo Amato: Tu sei tutto, per tutto, in tutto e con tutto. Tutto io ti voglio, perché io ti abbia e sia tutto me. Rispose l’Amato: Non puoi avermi tutto, se tu non sei mio. E l’amico disse. Possiedimi tutto, e che io ti abbia tutto. Rispose l’Amato: E che tuo figlio, tuo fratello e tuo padre? Disse l’Amico: talmente tutto tu sei, che puoi essere tutto per chiunque si offre tutto a te. (68).
5 L’amore è un mare agitato da onde e venti, che non ha porto né riva. Muore in mare l’Amico, e nella sua morte muoiono i suoi tormenti e nasce la sua pienezza (235).
6 L’Amico spinse i suoi pensieri nell’immensità e durata del suo amato, e non vi trovò né inizio né centro né fine (69).
7 L’Amico chiese al suo Amato se in lui c’era ancora qualcosa da amare; e l’Amato rispose che c’era tutto ciò che poteva fare più grande l’amore dell’Amico (01).
8 L’Amico diceva all’Amato che molte erano le vie per le quali veniva nel suo cuore e si mostrava ai suoi occhi, e molti i nomi con i quali lo chiamava la sua lingua; ma l’amore con cui lo faceva vivere e morire non era che uno, uno solo (90).
9 L’Amico disse all’Amato: “Tu che rivesti il sole di splendore, colma il mio cuore d’amore. Rispose l’Amato: Se non t’avessi colmato d’amore non piangerebbero i tuoi occhi, né tu saresti venuto in questo luogo a vedere Colui che ti ama (6).
10 Due sono i fuochi che mantengono vivo l’amore dell’Amico: l’uno è fatto di desideri, gioie e meditazioni; l’altro di timore, struggimento, lacrime e pianti (45).


*** Questo e altri 120 santi e sante sono presenti nel volume di :
           
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino

IMMAGINI:
Vita coaetanea (1311 ca.) Ms St. Peter perg. 92, fol. 1v. Badische Landesbibliothek, Karlsruhe. | Mentre sta componendo una poesia d’amore, a Raimondo appare cinque volte l’immagine del Cristo in croce; egli allora si reca in pellegrinaggio al Santuario della Vergine di Rocamadour e poi a Santiago de Compostela..
Vita coaetanea (1311 ca.) Ms St. Peter perg. 92, fol. 3v. Badische Landesbibliothek, Karlsruhe. | Si vede qui Raimondo che, nel preparare la sua missione, si fa dare lezioni d’arabo a uno schiavo saraceno.
Vita coaetanea (1311 ca.) Ms St. Peter perg. 92, fol. 7r. Badische Landesbibliothek, Karlsruhe. | Miniatura allegorica raffigurante Raimondo Lullo che, al seguito di Aristotele e Averroè, parte all’assalto dell’Ignoranza. Egli è seguito da un carro in cui i guerrieri simboleggiano le numerose virtù che permettono di trionfare sull’errore.
Vita coaetanea (1311 ca.) Ms St. Peter perg. 92, fol. 3v. Badische Landesbibliothek, Karlsruhe. | Nel 1307 Raimondo arriva, via mare, a Bughia, in terra d’Islam. La predicazione del missionario scatena però, la collera della folla che minaccia di ucciderlo.

           RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2008 - 6  
      | HOME PAGE - ITALIANO | FORMAZIONE CRISTIANA  | FORMAZIONE MARIANA | INFO VALDOCCO |


           VISITA Nr.