22 giugno: San Tommaso Moro, martire
FEDELE AL RE MA PRIMA
A DIO
Da alcuni anni si parla di nuova
evangelizzazione, della necessità di un maggiore
sforzo di creatività nellaffrontare questo compito
essenziale della Chiesa. Quando il discorso rimane solo in superficie
si mette in risalto (talvolta unicamente) il suo aspetto organizzativo,
il problema metodologico, luso intelligente delle scienze
umane per essere efficienti ed efficaci nel proprio lavoro. Ma
quando il discorso si fa più profondo, si mette laccento
sullassoluta necessità dei testimoni della fede
cristiana, alla quale deve portare questa nuova evangelizzazione.
Non ci vogliono solamente maestri della fede, più competenti
metodologicamente), ma anche (forse soprattutto?) di più
numerosi e gioiosi testimoni.
«Non
a caso nel corso dei secoli i testimoni che hanno seguito radicalmente
il Signore Gesù nellannunciare la buona novella
ai poveri fino a dare la propria vita per gli amici sono diventati
agli occhi di tutti dei santi senza frontiera: uomini
e donne che come vasi di argilla hanno saputo accogliere e custodire
il buon profumo di Cristo fino ad effonderlo attorno
a sé, superando barriere di razza e di lingua, di spazio
e di tempo, di cultura e di tradizioni; uomini e donne che hanno
saputo abbracciare con gli occhi del loro cuore amante e con
lagire della loro parola efficace il mondo intero...»
(Enzo Bianchi).
Uno di questi santi senza
frontiera o testimoni del passato che parlano
ancora oggi a noi è certamente san Tommaso Moro. Un santo
vittima del potere politico e della sua arroganza, e testimone
nello stesso tempo della fedeltà alla propria coscienza
e alla legge di Dio fino alla morte. Quando Tommaso Moro (Thomas
More era il suo nome) salì sul patibolo per essere decapitato
per ordine del re Enrico VIII proclamerà, dopo aver invitato
a pregare per lo stesso re Io muoio fedele a Dio e al re,
ma a Dio prima di tutto.
Un messaggio valido ancora
oggi, perché anche ai nostri giorni cè sempre
un potere politico (ed economico) che non solo vuole la nostra
obbedienza e sottomissione acritica ma spesso con i propri mezzi
fa di tutto per obliterare la nostra coscienza, asservendola
ai propri obiettivi. Tommaso Moro si erge ancora oggi nella sua
grandezza di uomo di cultura, e di potere, ma di un potere che
ha un chiaro riferimento critico nella propria coscienza e in
ultima analisi nello stesso Dio. A Lui si deve non solo onore
e gloria ma anche lobbedienza fino alla morte.
Uomo di
grande fede e profonda cultura umanista
Tommaso Moro nacque nel 1478
a Chelsea, allora sobborgo rurale di Londra oggi uno dei quartieri
più in della capitale britannica. Figlio di
un magistrato, ancora fanciullo e ragazzo entrò come paggio
nella residenza di Thomas Morton, (allora arcivescovo di Canterbury,
che diventerà poi cancelliere dInghilterra e quindi
cardinale) per apprendere la disciplina e le buone maniere.
Intraprese alluniversità
di Oxford gli studia humanitatis oggi si direbbe
che frequentò la facoltà di Lettere. Questo amore
ai classici antichi non lo abbandonerà per tutta la vita.
Scrisse anche la vita di un grande umanista italiano, Pico della
Mirandola. Fu grande amico di Erasmo da Rotterdam, un grande
studioso che fu spesso suo ospite a Londra. Con Erasmo condivise
lideale di un umanesimo cristiano nutrito dalla pietà
dei Padri della Chiesa e dalla saggezza di tanti classici dellantichità
greco-romana. Insieme
lottarono contro la Riforma proposta da Lutero, ed in difesa
della Chiesa Cattolica. Tommaso fu un umanista che visse la sua
fede nella gioia e nella coerenza (sembra che portasse anche
il cilicio, come segno di penitenza).
Si diede agli studi di diritto
frequentando il prestigioso Lincolns Inn. Poco dopo il
1500 prese dimora presso la Certosa di Londra, per saggiare la
propria vocazione ascetica e religiosa. Accortosi di non essere
fatto per quello stile di vita, si fece una famiglia, sposando
Jane Colt dalla quale avrà tre figlie ed un figlio (risposandosi
in seguito appena la prima moglie morì). La gioia ed il
calore della sua famiglia lo sosterranno lungo tutta la sua vita,
particolarmente durante gli anni della prigionia nella Torre
di Londra.
Impressionante fu la carriera
di Tommaso Moro come avvocato e come uomo di potere. Come avvocato
arrivò fino alla carica di membro del Consiglio Reale.
Diventò membro del Parlamento inglese, nel 1513 fece parte
di una missione diplomatica nelle Fiandre per questioni commerciali,
poi unaltra volta rappresentò lInghilterra
in una controversia con la Francia per problemi di pirateria.
Fu designato come consigliere del re, cavaliere, cancelliere
dello Scacchiere, speaker della Camera dei Comuni (il parlamento
inglese), nel 1524 diventò patrono e censore delluniversità
di Oxford, e poi sovrintendente di quella di Cambridge. Ma il
top della sua carriera politica lo toccò nel 1529 quando
fu nominato cancelliere del regno di Inghilterra, oggi diremmo
primo ministro.
Come si vede una vita molto intensa, piena di impegni pubblici
e di alte responsabilità.
e
se tra i due il diavolo avesse ragione
Una domanda dobbligo:
la sua vita spirituale come si conciliava con tutta questa attività?
Scrive A. Turchini:
Di Moro
si segnalano le qualità morali ed intellettuali, un solido
buon senso ed un certo humour, la semplicità e la modestia,
la finezza ed il gusto. Moro soleva alzarsi giornalmente alle
due del mattino per pregare e studiare fino alle sette, quindi
ascoltava la messa, recitava le preghiere, i sette salmi penitenziali
e le litanie e compiva tutta una serie di pratiche devote nei
vari momenti non solo della giornata, ma anche della settimana
e dellanno, ancor più quando, nellultima decade
della sua vita, costruì una cappella in casa per potersi
dedicare più intensamente al culto.
Come si vede il Moro era un
uomo di grande azione e di grande orazione e pietà.
Tommaso rimase famoso per la
sua integrità morale. La verità era la sua stella
polare, la giustizia per tutti la grande priorità della
sua vita da avvocato e da politico. Il marito di Meg, una delle
sue figlie, ci ha tramandato il resoconto di un dialogo con il Moro.
Sir Thomas disse
il marito dellaltra figlia Elisabeth posso fare
una considerazione?. Di pure figliolo, rispose
il Moro. Quando Lord cancelliere era Wolsey, non solo molti
dei suoi segretari, ma qualcuno dei suoi semplici uscieri si
sono fatta una fortuna. Buon per loro rispose
il Moro anche se non approvo la fortuna fatta con laiuto
del potere. Tutte qui le considerazioni, William?.
No, Signore, naturalmente.
Volevo dire che adesso che siete voi il Lord Cancelliere, mi
sembrerebbe giusto che anchio, essendo marito di vostra
figlia ed uno dei vostri segretari potessi trarne qualche profitto.
Dato che ciò che
è mio è anche vostro rispose Moro
se io godo di qualche beneficio in conseguenza della mia nuova
posizione, ne godete anche voi. Questo è un profitto.
È giusto, Signore. Ma vedete chi di solito sta attorno
ad una persona importante acquista meriti accogliendo per esempio
tutti coloro che vogliono essere ricevuti, e costoro, in cambio
del favore, fanno doni a volte molto consistenti....
Povero William
sorrise di gusto Moro ma via, hai tutto quanto hai bisogno,
cerca di accontentartene. Non mi piace che si mercanteggi attorno
a me... Anzi ti dirò di più e puoi esserne certo
che se fossi chiamato a giudicare una causa e i due contendenti
fossero un mio stretto parente e laltro il diavolo, e questultimo
avesse ragione, ti assicuro che sarebbe lui, il diavolo a vincere
la causa.
Questo piccolo dialogo ci mostra
che cosa Tommaso Moro pensava del potere: una occasione di servizio,
non certo per arricchirsi e arricchire gli amici o parenti (nepotismo).
Davanti al terribile dilemma: fedeltà al re o a Dio ?
Tommaso Moro fu un anche scrittore. Tra le sue opere ricordiamo
Utopia e Il Dialogo del conforto contro le tribolazioni.
Questultima è uno dei più grandi dialoghi
della lingua inglese, ed uno dei capolavori nella lunga tradizione
classica patristica e medievale dei libri di consolazione
(R.J. Schoek). Durante la prigionia scrisse pure un Trattato
sulla Passione.
E il momento della passione
vera e propria arrivò anche per lui. Una passione fatta
di prigione dura nel 1534 e nel 1535, di solitudine, privazioni
e calunnie, fino a quando venne decapitato per ordine del re
Enrico VIII. Il Moro infatti si era rifiutato di prendere posizione
netta nella controversia sul divorzio reale. Il re inglese ripudiò
Caterina dAragona e sposò Anna Bolena, fino a staccare
la Chiesa dInghilterra da quella Cattolica di Roma (nasceva
così la Chiesa Anglicana). Lo scisma fu consumato per
i capricci e per calcolo politico, ma Tommaso Moro non sottoscrisse
lauto proclamazione di Enrico VIII anche a capo della Chiesa.
È proprio nei momenti
di crisi o di passione che si mostra la saldezza della vita spirituale.
Il Moro lo dimostrò ampiamente da come affrontò
la prigionia e la stessa morte. In prigione fu confortato dai
suoi amici ma specialmente dai familiari. Tra questi si distinse
la figlia Meg che lo accompagnò fino al patibolo. In uno
di questi colloqui alla diletta figlia che gli diceva dellangoscia
dei familiari per la sua sorte, il Moro rispose: Qualunque
essa sia, Meg, sappi che per ora la solitudine e la limitata
libertà non mi pesano, e che quelli che mi hanno rinchiuso
qui dentro si sbagliano se pensano di avermi dato un grande dolore.
Qui dentro sento Dio vicino come in nessun altro momento della
mia vita. E credimi, Dio è molto buono con me, a volte
direi che mi tiene tra le sue braccia e mi culla viziandomi come
un bambino.... Tommaso Moro affrontò gli anni di
prigione con estremo coraggio e nessun cedimento della propria
fede in Dio. E la propria morte la affrontò non solo con
coraggio ma anche con... humour (dettato dal carattere sì
ma anche dalla grande fede in Dio).
Anche durante gli anni della
prigionia gli fu di grande conforto (anche materiale) lamicizia
con un ricco mercante italiano, un certo Antonio Bonvisi. Questi
gli mandò un abito nuovissimo che il Moro voleva indossare
per il giorno della esecuzione proprio perché lo considerava
il suo giorno più importante. Non glielo permisero. La
scusa? Labito non doveva finire nelle mani del boia. Ma
il Moro ebbe un delicato pensiero anche per questultimo:
gli fece regalare una moneta doro per... il servizio, dicendogli:
Amico io sono pronto e tu fatti coraggio... Ti avverto
che ho il collo corto e perciò state attento a colpire
giusto per non macchiare la tua buona fama.
Incredibile. Le ultime parole non furono di protesta e di odio
ma di perdono e fedeltà al re, ma prima di tutto a Dio.
MARIO SCUDU SDB ***
*** Questo e altri 120 santi e sante sono
presenti nel volume di :
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi
campioni, Editrice Elledici, Torino
Preghiera
di San Tommaso Moro
Signore, dammi
una buona digestione,
e anche qualcosa da digerire.
Dammi un corpo sano, Signore,
e la saggezza per conservarlo tale.
Dammi una mente sana,
che sappia penetrare la verità con chiarezza,
e alla vista del peccato non si sgomenti,
ma cerchi una via per correggerlo.
Dammi unanima sana Signore,
che non si avvilisca in lamentele e sospiri.
E non lasciare che mi preoccupi eccessivamente
Di quella cosa incontentabile che si chiama io.
Signore, dammi il senso dellumorismo:
dammi la grazia di cogliere uno scherzo,
per trarre qualche allegrezza dalla vita,
e per trasmetterla agli altri. Amen.
IMMAGINE:
Anonimo del sec. XVI: Ritratto di S.Tommaso
Moro (da Cancelliere) - National Gallery-Londra
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2000-6
VISITA Nr.