21 giugno: San Luigi
Gonzaga:
DIO MI INDICA LA VERA FELICITA'
Nellautunno
del 1585 a Castiglione delle Stiviere e dintorni, fino a Mantova,
girava una strana voce: Luigi, il nobile rampollo primogenito
del signore della città Ferrante Gonzaga, così
bravo e così promettente per il futuro della dinastia,
stava per rinunciare al diritto di successione, in favore di
Rodolfo, il secondogenito. Era vera la voce? Putroppo sì,
ma molti sudditi speravano di no. E invece, un brutto giorno
nel castello di San Giorgio, a Mantova, ebbe proprio luogo la
solenne cerimonia della rinuncia alla primogenitura. Grande fu
il dolore della popolazione semplice, che già lo stimava.
Dicevano infatti:
Non eravamo degni daverlo per padrone... egli è
un santo e Dio ce lo ha tolto.
Grande dolore (mista a delusione
e... rabbia) da parte del padre: aveva posto tutta la propria
fiducia e il futuro della propria casata in quel ragazzo... che
ora voleva andarsene, per inseguire i suoi strani ideali, abbandonando
tutto, potere e lusso, onori e ricchezze, ambizione e gloria.
Non
riusciva ancora a capire, e tanto meno ad accettare. Comprensibile
invece la gioia di Rodolfo, il soggetto privilegiato dalla decisione:
dimprovviso e senza colpo ferire si vedeva spalancata la
porta che tanto sognava: diventare marchese e signore di Castiglione
delle Stiviere, con annessi diritti e connessi privilegi. E questo
grazie a quello strano fratello, Luigi, che una volta
gli rispose essere lui stesso quello più felice. Per inciso:
la storia ci dirà che dopo non molti anni luno finirà
sugli altari (fu dichiarato Beato nel 1605 dal Papa Paolo V),
laltro invece consumerà i suoi giorni scomunicato
e infine assassinato.
Per la verità, si era
levata anche qualche voce critica verso quella decisione. Ma
Luigi aveva risposto:
Cerco
la salvezza, cercatela anche voi! Non si può servire a
due padroni... È troppo difficile salvarsi per un signore
di Stato!.
E molti capirono il messaggio.
Luigi, quando prese questa decisione, aveva 17 anni. E così,
il 4 novembre 1585, si incamminò verso Roma, dove sarebbe
entrato nella giovane Compagnia di Gesù (i Gesuiti). Con
sé portava una lettera del padre al Superiore Generale
dellOrdine:
Lo mando
a Vostra Signoria Rev.ma che gli sarà Padre più
utile di me... Ella diviene padrone del più caro pegno
che io abbia al mondo e della principale speranza che io avessi
nella conservazione di questa mia casa.
Questo ci dà la misura
della grandissima stima e aspettative da parte di tutti, di cui
godeva Luigi Gonzaga, e, date le sue doti, del brillante avvenire
che tutti sognavano per lui.
Grande stima, ammirazione e aspettative lo accompagneranno in
quei pochi anni che visse da gesuita.
Dopo la sua morte il padre
Generale testimoniò:
Io non
pensai mai che dovesse morire di quella infermità, perché
ritenevo per certo che Dio Nostro Signore lavesse chiamato
alla Compagnia di Gesù per dargli a suo tempo il governo
di lei, per suo gran bene.
Unaspettativa non certo
da poco: lo vedeva già, a suo tempo, superiore generale
ovvero successore del grande Ignazio di Loyola, il fondatore
stesso dei Gesuiti.
Nelle corti,
per aprire gli occhi
Luigi nacque il 7 marzo 1568,
figlio di Ferrante Gonzaga, marchese di Castiglione delle Stiviere
(presso Mantova), un uomo orgoglioso e duro, dedito al gioco
ma anche attaccato alla famiglia ealla
fede, e da Marta di Sàntena, una contessa piemontese,
donna molto buona e religiosa che lascerà una profonda
influenza sul figlio. Luigi era di intelligenza brillante e aperta,
dal carattere forte e focoso, talvolta ostinato e duro. Una volta
fu udito affermare: Sono un pezzo di ferro contorto che
deve essere raddrizzato. Aveva il destino già segnato:
diventare marchese imperiale come il padre. E così fin
da bambino fu gradualmente fatto entrare in quel mondo nobile
e dorato, spesso corrotto e corruttore, dove non di rado regnava
il culto delleffimero e dellapparenza, il tutto condito
di banalità e vanità. Luigi, ancora fanciullo,
conobbe la vita di corte di Firenze (1578, con i Medici) dove
ebbe la possibilità di giocare con le principessine Eleonora
(futura duchessa di Mantova) e con Maria de Medici (futura
regina di Francia), a Mantova e poi anche a Madrid, alla corte
di Filippo II (1582).
Fu alletà di dieci
anni che Luigi, nella chiesa dellAnnunziata proprio a Firenze,
si offrì a Dio, e spontaneamente si consacrò
a Maria, come Lei si era consacrata a Dio. Capiva quello
che faceva? Certamente, giudicando dalla vita che condusse dopo:
intuiva bene il significato del gesto e fu sempre coerente con
esso. Intanto cresceva sempre più non solo il gusto della
preghiera e della meditazione ma anche una certa insofferenza
per quel mondo circostante ricco e
gaudente, frivolo e futile nonché, spesso, spiritualmente
vuoto.
Luigi si era proposto come
ideale di seguire Cristo incondizionatamente e per amore suo
anche la povertà. Da Firenze passò a Mantova, e
qui si ammalò. I medici gli ordinarono una dieta durissima,
a pane e acqua. Luigi approfittò della situazione per
imparare volontariamente a... fare penitenza, per amore a Cristo
Crocifisso. Qui poi ebbe la consolazione di fare la prima comunione
dalle mani del Card. Carlo Borromeo (San), in visita pastorale.
Intanto il
mondo di corte gli stava sempre più stretto, ne intuiva
i limiti umani e spirituali, e anche i pericoli per sé,
e così a poco a poco stava maturando il proposito di rinunciare
alla primogenitura. Ne parlò prima alla madre, poi dovette
sopportare le burla dei parenti e la inevitabile quanto comprensibile
violenta opposizione del padre. Questi era fiero di Luigi: ne
voleva fare un grande erede e la fortuna del marchesato. Le premesse
di intelligenza, cultura e capacità diplomatiche cerano
(cose che mancavano al fratello). Ferrante Gonzaga era furioso
solo alla prospettiva della rinuncia.
Tornati da Madrid (1584) ordinò
ai due figli di fare un giro di cortesia per le varie corti italiane.
Lobiettivo ufficiale era distrarre un po
Luigi, con unaltra vita di corte magari più brillante,
e, secondo motivo nemmeno troppo segreto, la speranza che incrociasse
gli sguardi e suscitasse linteresse di qualche bella principessa
di sangue blu. Il ragazzo fu quindi spedito a Mantova, a Parma,
a Ferrara, a Pavia e a Torino, fresca capitale (dal 1563) dei
Savoia.
Ma Luigi al ritorno, anche davanti a tutto il parentado, fu irremovibile
nel suo proposito: rinuncia al marchesato per farsi religioso
gesuita. A quel punto pensarono, tristemente sospirando, che
la vocazione di quel ragazzo così intelligente e riflessivo,
così calmo ma deciso, veniva proprio da Dio, e non era
un capriccio adolescenziale. E si rassegnarono.
Il motto:
Come gli altri, cioè senza privilegi
Luigi entrò nella Compagnia
di Gesù nellanno 1587, a Roma, dopo il noviziato.
Durante questo periodo i padri Gesuiti si accorsero subito di
avere tra le mani un vero gioiello spirituale. Non solo non aveva
bisogno di tutti i discorsi di stampo ascetico, ma il loro problema
era di moderare ed equilibrare lardore penitenziale che
era già patrimonio spirituale del soggetto che dovevano
formare. E si crearono anche situazioni al limite dellumorismo.
Luigi era così abituato alla penitenza e allautocontrollo
ascetico che i suoi formatori non trovarono di meglio che proibirgli
di...
fare penitenza. Con il risultato che per lui la vera penitenza
era non fare penitenza.
E siccome soffriva di emicrania
il padre spirituale gli consigliò di non pensare troppo
intensamente a Dio, con il risultato che doveva sforzarsi maggiormente
per obbedire... di non pensare a Dio, per amore di Dio. Confidava
ad un suo formatore anziano:
Veramente
io non so che fare. Il padre rettore mi proibisce di fare orazione,
acciò che con lattenzione io non faccia violenza
alla testa: ed io maggior forza e violenza mi fo, mentre cerco
di distraèr la mente da Dio che io tenerla sempre raccolta
in Dio, perché questo già per luso mi è
quasi diventato connaturale, e vi trovo quiete e riposo e non
pena.
Dio gli era così presente
che giunse a pregare: Allontanati da me, Signore.
Non so quanti santi hanno osato pregare così, escludendo
San Pietro, ma questi aveva detto le stesse parole per altri
ben noti motivi.
Luigi era già
impegnato negli studi di teologia quando sulla città di
Roma si abbatté unimmane tragedia: prima la siccità,
poi la carestia, infine unepidemia di tifo. Nellopera
di assistenza che i Gesuiti prestarono, fu presente anche lui:
sempre a fianco dei malati, specialmente i più ripugnanti
e i moribondi. Girava anche per i palazzi dei nobili a chiedere
lelemosina per quei poveracci. Lo faceva seguendo, lui
di sangue nobile, il motto: Come gli altri, dimenticando
cioè tutti i privilegi. Questo coraggio e questa forza,
anche fisica, sentiva che gli veniva da Dio stesso
e dal Cristo che lui serviva nei sofferenti. Fino a quando raccolse un moribondo, malato
di peste, e se lo caricò sulle spalle per portarlo allospedale.
Probabilmente fu contagiato proprio in quella circostanza.
La sua fine comunque arrivò
velocemente ma non inaspettatamente. Allincontro con Dio
era preparatissimo e anche la morte non gli faceva paura tanto
che a tutti diceva Me ne vado felice e alla stessa madre, nellultima
lettera, raccomandava di non piangere il proprio figlio come
morto ma come vivente e per sempre felice davanti a Dio. Il giorno
della sua nascita al cielo fu il 21 giugno 1591, assistito da
San Roberto Bellarmino, uno dei grandi Gesuiti della prima ora.
Luigi Gonzaga fu un martire non della fede (anche se ne aveva
tanta) ma della carità, fino a donare la propria vita
per il prossimo
Come si vede
da questi piccoli tratti, qui la stoffa del giovane santo, secondo
tutti i canoni della santità cristiana, è facilmente
riconoscibile e proponibile. Invece non fu così.
Nel clima anticlericale dell800
(e anche del primo 900) la sua santità non solo
non fu riconosciuta ma fu ostacolata. In un certo senso ha fatto
testo la frase del Gioberti (1801-1852) che aveva scritto essere
la santità del Gonzaga inutile e dannosa a imitarsi.
Invece, escludendo alcuni elementi (forse un po esagerati)
propri del suo carattere e del tempo in cui visse, i tratti salienti
della sua santità hanno un grande valore e sono proponibile
anche ai giovani di oggi, così bisognosi di veri e sostanziosi
modelli da imitare, e non di effimeri, superficiali e piccoli
eroi creati ad hoc dallonnipotente circo mediatico
e commerciale.
Io invoco su
di te, mia Signora, il dono dello Spirito Santo e consolazioni
senza fine. Quando mi hanno portato la tua lettera, mi trovavo
ancora in questa regione di morti. Ma facciamoci animo e puntiamo
le nostre aspirazioni verso il cielo dove loderemo Dio eterno
nella terra dei viventi...
La carità consiste, come dice San Paolo, nel rallegrarsi
con quelli che sono nella gioia e nel piangere con quelli che
sono nel pianto. Perciò, madre illustrissima, devi
gioire grandemente perché per merito tuo, Dio mi indica
la vera felicità e mi libera dal timore di perderlo.
Ti confiderò,
o illustrissima signora, che meditando le bontà divine,
mare senza fondo e senza confini, la mia mente si smarrisce.
Non riesco a capacitarmi come il Signore guardi alla mia piccola
e breve fatica e mi premi con il riposo eterno e dal cielo mi
inviti a quella felicità che io fino ad ora ho cercato
con negligenza e offra a me, che assai poche lacrime ho sparso
per esso, quel tesoro che è il coronamento di grandi fatiche
e pianto.
O illustrissima
Signora, guardati dalloffendere linfinita bontà
divina, piangendo come morto chi vive al cospetto di Dio e che
con la sua intercessione può venire incontro alle tue
necessità molto più che in questa vita.
La separazione
non sarà lunga. Ci rivedremo in cielo e insieme uniti
allautore della nostra salvezza, godremo gioie immortali,
lodandolo con tutta la capacità dellanima e cantando
senza fine le sue grazie. Egli ci toglie quello che prima ci
aveva dato solo per riporlo in un luogo più sicuro ed
inviolabile e per ornarci di quei beni che noi stessi sceglieremo.
Ho detto queste
cose solo per obbedire al mio ardente desiderio che tu, o illustrissima
signora e tutta la famiglia, consideriate la mia partenza come
un evento gioioso. E tu continua ad assistermi con la tua materna
benedizione, mentre sono in mare verso il porto di tutte le mie
speranze. Ho preferito scriverti perché niente mi è
rimasto con cui manifestarti in modo più chiaro lamore
ed il rispetto che, come figlio, devo alla mia madre.
(Da Lettera
alla Madre)
IMMAGINI:
1 Luigi Gonzaga, primogenito del marchese
Ferrante.
2 Veduta della Basilica intitolata a Luigi Gonzaga
edificata fra il 1608 e il 1726, a Castiglione delle Stivieve
in provincia di Mantova.
3 Interno della cupola della Basilica
di San Luigi Gonzaga, a Castiglione delle Stiviere (MN), decorata
con affreschi da Giacomo Cerutti e Giorgio Anselmi.
4 Luigi riceve la
Prima Comunione dalle mani di San Carlo Borromeo.
5 Il retro dellaltar
maggiore della Basilica di Luigi Gonzaga. Al centro campeggia
il prezioso reliquiario in argento che contiene il cranio del
santo.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2006
- 6
VISITA Nr.