25 giugno: SAN MASSIMO DI TORINO, primo vescovo della Città
FAI QUELLO
CHE CRISTO HA FATTO

                            Salve e salvezza a tutti voi, sono Massimo di Torino.

Mi è stato chiesto di presentarmi brevemente. Ho accettato volentieri, anche se sono convinto che le parole migliori che una persona può pronunciare su se stessa sono le proprie azioni compiute per il bene del prossimo e sempre alla maggior gloria di Dio. Spero che quello che vi dico, raccontando quello che ho fatto in vita, serva a qualcuno di voi per amare ancora di più il Signore Dio e il Figlio Gesù Cristo che io ho conosciuto, amato, predicato e servito durante tutta la vita.

Cominciamo dal nome. Quando leggete qualcosa di me nelle vostre belle enciclopedie sono sempre chiamato Massimo di Torino. È per questo che molti nella città di Torino (e altrove) portano il nome di Massimo proprio in mio onore. Dio li benedica tutti, e anch’io continuerò a guardarli con occhio benevolo. Se sono chiamato così lo devo ad un certo prete di nome Gennadio che mi ha fatto l’onore di inserirmi nel suo libro De viris illustribus, dove appunto mi chiama Massimo di Torino, e dove afferma che (lo riferisco con umiltà e con verità) ero un buon conoscitore della Scrittura e che amavo predicare, con un certo successo e maestria, al popolo. Di questo dirò più avanti, perché è al centro stesso della mia vita di vescovo. Gennadio mi chiama Massimo di Torino, però non sono nativo di questa città: sono chiamato così perché ho avuto l’onore di essere il suo primo vescovo.

Poteva anche chiamarmi Massimo di Vercelli (o dintorni) dove io sono nato. Ma questo non andava bene perché c’è già Eusebio di Vercelli (283-371). Questi è stato un grande uomo, primo vescovo della città (e di tutto il Piemonte quando c’era una sola diocesi), è stato addirittura colui che, tra i primi, ha predicato il Vangelo nella regione. Eusebio era originario della Sardegna, aveva studiato a Roma, e poi fu mandato qui a predicare. Io l’ho conosciuto personalmente e l’ho ammirato moltissimo.

È lui, con le sue parole e i suoi esempi, che mi ha influenzato spiritualmente tanto da diventare suo discepolo. È stato un uomo che ha sofferto molto per la fedeltà alla fede cristiana, contro l’imperatore romano che seguiva l’eresia ariana. Eusebio è rimasto fedele all’ortodossia, e per questo dovette subire anni di esilio. Ha sofferto molto per Gesù Cristo, e noi lo consideravamo un martire vero e proprio.
Un altro avvenimento che ho vissuto da giovane è stato il martirio di tre vescovi che predicavano il Vangelo al Nord: quella morte mi ha fatto una impressione enorme e nello stesso tempo mi ha caricato di energia per essere anch’io così deciso a seguire la mia fede.

Primo vescovo di Torino

Sono sicuro che quello che vi interessa di più è il periodo del mio servizio episcopale nella città di Torino dal 395 in poi.
La prima difficoltà che ho incontrato e contro la quale ho lottato tutta la vita fu il forte
radicamento tra il popolo di usanze, tradizioni e riti religiosi pagani. Prima della predicazione del Vangelo ma anche contemporaneamente dovevo arare il terreno del loro cuore e della loro mentalità e togliere quelle erbacce di matrice pagana inconciliabili con il Cristianesimo. Questo lavoro mi ha impegnato molto e sempre. Qualche volta ho perfino esagerato nel mio zelo antipagano.

Come quando in un mio sermone li ho presi in giro, con sarcasmo un po’ pesante, perché durante una eclisse di luna erano tornati ai loro riti propiziatori. Un po’ troppo, in verità, ma d’altra parte era tutto a fin di bene spirituale. Come ho esagerato anche (le donne mi perdonino!) in un certo misoginismo: come se tutti i mali provenissero (peccato originale) dalla presenza di Eva nel Paradiso terrestre. Ero anch’io figlio del mio tempo e non esente quindi da un certo “pregiudizio”, chiamatelo pure così, non mi offendo.

Tenete conto però della situazione storica e della cultura del tempo.
Ho anche dovuto lottare e parecchio contro i funzionari pubblici avidi e corrotti e contro i grandi proprietari terrieri (o latifondisti). Quella della corruzione era una vera mala pianta, che a quanto ne so è ancora presente (purtroppo) anche oggi. Era tutta gente che non aveva il senso del bene comune e del loro lavoro come servizio alla collettività. Era ed è una rovinosa lacuna morale (un vero peccato sociale grave), che porta tanti danni alla propria città.
Come potete leggere nei numerosi miei Sermoni che sono stati tramandati, io come vescovo avevo tre chiodi fissi. Il primo era l’importanza della conoscenza della Sacra Scrittura. Amavo ripetere:
“Chi vuol giungere al mistero di Cristo non perviene ad esso se non tramite il mistero della Scrittura evangelica”. E sottolineavo ripetutamente che è la persona di Cristo che illumina e dà senso a tutta la Scrittura, e che questa ha come scopo anche l’edificazione morale del cristiano nel suo comportamento concreto e quotidiano.

Fai quello che Cristo ha fatto

Ho sempre sostenuto con forza che la Parola di Dio rimane sempre attuale nel tempo e per ciascuno di noi. Uno dei miei ritornelli nelle Omelie al popolo era “Se vuoi essere cristiano devi fare quello che fece Cristo”. Lui deve essere la nostra guida e il nostro modello, sempre. Voi direte che la mia era una predicazione cristocentrica. Avete proprio ragione: Cristo al centro di tutto quello che facevo e di quello che pensavo.

E deve essere così sempre. Questo era il mio secondo chiodo fisso.
Il terzo era la liturgia. Ho curato molto la spiegazione e la preparazione a ricevere i sacramenti. Insistevo specialmente su un concetto che voi chiamate “attualizzazione esistenziale”. Affermavo continuamente che i misteri e le azioni sacramentali di Cristo non appartengono solo al passato (ai miei tempi), ma possiedono anche oggi e sempre una forza e una capacità di rinnovare e rinvigorire il cristiano.

Nella mia predicazione sostenevo poi che ogni festa liturgica che noi celebravamo non era un ricordo di un pezzo di storia, ma era un nuovo intervento di Dio e di Gesù Cristo oggi, e quindi apportatrice di nuova gioia, di nuove grazie e di salvezza. Come potete leggere nel mio Sermone, il 102: “I prodigi di Cristo sono tali che non tramontano col passare del tempo, ma si rinvigoriscono con la grazia (...). E veramente per la potenza di Dio niente è abolito, niente è passato, ma per la sua grandezza tutte le cose sono per lui al presente: per lui tutto il tempo è «oggi»”.
Voglio finire con un’altra citazione da un mio Sermone (82,2):
“Cessa di peccare e la città non andrà in rovina”. In tutte le città allora e anche oggi (e non solo a Torino) e in tutti i tempi ci si lamenta troppo del male e della malavita, della macro e della micro criminalità, e spesso vi arrabbiate e tirate in ballo Dio, l’Eterno, a Lui solo la gloria, e dal quale solo il bene e tutto il bene provengono oggi e sempre, amen. Io raccomandavo ai miei fedeli e lo raccomando ai torinesi di oggi e di tutte le città: bisogna rispettare i beni altrui, evitare l’avidità e l’avarizia, la violenza, l’usura, la corruzione e la concussione. Davo molta importanza insomma a tutte quelle virtù che voi chiamate sociali. Come vedete una predicazione non solo cristocentrica ma con una dimensione sociale molto marcata. Lo dicevo allora e lo ripeto oggi a tutti: smettetela di vivere nella illegalità e nella ingiustizia, cessate di vivere disonestamente senza Dio e senza legge, pronti solo a sacrificare tutto al vostro io. Predicavo insomma una fede molto concreta, legata alla vita quotidiana, dove bisogna sempre ricordare il comandamento di amare Dio amando il prossimo. Da buoni cristiani e quindi da buoni cittadini, sensibili ai propri doveri (mentre oggi parlate troppo e quasi solamente dei vostri diritti, che sono molto più numerosi di quelli dei miei tempi). Vivete bene facendo del bene, rispettate tutto e tutti e vedrete che la vostra città prospererà. Vivrete con meno paura gli uni degli altri, e con più gioia gli uni con gli altri. È quello che auguravo ai miei fedeli torinesi di allora, e anche a quelli di oggi, estendendo naturalmente l’augurio a tutti. Amen.

                                                                                          MARIO SCUDU SDB ***


*** Questo e altri 120 santi e sante sono presenti nel volume di :
           
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino

“Se vuoi essere cristiano, devi fare quello che fece Cristo... E veramente per la potenza di Dio niente è abolito, niente è passato, ma per la sua grandezza tutte le cose sono per lui al presente: per lui tutto il tempo è «oggi»”.


LA RESURREZIONE DI CRISTO

La Risurrezione di Cristo infatti è vita per i defunti, perdono per i peccatori, gloria per i santi.
Davide invita, perciò, ogni creatura a rallegrarsi per la Risurrezione di Cristo, esortando tutti a gioire grandemente nel giorno del Signore.
La luce di Cristo è giorno senza notte, giorno che non conosce tramonto. Che poi questo giorno sia Cristo, lo dice l’Apostolo: “La notte è avanzata, il giorno è vicino” (Rm 13,12). Dice “avanzata”: non dice che debba ancora venire, per farti comprendere che quando Cristo ti illumina con la sua luce, devi allontanare da te le tenebre del diavolo, troncare l’oscura catena del peccato, dissipare con questa luce le caligini di un tempo e soffocare in te gli stimoli delittuosi.
Questo giorno è lo stesso Figlio, su cui il Padre, che è giorno senza principio, fa splendere il sole della sua divinità. Dirò anzi che egli stesso è quel giorno che ha parlato per mezzo di Salomone: “Io ho fatto sì che spuntasse in cielo una luce che non viene
meno” (Sir 24, 6 volg.). Come dunque al giorno del cielo non segue la notte così le tenebre del peccato non possono far seguito alla giustizia di Cristo. Il giorno del cielo infatti risplende in eterno, la sua luce abbagliante non può venire sopraffatta da alcuna oscurità. Altrettanto deve dirsi della luce di Cristo che sempre risplende nel suo radioso fulgore senza poter essere ostacolata da caligine alcuna (...).
Pertanto, fratelli tutti dobbiamo rallegrarci in questo santo giorno. Nessuno deve sottrarsi alla letizia comune a motivo dei peccati che ancora gravano sulla sua coscienza. Nessuno sia trattenuto dal partecipare alle preghiere comuni a causa dei gravi peccati che ancora lo opprimono. Sebbene peccatore, in questo giorno nessuno deve disperare del perdono. Abbiamo infatti una prova non piccola: se il ladro ha ottenuto il Paradiso, perché non dovrebbe ottenere perdono il cristiano?


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-6
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