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       SAN Benedetto, abate (480-547)
     BENEDETTO, PATRONO DELL'EUROPA


Fu un grande europeo. La sua personalità e la Regola che ci ha lasciato hanno avuto un influsso enorme su tutto il nostro Continente, aiutandolo a superare le asprezze dell'antichità e ad abbozzare una certa unione europea, nel nome dei valori cristiani.

Stiamo celebrando il decimo anniversario dell'Euro, nato il 1 gennaio 2002, dopo un lunga e sofferta gestazione. Non è più un bambino quindi, ma un "ragazzo" sopravvissuto a tsunami monetari, a bolle speculative, al "credit crunch", a "firewall" inefficaci e a ricorrenti nostalgie del passato. Eppure ha aiutato l'unificazione europea, monetaria adesso, ma in prospettiva politica.
Un grande contributo a questo processo l'ha dato anche san Benedetto. Per questo Paolo VI lo ha proclamato, nel 1964, Patrono d'Europa. Qualcuno pensa che sia eccessivo. Infatti se leggiamo i libri di storia, troviamo innumerevoli guerre e secolari inimicizie fra gli stati, pur cristiani, del Continente. Altro che unificazione. E il contributo di Benedetto? Ha scritto lo storico J. Le Goff: "Quando si pensa a tutta la violenza che ancora si scatenerà durante questo Medioevo selvaggio, può sembrare che la lezione di Benedetto non sia stata compresa. Ma dovremmo piuttosto domandarci a quali eccessi si sarebbe spinta la gente del Medioevo, se all'inizio di quei secoli non si fosse levata questa grande e dolce voce". E gli Europei ancora stanno imparando la sua lezione.

Alla ricerca della propria vocazione

Benedetto è nato a Norcia, in Umbria, nel 480, da famiglia nobile. Fu mandato a Roma per gli studi, e, particolare importante, in compagnia della fedele nutrice. Insomma i genitori non volevano che, nella grande città, il loro rampollo si arricchisse intellettualmente e si perdesse moralmente (pericolo sempre presente). Al ragazzo, già sveglio e riflessivo, lo spettacolo romano, fatto di continue lotte degli abitanti contro il re Teodorico, di intrighi e invidie del mondo ecclesiastico non piacque per niente. Prima decisione: via da Roma, sempre con la nutrice, verso Subiaco. Ma non per molto tempo. Un giorno all'insaputa di lei (si sentiva già maturo per stare da solo?) si ritirò in una grotta, in mezzo ai boschi.
Come Cristo prima della missione si preparò con l'esperienza del deserto, così Benedetto. Furono tre anni di solitudine, riempita di preghiera, di meditazione, di penitenza volontaria (e involontaria, perché la grotta non era proprio a cinque stelle!). Un'esperienza non facile anche per le immancabili "visite"del diavolo.
Ci fu anche un gruppo di (pseudo) monaci che lo vollero per guida spirituale. La loro vera intenzione era però di darsi una patina di legalità davanti all'autorità. Ma quando Benedetto cominciò a parlare di disciplina, penitenza ecc. questi, come risposta poco evangelica, tentarono di avvelenarlo. E lui fuggì di corsa tornando a Subiaco. Qui trovò altri giovani volenterosi di diventare "veri" monaci, e camminare verso la santità. Si mise al loro servizio, organizzandoli e guidandoli spiritualmente. Superati altri ostacoli, finalmente arrivò a Monte Cassino. Correva l'anno 529.

Padre del monachesimo occidentale

Qui fondò l'abbazia che diventerà la madre di tutte le abbazie in Europa, che avranno in lui il punto di riferimento carismatico.
Il capolavoro di Benedetto però rimane la Regola, per molti aspetti originale, anche se debitrice di apporti provenienti da Basilio, Agostino, Cassiano e dall'autore italiano (sconosciuto) della "Regula Magistri". Egli ha delineato un nuovo modo di essere monaci, basato su tre pilastri su cui poggerà la vita delle abbazie. Primo: la "stabilità del luogo". Benedetto cioè mise al bando i "monaci vaganti" che spesso erano poco monaci e molto vaganti (vagabondi). Chi entrava in monastero, secondo lui, doveva avere intenzione di viverci stabilmente. Il cenobio diventava la sua famiglia per sempre, nella "buona e…nella cattiva sorte".
Secondo: il tempo del monaco, fortemente strutturato da un orario, egli lo rivaluta come dono di Dio da non perdere: viene quindi organizzato, con scadenze per la preghiera, il lavoro manuale, la lettura della Bibbia e il riposo. Infine il principio uguaglianza. Tutti i monaci uguali, nei diritti e nei doveri. Una vera rivoluzione insomma. "Qui si comincia a rinnovare il mondo: qui diventano uguali e fratelli "latini" e "barbari", ex pagani ed ex ariani, antichi schiavi ed ex padroni di schiavi. Ora tutti sono una cosa sola, stessa legge, stessi diritti, stesso rispetto. Qui finisce l'antichità, proprio per mano di Benedetto. Il suo monachesimo non fugge il mondo. Serve Dio ed il mondo, nella preghiera e nel lavoro" (D. Agasso).

L'abate sarà discreto, rispettoso e dolce con tutti

Con Benedetto finiva il concetto di monachesimo-rifugio e incominciava quello di monachesimo-azione: cioè si doveva vivere per Dio nella contemplazione e nell'azione: "Ora, lege et labora".
Un altro elemento qualifica il suo monachesimo: il principio di autorità, rappresentato dall'abate. Ci deve essere, perché il monastero e i monaci non possono vivere in anarchia, anche se santa. Questa autorità però deve essere condita di fraternità e dolcezza, virtù che renderanno l'obbedienza più leggera. La qualità che dovrà distinguerlo sarà la discrezione: non voler subito farli santi o eroi.
Morto Benedetto, il "suo" monachesimo andò avanti. La Regola sarà esportata dall'Italia in tutta Europa. Era così geniale infatti che si adattava a tutti. Furono inoltre numerosi i nuovi ordini religiosi, maschili e femminili, che si ispirarono ad essa. E così le sue intuizioni poterono plasmare migliaia di monaci e monache, il cui influsso, culturale e spirituale, sul popolo e sul clero fu enorme. Per questo è stato proclamato Patrono d'Europa.

                                                                                                                                       Mario SCUDU sdb***
         
Tratto in forma ridotta dal volume di:
       
 MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Elledici, Torino



Dalla Regola, capitolo XLVIII - Il lavoro quotidiano: "L'ozio è nemico dell'anima, perciò i monaci devono dedicarsi al lavoro in determinate ore e in altre, pure prestabilite, allo studio della parola di Dio. ..... Ma se le esigenze locali o la povertà richiedono che essi si occupino personalmente della raccolta dei prodotti agricoli, non se ne lamentino, perché i monaci sono veramente tali, quando vivono del lavoro delle proprie mani come i nostri padri e gli Apostoli. Tutto però si svolga con discrezione, in considerazione dei più deboli".

Dalla Regola, capitolo LVII - I monaci che praticano un'arte o un mestiere: "Se in monastero ci sono dei fratelli esperti in un'arte o in un mestiere, li esercitino con la massima umiltà, purché l'abate lo permetta... "affinché in ogni cosa sia glorificato Dio"".

Dalla Regola, capitolo XLVIII - Il lavoro quotidiano: "L'ozio è nemico dell'anima, perciò i monaci devono dedicarsi al lavoro in determinate ore e in altre, pure prestabilite, allo studio della parola di Dio".

Dalla Regola, capitolo IV
Gli strumenti delle buone opere: "Prima di tutto amare il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze; poi il prossimo come se stesso. Rinnegare completamente se stesso. per seguire Cristo; rendersi estraneo alla mentalità del mondo; non anteporre nulla all'amore di Cristo, pregare per i nemici nell'amore di Cristo".

Dalla Regola, capitolo V - L'obbedienza:
"Il segno più evidente dell'umiltà è la prontezza nell'obbedienza. Questa è caratteristica dei monaci che non hanno niente più caro di Cristo".

Dalla Regola, capitolo LXIV - L'elezione dell'abate: m"proceda con discernimento e moderazione, tenendo presente la discrezione del santo patriarca Giacobbe. Seguendo questo e altri esempi di quella discrezione che è la madre di tutte le virtù, disponga ogni cosa in modo da stimolare le generose aspirazioni dei forti, senza scoraggiare i deboli".

Dalla Regola, capitolo LVIII - Norme per l'accettazione dei fratelli: "Al momento dell'ammissione faccia in coro, davanti a tutta la comunità, solenne promessa di stabilità, conversione continua e obbedienza".

           RIVISTA MARIA AUSILIATRICE  2012- 4  
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