B. Maria
Troncatti (1883-1969), suora salesiana FMA e missionaria ***
Maria,
il mio caro terremoto
Così il papà Giacomo
Troncatti affettuosamente chiamava la sua bambina Maria. Come buon
padre voleva bene a tutti i suoi numerosi figli, ma in lei vedeva
qualcosa di speciale, dimostrandole attenzione e affetto particolari.
Un piccolo episodio, all'età di dieci anni (era nata a Corteno
Golgi, Brescia, nel 1883), ci dice qualcosa della personalità
coraggiosa e decisa di quella che poi sarà una grande missionaria.
La famiglia Troncatti, possedeva terreni e greggi di capre, mucche,
muli ed asini nell'Alta Val Camonica.
Una sera Maria si accorse che le capre non erano ancora nella stalla.
Strano, non era mai capitato. Allora lei uscì di casa per
cercarle
Il tempo passava, arrivò anche il buio e,
a complicare la faccenda, si levò anche la nebbia
.
Maria non tornava. Papà Giacomo allarmato e con il cuore
in gola, chiamò amici e parenti: tutti a cercarla. La ritroveranno
all'alba, mentre dormiva, vicino ad un cespuglio. Il padre, pieno
di gioia, quasi non osava svegliarla. "Hai avuto paura?"
le chiese dopo con angoscia e felicità insieme per il pericolo
scampato. Maria: "No, avevo ancora nel cuore la grazia della
mia Comunione di tre giorni fa. Il Signore mi ha custodita".
Tutti rimasero senza parole
specialmente papà Giacomo
davanti alle parole del "suo caro terremoto". Coraggio,
decisione, fede generosa l'accompagneranno sempre, ma specialmente
da missionaria e per ben 40 anni.
Io voglio essere suora e missionaria
Maria era una bambina molto intelligente
e sveglia e volentieri amava lavorare in campagna e dare una mano
in famiglia; anche a scuola andava volentieri. Era simpatica, forte
e allegra e, qualcuno disse, anche un po' 'mattacchiona'. E generosa
verso i poveri e i bisognosi.
Anche attraverso la lettura del Bollettino Salesiano che la sua
buona maestra le aveva prestato, cominciò ad avere informazioni
delle missioni salesiane. Per lei si apriva un vasto orizzonte di
vita per il futuro. Ed ecco il suo sogno: diventare suora salesiana
e missionaria. Non certo per avventura, non ci pensava proprio.
Solo per fare del bene a chi ne aveva bisogno, anche in terre lontane.
Il parroco con la sorella maggiore Caterina (la sua confidente)
non erano per niente d'accordo. Andare lontano? Attraversare gli
oceani? Rischiare la vita per i lontani bisognosi, i lebbrosi, come
diceva lei? Pronta l'obiezione, logica e scontata: "Non puoi
far del bene anche qui in paese?". Risposta, altrettanto pronta
e decisa, alla sorella: "Tu puoi stare qui, io no. Io devo
andare". Ecco il suo sogno: "Io devo andare", e 'andò'
veramente vincendo tantissime difficoltà: era il sogno della
sua vita, diversamente non sarebbe stata felice. Una anonimo scrittore
disse: "La cosa più grande di un uomo sono i suoi sogni".
Ed il suo era un grande ideale per i quale vivere e anche morire.
Ma la strada sarà lunga e per niente facile.
Il primo ostacolo: in famiglia. Papà Giacomo: "Lasciar
partire il suo caro terremoto?", pensava. Non se ne parla nemmeno.
Intanto era minorenne la Maria. Quindi
Ma il tempo, giorno
dopo giorno, passò insieme alla Maria che cresceva, lavorava,
maturava, ma di certo non dimenticava l'ideale che prendeva sempre
più consistenza.
Diventò maggiorenne (a 21 anni) e il 1 ottobre 1905 ci fu
veramente il terremoto o meglio quasi un funerale. Maria, accompagnata
dalla sorella Caterina e da un cugino, mentre usciva di casa si
accorse dell'agitazione che lasciava dietro: il papà Giacomo
era addirittura svenuto e veniva sorretto e confortato dal parroco
del paese. Maria aveva ben in mente le parole di Gesù: "Chi
ama il padre o la madre più di me non è degno di me".
In seguito lei stessa scriverà: "Signore, voglio esser
tua per sempre. O Gesù, ho lasciato tutto ciò che
avevo di più caro per servirti e per santificare la mia anima.
Sì, tutto ho abbandonato: Tu solo ora mi rimani". Il
distacco le costava e le lacerava il cuore: lasciare quei monti,
quella valle, quei boschi, le amiche, i parenti e i familiari. Li
avrebbe rivisti, e non tutti, dopo 17 anni, prima di partire definitivamente
nel 1922. Durezza di cuore? Insensibilità verso coloro che
amava? No, Maria semplicemente aveva in mente un amore più
grande, quello di Gesù Cristo e per amore suo amava e amerà
tutte le persone che la Provvidenza le avrebbe posto sul cammino.
E partì per diventare suora salesiana Figlia di Maria Ausiliatrice.
L'incontro con il salesiano Beato
Michele Rua
Gli anni di formazione furono lunghi
e non facili. Arrivò anche una bella crisi 'vocazionale':
le sembrava che avesse fatto tutto inutilmente e di mirare troppo
in alto. Ma ci fu la suora ortolana, che la conosceva bene, che
implorò la Madre Generale dicendole: "Non mandate a
casa Maria: sarà una brava missionaria". Anche il suo
parroco quando ebbe sentore delle difficoltà le scrisse:
"Dov'è finito tutto il tuo entusiasmo di seguire il
Signore e di dedicarti ai fratelli sofferenti?". Maria, spiritualmente
provocata, rifletté a lungo e in profondità, riprendendo
gradualmente coraggio.
Il 17 settembre 1908 era fissato il giorno per la professione religiosa.
Ma ci furono di nuovo problemi di salute. E qui si colloca un provvidenziale
incontro con don Miche Rua (è Beato), successore di don Bosco
arrivato a Nizza, la Casa Madre FMA. Questi le chiede: "Vuoi
guarire?". "Certo, per poter andare in missione".
"Diciamo tre Ave Maria. E adesso, se hai fede, alzati, va'
in cappella a ringraziare il Signore". Naturalmente Maria ubbidì:
si alzò, andò in cappella e.. era guarita. Venne poi
inviata a Varazze (in Liguria) per riprendersi meglio. Don Rua le
aveva anche predetto tanto lavoro missionario e una lunga vita.
Parola profetica di un santo: tutto avverato.
A Varazze rimase ben 10 anni. Scoppiata la I Guerra Mondiale, Maria
frequentò un corso per infermiere e crocerossine, per essere
così in grado di curare i soldati che venivano mandati in
quell'Istituto delle Suore FMA. Diventò un'ottima infermiera:
cosa che le fu utilissima da missionaria in Ecuador.
Veramente lei pensava ai lebbrosi, non all'Ecuador. Altro input
dall'alto, e in maniera un po' curiosa. Il 13 marzo lei assisteva,
come infermiera, un'educanda ormai in fin di vita per la polmonite
doppia. "Marina, - le disse sr. Maria - appena vedrai la Madonna
dille che mi ottenga da Gesù la grazia di andare tra i lebbrosi".
"No, suor Maria, lei andrà missionaria in Ecuador".
"Marina, non mi sono spiegata bene: tra i lebbrosi". "No,
lei andrà in Ecuador". Fine del dialogo, con relativo
dubbio e rammarico per l'incomprensione. Marina morì all'alba:
ma chi l'aveva informata? Mistero.
Alcuni giorni dopo, arrivò la Madre Generale e incontrando
sr. Maria le disse: "Tu hai fatto domanda missionaria, vero?"
"Sì, Madre". "Bene, allora tu andrai in...
Ecuador". Siamo nel 1922. E sr. Maria non è più
una giovane suora: ha già la sua buona età, cioè
39 anni. Era il tempo di inseguire ancora il proprio sogno? Non
era meglio lavorare 'missionaria' in Italia? Ce n'era (e ce n'è)
tanto bisogno! No, quello era il sogno della sua vita. Da realizzare
con la grazia di Dio, ma ad ogni costo. Tornò per breve tempo
al paese natale per salutari i familiari
e sarà un
vero Addio! Infatti non li rivedrà più, in questa
terra.
Ecco una stregona più stregona
degli
stregoni
E sr. Maria sarà missionaria
in Ecuador, per ben 40 anni cioè fino alla morte. Il sogno
si avverava certamente, come lei aveva voluto, ma a caro prezzo
come tutte le grandi imprese per Dio. Operò principalmente
a Macas, Sevilla Don Bosco, Sucùa e dintorni, lavorando gomito
a gomito con i Figli di Don Bosco, i Salesiani, affrontando anche
i disagi della foresta.
Le sofferenze furono tante insieme alla paura (anche dei serpenti)
sempre in agguato, c'era il rischio di annegare nel fiume Upano
sempre presente, oltre alle privazioni quotidiane, delusioni e piccoli
fallimenti. Non proprio una passeggiata. Ma sr. Maria andò
sempre avanti, con la sua fede indomita, con la preghiera costante,
con la sua santa furbizia, con semplicità e creatività
evangeliche anche in situazioni precarie. E con la sua devozione
a Maria Ausiliatrice o come lei la chiamava "La Purissima".
"Ci vuole fede" soleva ripetere anche quando faceva l'infermiera,
sì molta fede unita a grande coraggio. Una collaboratrice
dirà: "Ecco il nostro medico nel materiale e nello spirituale".
Quando sr. Maria viaggiava aveva in mano una valigetta del pronto
soccorso e con l'altra mano il Rosario. Erano le due 'medicine'
che usava e, dalla sua positiva storia missionaria e dalle testimonianze,
si deduce che
funzionavano. Il salesiano padre Natale Lova,
che dietro sua insistenza, si diede molto da fare per costruire
un ospedale, a chi gli chiedeva quali medicine usasse sr. Maria
anche nei casi più disperati, rispondeva: "Non so di
preciso, non si può spiegare, ma guariva". E anche lui
stesso, ridotto in fin di vita per un'insolazione, sperimentò
l'efficacia delle sue terapie 'particolari'.
Era riuscita ad aprire un piccolo spaccio di farmaci, (un 'botiquìn')
poi un ambulatorio: lei fu quindi consolatrice, farmacista, dentista,
anestesista e formatrice di infermiere. Fu anche chirurgo, sì
come quando, un giorno, lei e collaboratori ebbero un vero incontro
ravvicinato di tipo
pericoloso. Cos'era capitato? A Mendes,
nel 1925, quindi all'inizio della sua opera, sr. Maria era riuscita
a portare a termine un operazione chirurgica su una ragazzina Shuar,
addirittura la figlia del capo: aveva una pallottola conficcata
nel seno che ormai stava infettando tutto il corpo. Alla presenza
di una decina di uomini armati e minacciosi, il capo perentoriamente
le 'ordinò' di guarirla
pena l'uccisione di tutto il
suo gruppo di collaboratori. E lei con un prezioso coltellino, che
portava sempre in tasca, opportunamente sterilizzato, con il cuore
in gola e con molta preghiera, vinse la sfida. Sr. Maria soleva
dire: "Ci vuole fede". E la sua fede c'era e anche grande,
che produceva risultati. La ragazza guarì
e lei ottenne
un via libera per la missione, molto particolare. Diceva: "E'
arrivata una donna bianca, più stregona di tutti gli stregoni.
Passo libero per sempre a lei e a quanti sono con lei". Un
vero lasciapassare, provvidenziale.
Con gli Shuar: impegno materiale,
spirituale e culturale
Lo storico salesiano Antonio Guerriero
ha scritto: "Va riconosciuto a sr. Troncatti l'incomparabile
merito di aver salvato, nel corso di molti anni, l'etnia Shuar da
una possibile estinzione per la mortalità infantile dovuta
a diverse cause. Curava durante le frequenti epidemie, preparava
molte missionarie a dirigere ospedali, dispensari medici, spacci
di farmaci". E' un riconoscimento importante che qualifica
e puntualizza ancora di più l'opera di sr. Maria, che non
fu solo materiale, spirituale, ma anche igienico sanitario. E aggiungiamo
una parola importante: culturale. Ha portato cioè tra queste
popolazioni una nuovo cultura nella difesa dei bambini, dei più
deboli, dei più poveri, operando instancabilmente non solo
per la promozione della donna, ma spesso anche la liberazione dai
loro mariti padroni.
Le difficoltà furono tante, e non solo di ordine materiale,
di ristrettezze economiche, ma anche di opposizione. Le opere volute
da Dio e portate avanti dagli umili servitori del sua vigna, non
sempre vengono apprezzate e accettate. Oltre il diavolo che, per
definizione, rema contro tutto ciò che sa di Dio, cerano
alcuni che non la vedevano di buon occhio, perché, pensavano,
agiva contro i loro interessi. Questi furono i coloni Indios, cioè
popolazioni che provenivano dalla montagna. Per questo tra le due
etnie ci fu una conflittualità strisciante. E purtroppo sr.
Maria ne fu una vittima.
Ci vuole una vittima
Proprio nell'anno 1969 si ebbero
le difficoltà più gravi. Ci furono aperte minacce
contro la missione. Questo clima intimidatorio si concretizzò
poi in un furioso incendio distruggendo la missione in Sucùa.
Sr. Maria ne soffre tantissimo, dopo tanti sacrifici tutto distrutto.
Invitò comunque a desistere dalla vendetta. Ma capì
che il problema sembrava insanabile umanamente. Ed una volta le
sue consorelle la udirono esclamare: "Queste due razze non
troveranno riconciliazione se non ci sarà una vittima disposta
ad immolarsi per loro".
Nell'agosto 1969, presagendo qualcosa, confidò di nuovo ad
una suora: "La Purissima mi ha detto di prepararmi, perché
presto qualcosa di grave mi accadrà". Ed il 15 agosto
prima di partire per gli Esercizi Spirituali disse alle consorelle:
"Presto, molto presto tornerà la pace e la tranquillità.
Io ve lo assicuro". Erano le ultime parole che rivolgeva loro,
perché il suo aereo cadde appena decollato. All'annuncio
della sua morte, tutti, coloni e Shuar, espressero la propria convinzione:
"E' morta una santa
. Non c'è più la nostra
madrecita buena".
E la Chiesa ha riconosciuta la sua santità dichiarandola
Beata il 24 novembre 2012, proprio nella chiesa di Nostra Signora
di Macas.
Mario
SCUDU sdb - Torino
*** Testi
1 - "Il tuo volto Signore io cerco. Partendo dobbiamo lasciare
con pace patria e parenti. Gesù cammina davanti a noi smorzando
le spine, ma vuole che lo seguiamo con coraggio" (Sr. Maria
Troncatti)
2 - "Il suo parroco non la incoraggiava a seguire la sua vocazione
religiosa, perché diceva: "Puoi far del bene in paese
e poi non hai nessun titolo di studio". Ma lei era attirata
da un forte ideale missionario
nel 1922 partì per l'Ecuador
e non fece più ritorno in patria. Scriveva in una lettera:
"Sono ogni giorno più felice della mai vocazione religiosa
e missionaria". E questa gioia l'ha accompagnata e sostenuta
aiutandola a passare dalla paura alla fiducia facendosi dono d'amore
e di promozione per i poveri, gli ammalai, le donne, i bambini.
Sr. Maria era "medico" per il corpo e per lo spirito:
mentre soccorreva e curava, trovava la via per annunciare Gesù
e per testimoniare a tutti la cert4zza della presenza materna di
Maria Ausiliatrice" (Madre Yvonne Reungoat, Superiora Generale
Figlie di Maria Ausiliatrice (2012).
3 - "Una volta avvicinandomi mentre lei mi voltava le spalle
afferrai qualcosa: "Jesucito, Jesucito mio!" E poi al
suo posto immobile pregava, pregava; ma tutta la sua giornata era
una preghiera. Certo, capisco anche che io l'ho conosciuta al suo
tramonto quando le gambe erano doloranti, ma la sua vita di preghiera
..
era continua ed interrotta" . Ed ancora: "Ecco il segreto
della sua santità: amare le persone che avviciniamo dando
una testimonianza di vita a tutta prova. Lei era integra, tutta
d'un pezzo. Bastava avvicinarla una sola volta e ne restavi affascinato"
(Testimonianza del Signor Cosimo Cossu, Salesiano Coadiutore, suo
collaboratore).
***
Tratto dal volume:
MARIO
SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 Sante
e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino
Visita Nr.