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25 agosto: BEATA MARIA TRONCATTI, Suora FMA ***

B. Maria Troncatti (1883-1969), suora salesiana FMA e missionaria ***

Maria, il mio caro terremoto

Così il papà Giacomo Troncatti affettuosamente chiamava la sua bambina Maria. Come buon padre voleva bene a tutti i suoi numerosi figli, ma in lei vedeva qualcosa di speciale, dimostrandole attenzione e affetto particolari.
Un piccolo episodio, all'età di dieci anni (era nata a Corteno Golgi, Brescia, nel 1883), ci dice qualcosa della personalità coraggiosa e decisa di quella che poi sarà una grande missionaria. La famiglia Troncatti, possedeva terreni e greggi di capre, mucche, muli ed asini nell'Alta Val Camonica.
Una sera Maria si accorse che le capre non erano ancora nella stalla. Strano, non era mai capitato. Allora lei uscì di casa per cercarle… Il tempo passava, arrivò anche il buio e, a complicare la faccenda, si levò anche la nebbia…. Maria non tornava. Papà Giacomo allarmato e con il cuore in gola, chiamò amici e parenti: tutti a cercarla. La ritroveranno all'alba, mentre dormiva, vicino ad un cespuglio. Il padre, pieno di gioia, quasi non osava svegliarla. "Hai avuto paura?" le chiese dopo con angoscia e felicità insieme per il pericolo scampato. Maria: "No, avevo ancora nel cuore la grazia della mia Comunione di tre giorni fa. Il Signore mi ha custodita". Tutti rimasero senza parole… specialmente papà Giacomo davanti alle parole del "suo caro terremoto". Coraggio, decisione, fede generosa l'accompagneranno sempre, ma specialmente da missionaria e per ben 40 anni.

Io voglio essere suora e missionaria

Maria era una bambina molto intelligente e sveglia e volentieri amava lavorare in campagna e dare una mano in famiglia; anche a scuola andava volentieri. Era simpatica, forte e allegra e, qualcuno disse, anche un po' 'mattacchiona'. E generosa verso i poveri e i bisognosi.
Anche attraverso la lettura del Bollettino Salesiano che la sua buona maestra le aveva prestato, cominciò ad avere informazioni delle missioni salesiane. Per lei si apriva un vasto orizzonte di vita per il futuro. Ed ecco il suo sogno: diventare suora salesiana e missionaria. Non certo per avventura, non ci pensava proprio. Solo per fare del bene a chi ne aveva bisogno, anche in terre lontane. Il parroco con la sorella maggiore Caterina (la sua confidente) non erano per niente d'accordo. Andare lontano? Attraversare gli oceani? Rischiare la vita per i lontani bisognosi, i lebbrosi, come diceva lei? Pronta l'obiezione, logica e scontata: "Non puoi far del bene anche qui in paese?". Risposta, altrettanto pronta e decisa, alla sorella: "Tu puoi stare qui, io no. Io devo andare". Ecco il suo sogno: "Io devo andare", e 'andò' veramente vincendo tantissime difficoltà: era il sogno della sua vita, diversamente non sarebbe stata felice. Una anonimo scrittore disse: "La cosa più grande di un uomo sono i suoi sogni". Ed il suo era un grande ideale per i quale vivere e anche morire. Ma la strada sarà lunga e per niente facile.
Il primo ostacolo: in famiglia. Papà Giacomo: "Lasciar partire il suo caro terremoto?", pensava. Non se ne parla nemmeno. Intanto era minorenne la Maria. Quindi… Ma il tempo, giorno dopo giorno, passò insieme alla Maria che cresceva, lavorava, maturava, ma di certo non dimenticava l'ideale che prendeva sempre più consistenza.
Diventò maggiorenne (a 21 anni) e il 1 ottobre 1905 ci fu veramente il terremoto o meglio quasi un funerale. Maria, accompagnata dalla sorella Caterina e da un cugino, mentre usciva di casa si accorse dell'agitazione che lasciava dietro: il papà Giacomo era addirittura svenuto e veniva sorretto e confortato dal parroco del paese. Maria aveva ben in mente le parole di Gesù: "Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me". In seguito lei stessa scriverà: "Signore, voglio esser tua per sempre. O Gesù, ho lasciato tutto ciò che avevo di più caro per servirti e per santificare la mia anima. Sì, tutto ho abbandonato: Tu solo ora mi rimani". Il distacco le costava e le lacerava il cuore: lasciare quei monti, quella valle, quei boschi, le amiche, i parenti e i familiari. Li avrebbe rivisti, e non tutti, dopo 17 anni, prima di partire definitivamente nel 1922. Durezza di cuore? Insensibilità verso coloro che amava? No, Maria semplicemente aveva in mente un amore più grande, quello di Gesù Cristo e per amore suo amava e amerà tutte le persone che la Provvidenza le avrebbe posto sul cammino.
E partì per diventare suora salesiana Figlia di Maria Ausiliatrice.

L'incontro con il salesiano Beato Michele Rua

Gli anni di formazione furono lunghi e non facili. Arrivò anche una bella crisi 'vocazionale': le sembrava che avesse fatto tutto inutilmente e di mirare troppo in alto. Ma ci fu la suora ortolana, che la conosceva bene, che implorò la Madre Generale dicendole: "Non mandate a casa Maria: sarà una brava missionaria". Anche il suo parroco quando ebbe sentore delle difficoltà le scrisse: "Dov'è finito tutto il tuo entusiasmo di seguire il Signore e di dedicarti ai fratelli sofferenti?". Maria, spiritualmente provocata, rifletté a lungo e in profondità, riprendendo gradualmente coraggio.
Il 17 settembre 1908 era fissato il giorno per la professione religiosa. Ma ci furono di nuovo problemi di salute. E qui si colloca un provvidenziale incontro con don Miche Rua (è Beato), successore di don Bosco arrivato a Nizza, la Casa Madre FMA. Questi le chiede: "Vuoi guarire?". "Certo, per poter andare in missione". "Diciamo tre Ave Maria. E adesso, se hai fede, alzati, va' in cappella a ringraziare il Signore". Naturalmente Maria ubbidì: si alzò, andò in cappella e.. era guarita. Venne poi inviata a Varazze (in Liguria) per riprendersi meglio. Don Rua le aveva anche predetto tanto lavoro missionario e una lunga vita. Parola profetica di un santo: tutto avverato.
A Varazze rimase ben 10 anni. Scoppiata la I Guerra Mondiale, Maria frequentò un corso per infermiere e crocerossine, per essere così in grado di curare i soldati che venivano mandati in quell'Istituto delle Suore FMA. Diventò un'ottima infermiera: cosa che le fu utilissima da missionaria in Ecuador.
Veramente lei pensava ai lebbrosi, non all'Ecuador. Altro input dall'alto, e in maniera un po' curiosa. Il 13 marzo lei assisteva, come infermiera, un'educanda ormai in fin di vita per la polmonite doppia. "Marina, - le disse sr. Maria - appena vedrai la Madonna dille che mi ottenga da Gesù la grazia di andare tra i lebbrosi". "No, suor Maria, lei andrà missionaria in Ecuador". "Marina, non mi sono spiegata bene: tra i lebbrosi". "No, lei andrà in Ecuador". Fine del dialogo, con relativo dubbio e rammarico per l'incomprensione. Marina morì all'alba: ma chi l'aveva informata? Mistero.
Alcuni giorni dopo, arrivò la Madre Generale e incontrando sr. Maria le disse: "Tu hai fatto domanda missionaria, vero?" "Sì, Madre". "Bene, allora tu andrai in... Ecuador". Siamo nel 1922. E sr. Maria non è più una giovane suora: ha già la sua buona età, cioè 39 anni. Era il tempo di inseguire ancora il proprio sogno? Non era meglio lavorare 'missionaria' in Italia? Ce n'era (e ce n'è) tanto bisogno! No, quello era il sogno della sua vita. Da realizzare con la grazia di Dio, ma ad ogni costo. Tornò per breve tempo al paese natale per salutari i familiari… e sarà un vero Addio! Infatti non li rivedrà più, in questa terra.

Ecco una stregona più stregona degli… stregoni

E sr. Maria sarà missionaria in Ecuador, per ben 40 anni cioè fino alla morte. Il sogno si avverava certamente, come lei aveva voluto, ma a caro prezzo come tutte le grandi imprese per Dio. Operò principalmente a Macas, Sevilla Don Bosco, Sucùa e dintorni, lavorando gomito a gomito con i Figli di Don Bosco, i Salesiani, affrontando anche i disagi della foresta.
Le sofferenze furono tante insieme alla paura (anche dei serpenti) sempre in agguato, c'era il rischio di annegare nel fiume Upano sempre presente, oltre alle privazioni quotidiane, delusioni e piccoli fallimenti. Non proprio una passeggiata. Ma sr. Maria andò sempre avanti, con la sua fede indomita, con la preghiera costante, con la sua santa furbizia, con semplicità e creatività evangeliche anche in situazioni precarie. E con la sua devozione a Maria Ausiliatrice o come lei la chiamava "La Purissima". "Ci vuole fede" soleva ripetere anche quando faceva l'infermiera, sì molta fede unita a grande coraggio. Una collaboratrice dirà: "Ecco il nostro medico nel materiale e nello spirituale". Quando sr. Maria viaggiava aveva in mano una valigetta del pronto soccorso e con l'altra mano il Rosario. Erano le due 'medicine' che usava e, dalla sua positiva storia missionaria e dalle testimonianze, si deduce che… funzionavano. Il salesiano padre Natale Lova, che dietro sua insistenza, si diede molto da fare per costruire un ospedale, a chi gli chiedeva quali medicine usasse sr. Maria anche nei casi più disperati, rispondeva: "Non so di preciso, non si può spiegare, ma guariva". E anche lui stesso, ridotto in fin di vita per un'insolazione, sperimentò l'efficacia delle sue terapie 'particolari'.
Era riuscita ad aprire un piccolo spaccio di farmaci, (un 'botiquìn') poi un ambulatorio: lei fu quindi consolatrice, farmacista, dentista, anestesista e formatrice di infermiere. Fu anche chirurgo, sì come quando, un giorno, lei e collaboratori ebbero un vero incontro ravvicinato di tipo… pericoloso. Cos'era capitato? A Mendes, nel 1925, quindi all'inizio della sua opera, sr. Maria era riuscita a portare a termine un operazione chirurgica su una ragazzina Shuar, addirittura la figlia del capo: aveva una pallottola conficcata nel seno che ormai stava infettando tutto il corpo. Alla presenza di una decina di uomini armati e minacciosi, il capo perentoriamente le 'ordinò' di guarirla… pena l'uccisione di tutto il suo gruppo di collaboratori. E lei con un prezioso coltellino, che portava sempre in tasca, opportunamente sterilizzato, con il cuore in gola e con molta preghiera, vinse la sfida. Sr. Maria soleva dire: "Ci vuole fede". E la sua fede c'era e anche grande, che produceva risultati. La ragazza guarì… e lei ottenne un via libera per la missione, molto particolare. Diceva: "E' arrivata una donna bianca, più stregona di tutti gli stregoni. Passo libero per sempre a lei e a quanti sono con lei". Un vero lasciapassare, provvidenziale.

Con gli Shuar: impegno materiale, spirituale e culturale

Lo storico salesiano Antonio Guerriero ha scritto: "Va riconosciuto a sr. Troncatti l'incomparabile merito di aver salvato, nel corso di molti anni, l'etnia Shuar da una possibile estinzione per la mortalità infantile dovuta a diverse cause. Curava durante le frequenti epidemie, preparava molte missionarie a dirigere ospedali, dispensari medici, spacci di farmaci". E' un riconoscimento importante che qualifica e puntualizza ancora di più l'opera di sr. Maria, che non fu solo materiale, spirituale, ma anche igienico sanitario. E aggiungiamo una parola importante: culturale. Ha portato cioè tra queste popolazioni una nuovo cultura nella difesa dei bambini, dei più deboli, dei più poveri, operando instancabilmente non solo per la promozione della donna, ma spesso anche la liberazione dai loro mariti padroni.
Le difficoltà furono tante, e non solo di ordine materiale, di ristrettezze economiche, ma anche di opposizione. Le opere volute da Dio e portate avanti dagli umili servitori del sua vigna, non sempre vengono apprezzate e accettate. Oltre il diavolo che, per definizione, rema contro tutto ciò che sa di Dio, cerano alcuni che non la vedevano di buon occhio, perché, pensavano, agiva contro i loro interessi. Questi furono i coloni Indios, cioè popolazioni che provenivano dalla montagna. Per questo tra le due etnie ci fu una conflittualità strisciante. E purtroppo sr. Maria ne fu una vittima.

Ci vuole una vittima…

Proprio nell'anno 1969 si ebbero le difficoltà più gravi. Ci furono aperte minacce contro la missione. Questo clima intimidatorio si concretizzò poi in un furioso incendio distruggendo la missione in Sucùa. Sr. Maria ne soffre tantissimo, dopo tanti sacrifici tutto distrutto. Invitò comunque a desistere dalla vendetta. Ma capì che il problema sembrava insanabile umanamente. Ed una volta le sue consorelle la udirono esclamare: "Queste due razze non troveranno riconciliazione se non ci sarà una vittima disposta ad immolarsi per loro".
Nell'agosto 1969, presagendo qualcosa, confidò di nuovo ad una suora: "La Purissima mi ha detto di prepararmi, perché presto qualcosa di grave mi accadrà". Ed il 15 agosto prima di partire per gli Esercizi Spirituali disse alle consorelle: "Presto, molto presto tornerà la pace e la tranquillità. Io ve lo assicuro". Erano le ultime parole che rivolgeva loro, perché il suo aereo cadde appena decollato. All'annuncio della sua morte, tutti, coloni e Shuar, espressero la propria convinzione: "E' morta una santa…. Non c'è più la nostra madrecita buena".
E la Chiesa ha riconosciuta la sua santità dichiarandola Beata il 24 novembre 2012, proprio nella chiesa di Nostra Signora di Macas.

Mario SCUDU sdb - Torino

*** Testi

1 - "Il tuo volto Signore io cerco. Partendo dobbiamo lasciare con pace patria e parenti. Gesù cammina davanti a noi smorzando le spine, ma vuole che lo seguiamo con coraggio" (Sr. Maria Troncatti)
2 - "Il suo parroco non la incoraggiava a seguire la sua vocazione religiosa, perché diceva: "Puoi far del bene in paese e poi non hai nessun titolo di studio". Ma lei era attirata da un forte ideale missionario… nel 1922 partì per l'Ecuador e non fece più ritorno in patria. Scriveva in una lettera: "Sono ogni giorno più felice della mai vocazione religiosa e missionaria". E questa gioia l'ha accompagnata e sostenuta aiutandola a passare dalla paura alla fiducia facendosi dono d'amore e di promozione per i poveri, gli ammalai, le donne, i bambini. Sr. Maria era "medico" per il corpo e per lo spirito: mentre soccorreva e curava, trovava la via per annunciare Gesù e per testimoniare a tutti la cert4zza della presenza materna di Maria Ausiliatrice" (Madre Yvonne Reungoat, Superiora Generale Figlie di Maria Ausiliatrice (2012).
3 - "Una volta avvicinandomi mentre lei mi voltava le spalle afferrai qualcosa: "Jesucito, Jesucito mio!" E poi al suo posto immobile pregava, pregava; ma tutta la sua giornata era una preghiera. Certo, capisco anche che io l'ho conosciuta al suo tramonto quando le gambe erano doloranti, ma la sua vita di preghiera….. era continua ed interrotta" . Ed ancora: "Ecco il segreto della sua santità: amare le persone che avviciniamo dando una testimonianza di vita a tutta prova. Lei era integra, tutta d'un pezzo. Bastava avvicinarla una sola volta e ne restavi affascinato" (Testimonianza del Signor Cosimo Cossu, Salesiano Coadiutore, suo collaboratore)
.


*** Tratto dal volume:

MARIO SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 San
te e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino


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