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29 luglio: SANTA MARTA (e MARIA) ***

S. Marta di Betania (e Maria, sua sorella): Patrona di Casalinghe e Albergatori ***

Io credo, Signore

Quante volte abbiamo letto o sentito le parole del Vangelo: "Gesù entrò in un villaggio ed una donna, che si chiamava Marta, lo ospitò in casa sua" (Lc 10,38) accolse cioè Lui e i suoi discepoli in viaggio verso Gerusalemme. O anche l'altra frase (Gv 11,5): "Gesù voleva molto bene a Marta e a sua sorella Maria e a Lazzaro". Frasi semplici, significative, rivoluzionarie, dall'impatto culturale profondo. E da approfondire sempre di più.
Gesù e il suo rapporto con le donne: un argomento interessante, intrigante. Non solo ma anche illuminante la nostra mentalità occidentale sulla questione della 'condizione della donna', chiamato anche 'pianeta donna', e del cammino lungo, lento e faticoso verso il riconoscimento della sua dignità e la parità con l'uomo in tutti i campi. Non solo ma anche del riconoscimento ed apprezzamento del suo immenso contributo al progresso umano, da sempre. I progressi e meriti fatti in questo campo riguardanti "l'altra metà del cielo" non sono solo ed unicamente da ascrivere, secondo una certa cultura laicista, massonico ed anticlericale, al (solito) Illuminismo o al movimento femminista (nell'800). Questo ha certo lottato per equiparare la condizione della donna specialmente nel campo giuridico e politico a quella dell'uomo. Ma non è solo merito suo.
Argomento questo della dignità, valorizzazione, riconoscimento della 'realtà donna', così ben incominciato da Cristo, non fu portato avanti dalla Chiesa… di Cristo con altrettanto coraggio e apertura allo Spirito, superando le precompressioni culturali di ogni periodo storico. Oggi non ci scandalizza troppo quando si parla di un certo maschilismo ecclesiale che ha attraversato i secoli. Come infatti possiamo spiegarci che per riconoscere la prima donna dottore della Chiesa (Caterina da Siena (1347-1380) e Teresa d'Avila (1515-1582), ambedue nel 1970, dal papa Paolo VI), ci siano voluti così tanti secoli? Non ci sono spiegazioni teologiche, ma di altra natura.

Gesù di Nazaret, amico delle donne

Qualcuno ha scritto che, in verità, il primo e vero 'femminista' fu proprio Gesù, con la sue azioni, parole ed atteggiamenti verso le donne che popolano il Vangelo, attratte dal suo messaggio così nuovo e rivoluzionario per loro. "In tutto l'insegnamento di Gesù, come nel suo comportamento, nulla si incontra che rifletta la discriminazione, propria del suo tempo, della donna. Al contrario, le sue parole e le sue opere esprimono sempre il rispetto e l'onore dovuto alla donna. La donna ricurva viene chiamata 'figlia di Abramo' (Lc13,16); mentre in tutta la Bibbia il titolo di 'figlio di Abramo' è riferito solo agli uomini" (Giovanni Paolo II, La dignità della donna, n.13, 1988).
Giovanni Paolo II, nella sua Lettera apostolica già citata ha scritto parole molto belle sul 'problema donna', rifacendosi al comportamento di Cristo verso di esse. E non poteva essere diversamente, essendo il Cristo norma e valore teorico e pratico per la 'sua' Chiesa. "Il modo di agire di Cristo, il Vangelo delle sue opere e delle sue parole, è una coerente protesta contro ciò che offende la dignità della donna. Perciò le donne che si trovano vicine a Cristo riscoprono se stesse nella verità che egli 'insegna' e che egli 'fa', anche quando questa è la verità sulla loro 'peccaminosità'. Da questa verità esse si sentono 'liberate', restituite a se stesse: se sentono amate di 'amore eterno', di un amore che trova diretta espressione in Cristo stesso. Nel raggio d'azione di Cristo la loro posizione sociale si trasforma. Sentono che Gesù parla di questioni delle quali, a quei tempi non si discuteva con una donna". E il papa cita il celeberrimo incontro di Gesù con la donna samaritana (Gv 4,14).
José A. Pagola, nel suo volume "Gesù, un approccio storico" ( Borla 2010), ha un lungo capitolo dal titolo "Amico della donna" e lo inizia dicendo: "Quei poveri che circondavano Gesù erano in buona parte donne; prive dell'appoggio di un uomo, esse erano indubbiamente le persone più vulnerabili. D'altra parte in quella società patriarcale essere donna significava essere destinata a vivere in stato di inferiorità e soggezione agli uomini" (p. 236). E si chiede: "Che cosa trovavano queste donne in Gesù? Che cosa le attraeva tanto? Come hanno osato avvicinarsi a lui per ascoltare il suo messaggio?". Dalla storia sappiamo che la società e la cultura ebraiche (e non solo essa) era piena di stereotipi sulla donna. Lo storico ebreo-romano Giuseppe Flavio (37-100), quindi di non molto posteriore a Gesù stesso, riassume sinteticamente il comune e generalizzato pensare dei tempi di Gesù sulla donna: "Secondo la Torà, la donna è in tutto inferiore all'uomo" (ivi p. 238). Anche la vita religiosa tutta la poneva in condizioni di inferiorità rispetto all'uomo, che rimaneva il protagonista assoluto. Scrive ancora J. A. Pagola: "Quelle donne non era mai state vicine ad un profeta, non avevano mai sentito parlare di Dio così. Più d'una piange di riconoscenza…." Nemmeno il "codice di purità" fu per Gesù un ostacolo nell'essere vicino alle donne" (p. 242).

Gesù, amico di Marta, Maria e Lazzaro

Marta (nome che significa 'signora'o 'padrona') era la capofamiglia a Betania, infatti è lei che "accoglie Gesù nella sua casa" (Lc 10,38). Nel brano del Vangelo narrato da Giovanni circa la resurrezione di Lazzaro, suo fratello, è Marta che non solo prende l'iniziativa di andare incontro a Gesù, fuori dal villaggio, ma che si dimostrerà una donna di solida fede, professata a Gesù stesso visto come Messia, Figlio di Dio, in una circostanza così tragica. E' un dialogo serrato, molto significativo e profondo, che sfocia in una delle affermazioni più importanti di questo Vangelo: "Io sono la resurrezione…". Ecco alcuni versetti:
"Gesù le disse:- Tuo fratello risorgerà. Marta rispose: - Sì, lo so; nell'ultimo giorno risorgerà anche lui. Gesù le disse: Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà; anzi chi vive e crede in me non morirà mai. Credi tu questo? Marta gli disse: - Signore, sì! Io credo che tu sei il Messia, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo".
Qui c'è lo spessore della donna Marta, che voleva bene a Gesù e lo accoglieva, servendolo, con dedizione e con amore. E in questo episodio si fa anche mediatrice dell'incontro della sorella Maria con Gesù stesso. Ancora Giovanni Paolo II nella sua Lettera sulla dignità delle donne: "Cristo parla con le donne delle cose di Dio, ed esse le comprendono: un'autentica risonanza della mente e del cuore, una risposta di fede".
E' interessante anche un'altra annotazione proprio su queste parole di fede di Marta davanti a Gesù. "La confessione di fede di Marta avviene in termini simili a quella di Pietro nei vangeli sinottici (Mt 16,15-19); in Giovanni, è Marta che esprime con pienezza la fede cristologica della comunità" (A. Scattigno, in Il Grande Dizionario dei Santi, Paoline, p. 1379). Questa pagina di Vangelo ha dato certamente molta fama a Marta e ne spiega anche il vasto culto molto sia in Oriente che in Occidente.

Marta, 'sgridata' da Gesù' e 'difesa' da M. Eckhart!

Marta quindi nel vangelo di Giovanni si pone come una donna dalla forte fede in Cristo Gesù. Ma nel famosissimo episodio narrato da Lc 10, 38-42 si dimostra anche una donna di servizio e di carità squisita verso il Cristo e i suoi discepoli. Con un piccolo 'incidente' o dolce 'rimprovero' di Gesù per il suo troppo attivismo a scapito di altre priorità.
L'episodio lungo i secoli fu letto in duplice maniera, per giustificare le proprie scelte apostoliche e spirituali a preferenza di altre. Si coniugava cioè l'aut, l'aut: se io scelgo e preferisco questa via, l'altra è di minor valore. Mentre la giusta soluzione del problema è: et, et. E l'una e l'altra.
Nel Medio Evo infatti questo simbolismo che vedeva in Maria e cioè nella contemplazione la scelta di vita 'migliore' rispetto ad altre (Marta), influenzò il monachesimo divenendo un 'luogo comune' parlando di vita spirituale. Marta quindi e la sua azione erano viste come scelta di secondo livello (visione questa non presente nei vangeli in genere).
Bisogna anche aggiungere però che verso il 1100-1200 sembra "è possibile che il culto a Marta fosse una devozione praticata dapprima in circoli femminili; la sua diffusione appare legata ad una nuova valorizzazione della vita attiva promossa, a partire dal XII secolo, dai movimenti religiosi femminili e dai nuovi ordini religiosi come gli Umiliati, i Francescani, i Domenicani" (A. Scattigno, in Il Grande Dizionario dei Santi, Paoline, p. 1380).
Oggi si può dire che Marta sia stata rivalutata in ambito non solo teologico, ma apostolico e spirituale in generale, da tutte quelle persone che fanno volontariato, con motivazioni religiose, adoperandosi così a 'salvare' i corpi di tanti bisognosi di assistenza.
Luca descrive il famoso episodio di Marta protagonista, e di Maria in sottofondo, creando una certa tensione fra i loro atteggiamenti. Marta sembra, secondo Luca, un po' chiusa nel proprio ruolo e poco comprensiva per le esigenze della sorella e magari dei suoi bisogni spirituali in quel momento, considerando la presenza straordinaria di Gesù. Marta lavora preparando le 'cose per Gesù" (il pranzo), Maria 'accoglie' Gesù stesso e il suo messaggio di salvezza, e lo fa in un modo insolito nel contesto della cultura ebraica: ella si siede ai piedi di Gesù e ascolta la sua parola. Non si discute il suo servire Gesù ma il suo 'modo', il suo giudicare Maria. E "la risposta di Gesù a Marta è indicativa della nuova libertà che la predicazione e il contatto di Gesù dischiusero alle donne, spesso in aperta rottura con la separatezza e con i ruoli loro assegnati dalle strutture mentali e culturale della società tardo-antica" (A. Scattigno).
Il dolce 'rimprovero' o 'sgridata' di Gesù "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti affanni per troppe cose. Una sola cosa è necessaria. Maria ha scelto la parte migliore", è un invito a non affannarsi e preoccuparsi per le cose penultime, come il cibo, e invece mettere la propria priorità assoluta sulla sua parola, che salva il corpo e l'anima. Forse la migliore spiegazione di questo 'rimprovero' a Marta la troviamo nel c. 6 di Matteo quando Gesù afferma: ""Dunque, non state a preoccuparvi troppo, dicendo: "Che cosa mangeremo?, che cosa berremo?, come ci vestiremo?"…. Voi invece cercate prima il regno di Dio e fate la sua volontà: tutto il resto Dio ve lo darà in più".
Questo episodio del Vangelo con la protagonista Marta 'sgridata' possiamo pensarlo tranquillamente non piace alle casalinghe, e trovano un po'ingrata questa critica.
Per fortuna di Marta, nel Medio Evo il famoso Meister Eckhart (1260-1328) , teologo e mistico domenicano, prese le sue difese affermando semplicemente che Marta era superiore alla sorella, per il semplice motivo che lei era più avanti spiritualmente, che il suo lavoro di 'distacco dalle cose' (in seguito si dirà della 'santa indifferenza') era così forte, tanto da rinunciare alla gioia tutta spirituale della conversazione con Gesù, per dedicarsi a preparare un bel pranzo…per Gesù (e i discepoli). Insomma lasciare Dio per Dio, in questo caso Gesù…per Gesù. In altre parole Marta era così avanti spiritualmente che rinunciava alla contemplazione di Gesù e alla gioia che poteva donare per servire Gesù stesso. E forse con quelle parole voleva 'educare' spiritualmente anche Maria al distacco. E' una interpretazione di un grande maestro spirituale. Ma non è parola di Dio…

La fatica di diventare Marta e Maria

E' un episodio famoso sul quale si sono scritti fiumi d'inchiostro, ma è molto significativo per la nostra vita spirituale di discepoli di Cristo.
Ecco come il grande Agostino, dottore della Chiesa, 'risolve' il dilemma (falso) tra Marta e Maria, ovvero tra azione e contemplazione."Nessuno deve essere così contemplativo da non pensare nella contemplazione all'utilità del prossimo; né così attivo da non ricercare la contemplazione di Dio. Nella vita contemplativa non deve attrarci la quiete inerte, ma la ricerca o la scoperta della verità… come nella vita attiva non dobbiamo amare l'onore in questa terra o la potenza… ma la fatica… Perciò l'amore della verità,cerca la contemplazione, la necessità della carità accetta l'azione". (De Civitate Dei, XIX,19). Come dire: non potete levare le mani al cielo in preghiera contemplativa verso Dio, e non sentire le grida di aiuto che il vostro prossimo vi farà giungere, o peggio rimanere insensibili e sordi. Non sarebbe vera contemplazione, e quel Dio che dite di pregare e contemplare, non è il Dio di Gesù Cristo, che ha donato se stesso per amore di tutti.
Ma anche: non potete 'sporcarvi le mani' lavorando, sudando per e amando il prossimo vostro, se non attingete energia dall'alto, dall'amore di Dio per noi, dimostrato nel suo Figlio incarnato che ha sofferto, è morto e risorto per noi. In altre parole: se vado in chiesa e dopo non miglioro me stesso e la vita di chi mi circonda (il mio prossimo), perdo tempo, e mi illudo di essere a posto.
Per Origene, un grande padre della chiesa, l'azione e la contemplazione non esistono l'una senza l'altra. Ed allora tutta la nostra sfida spirituale sarà quella di diventare armonicamente Marta e Maria insieme, di vivere di azione e di contemplazione nel nostro quotidiano, di essere, come i santi, uomini e donne che vivono fedeli alla terra e animati dal Cielo. Il miglior modo di essere delle persone attive per il Regno di Dio (Marta) è quello di diventare ed essere costantemente Maria. Non sarà sempre facile ma proviamoci.

Mario SCUDU sdb - Torino

*** Testi

1 - Ecco il commento di s. Agostino a Lc 10,38: "Tendiamo alla meta perché ci troviamo in cammino e non siamo ancora a casa nostra; siamo ancora per la strada e non in patria; siamo nel tempo del desiderio e non del godimento. Protendiamoci dunque in avanti e camminiamo alacremente e senza sosta per poter giungere al termine del nostro viaggio. Marta e Maria erano due sorelle unite fra di loro non solo dal vincolo del sangue, ma anche dalla pietà. Erano entrambe legate al Signore e si misero insieme al suo servizio nel tempo della sua vita mortale. Marta lo accolse come si accoglie di solito un pellegrino: era tutta via la serva che riceve il suo Signore, la malata il suo Salvatore, la creatura il suo Creatore. Marta che doveva essere nutrita dallo Spirito, riceveva Gesù per nutrirne il corpo….".
2 - Lectio Divina su Marta e Maria, di Juan J. Bartolomè sdb
(… ) La parte migliore la ottiene Maria, che non facendo altro che stare con Gesù ascoltandolo, lo fa diventare il centro di interesse e il protagonista. Come non poteva preferire Gesù chi, in casa di amici, gli permette di aprirsi e di sfogarsi, dopo tanto cammino fatto tra estranei e tante controversie con i nemici? Dargli l'attenzione che cerca, è il modo di accoglierlo. Per Gesù lo riceve meglio chi più riceve da lui. E in effetti, invece di sollecitare Maria perché aiutasse la sorella, invita Marta ad unirsi a loro: a chi ha scelto la parte migliore non gli sarà tolta. Servire Gesù è buono, ascoltarlo è meglio. La migliore attenzione che può essere data a Gesù, che soggiorna a casa, è fare attenzione alla sua parola e rimanere, affascinato, dal suo insegnamento. Più che il discredito di Marta, Gesù vuole indicare le sue preferenze: nella visita, non è importante la sua persona, ma il vangelo. Ogni fatica, per quanto motivata da buone intenzioni, risulta inutile se si dimenticano le preferenze dell'ospite: Gesù vuole essere preso in considerazione, perché lo si ascolta e non perché lo si serve; quando viene ricevuto, Gesù preferisce dare piuttosto che ricevere. (Juan J. Bartolomè, Lectio Divina, su Lc 10,38-42 Domenica 16, Anno C, T.O.).


*** Tratto dal volume:

MARIO SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 San
te e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino


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