S. Marta
di Betania (e Maria, sua sorella): Patrona di Casalinghe e Albergatori
***
Io
credo, Signore
Quante volte abbiamo letto o sentito
le parole del Vangelo: "Gesù entrò in un villaggio
ed una donna, che si chiamava Marta, lo ospitò in casa sua"
(Lc 10,38) accolse cioè Lui e i suoi discepoli in viaggio
verso Gerusalemme. O anche l'altra frase (Gv 11,5): "Gesù
voleva molto bene a Marta e a sua sorella Maria e a Lazzaro".
Frasi semplici, significative, rivoluzionarie, dall'impatto culturale
profondo. E da approfondire sempre di più.
Gesù e il suo rapporto con le donne: un argomento interessante,
intrigante. Non solo ma anche illuminante la nostra mentalità
occidentale sulla questione della 'condizione della donna', chiamato
anche 'pianeta donna', e del cammino lungo, lento e faticoso verso
il riconoscimento della sua dignità e la parità con
l'uomo in tutti i campi. Non solo ma anche del riconoscimento ed
apprezzamento del suo immenso contributo al progresso umano, da
sempre. I progressi e meriti fatti in questo campo riguardanti "l'altra
metà del cielo" non sono solo ed unicamente da ascrivere,
secondo una certa cultura laicista, massonico ed anticlericale,
al (solito) Illuminismo o al movimento femminista (nell'800). Questo
ha certo lottato per equiparare la condizione della donna specialmente
nel campo giuridico e politico a quella dell'uomo. Ma non è
solo merito suo.
Argomento questo della dignità, valorizzazione, riconoscimento
della 'realtà donna', così ben incominciato da Cristo,
non fu portato avanti dalla Chiesa
di Cristo con altrettanto
coraggio e apertura allo Spirito, superando le precompressioni culturali
di ogni periodo storico. Oggi non ci scandalizza troppo quando si
parla di un certo maschilismo ecclesiale che ha attraversato i secoli.
Come infatti possiamo spiegarci che per riconoscere la prima donna
dottore della Chiesa (Caterina da Siena (1347-1380) e Teresa d'Avila
(1515-1582), ambedue nel 1970, dal papa Paolo VI), ci siano voluti
così tanti secoli? Non ci sono spiegazioni teologiche, ma
di altra natura.
Gesù di Nazaret, amico delle
donne
Qualcuno ha scritto che, in verità,
il primo e vero 'femminista' fu proprio Gesù, con la sue
azioni, parole ed atteggiamenti verso le donne che popolano il Vangelo,
attratte dal suo messaggio così nuovo e rivoluzionario per
loro. "In tutto l'insegnamento di Gesù, come nel suo
comportamento, nulla si incontra che rifletta la discriminazione,
propria del suo tempo, della donna. Al contrario, le sue parole
e le sue opere esprimono sempre il rispetto e l'onore dovuto alla
donna. La donna ricurva viene chiamata 'figlia di Abramo' (Lc13,16);
mentre in tutta la Bibbia il titolo di 'figlio di Abramo' è
riferito solo agli uomini" (Giovanni Paolo II, La dignità
della donna, n.13, 1988).
Giovanni Paolo II, nella sua Lettera apostolica già citata
ha scritto parole molto belle sul 'problema donna', rifacendosi
al comportamento di Cristo verso di esse. E non poteva essere diversamente,
essendo il Cristo norma e valore teorico e pratico per la 'sua'
Chiesa. "Il modo di agire di Cristo, il Vangelo delle sue opere
e delle sue parole, è una coerente protesta contro ciò
che offende la dignità della donna. Perciò le donne
che si trovano vicine a Cristo riscoprono se stesse nella verità
che egli 'insegna' e che egli 'fa', anche quando questa è
la verità sulla loro 'peccaminosità'. Da questa verità
esse si sentono 'liberate', restituite a se stesse: se sentono amate
di 'amore eterno', di un amore che trova diretta espressione in
Cristo stesso. Nel raggio d'azione di Cristo la loro posizione sociale
si trasforma. Sentono che Gesù parla di questioni delle quali,
a quei tempi non si discuteva con una donna". E il papa cita
il celeberrimo incontro di Gesù con la donna samaritana (Gv
4,14).
José A. Pagola, nel suo volume "Gesù, un approccio
storico" ( Borla 2010), ha un lungo capitolo dal titolo "Amico
della donna" e lo inizia dicendo: "Quei poveri che circondavano
Gesù erano in buona parte donne; prive dell'appoggio di un
uomo, esse erano indubbiamente le persone più vulnerabili.
D'altra parte in quella società patriarcale essere donna
significava essere destinata a vivere in stato di inferiorità
e soggezione agli uomini" (p. 236). E si chiede: "Che
cosa trovavano queste donne in Gesù? Che cosa le attraeva
tanto? Come hanno osato avvicinarsi a lui per ascoltare il suo messaggio?".
Dalla storia sappiamo che la società e la cultura ebraiche
(e non solo essa) era piena di stereotipi sulla donna. Lo storico
ebreo-romano Giuseppe Flavio (37-100), quindi di non molto posteriore
a Gesù stesso, riassume sinteticamente il comune e generalizzato
pensare dei tempi di Gesù sulla donna: "Secondo la Torà,
la donna è in tutto inferiore all'uomo" (ivi p. 238).
Anche la vita religiosa tutta la poneva in condizioni di inferiorità
rispetto all'uomo, che rimaneva il protagonista assoluto. Scrive
ancora J. A. Pagola: "Quelle donne non era mai state vicine
ad un profeta, non avevano mai sentito parlare di Dio così.
Più d'una piange di riconoscenza
." Nemmeno il
"codice di purità" fu per Gesù un ostacolo
nell'essere vicino alle donne" (p. 242).
Gesù, amico di Marta, Maria
e Lazzaro
Marta (nome che significa 'signora'o
'padrona') era la capofamiglia a Betania, infatti è lei che
"accoglie Gesù nella sua casa" (Lc 10,38). Nel
brano del Vangelo narrato da Giovanni circa la resurrezione di Lazzaro,
suo fratello, è Marta che non solo prende l'iniziativa di
andare incontro a Gesù, fuori dal villaggio, ma che si dimostrerà
una donna di solida fede, professata a Gesù stesso visto
come Messia, Figlio di Dio, in una circostanza così tragica.
E' un dialogo serrato, molto significativo e profondo, che sfocia
in una delle affermazioni più importanti di questo Vangelo:
"Io sono la resurrezione
". Ecco alcuni versetti:
"Gesù le disse:- Tuo fratello risorgerà. Marta
rispose: - Sì, lo so; nell'ultimo giorno risorgerà
anche lui. Gesù le disse: Io sono la risurrezione e la vita.
Chi crede in me, anche se muore, vivrà; anzi chi vive e crede
in me non morirà mai. Credi tu questo? Marta gli disse: -
Signore, sì! Io credo che tu sei il Messia, il Figlio di
Dio che deve venire nel mondo".
Qui c'è lo spessore della donna Marta, che voleva bene a
Gesù e lo accoglieva, servendolo, con dedizione e con amore.
E in questo episodio si fa anche mediatrice dell'incontro della
sorella Maria con Gesù stesso. Ancora Giovanni Paolo II nella
sua Lettera sulla dignità delle donne: "Cristo parla
con le donne delle cose di Dio, ed esse le comprendono: un'autentica
risonanza della mente e del cuore, una risposta di fede".
E' interessante anche un'altra annotazione proprio su queste parole
di fede di Marta davanti a Gesù. "La confessione di
fede di Marta avviene in termini simili a quella di Pietro nei vangeli
sinottici (Mt 16,15-19); in Giovanni, è Marta che esprime
con pienezza la fede cristologica della comunità" (A.
Scattigno, in Il Grande Dizionario dei Santi, Paoline, p. 1379).
Questa pagina di Vangelo ha dato certamente molta fama a Marta e
ne spiega anche il vasto culto molto sia in Oriente che in Occidente.
Marta, 'sgridata' da Gesù'
e 'difesa' da M. Eckhart!
Marta quindi nel vangelo di Giovanni
si pone come una donna dalla forte fede in Cristo Gesù. Ma
nel famosissimo episodio narrato da Lc 10, 38-42 si dimostra anche
una donna di servizio e di carità squisita verso il Cristo
e i suoi discepoli. Con un piccolo 'incidente' o dolce 'rimprovero'
di Gesù per il suo troppo attivismo a scapito di altre priorità.
L'episodio lungo i secoli fu letto in duplice maniera, per giustificare
le proprie scelte apostoliche e spirituali a preferenza di altre.
Si coniugava cioè l'aut, l'aut: se io scelgo e preferisco
questa via, l'altra è di minor valore. Mentre la giusta soluzione
del problema è: et, et. E l'una e l'altra.
Nel Medio Evo infatti questo simbolismo che vedeva in Maria e cioè
nella contemplazione la scelta di vita 'migliore' rispetto ad altre
(Marta), influenzò il monachesimo divenendo un 'luogo comune'
parlando di vita spirituale. Marta quindi e la sua azione erano
viste come scelta di secondo livello (visione questa non presente
nei vangeli in genere).
Bisogna anche aggiungere però che verso il 1100-1200 sembra
"è possibile che il culto a Marta fosse una devozione
praticata dapprima in circoli femminili; la sua diffusione appare
legata ad una nuova valorizzazione della vita attiva promossa, a
partire dal XII secolo, dai movimenti religiosi femminili e dai
nuovi ordini religiosi come gli Umiliati, i Francescani, i Domenicani"
(A. Scattigno, in Il Grande Dizionario dei Santi, Paoline, p. 1380).
Oggi si può dire che Marta sia stata rivalutata in ambito
non solo teologico, ma apostolico e spirituale in generale, da tutte
quelle persone che fanno volontariato, con motivazioni religiose,
adoperandosi così a 'salvare' i corpi di tanti bisognosi
di assistenza.
Luca descrive il famoso episodio di Marta protagonista, e di Maria
in sottofondo, creando una certa tensione fra i loro atteggiamenti.
Marta sembra, secondo Luca, un po' chiusa nel proprio ruolo e poco
comprensiva per le esigenze della sorella e magari dei suoi bisogni
spirituali in quel momento, considerando la presenza straordinaria
di Gesù. Marta lavora preparando le 'cose per Gesù"
(il pranzo), Maria 'accoglie' Gesù stesso e il suo messaggio
di salvezza, e lo fa in un modo insolito nel contesto della cultura
ebraica: ella si siede ai piedi di Gesù e ascolta la sua
parola. Non si discute il suo servire Gesù ma il suo 'modo',
il suo giudicare Maria. E "la risposta di Gesù a Marta
è indicativa della nuova libertà che la predicazione
e il contatto di Gesù dischiusero alle donne, spesso in aperta
rottura con la separatezza e con i ruoli loro assegnati dalle strutture
mentali e culturale della società tardo-antica" (A.
Scattigno).
Il dolce 'rimprovero' o 'sgridata' di Gesù "Marta, Marta,
tu ti preoccupi e ti affanni per troppe cose. Una sola cosa è
necessaria. Maria ha scelto la parte migliore", è un
invito a non affannarsi e preoccuparsi per le cose penultime, come
il cibo, e invece mettere la propria priorità assoluta sulla
sua parola, che salva il corpo e l'anima. Forse la migliore spiegazione
di questo 'rimprovero' a Marta la troviamo nel c. 6 di Matteo quando
Gesù afferma: ""Dunque, non state a preoccuparvi
troppo, dicendo: "Che cosa mangeremo?, che cosa berremo?, come
ci vestiremo?"
. Voi invece cercate prima il regno di
Dio e fate la sua volontà: tutto il resto Dio ve lo darà
in più".
Questo episodio del Vangelo con la protagonista Marta 'sgridata'
possiamo pensarlo tranquillamente non piace alle casalinghe, e trovano
un po'ingrata questa critica.
Per fortuna di Marta, nel Medio Evo il famoso Meister Eckhart (1260-1328)
, teologo e mistico domenicano, prese le sue difese affermando semplicemente
che Marta era superiore alla sorella, per il semplice motivo che
lei era più avanti spiritualmente, che il suo lavoro di 'distacco
dalle cose' (in seguito si dirà della 'santa indifferenza')
era così forte, tanto da rinunciare alla gioia tutta spirituale
della conversazione con Gesù, per dedicarsi a preparare un
bel pranzo
per Gesù (e i discepoli). Insomma lasciare
Dio per Dio, in questo caso Gesù
per Gesù. In
altre parole Marta era così avanti spiritualmente che rinunciava
alla contemplazione di Gesù e alla gioia che poteva donare
per servire Gesù stesso. E forse con quelle parole voleva
'educare' spiritualmente anche Maria al distacco. E' una interpretazione
di un grande maestro spirituale. Ma non è parola di Dio
La fatica di diventare Marta e Maria
E' un episodio famoso sul quale si
sono scritti fiumi d'inchiostro, ma è molto significativo
per la nostra vita spirituale di discepoli di Cristo.
Ecco come il grande Agostino, dottore della Chiesa, 'risolve' il
dilemma (falso) tra Marta e Maria, ovvero tra azione e contemplazione."Nessuno
deve essere così contemplativo da non pensare nella contemplazione
all'utilità del prossimo; né così attivo da
non ricercare la contemplazione di Dio. Nella vita contemplativa
non deve attrarci la quiete inerte, ma la ricerca o la scoperta
della verità
come nella vita attiva non dobbiamo amare
l'onore in questa terra o la potenza
ma la fatica
Perciò
l'amore della verità,cerca la contemplazione, la necessità
della carità accetta l'azione". (De Civitate Dei, XIX,19).
Come dire: non potete levare le mani al cielo in preghiera contemplativa
verso Dio, e non sentire le grida di aiuto che il vostro prossimo
vi farà giungere, o peggio rimanere insensibili e sordi.
Non sarebbe vera contemplazione, e quel Dio che dite di pregare
e contemplare, non è il Dio di Gesù Cristo, che ha
donato se stesso per amore di tutti.
Ma anche: non potete 'sporcarvi le mani' lavorando, sudando per
e amando il prossimo vostro, se non attingete energia dall'alto,
dall'amore di Dio per noi, dimostrato nel suo Figlio incarnato che
ha sofferto, è morto e risorto per noi. In altre parole:
se vado in chiesa e dopo non miglioro me stesso e la vita di chi
mi circonda (il mio prossimo), perdo tempo, e mi illudo di essere
a posto.
Per Origene, un grande padre della chiesa, l'azione e la contemplazione
non esistono l'una senza l'altra. Ed allora tutta la nostra sfida
spirituale sarà quella di diventare armonicamente Marta e
Maria insieme, di vivere di azione e di contemplazione nel nostro
quotidiano, di essere, come i santi, uomini e donne che vivono fedeli
alla terra e animati dal Cielo. Il miglior modo di essere delle
persone attive per il Regno di Dio (Marta) è quello di diventare
ed essere costantemente Maria. Non sarà sempre facile ma
proviamoci.
Mario
SCUDU sdb - Torino
*** Testi
1 - Ecco il commento di s. Agostino a Lc 10,38: "Tendiamo alla
meta perché ci troviamo in cammino e non siamo ancora a casa
nostra; siamo ancora per la strada e non in patria; siamo nel tempo
del desiderio e non del godimento. Protendiamoci dunque in avanti
e camminiamo alacremente e senza sosta per poter giungere al termine
del nostro viaggio. Marta e Maria erano due sorelle unite fra di
loro non solo dal vincolo del sangue, ma anche dalla pietà.
Erano entrambe legate al Signore e si misero insieme al suo servizio
nel tempo della sua vita mortale. Marta lo accolse come si accoglie
di solito un pellegrino: era tutta via la serva che riceve il suo
Signore, la malata il suo Salvatore, la creatura il suo Creatore.
Marta che doveva essere nutrita dallo Spirito, riceveva Gesù
per nutrirne il corpo
.".
2 - Lectio Divina su Marta e Maria, di Juan J. Bartolomè
sdb
(
) La parte migliore la ottiene Maria, che non facendo altro
che stare con Gesù ascoltandolo, lo fa diventare il centro
di interesse e il protagonista. Come non poteva preferire Gesù
chi, in casa di amici, gli permette di aprirsi e di sfogarsi, dopo
tanto cammino fatto tra estranei e tante controversie con i nemici?
Dargli l'attenzione che cerca, è il modo di accoglierlo.
Per Gesù lo riceve meglio chi più riceve da lui. E
in effetti, invece di sollecitare Maria perché aiutasse la
sorella, invita Marta ad unirsi a loro: a chi ha scelto la parte
migliore non gli sarà tolta. Servire Gesù è
buono, ascoltarlo è meglio. La migliore attenzione che può
essere data a Gesù, che soggiorna a casa, è fare attenzione
alla sua parola e rimanere, affascinato, dal suo insegnamento. Più
che il discredito di Marta, Gesù vuole indicare le sue preferenze:
nella visita, non è importante la sua persona, ma il vangelo.
Ogni fatica, per quanto motivata da buone intenzioni, risulta inutile
se si dimenticano le preferenze dell'ospite: Gesù vuole essere
preso in considerazione, perché lo si ascolta e non perché
lo si serve; quando viene ricevuto, Gesù preferisce dare
piuttosto che ricevere. (Juan J. Bartolomè, Lectio Divina,
su Lc 10,38-42 Domenica 16, Anno C, T.O.).
***
Tratto dal volume:
MARIO
SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 Sante
e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino
Visita Nr.