S. Veronica
Giuliani (1660-1727), monaca e mistica cappuccina ***
Innamorata
di Cristo e 'mezzana' tra Dio e i peccatori
E' una delle grandi donne della Chiesa
Cattolica: non solo una santa che ha avuto esperienze mistiche travolgenti,
ma che è stata proposta anche come Dottore della Chiesa (1980)
a far compagnia alle illustri colleghe come Caterina da Siena, Teresa
d'Avila, Teresa di Lisieux, Ildegarda di Bingen.
E' considerata la più grande mistica del 1600-1700. Attraverso
il suo ponderoso Diario (definito "poema del dolore e dell'amore")
Veronica ci può insegnare come percorrere la strada della
vita spirituale, ci può chiarire le idee sui fondamenti delle
nostre decisioni (che deve essere basate solo e sempre sull'amore
per Dio e il prossimo). Ci mostra una metodologia per il nostro
vivere che deve essere basato sulla pazienza in tutte le circostanze.
Ci dà una spinta, suadente e decisa, per condurre anche noi
un'esistenza vissuta come una vera pro esistenza. Lei lo fece sull'esempio
supremo di Cristo, il suo "grande Amore". Veronica visse
la vita, con tutte le sofferenze e umiliazioni, come mediatrice
(o "mezzana") per la salvezza dei peccatori e per la liberazione
delle anime del Purgatorio. Scrisse nel suo Diario: "Dicevo:
anime, anime, Signore".
La sua vita, come la vita di altre sante gratificate da Dio con
esperienze mistiche, non è stata semplice. L'incontro 'ravvicinato'
con Dio di tipo soprannaturale, attraverso queste esperienze, non
è mai indolore, anzi 'complica' parecchio la vita di tutti
i giorni. E possiamo dire che la sua è stata decisamente
complessa con vari aspetti ed elementi che a noi moderni danno difficoltà
e, forse, lasciano perplessi. Un esempio: i fenomeni mistici precoci
(già da bambina), che non sono per tutti o meglio che Dio
liberamente non concede a tutti. Secondo elemento: il grande accento
che nella sua vita si pone sulle parole: patire, soffrire, sacrificio,
rinuncia, immolazione, croce, passione e terminologia simile. Non
dimentichiamo una delle sue affermazioni chiave, interpretative
di tutto il suo itinerario spirituale e mistico: "Soffrire
è la chiave dell'amore". Alla base di tutto per Veronica
rimane l'amore a Dio e l'amore a Cristo, il suo vero e unico Sposo,
visto come Crocifisso Risorto, e nella compartecipazione alla sua
Passione. Non si tratta naturalmente di un soffrire di natura o
genesi patologica e masochistica: la Chiesa certo non l'avrebbe
dichiarata santa. Ella si pone invece sulla scia di Francesco Saverio
(1552) che diceva: "Più sofferenze, più sofferenze"
e con Francesco, il Poverello d'Assisi che ripeteva: "Le croci
e i patimenti sono gioie e sono contenti".
Tutte le sofferenze e la compartecipazione mistica alle sofferenze
di Cristo nella Passione era fonte di grande dolore fisico. Veronica
soffriva tutto nel suo corpo. Ma queste sofferenze fisiche non avevano
importanza per lei in confronto all'amore che dimostrava nella compassione
con Cristo sofferente. Anzi le desiderava sempre e con maggiore
intensità, accettando e donando tutto, nell'amore, per la
conversione dei peccatori. Questo è un aspetto che lascia
molto perplesso l'uomo moderno, salutista e ipersensibile al proprio
aspetto fisico. Non per niente oggi si parla sempre e con insistenza
di "Wellfare, wellbeing, wellness, fitness, lifting" ecc.
La lista del salutismo post moderno si allunga sempre di più
e si aggiorna. La sofferenza è bandita a tutti i livelli.
Il corpo è il vero idolo. E in fondo a tutto questo c'è
una precisa ideologia: quella dell'uomo che rifiuta o è indifferente
all'orizzonte trascendente. L'uomo vive di solo pane, cioè
solo di realtà terrene e immanenti. Il resto o non c'è
o non conta.
La ferita del Costato di Cristo "luogo
d'amore"
Orsola nacque nel 1660 non lontano
da Pesaro, in una famiglia benestante. Già da bambina dimostrò
una grande propensione alle cose spirituali. Ebbe anche una visione
di Gesù Bambino, che la segnò per sempre. Sua madre
la lasciò orfana a soli quattro anni e prima di morire assegnò
alle sue figlie una piaga del Cristo della Passione. Ad Orsola diede
quella del costato perché "imparasse ad amare Gesù
Crocifisso giacché il sito in cui la collocava era luogo
d'amore". Questo 'incarico' da parte della madre sviluppò
nella bambina la sua attrazione e devozione per i Crocifissi che
vedeva e che venerava. Ed un giorno, come descrisse in seguito nel
suo Diario, il Crocifisso "staccò un braccio dalla croce"
e "l'abbracciò strettamente per molto tempo".
Orsola intanto cresceva spiritualmente e fisicamente, ed aveva già
da ragazza la testa e l'interesse ben piantati su ciò che
per lei erano la priorità assoluta: le cose di Dio. Era già
una bella ragazza e, come sempre accade, non passava inosservata.
Ma lei voleva farsi monaca, una prospettiva questa che il padre
assolutamente non condivideva. Anzi la osteggiò in tutti
i modi: regalo di bei vestiti, servitori a sua disposizione, feste,
balli e giochi, la compagnia di altri rampolli suoi pari con gli
occhi dolci verso di lei, che cominciarono a corteggiarla. Tutto
inutile. Orsola aveva, come si dice, la testa altrove, non in quelle
cose belle ma solo terrene, attraenti ma alla lunga perdenti.
Finalmente arrivò l'assenso paterno ed Orsola entrò
in un monastero di rigida osservanza, le Cappuccine di Città
di Castello. Nel 1677 ricevette l'abito da religiosa ed un nome
nuovo, programmatico: Veronica. Chiese poi a Gesù Crocifisso
che le apparve in visione, come lei scrisse, " la grazia che
mi tenesse sempre crocifissa con lui". Una grazia molto originale
e coraggiosa, che, a quanto si evince dalla sua biografia, le fu
accordata, segno che la chiedeva con sincerità.
Nel 1681 ebbe una grande e straordinaria esperienza mistica. Gesù
Cristo le apparve "tutto piagato e coronato di spine"
e lei che lo implorava "Signore mio, venite a me, datemi cotesta
corona di spine acciò che le punture delle spine siano voci
per me per dirvi quanto io voglio amarvi". E proprio una spina
della Corona si posò sul capo di Veronica, con grande dolore
fisico e gonfiore del capo. Le consorelle allarmate chiamarono anche
il medico.
Nel 1694 altra esperienza: la cerimonia dello sposalizio mistico.
Le apparve il Cristo, attorniato dalla Madonna insieme a Caterina
da Siena e Rosa da Lima. Fu poi il 5 aprile 1697 che stringendo
fra le mani il Crocifisso così lo pregò: "O sposo
mio, crocifiggetemi con voi
Ora è tempo
Cuore
del mio cuore, e quando passerete, da banda a banda, questo vostro
cuore?". Lei stessa descrisse questa esperienza nel suo Diario,
che aveva cominciato a scrivere, per ordine del confessore, dal
1693. Gli strumenti della passione, come raggi di luce, le trafissero
il cuore, le mani, i piedi: "Io sentii un grande dolore; ma
nel medesimo dolore vedevami e sentivami tutta trasformata in Dio
Il Signore mi confermò per sua sposa e mi consegnò
a sua Madre". Veronica, 'pazza d'amore' per Cristo, fino a
desiderarne le sofferenze nella propria carne e partecipare così
alla Passione per la redenzione dell'umanità. La sua quindi
è una vera storia d'amore per Cristo, non certo un soggetto
da cura in qualche centro di igiene mentale o una candidata alla
cura psicoanalitica.
L'ombra indagante del Santo Uffizio
Non fu tutto facile, per niente.
I fenomeni mistici li viveva lei
ma tutt'intorno non si era
poi così convinti. Veronica, nella sua vita non solo accettò
su di sé le sofferenze della Passione di Cristo, e tutto
per amore di Cristo, ma dovette portare anche altre croci, umane,
molto umane. Come quella per esempio di uno dei suoi confessori
che la credeva indemoniata perciò la strapazzò, la
umiliò sottoponendola a penitenze esagerate e ripugnanti.
Puntualmente descritte nel suo Diario.
Veronica superava tutte le prove senza lamentarsi e accusare gli
altri, quando ne avrebbe avuto tutte le ragioni.
Da Vaticano si mosse anche la gerarchia ecclesiastica: voleva vederci
chiaro in tutte quelle esperienze mistiche e cose simili. Furono
sottoposte ad esami accurati le sue stigmate e a varie restrizioni.
Fu poi informato anche il S. Uffizio, e le cose si misero male aumentando
le sue umiliazioni. Questo infatti obbligò Veronica a sottoporsi
a prolungati esami di medici e di chirurghi. Venne anche deposta
dall'ufficio di maestra delle novizie, fu segregata in infermeria
e fu privata dal diritto di eleggere e di essere eletta per vari
anni. Quante prove umilianti! Questo "interesse" del S.
Uffizio per Veronica e la sua esperienza mistica durò addirittura
17 anni. E non fu certo piacevole per lei. Ma tutto questo erano
solo piccole sofferenze che lei era disposta ad accettare per amore
di Dio, per i peccatori e per la loro conversione.
Ma la verità (e la santità) di Veronica a poco a poco
fu ristabilita. Fu prosciolta dall'accusa di stregoneria e di essere
indemoniata, di essere una malata mentale e di fingere
spiritualmente.
E così nel 1703 venne riconfermata maestra delle novizie
(fino alla morte), ufficio nel quale dimostrò grande saggezza
e intuito pedagogico. Finalmente nel 1716 venne eletta Madre badessa.
"Anche questo incarico lo tenne fino alla morte rivelandosi
una superiora che sapeva farsi obbedire più con la dolcezza
che con gli ordini perentori. E come ogni vera mistica, sapeva anche
essere molto efficiente nei problemi quotidiani poiché la
contemplazione insegna ed essere attenti ad ogni cosa, ad ogni accadimento,
anche al più modesto. Costruì
un nuovo dormitorio,
allestì vasche e fontane nell'orto e in cucina e fece arrivare
l'acqua nel cortile del chiostro, per comodità dell'infermeria
e degli ambienti di lavoro" (A. Cattabiani, Santi d'Italia,
vol. II., pag. 915).
Veronica fu catturata per tutta la vita da Dio, dal mistero della
Trinità, dal mistero dell'Eucaristia in cui Cristo che si
dona salvare il mondo, dalla Passione di Cristo fino a provarla
nel proprio corpo. Tutte cose che riguardavano Dio, la vita sua
in Dio ed in Cristo, ma che non la resero una donna distratta o
addirittura una monaca alienata o fredda e scorbutica verso il prossimo
perché.. 'persa' in Dio. Tra le nuvole, come pensava qualcuno.
Tutt'altro. Lei fu una donna paziente e saggia, pratica e pragmatica,
tutta di Dio e tutta di Cristo, piena di amore a Dio e di servizio
al prossimo. Con lo sguardo ed il pensiero rapito in Dio certamente,
ma anche con gli occhi ben aperti e ben concentrati sulle necessità
umane delle consorelle e sui problemi inerenti alla gestione del
suo monastero. In altre parole: la sua vita, specialmente da badessa,
è una bella smentita per quelli che vedono e classificano
superficialmente le persone religiose, uno 'schiaffo' per quei filosofi
e scrittori vari che, con troppa faciloneria e suponenza, deridono
la religione e le cose spirituali come alienanti e distraenti dalle
cose 'importanti' di quaggiù. Non fu certamente il suo caso:
una mistica sì, ma con i piedi ben piantati sulla terra.
Viveva di contemplazione di Dio e del Cristo, ma anche di continua
amorevole azione per il prossimo.
"Mezzana" per intercedere
Dio per i peccatori
Veronica non solo era una donna pazza
per Dio e innamorata del Cristo, suo Sposo, ma era anche e totalmente
un "donna per gli altri", in primis per le sue consorelle,
per i peccatori tutti che voleva salvare 'aiutando' in questo 'lavoro'
il Crocifisso, per le anime del Purgatorio. "Le mura della
clausura non costituiscono impedimento per i sentire i palpiti del
mondo con tutti i suoi problemi e affanni e donarsi a quanto vivono,
operano, soffrono. Nella pratica del suo agire per gli altri dimostra
come il "cuore non tolleri clausure", ma si allarghi e
spazi negli orizzonti stessi di dio per essere come lui misericordiosi"
(G. Oberto, in Dizionario di Mistica, Libreria Editrice Vaticana,
pag. 1258).
Noi oggi non ricordiamo Veronica per i fenomeni ed esperienze mistiche
straordinarie come visioni, estasi, levitazione, scrutamento dei
cuori, profezie, stigmate ecc. ma per aver voluto seguire le parole
di Cristo prendendole molto sul serio: "Chi vuol essere mio
discepolo prenda la sua croce (ogni giorno) e mi segua" (Mc
8,34) e quelle di S. Paolo: "Non sono più io che vivo
, è Cristo che vive in me" (Gal 2,20) e l'altra "Portate
gli uni i pesi degli altri, e così adempirete la legge di
Cristo" (Gal 6,2). Veronica ha seguito fedelmente la Legge
di Cristo. Fu misticamente Sposa di Cristo, viveva di Lui e per
Lui totalmente fino a compartecipare alle stesse sofferenze della
Passione. Fu sua discepola portando la propria croce quotidiana
e 'aiutando' il Cristo a portare la Sua Croce per l'umanità
intera, come il vero Agnello di Dio "che prende su di sé
il peccato del mondo" e tutte le sofferenze e ingiustizie della
storia umana.
Qualche autore ha parlato di "mistica della riparazione"
e di un marcato aspetto vittimale e riparatorio della sua spiritualità,
quasi di una "missione sociale" per i peccatori e le anime
del Purgatorio. E' la sua grande missione voluta da Cristo stesso
("Sì, ti ho eletta per questo offizio" scriverà
nel Diario).
Ha scritto il teologo W. Kasper: "L'unione personale con Gesù
Cristo significa partecipazione alla sua pro-esistenza, perciò
la misericordia cristiana è in ultima analisi esistenza cristiana
in rappresentanza
.La sequela di Cristo include la comunione
di vita e la comunione nella missione (Mc 3,14), alla fine significa
anche comunione nel destino, nella passione e nella croce
come nel caso di Gesù Cristo, così questo con-morire
con Cristo può arrivare sino alla sequela della croce e al
dono della vita per amore suo (Mc 8,3 ss.)" (in W. Kasper,
Misericordia, 2012, pag. 226).
Qui sta proprio la grandezza e l'attualità del suo messaggio:
prendersi cura e prendere su di sé i pesi o le croci degli
altri, come piccoli e umili agnelli di Dio che seguono il vero e
grande Agnello di Dio.
"Cristo soffre in rappresentanza per il mondo. Soltanto la
sua sofferenza è una sofferenza redentrice. Ma pure la comunità
sa pure che la sofferenza del mondo ha bisogno di uno che la porti.
Perciò alla sequela di Cristo la sofferenza cade su di lui
ed egli la sopporta, mentre a sua volta è sorretto da Cristo".
E' un pensiero profondo di Dietrich Bonhoeffer (teologo e pastore
protestante, morto in un campo di concentramento nel 1945) che descrive
bene l'itinerario spirituale di Veronica che, da vera discepola
di Cristo, ha donato tutto a lui, seguendolo con la propria croce
e per amore suo e unita a lui, prendendo su di sé i pesi
e le sofferenze di tanti peccatori. E' un messaggio difficile ma
molto importante, in una società dominata dall'individualismo
esasperato e dall'egocentrismo imperante, diventato ormai ideologia.
Mario
SCUDU sdb - Torino
*** Testi
1 - "In un subito si sente l'anima totalmente spogliata di
tutto, tanto in ordine allo spirito come anche al temporale. Iddio
le fa capire il suo annientamento e la sua impotenza
Essa
non s'avvede se è in cielo o in terra. Si vede del tutto
priva, e non ha pure un sussidio di potersi sollevare e le pare
di esser priva di tutto
Io questo lo chiamo puro patire, perché
qui non vi hanno che fare le potenze dell'anima, le quale non si
possono adoperare in niente, qui non vi sono sentimenti, perché
tutto pare sia fuor di noi; qui non vi han che fare i sensi, perché
essi si vedono di già come morti. Non è opera da loro
né tampoco da nessun altra creatura
" (Dal Diario).
2 - "Mi sentivo tutta ardente; abbruciavo e non vedevo fuoco,
sentivo come consumarmi, e non sapevo come. Tutto ciò mi
staccava da tutto: davanti solo brama di amare Dio. Altro non mi
ricordo che io andassi dicendo se non che queste precise parole:
o Amore, o amore! E più volte replicavo; o Amore! "(Dal
Diario).
3 - "Signore mio, mi esibisco di vedere tutti i tormenti, le
pene addosso a me, purché voi non siate offeso più
da alcuno
Mio Dio, altro non vi domando che la salvezza dei poveri peccatori.
Convertiteli tutti a voi, tutti a voi. O Amore, o Amore! Mandatemi
più pene, più tormenti, più croci, che sono
contenta, purché le creature tornino a voi!" (Dal Diario).
4 - "Sii fedele a me con essere sollecitata di tirare tutte
le anime a me, ed a convertire anime. Sì, ti ho eletta per
questo offizio" (Gesù a Veronica in una visione).
***
Tratto dal volume:
MARIO
SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 Sante
e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino
Visita Nr.