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VALDOCCO
1 luglio: Beato ANTONIO ROSMINI
(1797-1855),
sacerdote e filosofo
ANDARE A DIO
CON
LA RAGIONE E CON LA FEDE
È rimasto famoso lincipit
della Enciclica di Giovanni Paolo II del 1998 dal titolo Fides
et Ratio. Scriveva il Papa: La fede e la ragione sono come
le due ali con le quali lo spirito umano sinnalza verso
la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto
nel cuore delluomo il desiderio di conoscere la verità,
e in definitiva di conoscere lui....
È un documento che vuole
affrontare il multi secolare problema dei rapporti tra fede e
ragione. Problema sentito lungo i secoli, ma, dopo lIlluminismo
ancora maggiormente e più urgentemente, proprio perché
questo ha proclamato la Ragione umana la caratteristica vertice
delluomo stesso (che lo ha affrancato da ogni subalternità,
anche da Dio) a scapito della Rivelazione.
In questo dibattito secolare un posto di grande rilievo, nellera
moderna, spetta proprio ad Antonio Rosmini.
È certamente una delle
figure più eminenti e significative (ancora oggi) dell800
italiano. Nel panorama della cultura italiana di quel secolo
si pone assieme al Manzoni (di cui fu grande amico), al Leopardi
e al Foscolo. Egli infatti fu un gigante della cultura: non solo
filosofo, ma anche pedagogo, giurista, teorico della politica.
Ha lavorato anche lui (non certo solo Cavour, Garibaldi, Mazzini...)
per il Risorgimento e per lunità dellItalia.
Unità che lui (come anche Gioberti) aveva intuito sarebbe
stato meglio di tipo federale (e aveva ragione). Fu anche un
profeta, un apostolo della fede ed un mistico. Certe sue intuizioni
sulla Chiesa lui le ebbe cento anni prima del Vaticano II.
Ma non solo il Rosmini è
stato un uomo di grande cultura (secondo il teologo Urs von Balthasar
è stato uno degli ultimi geni universali dellumanità),
ma è stato anche un santo nel suo pensare e nel suo agire,
nel suo vivere e nel suo morire. Ed è per questo che la
Chiesa ha sancito questa sua santità proclamandolo Beato
il 18 novembre 2007. Il Card. Josè Martins nelloccasione
ha detto: La sua santità, certamente, aiuterà
a recuperare lamicizia tra ragione e fede, fra religione
comportamento etico e servizio pubblico dei cristiani... Labate
Rosmini visse una vita teologale, in cui la fede implicava la
speranza e la carità, con un dialogo damore confidente
nella Provvidenza.
È proprio vero che il
tempo guarisce tutto, anche se qualche volta ci impiega molto...
tempo. Il Nostro infatti è stato beatificato
il 18 novembre 2007, esattamente 175 anni da quel 18 novembre
1832 quando egli cominciò a scrivere il suo più
famoso, più discusso (e condannato) volume dal titolo:
Delle cinque piaghe della Santa Chiesa. Libro tanto profetico
che non fu capito subito. Ma molto tempo dopo.
La sua missione:
fare la carità intellettuale
Antonio Rosmini Serbati è
nato a Rovereto il 27 marzo 1797, da una ricca famiglia, di cui
era destinato a diventare lerede universale. Era di ingegno
e di intelligenza brillantissima. Si convinse ben presto che
lunica sapienza e la vera grandezza delluomo stanno
in Dio, cioè nel conoscerlo e nel dedicare tutte le proprie
forze alla sua gloria lavorando per la salvezza del prossimo.
Impostò la propria vita
come un esercizio ascetico con lobiettivo della costante
purificazione dellanima dal male e dellacquisizione
del bene, cioè dellamore a Dio e agli altri. Questo
per lui si configurò principalmente come attività
intellettuale: illuminare razionalmente e istruire i cristiani
(di ieri e di oggi).
Diventò sacerdote nel
1821 e solamente due anni dopo fu lo stesso Pio VII ad incoraggiarlo
nello studio della filosofia, per il quale aveva una straordinaria
capacità e inclinazione. E poco tempo dopo il successore
Pio VIII gli diede quasi una missione ufficiale: quella della
carità intellettuale. Di che si trattava?
Il Rosmini, secondo il Papa, doveva continuare a studiare e a
scrivere con lobiettivo dichiarato di condurre gli
uomini alla religione mediante la ragione.
Ebbene egli prese sul serio
questa missione affidatagli dal vescovo di Roma, e possiamo dire
che la portò avanti con massimo impegno fino alla fine
della vita. Le opere che seguirono, frutto di questo impegno,
ebbero lapprovazione entusiasta e anche lammirazione
di altri uomini di cultura che primeggiavano nel panorama accademico
del tempo, quali il Galluppi, Tommaseo, Manzoni e il Gioberti.
Grande amico
e benefattore di Don Bosco
Il Rosmini non fu soltanto
un grande studioso e autore di ponderosi volumi di filosofia,
ma anche un fondatore di ordini religiosi quali: lIstituto
della Carità (nel 1828), una nuova famiglia religiosa
da
lui voluta grandemente, e in seguito nel 1832 delle Suore della
Provvidenza. Due famiglie religiose, impegnate specialmente nel
campo scolastico, cioè della carità intellettuale,
che ebbero un grande sviluppo.
Ma non solo trovava il tempo
di studiare e di scrivere, ma anche di coltivare le amicizie.
Molto importanti, tra le tante, sono state quelle col Manzoni
e con Don Bosco. Il Rosmini e Don Bosco non solo si conobbero,
ma si apprezzarono vicendevolmente. Ci fu insomma una sincera
amicizia tra i due. Venne a Torino-Valdocco a fare visita a Don
Bosco, e questultimo ricambiò la cortesia recandosi
a Stresa (1847 e 1850), dove labate risiedeva preferibilmente.
Ambedue lavoravano per la gloria di Dio, luno
principalmente con lo studio approfondito di tematiche filosofiche
e politiche, laltro dando un mestiere ed un po di
speranza a tanti giovani sbandati della Torino dell800
con la sua incipiente industrializzazione. Strade diverse, metodologie
differenti, unico obiettivo.
Ambedue facevano
lItalia aiutando la società italiana a rigenerarsi,
sia intellettualmente sia professionalmente e socialmente.
Il Rosmini e i rosminiani furono generosi con Don Bosco: senza
il loro aiuto lopera salesiana a Valdocco avrebbe avuto
uno sviluppo molto diverso e probabilmente molto più lento.
Un esempio: la prima tipografia che Don Bosco volle, che
funziona ancora oggi e che stampa la presente Rivista di Maria
Ausiliatrice, fu messa su con laiuto diretto del Rosmini.
Ma dal 1841 cominciarono per
il Rosmini le difficoltà. Queste arrivarono con le aspre
critiche ad alcune sue opere. Don Bosco dal canto suo difese
quando e quanto poté il suo amico anche davanti a forti
pressioni. E quando si trattava della ristampa della sua Storia
dItalia, qualcuno gli suggerì di correggere il lusinghiero
elogio che faceva del Rosmini. Don Bosco si rifiutò confermando
così la sua stima verso lamico. Di lui conservò
sempre un ottimo ricordo scrivendo: A me non fece che del
bene, e materiale con le sue elemosine, e morale con la edificazione
che diede a me a ai miei giovani.
Tanta era la stima che godeva
il Rosmini che il Papa Pio IX (Beato anche lui) voleva addirittura
farlo cardinale e Segretario di Stato. Non si fece niente. Anzi,
subito dopo cominciarono i guai con la condanna del celebre scritto
Delle cinque piaghe della Santa Chiesa. Il libro non fu capito:
era infatti un profeta che vedeva più avanti degli altri.
Alcune sue intuizioni infatti verranno riscoperte e riprese nel
Concilio Vaticano II, cioè più di cento anni dopo.
Il Rosmini non protestò
per la condanna, ma si sottomise al giudizio degli uomini di
chiesa di allora (meno intelligenti di lui) e si ritirò
a Stresa, dedicandosi interamente agli studi, alla preghiera
e a seguire le sue famiglie religiose. Al Manzoni, che lo assisteva
sul letto di morte, quasi come testamento spirituale raccomandò
tre compiti: Adorare, tacere, godere. Era lofferta
totale della sua vita ai disegni della Provvidenza. Morì
il 1º luglio 1855.
MARIO SCUDU sdb ***
*** Questo
e altri 120 santi e sante e beati sono presenti nel volume di
:
MARIO SCUDU, Anche Dio
ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino
Le sei Massime del Rosmini
1 - Desiderare unicamente
e infinitamente di piacere a Dio, cioè di essere giusto.
2 - Orientare tutti
i propri pensieri e le azioni allincremento e alla gloria
della Chiesa di Gesù Cristo.
3 - Rimanere in perfetta
tranquillità circa tutto ciò che avviene per disposizione
di Dio riguardo alla Chiesa di Gesù Cristo, lavorando
per esse secondo la chiamata di Dio.
4 - Abbandonare se stesso
nella Provvidenza di Dio.
5 - Riconoscere intimamente
il proprio nulla.
6 - Disporre tutte le
occupazioni della propria vita con uno spirito di intelligenza.
Sette pensieri del
Beato Rosmini
1 - Tutti i cristiani,
cioè i discepoli di Gesù Cristo, in qualunque stato
e condizione si trovino, sono chiamati alla perfezione, perché
sono chiamati al Vangelo, che è legge di perfezione. A
tutti ugualmente il divino Maestro disse. Siate perfetti
come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48).
2 - So per ragione e
per fede e sento con lintimo spirito, che tutto ciò
che si fa, o voluto o permesso da
Dio, è fatto da un eterno, da un infinito, da un essenziale
amore.
3 - Mi trovo sospeso
tra il mondo della vanità e il mondo della verità.
4- Ciò che rende
cari a Dio è la giustizia. Dunque il cristiano deve domandare
incessantemente di diventare sempre più giusto, sempre
più buono.
5 - Il discepolo di
Cristo impara poi che, quanto è ragionevole abbandonarsi
interamente nelle mani amorose di Dio, altrettanto è stolto
confidare in se stesso. Luomo è debolissimo, e neppure
in minima parte può alterare il corso che Dio ha stabilito
per ciascuna cosa nelluniverso...
6 - Il cristiano ha
un segno certo per conoscere se manca alla piena fiducia comandata
dal Vangelo nella provvidente cura del Padre suo che è
nei cieli. Esamini se stesso e veda se prova in cuore qualche
preoccupazione circa i beni e i mali del mondo: se è sempre
pienamente tranquillo, pienamente riposato e disposto a tutto
in ogni avvenimento, o se si sente crucciato e preoccupato di
cose umane, per il successo delle quali soffre agitazione, e
se, come uomo di poca fede, spera troppo e teme troppo, cioè
vacilla continuamente.
7- Il cristiano deve
camminare sempre nella luce, mai nelle tenebre.
Don Bosco sullamico
Rosmini
In quanto
allottimo sig. Rosmini pareva che la proibizione dovesse
deteriorare la grande sua fama, e nol fu. Labate Rosmini...
si mostrò filosofo profondamente cattolico colla sommessione,
mostrò essere coerente a se stesso, e che il rispetto
tuttora professato alla cattedra di Pietro son fatti e non parole.
Le quali cose non sappiamo dire di altri distinti personaggi
che un tempo altresì primeggiavano...
Per me ho sempre
nutrito e nutro tuttora la più schietta e leale venerazione
per lIstituto della Carità e pel veneratissimo suo
fondatore (così scriveva Don Bosco ad un padre rosminiano,
nel 1849, a pochi mesi dalla condanna pontificia di due sue opere).