Sono tre i personaggi che,
nellambito ecclesiale, tra la fine del 1100 e i primi decenni
del 1200, hanno influenzato grandemente la vita della Chiesa:
papa Innocenzo III, Francesco dAssisi e Domenico di Guzman.
Del primo gli storici dicono concordemente che è stato
un grande papa, degno del titolo di Magno (non conferito). Affrontò
infatti la maggior parte dei problemi della vita spirituale e
politica della Chiesa, con intelligenza e mano forte, avviando
o prospettando soluzioni pratiche.
E la Provvidenza volle che si avvalesse della collaborazione
zelante e appassionata di due stelle luminose nel firmamento
della Chiesa: Francesco e Domenico. Così grandi e famosi
da essere celebrati anche dal sommo poeta Dante.
Studioso della
Scrittura
e sensibile verso i poveri
Domenico è nato a Calaruega
nella Castiglia (Spagna), da una famiglia nobile e religiosa.
Di intelligenza vivace e dai molti interessi, si distinse subito
per due caratteristiche: lamore e lo studio della Sacra
Scrittura e la solidarietà verso i poveri.
Un episodio ne mostra sia la sensibilità sia la decisione,
fin da ragazzo. Era scoppiata una carestia gravissima. Domenico,
pieno di compassione, mise in pratica il Vangelo, come poteva:
vendette i libri che possedeva e che gli erano cari oltre che
indispensabili per la formazione e il ricavato lo diede ai poveri.
Un sacrificio molto grande. Si sarebbe giustificato dicendo candidamente:
Non posso studiare su pelli morte (cioè le pergamene)
mentre delle persone vive muoiono di fame.
Mostrava così quella determinazio­ne e bontà
che lo accompagneranno sempre.
Diventato sacerdote a 25 anni, Domenico era già molto
stimato dai suoi colleghi e particolarmente dal suo zelante vescovo
Diego. Questi che lo conosceva bene, ne apprezzava le doti di
intelligenza, ne ammirava la profondità spirituale. Per
questo lo volle compagno di viaggio nel Nord Europa per conto
del re di Castiglia. Viaggio non di natura spirituale ma diplomatica
(precisamente di politica matrimoniale). Ma la Provvidenza se
ne servì per il bene della Chiesa. Attraversando il Sud
della Francia, la Provenza, aprirono gli occhi sulla diffusione
delleresia dei Catari (o Albigesi). Questi sostenevano
una concezione dualistica della realtà, cioè tutto
è regolato da due principi creatori, ugualmente potenti,
Dio e il Diavolo, il Bene e il Male, lo Spirito e la Materia.
Sul versante dottrinale negavano lincarnazione di Cristo,
quindi la sua risurrezione e anche i sacramenti della Chiesa.
Missionario povero
ma teologicamente preparato
Il vescovo Diego e Domenico
avevano capito che molte critiche degli eretici erano contro
il clero, che non di rado viveva nella ricchezza, nellignoranza
e nella poca sensibilità pastorale. Cera bisogno
di una riforma della Chiesa. Ed essi la volevano attuare partendo
da un rinnovato amore a Cristo, alla sua umanità e divinità
insieme, alla Chiesa, ai poveri. Bisognava anche predicare con
argomenti nuovi e con metodologie nuove. Pensavano però
di attuare questo bel progetto in paesi fuori dallEuropa.
Innocenzo III invece, saggiamente, li mandò proprio...
in Provenza, tra i Catari. Ed obbedirono. Arrivarono tra la gente
presentandosi poveri e indifesi, umili e accoglienti verso tutti,
profondamente diversi cioè dagli altri predicatori di
prima. Purtroppo poco tempo dopo il buon vescovo Diego dovette
rientrare in diocesi. E Domenico rimase a predicare, da solo,
per quasi sei anni.
Nelle sue relazioni con gli altri aveva rispetto e pazienza con
tutti, discuteva anche animatamente ma senza organizzare crociate,
era a disposizione di tutti mai contro nessuno. E la gente lo
vedeva, lo studiava, rifletteva e cominciava ad apprezzarlo.
E poi si convertiva. Era la sua metodologia missionaria, nuova,
efficace. E le conversioni? Arrivarono presto, numerose, sincere.
Un giorno, mentre a piedi scalzi si recava ad una disputa pubblica,
senza saperlo, si affidò come guida ad uno del posto,
un eretico. In altre parole un nemico. Costui lo
condusse per sentieri difficili, pieni di spine e di pietre aguzze.
Domenico, pazientemente, pregava e camminava anche con i piedi
sanguinanti. Ad un certo punto disse alla guida, che lo guidava
così male: Di sicuro vinceremo la disputa, perché
abbiamo già sparso il nostro sangue. Il risultato
fu una conversione generale, guida compresa.
Domenico: o parlava
con Dio
o parlava di Dio
Domenico parlava sempre, volentieri
e con competenza di Dio e di Cristo a tutti quelli che avvicinava.
Altrimenti taceva e si raccoglieva in preghiera. Al centro di
ogni sua predicazione cera il Cristo Crocifisso, contemplato
come il bene più prezioso. Per lui infatti tutti, uomini
e donne, letterati o no, in ogni tempo e luogo, assolutamente
tutti avevano il diritto di conoscerlo per amarlo. E considerava
suo dovere predicarlo, testimoniarlo affrontando ogni sofferenza.
Domenico testimoniava il suo amore a Cristo vivendo di povertà,
di preghiera e di penitenza che accettava come espiazione per
le colpe altrui.
Nella predicazione inoltre parlava spesso e molto della Madonna,
raccomandando a tutti la recita del Rosario. Anche questo elemento,
dicono gli storici, oltre la sua santità e preparazione,
fu importante per il successo apostolico con gli eretici.
È nel 1214 a Tolosa (Francia) che Domenico darà
vita al primo nucleo di quello che diventerà poi lOrdine
Domenicano.
Moriva a Bologna l8 agosto 1221, in estrema povertà,
attorniato dai suoi figli.
MARIO SCUDU sdb ***
Dante, nel Paradiso, parla
dei due santi, per bocca di Tommaso dAquino. Questi lo
informa che la Divina Provvidenza, che regola il corso delle
vicende umane, ha mandato due prìncipi con il compito
di guidare e sostenere la Chiesa: Francesco e Domenico. San Francesco
fu ardente di carità come un Serafino (Lun
fu tutto serafico in ardore), San Domenico splendente di
sapienza come un Cherubino (laltro per sapienza in
terra fue / di cherubica luce uno splendore).
Domenico non solo leggeva il
libro della Scrittura per nutrire la propria preghiera ma si
serviva anche del libro della natura. Qualche volta fu visto
dai suoi frati entrare in estasi, proprio contemplando la bellezza
del creato.
Domenico accoglieva ogni
uomo nel grande seno della carità. Poiché amava
tutti, tutti lo amavano. Si era fatto una legge personale di
rallegrarsi con le persone felici e di piangere con coloro che
piangevano.
Beato
Giordano di Sassonia, suo successore alla guida dei Domenicani
*** Tratto, in forma ridotta, dal volume:
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi
campioni, ELLEDICI 2011