SAN
BENEDETTO DA NORCIA:
PADRE
E PATRONO D'EUROPA
1 gennaio 2002: una giornata storica
per noi europei, vissuta con particolare emozione. Il neonato
Euro cominciava a camminare. Una vera rivoluzione raggiunta attraverso
il dialogo, la collaborazione e limpegno costruttivo dei
12 paesi della cosiddetta Eurolandia. Già
al tempo dei Romani circolava in tutta Europa (nellimpero)
una moneta unica: ma questa era stata imposta manu militari
cioè con la potenza degli eserciti. Il vecchio sogno riprese
con Carlo Magno e la sua Lira carolingia. Purtroppo non durò
molto.
E così siamo arrivati
ai nostri giorni. Il sogno è realtà. Leuro
cè e lo usiamo da vari mesi. Ricordo un titolo di
giornale nei giorni precedenti lintroduzione. Diceva: Leuro
è fatto. Facciamo gli euro-pei. Anchio, come
insegnante, ho cercato di rendere i miei allievi (16-18 anni)
un po più europei, facendoli riflettere sullimportanza
storica dellintroduzione dellEuro, in maniera pacifica,
come moneta unica. Ho insistito sul cammino che lidea di
Europa come unità aveva avuto nella storia. Oggi infatti
già parliamo di Unione Europea: non è ancora Europa
Unita, ma siamo sulla strada.
Tra i costruttori di questa
idea di Europa, unificata attorno ai valori cristiani, è
certamente da annoverare il grande Benedetto da Norcia. Proprio
per questo è stato proclamato dal papa Paolo VI nel 1964
Patrono di tutta lEuropa. Giovanni Paolo II ha aggiunto,
nel 1980, i santi Cirillo e Metodio (apostoli degli Slavi). E
siccome il contributo alla costruzione dellEuropa non è
solo degli uomini, lo stesso papa saggiamente ha aggiunto nel
1999 tre sante come co-patrone dellEuropa: santa Caterina
di Siena, santa Brigida di Svezia e santa Benedetta della Croce
(al secolo Edith Stein).
Qualcuno, con reminiscenze
storiche più approfondite, dirà che il contributo
di Benedetto da Norcia allunificazione dellEuropa
attraverso gli stessi valori predicati e vissuti, non ha avuto
successo, se solo pensiamo a tutte le guerre e stragi orribili
capitate nel Medio Evo e nellEtà moderna. Risponde
uno storico, Jacques Le Goff, uno del mestiere quindi: Quando
si pensa a tutta la violenza che ancora si scatenerà durante
questo Medioevo selvaggio, può sembrare che la lezione
di Benedetto non sia stata compresa. Ma dovremmo piuttosto domandarci
a quali eccessi si sarebbe spinta la gente del Medioevo, se allinizio
di quei secoli non si fosse levata questa grande e dolce voce.
Anche se la sua lezione non
è stata sempre seguita durante i secoli seguenti, Benedetto
rimane uno dei grandi uomini dellumanità, un grande
santo della Chiesa cristiana, un genio nel campo culturale-religioso.
Un grande della Storia, insomma. Che merita ricordare anche a
distanza di tanti secoli.
Un cammino
non sempre facile
Benedetto nacque a Norcia,
in Umbria, nel 480 circa, da famiglia nobile non certo povera,
visto che lo mandò a Roma, per completare gli studi (che
lui però non completerà mai). Un particolare importante
su cui i genitori di oggi farebbero bene a riflettere. Benedetto
fu mandato a Roma accompagnato dalla sua fedele nutrice. Il motivo
era semplice: i genitori volevano che lui si perfezionasse negli
studi... senza perdere la fede e il codice morale che gli avevano
insegnato. Cosa non impossibile in quei tempi a Roma.
A loro non bastava trovare
lalloggio e un bel gruzzolo di soldi per il giovanotto
studente. Ci voleva un accompagnamento di tipo formativo. Ecco
allora la nutrice. Ma dopo un po di tempo lo spettacolo
romano
fatto di baruffe e lotte intestine tra gli abitanti e il re ostrogoto
Teodorico, ed inoltre gli intrighi e le invidie nel mondo ecclesiastico
gli fecero tagliare la corda lasciando la Città Eterna
al suo destino. Con la sua fedele nutrice si ritirò in
un paese, vicino a Subiaco, ma non vi restò molto. Poco
dopo ecco il grande salto per realizzare la propria vocazione
di monaco. Allinsaputa della nutrice (ormai si sentiva
maturo per tale decisione) si ritirò in una grotta nei
boschi di Subiaco.
Furono tre anni di solitudine,
di preghiera profonda, di meditazione, e di dura penitenza, involontaria
(non era certo una grotta... a cinque stelle) e anche volontaria.
Lesperienza non fu facile, per ogni genere di difficoltà.
Non ultimo anche il diavolo, che non manca mai, ci mise la coda:
questi infatti lo tormentava con le sue visite formative-pastorali,
ma quel giovanotto faceva le cose troppo seriamente. A Benedetto,
tuttavia, sembrava di perdere tempo. Unico aiuto gli veniva da
un altro monaco, un certo Romano, che gli portava da mangiare.
Lesperienza del fallimento
a Benedetto arrivò ad opera di un gruppo di monaci.
Era morto il loro superiore, e, per farsi belli davanti al vescovo
e dare un tocco di legalità ecclesiastica alla loro vita
religiosa, chiamarono il giovane Benedetto a... dirigerli. Essi
però di disciplina morale e religiosa non ne volevano
sapere assolutamente. Sotto il vestito niente, diceva una recente
pubblicità. Sotto la tonaca di questi pseudo monaci non
cera niente di religioso: scorreva invece sangue di autentici
gaglioffi. Infatti quando Benedetto tentò di riformare
il loro sistema di vita parlando di disciplina, di penitenza,
di regole da osservare... questi come risposta, poco evangelica,
tentarono di avvelenarlo. E Benedetto fuggì, tornando
a Subiaco.
Qui trovò altri giovani
ben diversi, volenterosi di diventare veri monaci. Come lui tendevano
seriamente alla santità di vita, vivendo solo per Dio
e lasciando la corruzione e vanità del mondo. Benedetto
li organizzò in dodici piccoli monasteri. In ognuno pose
una guida, cioè un abate. Lui invece curava la formazione
dei novizi, tra i quali figuravano anche dei nobili romani.
Anche in questa fase Benedetto dovette superare un ostacolo,
diciamo, clericale: un certo prete, Fiorenzo, una specie di parroco
del luogo. Come i precedenti monaci-gaglioffi anche costui non
correva sulla strada della santità. La presenza di quei
giovani monaci, seri e impegnati religiosamente, gli dava un
enorme fastidio: erano un continuo rimprovero al suo modo di
vivere.
Quando gli capitava loccasione
volentieri sguinzagliava nelle vicinanze dei monasteri delle
ragazze di mestiere con lobiettivo non solo
di testare la saldezza delle virtù dei giovani monaci
ma anche di... allargare loro gli orizzonti. Perché pensare
solo a Dio e allanima? Lazione di disturbo del prete
Fiorenzo non ebbe successo. Anzi fu la causa provvidenziale della
svolta definitiva di Benedetto e del suo progetto di monachesimo.
Se ne andò in direzione Montecassino. La storia dice anche
che, in seguito, alcuni monaci lo pregarono di ritornare a Subiaco,
perché la persecuzione di Fiorenzo era finita. Questi
infatti era morto insieme alla sua allegra brigata di amici e
amiche, sembra, per il crollo del tetto di una specie di mini
discoteca che lui aveva organizzato per... la ricreazione dei
sensi.
Padre del
monachesimo occidentale
Benedetto non tornò
indietro. Era lanno 529. La trasformazione di Montecassino
ebbe del miracoloso. Quellabbazia diventò la madre
di tutte le abbazie dEuropa che si rifaranno a Benedetto.
Ma il suo vero capolavoro rimane ancora oggi la sua Regola dei
monaci, che lo consacra come il vero fondatore del monachesimo
occidentale, anche se non tutto è frutto della sua creatività
e genialità. Gli studiosi affermano che la famosa Regola
è debitrice (cosa che Benedetto ha sempre affermato) delle
intuizioni di san Basilio Magno, il padre del monachesimo orientale,
di santAgostino, di Giovanni Cassiano. E aggiungono anche
unopera dal titolo Regula Magistri, databile tra il 520
il 630, il cui autore era un italiano, un autentico maestro di
vita spirituale.
Benedetto certamente conobbe questa opera.
Questo non diminuisce loriginalità
dellimpostazione della vita nellabbazia che lui creò.
Benedetto non aveva inventato il monastero, perché ne
esistevano numerosi in tutta Italia. Egli ha delineato e imposto
un nuovo modo di essere monaci, basato su tre principi fondamentali
che diventeranno autentici pilastri su cui poggeranno centinaia
di abbazie in tutta Europa. Il primo: la stabilità
del luogo. Significa che Benedetto mise al bando i cosiddetti
monaci vaganti che spesso erano poco monaci e molto
vaganti cioè vagabondi. Chi entrava liberamente in monastero
doveva avere intenzione seria di volerci vivere stabilmente.
Il cenobio diventava la sua famiglia per sempre, nel bene e nelle
difficoltà. Il secondo: il tempo del monaco sarà
fortemente strutturato da un orario.
Benedetto rivaluta il tempo
come dono di Dio da non dissipare o disprezzare. Il tempo quindi
veniva organizzato, con scadenze puntuali riguardanti la preghiera,
il lavoro manuale, la lettura sacra della Bibbia ed il riposo.
Ed infine, terzo elemento, luguaglianza. Tutti uguali,
nei diritti e nei doveri. Una vera rivoluzione. Qui si
comincia a rinnovare il mondo: qui diventano uguali e fratelli
«latini» e «barbari», ex pagani ed ex
ariani, antichi schiavi ed ex padroni di schiavi. Ora tutti sono
una cosa sola, stessa legge, stessi diritti, stesso rispetto.
Qui finisce lantichità, per mano di Benedetto. Il
suo monachesimo non fugge il mondo. Serve Dio ed il mondo, nella
preghiera e nel lavoro (D. Agasso). Con Benedetto finiva
il concetto di monachesimo-rifugio e incominciava quello di monachesimo-azione.
Vivere per Dio nella contemplazione certo, ma anche nellazione.
Cè inoltre un
altro aspetto importante che qualifica la trasformazione del
monachesimo: il principio di autorità, rappresentato dallabate.
Ci deve essere, perché il monastero e i suoi abitanti
non possono vivere in anarchia, anche se santa. Ma questa autorità
deve essere accompagnata dalla fraternità e dalla dolcezza,
virtù che renderanno lobbedienza più leggera
e lieta. Benedetto non ipotizza certo un abate dittatore. La
virtù che dovrà distinguerlo sempre sarà
la discrezione, senza voler fare subito dei monaci degli eroi.
Morto Benedetto, il suo monachesimo
profondamente riformato andò avanti. La Regola da lui
dettata non rimarrà un fenomeno solo italiano, ma sarà
esportata in tutta Europa, perché si adattava a tutti.
Sarà lo stesso Carlo Magno ad appoggiarla. E dopo di lui
Ludovico il Pio incaricò Benedetto di Aniane (750-821)
di uniformare alla regola benedettina tutti i monasteri dellEuropa.
Per cui essere monaco equivaleva allora ad essere benedettino.
Furono inoltre numerosissimi
i nuovi ordini religiosi, maschili e femminili, che sorsero in
seguito e che si ispirarono alla Regola di San Benedetto. E così
le intuizioni di Benedetto poterono plasmare migliaia di monaci
in tutto il continente, il cui impatto sulle popolazioni e sul
clero di allora e dei secoli successivi fu enorme. Per questo
non ci meravigliamo che Paolo VI lo abbia proclamato Patrono
dEuropa.
MARIO SCUDU SDB ***
*** Questo
e altri 120 santi e sante e beati sono presenti nel volume di
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MARIO SCUDU, Anche Dio
ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino
IMMAGINE:
1 San Benedetto da Norcia /
2
Abbazia di Montecassino
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2002-7
VISITA Nr.