SAN
CRISTOFORO, MARTIRE:
SERVIRE IL PIU' FORTE, GESU' CRISTO
Prima
del battesimo io mi chiamavo Rifiutato, ora mi chiamo Cristoforo.
Queste le parole, secondo una tradizione, pronunciate durante
linterrogatorio che lavrebbe portato al martirio:
si professava non solo cristiano, ma affermava molto di più,
che il suo vero nome (e il compito che si era scelto per la vita)
era di essere Portatore di Cristo, cioè Cristoforo. Un
nome, un programma, un progetto, una scelta di vita, un destino.
Il nome di battesimo come dono di grazia e altresì come
compito da realizzare, come via alla propria santità,
non copiando il tale o la tale già arrivati alla meta
ma da creare e inventare originalmente. Sempre però e
solamente come un aspetto dellimitazione dellunico
e vero Santo, Gesù Cristo, il Santo dei santi, anche di
Cristoforo, anche nostro, se crediamo alla santità come
prospettiva esistenziale.
Cristoforo prima di diventare
Portatore di Cristo aveva un forte desiderio: servire il più
forte, con tutto se stesso cioè con
la propria forza che non era poca, e con il proprio entusiasmo,
che era grande.
Ha scritto Chiara Lubich:
La considerazione della
preziosità di un santo, linfluenza della sua personalità
nel suo secolo, la rivoluzione ampia e continua che egli apporta
nel mondo, sono spesso combustibili primi alla fiamma di questo
anelito.
Ma alle volte lanima, che ne è così dolcemente
tormentata, si trova di fronte ai santi come di fronte ad una
valico insuperabile o ad un muro impossibile a sfondarsi.
«Come
si fa a farsi santi?» ci si domanda. «Quale la misura,
il sistema, le pratiche, la via?». «Sio sapessi
che basta la penitenza, mi flagellerei da mane a sera. Se conoscessi
che occorre lorazione, pregherei notte e giorno. Se fosse
sufficiente la predicazione, vorrei percorrere città e
paesi, senza darmi tregua, per dir a tutti la Parola di Dio...
ma io non so, non conosco la strada». Ogni santo ha una
sua fisionomia, ed essi si distinguono lun dallaltro
come i più vari fiori dun giardino.
Fin qui Chiara.
E nel grande giardino della santità cristiana ricco di
fiori e di frutti di ogni specie, tutti belli nella loro bellezza
unica, cè anche quello di San Cristoforo, un santo
che ha un fondamento storico (scarno) con una quantità
(notevole) di dipinti che lo celebrano e di protetti che lo invocano.
Le origini del culto di questo
santo sono antiche. Infatti il 22 settembre del 452 nella Bitinia,
nellAsia Minore, gli fu dedicata una chiesa la cui costruzione
era stata iniziata due anni prima dal vescovo di Calcedonia,
di nome Eulalio. In essa vennero deposte le reliquie di San Cristoforo,
ma liscrizione non ne indicava la provenienza. Il Martirologio
Geronimiano, le cui fonti risalgono alla stessa epoca, annuncia
infatti nel giorno 25 luglio: In Licia, nella città
di Samone, San Cristoforo nacque (al cielo) cioè
morì a questo mondo. I fondamenti storici, di cui noi
moderni siamo ghiotti, finiscono, ahimè, con queste scarne
parole. Non molto, ma il minimo sufficiente per non parlare di
pura leggenda.
Il Martirologio Romano ricorda
anche che Cristoforo durante la prigionia prima del martirio
subì anche un tentativo di seduzione addirittura da parte
di due baldanzose e prezzolate fanciulle... Ma lui non solo superò
brillantemente limpegnativo test, ma addirittura le convertì:
anchesse lo seguirono fino al martirio.
Racconto verosimile ma non provato storicamente. Su San Cristoforo
quindi pochissimi dati storici ma sufficienti per ammettere che
siamo in presenza di un martire e quindi di un santo. Che non
ci fa male ricordare.
Alla ricerca
del più forte da servire
Il culto e la devozione tributate
a questo santo sono molteplici e presenti dovunque, non solo
in età medievale. Alla protezione di San Cristoforo ricorrevano
i pellegrini prima di affrontare i valichi alpini, o grandi viaggi
sui fiumi. San Cristoforo divenne protettore dei traghettatori,
dei portalettere e atleti, dei facchini e scaricatori, di quanti
facevano (o fanno) un lavoro pesante. È protettore anche
di altre categorie come giardinieri, vivaisti, fruttivendoli.
È invocato come aiuto contro la mala morte cioè
la morte improvvisa (mala cioè brutta, senza
il conforto dei sacramenti e della preghiera). Poi dopo il secolo
XVI il suo ricordo e la devozione si affievolì. Il perché
non si sa.
È addirittura nel secolo
XX che il Nostro ha ritrovato una seconda vocazione
o, se preferite, un altro lavoro, nientemeno che
come protettore degli automobilisti, categoria oggi immensa (e
spesso non poco pericolosa, a giudicare dalle statistiche). Non
cè dubbio che questo incarico gli risulterà
gravoso visto che deve proteggere ogni giorno milioni di automobilisti
che credono di non averne bisogno.
Perché tutta questa devozione e queste numerose e onerose
protezioni? Il tutto è dovuto al racconto
agiografico che di lui ha fatto Jacopo da Varazze nella sua Legenda
Aurea. Non cè niente (o quasi) di storico ma il
racconto è bello e significativo. Eccolo.
Cristoforo era un Cananeo,
un gigante dotato di grande forza e imponenza fisica. Era un guerriero
ed aveva anche un volto che incuteva terrore in tutti (cinocefalia).
Aveva un grande desiderio: quello di mettersi al servizio delluomo
più forte. E si mise alla ricerca. Trovò dapprima
un re potente e, ben contento, si mise al suo servizio.
Ma un giorno in presenza di un giocoliere che cantava una canzone
nella quale si nominava il diavolo, vide che il re, tutte le
volte che lo si nominava, si faceva il segno della croce. Cristoforo,
dubbioso e inquieto, chiese al re la spiegazione del suo comportamento.
Visto che questi tentennava, minacciò di andarsene. Allora
finalmente gli confidò: Quando sento nominare il
diavolo, mi faccio il segno della croce per togliergli ogni possibilità
di nuocermi. Cristoforo logicamente concluse che il diavolo
era più forte del re. Lo lasciò, e si mise alla
ricerca... del diavolo, per mettersi al suo servizio. Vista lubiquità
del soggetto, non dovette faticare molto in questa ricerca. Infatti
percorrendo una landa deserta vide venirgli incontro un personaggio
dallaspetto terribile che gli chiese: Dove vai e
chi cerchi?. Cristoforo gli rispose: Sto cercando
il signor Diavolo perché ho sentito dire che è
il più forte. E il diavolo, antico Maestro di menzogna,
gli rispose: Sono io quello che cerchi.
Ed ecco Cristoforo mettersi
al suo servizio: lo seguiva e gli obbediva docilmente. Un vero
discepolo.
Ma un giorno incontrarono una Croce e il diavolo cambiò
precipitosamente strada. La cosa non gli sfuggì: Che
significa questo? Perché eviti la Croce?. Il diavolo
fece finta di non capire e non rispose. Ma laltro continuò:
Si direbbe che tu ne abbia paura. Di nuovo silenzio.
Poi alla minaccia di abbandonarlo per sempre, il diavolo si vide
costretto a confessare quellunica debolezza
di aver paura davanti alla Croce da quando un certo Gesù
Cristo vi era morto sopra... Cristoforo logicamente concluse:
Allora se hai paura vuol dire che non sei tu il più
forte. Addio, camminerò fino a trovare questo Gesù
Cristo. E abbandonò il diavolo al suo destino.
Chiamati
ad essere traghettatori del prossimo
Di nuovo in cammino, di nuovo
alla ricerca del più forte. Dovè Gesù
Cristo chiese alla gente. Gli dissero: Vai da quelleremita
laggiù. Ti mostrerà Gesù Cristo. Andò
e lo trovò: era un povero eremita tutto capanna, penitenza
e preghiera. Che cosa devo fare per vedere Gesù
Cristo? gli chiese subito. Che domanda. Il povero eremita
era sì un santo ma non era esperto nel discernimento dello
spirito, non aveva avuto tempo di aggiornarsi. Ed inoltre non
conosceva il proverbio che dice che prima di conoscere una persona
bisogna consumare un paio di scarpe camminando insieme.
Digiunare.
Lo guardò perplesso: Digiunare? Non sono capace.
Insegnami un altro mezzo. Rispose: Per vedere Gesù
Cristo bisogna pregare molto. Cristoforo rispose: È
unaltra cosa che non posso fare perché non so cosa
significhi pregare. Leremita allora gli indicò
il fiume dicendogli: Nessuno può attraversarlo senza
pericolo di morte. Ebbene, mettiti sulla sua riva: la tua enorme
statura e la tua prodigiosa forza ti serviranno a trasportare
da una riva allaltra i viaggiatori. Faresti un servizio
che a Cristo sarebbe molto gradito. Allora potrai vederlo.
Soddisfatto
finalmente gli rispose: Questa è una cosa che posso
fare e, per servire Cristo, la farò. E fece proprio
così con impegno, giorno e notte, verso tutti senza discriminazione.
Ed era anche contento. Ma quando avrebbe visto Gesù Cristo?
Una notte sentì la voce
di un bambino che lo chiamava: Cristoforo, vieni, aiutami
ad
attraversare il fiume. Cristoforo uscì dalla sua
capanna ma non vide nessuno. E così fu una seconda volta.
Nessuno. Alla terza volta finalmente vide un bambino che lo pregava
di aiutarlo: Vieni e trasportami allaltra riva.
Cristoforo si caricò il bambino sulle spalle e cominciò
la traversata. Doveva essere una traversata molto semplice invece
tutto a poco a poco si complicò.
Il peso sulle spalle aumentava sempre di più, lacqua
saliva sempre di più: e lui, il gigante, per la prima
volta, credette di non farcela. Ma ci riuscì anche questa
volta.
Allora gli disse: Bambino
mio, Tu mi hai messo in un bel pericolo. Pesavi così tanto
come se avessi avuto il mondo intero sulle mie spalle.
E il bambino: Non meravigliarti, Cristoforo, tu hai portato
sulle tue spalle non solo il mondo intero, ma anche Colui che
lo ha creato. Io sono Gesù Cristo, il padrone che tu servi.
In segno della verità delle mie parole, pianta il tuo
bastone, vicino alla tua capanna: domattina, lo vedrai carico
di fiori e di frutti. E il bambino sparì. E lindomani
il suo bastone era una palma carica di datteri...
Come si vede è una storia
(con elementi di varie culture e influssi anche di stampo mitologico)
molto edificante che si presta ad innumerevoli applicazioni,
filosofiche, spirituali, catechistiche ed esistenziali.
Così commenta Ernest Hello:
Cristoforo
è un nome terribile. Fare il PortaCristo è qualcosa
fuori del comune; forse il mistero del nome contiene il mistero
della storia, in ciò che cè di più
nascosto. E ha ragione.
Il racconto appena riportato
è certamente una bella storia creata da Jacopo da Varazze
per giustificare il nome del martire Cristoforo del III secolo
(derivatio nominis) ma ha un enorme significato simbolico anche
per noi moderni.
Penso che si possa interpretare la vita di ogni uomo su questa
terra come un dovere di traghettare, di trasportare gli altri
da una riva allaltra, superando un qualche fiume
pericoloso.
I genitori
che decidono una nuova vita, non fanno che traghettare il loro
bambino dal regno del non essere a quello dellessere, della
vita. Poi saranno ancora loro che lo traghetteranno dalla riva
dellinfanzia a quella della fanciullezza, e poi ancora
essi a traghettare, in mille modi, il loro figlio o figlia allaltra
riva delladolescenza. Un traghettamento quanto mai difficile
quello del fiume adolescenza per definizione rischioso,
turbolento, difficile e talvolta deviante.
I figli a loro volta sono chiamati
a traghettare, col proprio amore e assistenza, i propri genitori
allaltra riva della loro vita. Accompagnarli
insomma fino al passaggio decisivo, a Dio. E noi
insegnanti che cosa facciamo quotidianamente se non cercare di
traghettare gli allievi allaltra riva della conoscenza,
aiutandoli a superare il fiume pericoloso dellignoranza?
O la categoria dei dottori, infermieri: non fanno lo stesso?
Anche chi guida un autobus, un treno, un taxi, un aereo... o
il cameriere in un ristorante non fa che trasportare altre persone
ad unaltra riva quella desiderata come bene
per loro. E così si può dire per tutte le professioni
utili alla società.