16 AGOSTO: SANTO STEFANO D'UNGHERIA (969-1038):
IN
TUTTO FATTI GUIDARE DALL'AMORE
Negli anni 2004-2005 nella
Unione Europea cè stato un lungo dibattito riguardante
le famose parole radici cristiane da inserire nel
preambolo della futura Costituzione allora in formazione. Alcuni
stati volevano semplicemente ricordare che nella formazione dellEuropa,
dal punto di vista culturale, politico, sociale e naturalmente
religioso, il cristianesimo aveva giocato un ruolo assolutamente
preponderante e qualitativamente
decisivo. Purtroppo non se ne fece niente. Nasceva così
una Costituzione che, poco coraggiosamente, non riconosceva esplicitamente
le proprie radici storiche e religiose che lavevano plasmato
e che gli avevano dato una peculiare identità rispetto
ad altri continenti o ad altri popoli. Eppure provate ad immaginare
la storia dellEuropa prescindendo dallapporto cristiano.
Non avrebbe più una sua identità precisa. Non sarebbe
lEuropa che noi conosciamo, in cui viviamo e di cui siamo
orgogliosi per il grande apporto che ha dato al progresso dellumanità
intera.
Questo mi sembra particolarmente
vero per la storia di una di queste nazioni europee, lUngheria,
recentemente entrata nellUnione Europea. Mentre la conversione
delle tribù magiare era già stata avviata negli
ultimi decenni del primo millennio, fu a partire dallanno
1000 quando il loro capo diventò primo re, con lassenso
del Papa di Roma, che si consolidò. Da quel momento, grazie
allopera lungimirante e alla santità cristiana della
sua guida, Stefano, la storia e lidentità politica
e culturale dellUngheria si salderanno con la presenza
del Cristianesimo e con il suo influsso sulla società,
fino ad oggi.
Una corona
donata dal Papa di Roma
Il popolo magiaro prima dellanno
1000 era uninsieme di tribù, che avevano abitato
le terre poste tra i monti Urali e il fiume Don, e sotto la guida
di Arpad avevano occupato la Pannonia. Si chiamavano On-Ogur,
(che significa Dieci Frecce), da cui derivò poi il nome
Ungheria. Per molti anni vissero di feroci razzie e di scorribande
sanguinose nella Germania del Sud e anche nel Nord Italia, fino
a che furono sconfitti nel 995 a Lechfeld in Baviera da Ottone
I (divenuto poi imperatore). In seguito li aiutò a trasformarsi
da feroci tribù guerriere in un popolo pacifico dedito
allagricoltura e alla pastorizia. E per opera di missionari
inviati dal vescovo di Passau (Baviera) arrivò insieme
anche il Cristianesimo. E grazie poi
allinteressamento del vescovo di Praga (Adalberto, santo)
nello stesso anno Istvan (o Stefano) a ventanni sposò
Gisella, principessa bavarese, sorella di Enrico II, duca di
Baviera (che diventerà poi imperatore e... santo). Gisella
era un donna non comune, per le qualità politiche e diplomatiche
e anche per le qualità morali e per la santità
(è infatti Beata). Sarà la sua ottima consigliera
e collaboratrice nel governo della giovane nazione.
Succeduto al padre nella guida
del popolo magiaro, a Stefano si aprivano varie possibilità
per il futuro. Prima ipotesi: accettare il rito latino, portato
e predicato da quei missionari, significava rivolgersi e appoggiarsi
allOccidente e alla sua civiltà (e a Roma per la
religione). Se invece optava per il rito greco avrebbe avuto
linflusso di Costantinopoli (la seconda Roma) e questo
non solo religiosamente. Oppure terza ipotesi, non scegliere
affatto, ritornando così gradualmente allo stile di vita
pagano. Prospettiva questultima che non dispiaceva a buona
parte del popolo e anche a gente di potere.
In un tempo in cui non era
ancora chiaro il concetto di potere temporale e potere spirituale,
e dei due principali titolari e cioè Imperatore e Papa
(una tappa di questa chiarificazione fu il famoso episodio di
Canossa, con Papa Gregorio VII) Stefano, anche per cercare alleati,
si rivolse al Papa di Roma. Con due obiettivi: avere da lui lapprovazione
del progetto di impiantare nel proprio paese la Chiesa Cattolica
e per ottenere, da lui, linvestitura a re dUngheria.
Silvestro II, accettò ambedue le cose e gli inviò
una corona reale molto bella e preziosa, sormontata da una croce.
Nella notte di Natale dellanno 1000, Stefano diventava
il primo re dUngheria, cingendo quella corona regale, dono
papale. Questo antichissimo diadema per gli Ungheresi è
simbolo della identità nazionale, della storia e della
cultura millenaria del loro regno, e insignito del titolo di
Sacra Corona, dal popolo è venerato come reliquia. Tale
profondo significato spirituale aiuti gli uomini della presente
generazione ad edificare, sul fondamento delle
istituzioni cristiane precedenti, un futuro pieno di significativi
valori (Giovanni Paolo II, per le celebrazioni del Millennio
Ungarico, Epistola Apostolica 25 luglio 2001).
Un re al
servizio del suo popolo
Non solo per Stefano, primo
re dUngheria, ma per tutte le persone che arrivano in alto
nella gerarchia sociale, il potere politico, militare, economico
(e talvolta anche religioso) che essi hanno in mano può
risultare una grossa tentazione per un uso egoistico e strumentale.
Insomma, il pericolo incombente per queste persone è servirsi
del potere per servire se stessi, il proprio bene e non usare
il potere per servire gli altri, il popolo, la collettività,
in una parola per il bene degli altri, quello generale o comune.
La storia ci dice che Stefano dUngheria superò molto
bene questa tentazione. Ha scritto infatti Giovanni Paolo II
nella succitata Epistola Apostolica: Stefano accettò
la corona non come onore, ma come servizio: pertanto in tutte
le circostanze cercò sempre il bene della comunità
a lui affidata, sia organizzando e difendendo il Regno, sia promulgando
nuovi decreti come anche curando lo sviluppo delle due culture,
quella umana e quella divina. Il re Stefano per nulla contaminato
dal fascino di vantaggi e successi propri, dopo aver superate
le lusinghe del suo tempo, trovò una viva sorgente attingendo
alla quale rinforzò lanimo per guidare il suo popolo
con un fedele servizio. Tale sorgente spirituale con indovinata
concisione viene sintetizzata da uno scrittore: Presentandosi
sempre come se si trovasse davanti al tribunale di Cristo, la
cui presenza contemplava con gli occhi interiori e un volto tale
d incutere rispetto, dimostrò di avere Cristo sulle labbra,
di portarlo nel cuore ed in tutte le azioni.
Fatto re, Stefano dovette vincere ancora alcune resistenze (ritorno
al paganesimo) allinterno del regno e dovette combattere.
La moglie Gisella invece metteva in atto lesperienza e
le preziose conoscenze per dare una solida configurazione politica
e religiosa al giovanissimo regno, sempre su sicure basi cristiane.
Uno dei suoi provvedimenti
contemplava la costruzione di almeno una chiesa ogni dieci villaggi.
Secondo gli storici inoltre a lui si attribuisce lorganizzazione
delle diocesi dellUngheria, ed anche la costruzione di
numerose abbazie. Invitò infatti monaci benedettini tedeschi,
francesi, italiani per aiutarlo a costruire ed istruire una nuova
classe dirigente (politica e religiosa) che seguisse i principi
della religione cristiana.
Per Stefano il bene comune
significava anche ascoltare le rimostranze dei propri sudditi:
e lui era a disposizione di tutti quelli che volevano parlargli,
specialmente poveri. Si è scritto anche che amasse distribuire
elemosine ai più bisognosi, e lo faceva travestito da
persona qualunque. Una volta mentre faceva questopera di
carità fu perfino derubato da un gruppo di banditi. Riuscì
a trattenere la propria indignazione e affrontò quella
disavventura, poco regale, con serenità e buon umore.
Sempre gli storici ci riferiscono
che Stefano non solo era un uomo meraviglioso nel governare,
ma, nonostante tutti gli impegni politici trovò il tempo
per la sua preghiera quotidiana. Non ci meraviglia quindi il
consiglio che egli scrisse al figlio Emerico (Beato): Losservanza
della preghiera è la più grande conquista della
salute reale... La preghiera continua è purificazione
e remissione dei peccati.
Unultima annotazione. Nella iconografia che lo riguarda
(tra le più ricche dellUngheria) qualche volta Stefano
viene rappresentato mentre tiene in mano la Sacra Corona e consacra
il suo Regno alla Madonna cioè alla grande Signora
degli Ungheresi. Questa è anche una delle spiegazioni
del culto mariano di questo popolo, che è mostrato come
una caratteristica nazionale.
I suoi ultimi anni furono difficili
e amari sia per motivi interni (la successione al trono, perché
il figlio Emerico era morto prematuramente) sia per una malattia
molto dolorosa. La sua luminosa parabola terrena si concluse
il 15 agosto del 1038, e nel 1083 Gregorio VII ne permise il
culto (e insieme a lui anche di tutti quelli che avevano contribuito
alla conversione dellUngheria alla fede cristiana). Ancora
oggi questo culto è molto forte ed il suo ricordo ha una
impronta popolare, e coincide con una festa nazionale. I suoi
resti mortali furono poi traslati nella capitale Budapest, in
una cappella dedicata alla Vergine Maria, Signora degli
Ungheresi.
MARIO SCUDU ***
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e altri 120 santi e sante e beati sono presenti nel volume di
:
MARIO SCUDU, Anche Dio
ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino
UN PROMEMORIA PER TUTTI
I POLITICI
In primo luogo questo ti consiglio,
ti raccomando e ti impongo, figlio carissimo: fa onore
alla corona regale, conserva la fede cattolica e apostolica con
tale diligenza e scrupolo, da essere di esempio a tutti quelli
che da Dio ti sono stati sottoposti, perché tutte le persone
dabbene giustamente ti indichino come un praticante autentico
del Vangelo. Senza di questo, sappilo per certo, non sarai cristiano,
né figlio della Chiesa. Nel palazzo reale dopo la fede
in Cristo, viene quella nella Chiesa, la quale, piantata dapprima
del nostro capo, Cristo, fu poi trapiantata e solidamente costruita
e diffusa per tutto il mondo dalle sue membra, ossia dagli apostoli
e dai santi padri...
Nel nostro regno però,
o figlio, carissimo, essa è ancora giovane, in quanto
nuova e annunziata da poco. Per questo ha bisogno di persone
che la custodiscano con maggior impegno e vigilanza, perché
quel bene, che la divina bontà ha elargito a noi, senza
alcuno nostro merito, non vada perduto e ridotto al nulla per
tua ignavia, pigrizia e negligenza.
Figlio mio carissimo, dolcezza
del mio cuore, speranza della mia futura discendenza, ti scongiuro
e ti comando di farti guidare in tutto e per tutto dallamore,
e di essere pieno di benevolenza, non solo verso i parenti e
i congiunti, siano essi principi condottieri, ricchi, vicini
o lontani, ma anche verso gli estranei e tutti quelli che vengono
da te.
Se praticherai
la carità, arriverai alla suprema beatitudine.
Sii misericordioso verso tutti gli oppressi. Abbi sempre presente
nel cuore il modello offerto dal Signore quando dice: Voglio
la misericordia, non il sacrificio (Mt 9,13).
Sii paziente con tutti, non solo con i potenti ma anche con i
deboli.
Sii forte, perché non ti inorgoglisca la prosperità,
né ti abbatta lavversità.
Sii anche umile, perché Dio ti esalti ora e in futuro.
Sii moderato e non punire o condannare alcuno oltre misura.
Sii mite, non voler metterti mai in opposizione con la giustizia.
Sii onesto, perché non abbia mai a procurare volutamente
disonore ad alcuno.
Sii casto, perché tu abbia ad evitare come spine di morte,
le sollecitazioni malvage.
Tutte queste cose, qui sopra elencate, danno splendore alla corona
regale, mentre, senza di esse, nessuno è in grado di regnare
come si conviene quaggiù, né di giungere al regno
eterno.
Da Esortazioni al Figlio, cap.
1.2,10
IMMAGINI:
1 La città di
Buda venne fondata dai romani nell89 d.C. Dal 106 fino
al IV sec. fu capitale della provincia romana della Pannonia
(Foto di Barbarina Scudu).
2 I resti di Stefano, primo re dUngheria,
sono custoditi nella Cappella della Vergine della Cattedrale
di Budapest.
3 Stefano riceve la sacra corona inviata
dal Papa Silvestro II per lincoronazione che, secondo la
tradizione, avvenne la notte di Natale dellanno 1000.
4 Miniatura del
1453 raffigurante i Santi Stefano ed Emerico, dalla matricola
degli studenti ungheresi delluniversità di Vienna.
5 Corona donata dal papa
di Roma Silvestro II
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2006 - 7
VISITA Nr.