18 SET. : S. GIUSEPPE
DA COPERTINO, patrono degli studenti
SE LI' C'E' DIO, ALLORA
VA BENE
Settembre. Tempo di tornare
a scuola, di ricordare che si è studenti e di riprendere
i libri in mano. Sono milioni i giovani italiani in questa condizione.
E i genitori e gli (noi) insegnanti sanno la spaventosa
fatica di rispolverare i libri. Forse molti studenti si
sentirebbero sollevati se sapessero che anche San Giuseppe da
Copertino faceva una faticaccia a stare sui libri, a ritenere
a memoria qualcosa di quello che aveva appena letto. Non soffriva
di allergia ai libri, infatti studiava molto,
ma non ricordava niente. Però è riuscito a farsi
santo, il che non è poco, e ad essere anche famoso, ad
avere grandi chiese a lui dedicate, e ad essere dichiarato patrono
degli studenti e protettore di Copertino (in Puglia, dove nacque)
e di Osimo (nelle Marche, dove morì, e dove riposa il
suo corpo).
Altro particolare: di lui si
è celebrato, in molte parti ma specialmente a Osimo il
quarto centenario della nascita. E questo si fa solo dei grandi
personaggi, benemeriti dellumanità.
Lanno scorso a settembre ricordavo Santa Caterina da Genova:
una donna bella, intelligente, di famiglia prestigiosa, con buone
risorse economiche, con grandi capacità umane e spirituali,
famosa non solo nella sua città. Del santo di questo mese
non possiamo dire altrettanto. Per molti versi diciamo che la
natura con lui fu matrigna. Giuseppe da Copertino ebbe problemi
seri di salute; non era dotato di grande intelligenza e difettava
di memoria, non possedeva capacità organizzative o ricchezze
familiari.
In compenso ebbe da Dio grandi
carismi o doni straordinari (dono dellestasi, di grande
discernimento delle coscienze, del buon consiglio, e anche profetici).
Ma è santo non per questi doni (che sono un regalo di
Dio) ma per la sua risposta quotidiana, durante tutta la vita,
a vivere le virtù del discepolo di Cristo. Giuseppe visse
di grande fede, di totale abbandono nelle mani di Dio (e della
Madonna di cui era devotissimo e che considerava la sua Mamma,
visto che quella terrena sembra non lo amasse molto), di pazienza
(ci può essere un santo senza questa virtù? Impossibile),
e di preghiera. Tutto fu vissuto in maniera eroica. Qui sta la
santità del Nostro, non tanto la fama (e i parecchi fastidi)
che gli diede già in vita la capacità di
volare (o santa acrobazia come qualcuno la chiamerebbe
oggi).
Custode
dellasino
Giuseppe Maria Desa nacque
a Copertino (Lecce) il 17 luglio 1603 in una famiglia rovinata
economicamente e indebitata. Sua madre infatti lo diede alla
luce in una stalla, per sfuggire ai creditori del marito. Da
bambino e da ragazzo andò poco a scuola perché
malatticcio, non solo ma sembrava anche inadatto ad ogni tipo
di studio e mestiere. Non era certo svogliato, ma i libri furono
per lui fin dallinizio un ostacolo insormontabile, quasi
un incubo. La volontà cera, ma la memoria non lassisteva,
le nozioni le leggeva ma poi queste, ribelli ad ogni cattura,
scivolavano via leggere come acqua su una pietra, divorate dalloblìo.
E non ricordava niente. Quante volte i suoi insegnanti, davanti
alle scene mute, scuotevano il capo sentenziando: E meglio
che vada a zappare.
Inutile dire che lappellativo
di asino affibbiato a Giuseppe non era pietosamente assente dalla
loro bocca. Nessuna offesa, anche lui chiamava se stesso fratello
Asino. Eppure, nonostante queste non brillanti premesse,
quel ragazzo si era messo in testa di diventare religioso e sacerdote,
dimenticando quanto la strada fosse lunga e lastricata di libri,
interrogazioni, esami e cose simili.
Per coronare questo suo desiderio bussò a varie porte
di conventi, che inesorabilmente dopo un po si chiudevano
sui suoi sogni ecclesiastici. Motivo? Manifesta incapacità.
In tutto. Quando gli tolsero il saio, lui stesso affermò
che sentì un dolore come gli fosse stata strappata la
pelle. Infine, venne accettato nel convento dei Minori Conventuali
della Grottella, non lontano da Copertino, questa volta non per
meriti suoi ma per la spinta di uno zio, che aveva potere nellOrdine.
In comunità non ci furono
lunghe sedute di discernimento sullincarico da dargli:
sapevano infatti che era un incapace. Faccia lo stalliere, vada
a custodire la mula del convento (ricordate Santa Bernardetta
quando entrò in convento? Siccome era una buona
a nulla, così la definì la superiora, ebbe
lincarico di pregare e di custodire lasino).
Giuseppe era felice, poteva finalmente realizzare il suo sogno.
E i libri, quei dannati libri, e gli esami con tutta la coreografia
di professori, giudizi e paure varie? Cerano sempre. Inesorabili.
Superati in maniera inspiegabile. Come per esempio allesame
del diaconato. Fra Giuseppe era riuscito a imparare bene la spiegazione
di un solo brano del Vangelo. Si presentò e gli fu chiesto
proprio quel passo evangelico. Lui sorrise e superò la
prova.
Allesame del sacerdozio
poi, Giuseppe era in fondo alla fila. Il vescovo esaminatore
incominciò la fatica, quando gli arrivò da Roma
un ordine di soprassedere. Ma, visti che i primi erano così
preparati, ammise tutti al sacerdozio, compreso il Nostro che
ancora tremava. Fra Giuseppe sorrise nuovamente. Sapeva che la
Madonna, che egli pregava spesso, si era schierata dalla sua
parte (con unalleata così potente...). E così,
nel 1628 diventava padre Giuseppe. Tutte le difficoltà
finite? Per niente. La sua vita spirituale cresceva sempre di
più, e così anche i fenomeni di estasi. Si poteva
dire che padre Giuseppe aveva i piedi per terra ma la testa in
cielo, in contemplazione.
Finché nel 1630 si ebbe
anche il primo volo (il termine tecnico è levitazione).
Aveva vinto la legge di gravità, era attirato con tutto
il corpo verso il cielo, e si sollevava da terra. Fenomeni visti,
scrutati, discussi da tanti testimoni. I suoi confratelli poi
che erano terra terra (altro che terra e cielo come lui) durante
una di queste levitazioni, gli misero una candela accesa sotto
i piedi... per richiamarlo al rispetto delle leggi della fisica.
Padre Giuseppe finita lesperienza mistica vedeva il tutto
e sorrideva esclamando: Guardate che cosa mi fanno i frati.
Semplici scherzi... da frati.
Accusato
di millantata santità
Ha scritto E. Hello: Le
incapacità di natura e gli assorbimenti soprannaturali
gli creavano una vita prodigiosa che pareva ridicola ai mediocri
di cui era circondato. Quelle intelligenze sveglie ma volgari,
gettavano chiaroveggenti sguardi sui difetti di Giuseppe, ma
restavano cieche sulla sua grandezza. Questi due criteri, completandosi
lun laltro, finirono per dichiararlo assolutamente
insopportabile. E qualcuno arrabbiato per non aver scoperto
il trucco (che cera ma si vedeva solo con gli
occhi della fede) e non trovando spiegazioni razionali gridò
allinganno. E padre Giuseppe e i suoi voli furono denunciati
al SantUffizio. Sentite laccusa: Millantata santità,
cioè di operare per virtù diabolica e non per santità
di vita. Pesante
come un macigno, che significava un altro esame, complicato,
come tutti e come sempre. Lavrebbe superato? Quei monsignori,
zelanti quanto scettici e inquisitivi quanto precisi, alla fine
si arresero allevidenza. Quel frate tanto chiacchierato
aveva una dottrina limpida e ortodossa, era di una semplicità
e umiltà tanto disarmante quanto evangelica. Di collusione
poi col Maligno
e delle tecniche di volo truccato nemmeno lombra. Si fecero
una bella risata e chiusero il caso.
Quel frate era limpido e trasparente
come lacqua di sorgente, tanto che, e questo non è
poco, anche il suo superiore generale si era... convertito. Sì,
proprio lui che in precedenza laveva definito quello
strano frate che mi procura un sacco di grattacapi. Una
volta lo portò con sé a Roma in udienza papale,
forse come risarcimento. Il Nostro in presenza del Papa, non
aveva visto solo luomo, ma il vicario di Cristo. Questo
gli bastò per librarsi subito in volo, davanti a tutti.
Non cerano trucchi di sorta. Non aveva forse detto Gesù
che bastava una fede grande quanto un minuscolo granellino di
senape per spostare le montagne? Padre Giuseppe aveva questa
fede: riusciva così a spostare se stesso in aria, in contemplazione,
più vicino a Dio.
Non cerano più
i soliti sospetti. Ma la gestione della presenza
di un frate con quelle prestazioni anormali creava
qualche difficoltà. Allora per sottrarlo alla curiosità
(quella malsana e superficiale) della gente, fu fatto peregrinare
da un convento allaltro. Infine fu mandato in ritiro
o se si preferisce in esilio ad Assisi. Anche qui però
lo raggiungeva gente di ogni tipo, dal contadino alla nobildonna,
dal soldato al principe, fino al duca tedesco e luterano. Gente
di ogni classe sociale, cultura e posizione ecclesiastica andava
da lui (perfino dei cardinali andarono a chiedergli consiglio!).
Poi nel 1653 arrivò
lordine da Roma: via da Assisi. Sembra che la motivazione
fosse suggerita dallo stesso Papa: Ad Assisi un santo,
San Francesco, bastava già. Finché nel 1656
fu mandato ad Osimo. Anche qui nel nuovo convento segregazione,
poco contatto con la gente e molta diffidenza e sofferenza.
Ma lui non perse mai la fede né la semplicità né
la serenità. Fino alla morte, che lui chiamava, lultimo
pellegrinaggio. Ormai alla fine, gli arrivò
la benedizione del Papa. Lui si alzò prontamente, e cadde
in ginocchio, affermando che non poteva riceverla a letto. Si
spense a 60 anni, il 18 settembre del 1663, nella sua stanza
circondato dai suoi confratelli che cantavano come aveva lui
stesso richiesto. Fu dichiarato santo nel 1767 da Clemente XIII.
Quando
per obbedienza doveva spostarsi da un convento allaltro,
lui prima di partire chiedeva sempre con semplicità: Ma
lì cè Dio?. E allaffermazione
positiva rispondeva: Allora va bene.
Dio era la priorità
assoluta di padre Giuseppe. Lo era stata durante la sua vita
e in tutte le sue scelte piccole e grandi, nelle molteplici sofferenze
e difficoltà. Aveva scoperto che la sua sicurezza era
solo in Dio, che Lui era la Grande Realtà Ultima, e a
Lui solo si era affidato totalmente. Tutte le altre cose contavano
sì, ma erano solo piccole realtà penultime.
MARIO SCUDU sdb ***
Quella è la
Mamma mia
San Giuseppe da Copertino ebbe
durante tutta la sua vita una spiccata, personale e originale
devozione alla Madonna. Ai pellegrini che andavano a venerare
la Madonna della Grottella (non lontano da Copertino) soleva
dire, quasi ammonendoli: La Madonna non vuole né fiori né
frutti, ma vuole i cuori. Non
tanto omaggi esteriori, ma la conversione del proprio cuore a
Dio e al Vangelo, tradotto in una vita virtuosa e onesta. E contro
il rischio che lui scorgeva di una devozione quasi esclusiva
o esageratamente centrata sulla Vergine Maria, soleva ripetere:
La Madonna
va amata insieme al Figlio, per ricordare che la grandezza
sua sta proprio nel suo legame col Figlio che porta in braccio.
Il Vaticano II, secoli dopo, scriverà: La Madonna
va contemplata nel mistero di Cristo e della Chiesa. In
altre parole, che la Madonna è (ha il suo essere, la sua
consistenza e grandezza) nellessere stata tutta relativa
a Cristo.
Quando, abbandonato alla volontà
di Dio, sentiva duramente la segregazione e lisolamento,
a cui era costretto per obbedienza, ripeteva: Vorrei
tornare alla Madonna della Grottella perché quella è
la Mamma mia.
Di lui si tramanda anche questa preghiera di consacrazione o
affidamento alla Madonna:
Maria,
io mi sono dato a te fin dalla nascita; durante tutti i giorni
della mia vita mi sono fatto tuo servo e a te sola ho dato le
chiavi dellanima mia. Nellora della mia morte, mostrati
vera Madre. Monstra te esse Matrem... Nessuno dubiti di essere
da te amato. Ognuno si accosti con fiducia al tuo trono di Madre
sicuro che in te troverà salvezza.
***
Santo confluito nel volume di :
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi
campioni, Elledici, Torino 2011
IMMAGINI:
1 San Giuseppe da Copertino patrono degli studenti
/
2 San Giuseppe da Copertino in uno dei suoi
'voli' spettacolari
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2003-8
VISITA Nr.