S. CATERINA DA GENOVA (1448-1510)
CURARE GLI INCURABILI
PER AMORE DI DIO

Tra i documenti che Giovanni Paolo II ci ha regalato fin’ora ce n’è stato uno che ha destato molto stupore, molta ammirazione e anche qualche non immotivato sospiro seguito dalle parole: “Era ora”. Sto parlando della Lettera alle Donne, del 1995. Leggiamo nella parte finale del n. 11: «In tale ampio spazio di servizio, la storia della Chiesa in questi due millenni, nonostante tanti condizionamenti, ha conosciuto veramente il “genio della donna”, avendo visto emergere nel suo seno donne di prima grandezza che hanno lasciato larga e benefica impronta di sé nel tempo. Penso alla lunga schiera di martiri, di sante, di mistiche insigni... E come non ricordare poi le tante donne che, spinte dalla fede, hanno dato vita ad iniziative di straordinaria rilevanza sociale a servizio specialmente dei più poveri?».

Le ultime parole sembrano scritte proprio per illustrare la vita e l’opera di santa Caterina da Genova, o “madonna Caterinetta” come affettuosamente veniva chiamata nella sua città. È stata una donna straordinaria non solo per la sua bellezza, ma specialmente per il coraggio dimostrato nel curare gli incurabili, i rifiuti della società genovese. Possiamo definirla una “santa sociale” usando una felice definizione data per alcuni santi della Torino del 1800. Caterina fu anche una grande mistica, arricchita da speciali rivelazioni da parte di Dio.


La situazione politico religiosa e sociale dell’Italia del fine ’400 e del ’500 non era una delle più felici. Dal punto di vista religioso si sentiva l’urgenza di una riforma della Chiesa, specialmente di una parte di essa, cioè del clero. Papi, cardinali e vescovi spesso erano più politici, mercanti o affaristi che pastori d’anime. Si stava preparando ed era già in arrivo il ciclone Lutero (1483-1546), che avrebbe cercato la riforma della Chiesa, a suo modo, lacerando profondamente la cristianità europea, fino alla nascita della Chiesa protestante. Il bisogno di riforma, Lutero lo aveva intuito giustamente. Anche Caterina voleva la riforma della Chiesa, ma cominciò dal basso, con la propria carità, la preghiera e l’eroismo dimostrato nel lavoro all’ospedale di Genova. Una riforma perseguita con la testimonianza e con la propria santità. Senza dividere la Chiesa.

Sono rimaste inoltre celebri le parole di Niccolò Machiavelli (1469-1527) segretario fiorentino “savio et prudente”, contemporaneo di Caterina che con notevole cattiveria (in parte non ingiustificata) scriveva: “Abbiamo dunque con la Chiesa e con i preti noi italiani questo primo obbligo: di essere diventati senza religione e cattivi. Ma ne abbiamo uno anche maggiore, il quale è la seconda ragione della rovina nostra: questo è che la Chiesa ha tenuto e tiene questa provincia divisa”. Machiavelli sognava già un’Italia unificata e unita, non più in balia dell’ultimo potente e prepotente straniero pronto a fare la sua “visita” non di cortesia in Italia.
In
questo caso, il prepotente di turno si chiamava Carlo VIII. Veniva dalla Francia (1495) e la triste eredità del passaggio del suo esercito in Italia fu, oltre ai soliti saccheggi, il cosiddetto “morbo gallico” (o sifilide), un male terribile, una vera epidemia, che fece strage specialmente tra le classi sociali povere, senza cure e assistenza. Morivano abbandonati per le strade ed i fossi, come animali. Fu proprio nel fronteggiare questo disastro sociale che emerse la grandezza morale e la santità di santa Caterina.

Caterina Fieschi mal maritata a Giuliano Adorno

Caterina nacque a Genova nel 1448 dalla nobile famiglia dei Fieschi. Era ancora una fanciulla ma sentiva molto forte l’attrattiva alla preghiera. Caterina per la sua avvenenza non passava inosservata, ma era anche intelligente, di carattere forte e facilmente impressionabile. Essendo di famiglia nobile ebbe la possibilità di essere istruita nelle lettere, ma non divenne una umanista. Più che l’amore ai classici sentiva l’attrazione verso i mistici. A tredici anni perciò chiese di entrare nel monastero, e diventare suora agostiniana.

Ma l’età, l’opposizione della famiglia e dei parenti lo impedirono. Avevano ben altri progetti sulla bella Caterina. Ci troviamo così davanti ad una sua falsa partenza. “C’è nella vita dei santi contemplativi, una serie di false partenze a noi assolutamente inintelligibili. Esitano, brancolano, si sbagliano, avanzano, indietreggiano, cambiano strada. Sembra che perdano tempo. Le vie insondabili per cui sono attratti sembrano di infinita lunghezza. Ci si chiede perché lo Spirito che le guida non indichi loro immediatamente la strada, corta e diritta, per il traguardo. Perché? La domanda è senza risposta?” (Ernest Hello). Almeno quaggiù e con la nostra logica aristotelica. Dopo, vedremo.

Caterina fu indotta a pronunciare il fatidico sì nel 1463. Aveva 16 anni. Era chiaramente un matrimonio “politico”, combinato, che curava gli interessi delle famiglie, dei Fieschi e Adorno. Non si pensava minimamente alla volontà ed alla felicità della ragazza. Lo sposo, un certo Giuliano, non era certo farina per fare ostie. Era un uomo violento, brutale, dissoluto, dissipatore delle ricchezze, senza freni e senza regole. Quanto basta. Altro che principe azzurro per Caterina. Un particolare: non aveva alcuna attenzione e rispetto per la moglie, anche se giovane e bella. Furono 5 anni di autentica sofferenza per lei. Passati in una desolante solitudine dentro una ricca, bella e grande casa.

Dopo questi anni, dietro suggerimento di alcune amiche, anche Caterina assaggiò un po’ la vita “mondana” della Genova bene. Scrisse un biografo: “Si diede alle cose del mondo, idest, a fare come le altre non però ne le cose de peccato”. Ma lei non era assolutamente come le altre, e nel profondo del suo cuore non voleva esserlo. Ed ecco la conversione totale, che avvenne il 22 marzo 1463, davanti al Cristo crocifisso. Aveva capito in un istante, per vie dirette dall’alto (come già san Paolo sulla via di Damasco) che “Dio è Amore”, e che questo Amore si era manifestato pienamente in Cristo, particolarmente nella sua passione e morte. Caterina ebbe così una di quelle estasi o rapimenti mistici che si ripeteranno anche in seguito. Primo effetto di questa conversione fu una... conversione, quella di Giuliano, il marito poco marito. Insieme e di comune accordo, lasciarono la loro grande casa e si ritirarono in una molto più modesta vicino all’ospedale di Pammatone. E sempre insieme, si diedero al servizio dei malati. Servizio che per lei durò più di 30 anni. Fu anche nominata, lei donna, rettore dell’ospedale, che ella amministrò non solo con slancio di amore ma anche con grande ed intelligente efficienza. Oggi diremmo che fu una intelligente donna manager. Lei era anche una donna mistica ma questo fatto non la alienava dalla realtà quotidiana e misera della condizione umana di quei poveracci. Particolarmente esemplare fu il suo impegno coraggioso e totale nel curare gli appestati del 1493 (vedi finestra).

Un fatto destò la meraviglia dello stesso Lutero in visita a Genova. Questi fu meravigliato perché: “Negli ospedali accorrono delle spose onestissime tutte velate; per alcuni giorni, quasi sconosciute, servono i poveri e poi tornano a casa”. Oggi si direbbe che facevano del volontariato per amore a Dio e al prossimo. Caterina quindi non era la sola a praticare con tanto eroismo l’amore al prossimo. Anche questo era un contributo alla rivitalizzazione della vita cristiana

Diede anche un altro importante contributo a questa auto riforma, dal basso, della Chiesa in senso evangelico. Dietro suo impulso, Ettore Vernazza, un laico notaio e umanista, fondò la Fraternità del Divino Amore, composta di clero e laici, tutti accomunati dall’unico fine di vivere dell’Amore di Dio e farlo conoscere nella testimonianza quotidiana, particolarmente verso i poveri e gli ammalati. Un’associazione che servirà da modello anche ad altre in seguito. La vita eroica e di servizio totale di Caterina non passava certo inosservata. Molte altre persone, attratte da lei, le chiedevano una guida spirituale per camminare nella via del Signore. E così nei convegni spirituali di Pammatone, Caterina effondeva in preziosi ammaestramenti quello che guidava il suo cuore e la sua azione: l’Amore di Dio. Le esperienze mistiche che aveva le traduceva, come poteva, in parole di sostegno spirituale agli altri.

I suoi insegnamenti ci sono stati trasmessi anche con due opere: Dialogo spirituale, una specie di autobiografia in cui descrive il proprio cammino spirituale, e il Trattato sul Purgatorio. Qui ci parla, con un linguaggio semplice della terribi-
le serietà delle sofferenze delle anime per purificarsi e prepararsi all’incontro con Dio. È l’Amore di Dio che sostiene queste anime, e la certezza di vederlo che le aiuta pur nel dolore. È un’opera di densa teologia, studiata e ammirata da vari esperti del settore. Questo le fece meritare il titolo di Dottoressa del Purgatorio.

Alla base del suo insegnamento spirituale, valido anche oggi, Caterina pone la lotta all’amor proprio. Dio deve essere amato per se stesso, non per i suoi doni e grazie. Ed il fine della vita spirituale è proprio arrivare ad amare Dio solo per... amore di Dio. Condizione indispensabile però è spogliarsi dell’amor proprio, che per Caterina, è il vero anticristo o antidio, perché può impadronirsi del cuore e della mente dell’uomo fino a diventare il vero motore del proprio pensare ed agire, escludendo così Dio dal proprio orizzonte di valori guida. Può anche arrivare ad accecare l’anima procurando “tanta oscurità tra Dio e noi”. A questa purificazione del nostro io cresciuto troppo a scapito di Dio servono le sofferenze che Dio stesso permette che abbiamo, in questa vita e nel Purgatorio. E Caterina di sofferenze ne ebbe veramente tante. Il suo io era completamente purificato nell’amore completo e totale di Dio, attraverso i servizi più umili ai malati.

Già verso la fine Caterina fu assalita da un misteriosa malattia, che la scienza del tempo non riusciva a capire. Lei rimase sempre serena e tranquilla, totalmente e fiduciosamente nelle mani di Dio. La morte d’altra parte non le faceva certo paura. E la morte “dolce e soave... e bella” arrivò il 15 settembre 1510. A 63 anni. Fu canonizzata nel 1737. E in seguito proclamata patrona e protettrice di Genova.

                                                                                             MARIO SCUDU ****


       Dagli Scritti di Santa Caterina:

O morte dolce, soave, preziosa, bella...

La morte nella nostra cultura post moderna è un vero tabù. Non se ne vuole parlare, perché tutti prima o poi vengono da lei sconfitti, costretti a lasciare questo mondo e la possibilità di goderlo. Alla base di questo c’è il pensiero che la vita quaggiù è da godere, e non c’è nessun altro valore superiore. Per san Paolo il valore supremo era Gesù Cristo, per questo desiderava la morte, e non ne aveva nessuna paura. Per santa Caterina, avendo già assaggiato qualcosa delle realtà di lassù, la morte era solo una separazione da esse.

“O morte dolce, soave, graziosa, bella, forte, ricca, degna…Ti trovo, morte, un solo difetto: che sei troppo avara a chi ti brama e troppo presta a chi ti fugge”.

Chiama Gesù

“Essendo nell’hospidal una donna gravemente inferma di febbre pestifera... Caterina spesso visitandola le diceva: «Chiama Gesù»...
E non potendosi contenere la basciò con grande affetto di cuore e per questo ne prese la febbre pestilenziale talmente che fu per morire et stete alquanti dì senza mangiare, et sanata che fu, ritornò al servicio dell’hospidal con gran cura et diligentia”.


*** Questo e altri 120 santi e sante sono confluiti nel volume:
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice ELLEDICI, 2011, pp.936

IMMAGINI:
1 S.Caterina assiste i malati incurabili, di G. B. Crespi . Collezioni privata. Genova
2 Estasi di santa Caterina di Domenico Piola, Chiesa di San Francesco, Bolzaneto. Genova
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2002-8
VISITA Nr.