SANT'IGNAZIO DA SANTHIA':
FRA IGNAZIO 'IL SANTO DEL MONTE'

Lorenzo Maurizio Belvisotti, nasce il 5 giugno 1686, quarto di sei figli di una agiata famiglia di Santhià nel vercellese. Ben presto perde il padre e viene educato da un parente sacerdote. Entra in Seminario a Vercelli e nel 1710 diventa sacerdote. Viene nominato canonico nella Collegiata di Santhià, istitutore presso una famiglia patrizia e poi parroco di Casanova, però rinuncia a tutto per diventare Cappuccino. Parla con il Padre Provinciale del Convento del Monte di Torino, fa il noviziato a Chieri e il 24 maggio del 1716 cambia la veste talare con il ruvido saio dei frati e diventa Padre Ignazio da Santhià.

Per tre anni vive nel nascondimento come sacrestano a Saluzzo e poi viene richiamato a Chieri come Maestro dei novizi. Nel 1723 ritorna a Torino alla Chiesa di Santa Maria del Monte per poi diventare Maestro nel Noviziato di Mondovì.
Dovette lasciare l’incarico per una grave malattia agli occhi (aveva chiesto al Signore la grazia di assumere lui quella malattia che aveva colpito un suo ex novizio missionario in Congo e che avrebbe compromesso l’attività missionaria; fra Bernardino da Vezza guarì e continuò la sua missione...).

In quei giorni (settembre 1744) le truppe di Carlo Emanuele III stavano avendo la peggio contro le armate franco-spagnole (Battaglia di Madonna dell’Olmo) e nei paesi dove si ritiravano lasciavano morti, feriti, epidemie... Il Sovrano fece appello ai Cappuccini per averli come assistenti più sanitari che spirituali nei vari ospedali da campo che si stavano allestendo.

Fra’ Ignazio, nonostante la menomazione della vista e la sua figura minuta, scende come volontario dal Monte e gira in continuazione tra i vari ospedali di Vinovo, Asti, Alessandria... “il padre Ignazio, si privava d’ogni riposo per passare notti intiere presso gl’infermi, per assisterli, confortarli e catechizzarli con un’umiltà grandissima...”.

Con la vittoria e la pace del 1747, cominciò finalmente per il Piemonte un periodo di pace e Fra’ Ignazio rientra al Monte per dedicarsi alla sua attività pastorale tra il convento e la città. Uomo di intensissima preghiera, predicatore instancabile degli esercizi spirituali, è il confessore ricercato non solo dal popolo ma anche da importanti personaggi come l’Arcivescovo di Torino, il Card. Roero; il Card. Amedeo delle Lanze, i Sovrani lo chiamano sovente a Palazzo; Marchesi, Conti, il rettore dei Gesuiti, la fondatrice delle Rosine ecc.

Ogni anno si recherà per un periodo di riposo e preghiera nel Convento della Madonna di Campagna e con l’occasione passerà abitualmente in Duomo ad onorare la Santa Sindone e alla Consolata, della quale è devotissimo, ad esporre alla “sua buona Mamma” i bisogni suoi e dei suoi protetti.
Muore nella sua cella al Monte il 2 settembre 1770 all’età di 84 anni e la sua salma riposa nella chiesa dove per oltre 25 anni aveva trascorso lunghe ore di preghiera e di adorazione.
Il processo di beatificazione, già sollecitato dal Re di Sardegna Vittorio Amedeo III, ha avuto dei ritardi causati dalla soppressione degli ordini religiosi (che colpirono anche i Cappuccini). Il Papa Paolo VI (che come Cardinale aveva pregato nel 1960 sulla sua tomba al Monte) lo dichiara beato il 17 aprile del 1966 e Papa Giovanni Paolo II lo dichiara santo il 19 maggio 2002.

Il Gruppo di Filatelia religiosa “Don P. Ceresa” l’ha ricordato con una mostra e un annullo postale presso la Parrocchia della Madonna di Campagna.
                                                                                         
Angelo Siro


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2005-9
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