Una vera schiera di personaggi
hanno fatto grande la Francia del 1600. Ne ricordiamo alcuni.
Per la letteratura Corneille e Molière (ed il suo Malato
immaginario rappresentato ancora oggi), per la filosofia
Cartesio ed il suo famoso Penso, dunque sono e Pascal
(importante anche per la scienza) con la sua celebre definizione
delluomo come canna pensante.
Per la politica è il secolo del Richelieu e del Mazzarino
e delle loro innumerevoli trame di potere.
E per la storia della Chiesa? Anche qui abbiamo figure di primo
piano. Ecco alcuni nomi: il card. Pierre de Bérulle (uno
dei più eminenti riformatori della Chiesa in Francia assieme
a San Giovanni Eudes), il grande predicatore Jacques Bossuet
(famosa la sua frase: Dio scrive dritto anche sulle righe
storte degli uomini),
San Francesco di Sales (francese solamente di cultura, ma savoiardo
di origine e quindi legato molto ai Savoia che avevano già
la loro capitale a Torino). Ed ultimo, buon ultimo come si dice,
San Vincenzo de Paoli. È questultimo la figura
più luminosa e più esaltante della chiesa francese
del 1600, santo infaticabile della carità anzi vero genio
della carità, che ha saputo infondere il suo carisma in
tanti figli (Preti della Missione o Lazzaristi) e in tantissime
Figlie (Figlie della Carità) non solo in quel secolo ma
anche oggi.
Personalità dotata di
una intelligenza veramente geniale e concreta, è il santo
che seppe far uscire allaria aperta la spiritualità
francese, prigioniera di troppa teoria, facendola camminare sulle
strade del mondo e facendola entrare nelle stanze degli ospedali
e nelle case di tante povere famiglie impoverite e abbrutite
dalle molte guerre.
La stessa intuizione di gettare
le sue Figlie nel mondo a fare apostolato pratico (non solo apostolato
della preghiera e della penitenza nelle ristrette mura del convento,
come si usava fino ad allora per le monache) ha dellincredibile
e del rivoluzionario, e se vogliamo anche della santa audacia
(o del soffio dello Spirito Santo). San Vincenzo voleva le sue
Figlie tutte contemplative nellazione come
si direbbe oggi.
Unattività, la
sua, che ha dellincredibile, per quantità e per
qualità, tanto che molte forme di assistenza e di intervento
sociale che la Chiesa ha continuato in seguito hanno avuto in
San Vincenzo de Paoli non solo un iniziatore e precursore
ma anche un geniale maestro. Fu anche il fondatore delle Carità
che costituiscono una presenza imponente nel mondo. A lui sono
ispirate e in lui hanno un punto di riferimento la famose e ancora
oggi molto attive Conferenze di San Vincenzo, fondate dal Beato
Federico Ozanam (1813-1853), che costituiscono una grande presenza
caritativa, fatta da laici volenterosi, presenti in tutto il
mondo.
Da pastore
di gregge a pastore di anime
Vincenzo de Paoli (o
De Paul) è nato in Francia, a Pouy (vicino ai Pirenei)
nel 1581, da genitori contadini. Visse i suoi primi anni in ambiente
rurale e fece anche per un po di tempo il pastore. Allora
una delle vie per la promozione sociale era lo stato ecclesiastico,
e fu per questo che i genitori lo orientarono ad esso. Studiò
presso i Francescani, e poi iniziò i corsi alluniversità
di Tolosa. Diventò sacerdote nel 1600. Quattro anni dopo
ottenne il baccellierato in teologia. In quegli anni la massima
aspirazione di Vincenzo era terrena, molto terrena, cioè
quella di sistemarsi bene economicamente ed avere
un ricco beneficio, desiderio non estraneo allora a molti del
clero. Era, in questa prima fase della vita, di natura ambizioso
e potremmo aggiungere di orientamento carrieristico.
Arrivato a Parigi nel 1608
ottenne la carica di elemosiniere della regina Margherita di
Valois. Sembrava sistemato, ma la Provvidenza lo fece incontrare
con il Card. De Bérulle: questi lo introdusse nei circoli
della riforma della Chiesa in Francia e gli comunicò una
forte tensione ideale e spirituale. Vincenzo stava cambiando
velocemente. E subito si videro i frutti.
Ottenne infatti una parrocchia
nella periferia di Parigi: fu proprio qui che lavorando e aiutando
i suoi parrocchiani poveri e semplici Vincenzo conobbe finalmente
la felicità. Scrisse: Neppure il Papa è felice
come me!. Ma poco tempo dopo sempre il Card. De Bérulle
gli consigliò di assumere le funzioni di cappellano della
famiglia di Filippo Emanuele De Gondi, personaggio ricco e influente,
discendente da antichi banchieri italiani venuti in Francia al
seguito dei Medici. Filippo Emanuele comandava la flotta del
regno in qualità di generale delle galere. Sua moglie
inoltre era una donna di alto profilo spirituale che influì
positivamente su Vincenzo.
Aveva ormai raggiunto unottima
sistemazione economica e di prestigio, ma non si sentiva completamente
a suo agio... e felice, come quando istruiva i suoi poveri parrocchiani.
E fuggì, segretamente, divenendo di nuovo parroco in una
parrocchia povera, presso Lione.
La nuova esperienza non durò a lungo ma, per quello che
gli capitò, sufficiente ad aprirgli nuovi orizzonti. Quello
che lui nel profondo del cuore cercava era il servizio ai poveri.
Ecco lepisodio fondamentale e provvidenziale. Stava per
celebrare la Messa quando gli riferirono che in parrocchia cera
un famiglia, che stava morendo perché nella più
assoluta miseria. Ne informò anche la gente. Sembrava
una di quelle tante informazioni o avvisi che si dicono dopo
Messa. Presto dimenticati. Ma non fu così.
Finito anche il Vespro si recò,
insieme ad un borghese del paese, un bravuomo, a far visita
a quella famiglia. E con sua meraviglia vide che molte signore
stavano già tornando indietro,
dopo aver prestato laiuto. Vincenzo si commosse. Ma non
solo. Pensò che la carità doveva essere organizzata,
e, soprattutto, non essere solamente la spinta di un giorno,
lasciando i poveri di nuovo soli dopo. Con lorganizzazione
di quelle signore volenterose nacquero in Francia le Carità.
Lavorare
sudando per Dio
Vincenzo si impegnò
a combattere le due povertà che vedeva attorno a sé:
quella spirituale e quella materiale.
Ed ecco le due grandi fondazioni: nel 1625 fondò la Congregazione
della Missione (aiutato generosamente dai De Gondi) per listruzione
della popolazione rurale mediante le missioni popolari.
Ma cera ignoranza anche tra il clero e non poca. Ed ecco
allora che Vincenzo organizzò ritiri per gli ordinandi
sacerdoti, che ben presto diventarono lunghi periodi di preparazione
(veri seminari di istruzione).
Nel 1633 arrivarono le Figlie
della Carità. Fu aiutato in questa fondazione da Luisa
de Marillac (santa). Una congregazione veramente nuova per quei
tempi, che considerava lattività apostolica inadatta
per le donne perché le avrebbe esposte ad un eccessivo
contatto potenzialmente pericoloso col mondo. Queste suore hanno
continuato la loro opera preziosissima per i poveri lungo i secoli
fino ad oggi.
Vincenzo (lo chiamavano Monsieur Vincent) ormai era un personaggio
famoso, consultato da re e regine, da semplici funzionari e da
ministri, da ricchi e poveri. Era ben voluto e stimato, ricercato
per consigli spirituali, ma anche come consulente per risolvere,
a livello politico, problemi dei poveri, degli emarginati che
non mancavano e non mancano mai in ogni società. Proprio
per questa prodigiosa attività per ogni tipo di disagio
e disagiati sociali meritò, ancora vivente, il nome di
Padre della patria.
Era spesso convocato a corte
e assistette sul letto di morte il re Luigi XIII (1643), detto
il Re Giusto. Qui a corte conobbe ed ebbe da fare anche con il
famoso Richelieu (cardinale), riuscendo a mettere una
buona parola anche nella nomina dei nuovi vescovi. Vincenzo i
pastori delle diocesi li voleva spiritualmente preparati e degni
dellincarico, non impastoiati o frequentatori delle stanze
del potere. La sua carriera politica presso la corte
però finì quando cadde in urto con il Mazzarino,
altro politico con tanto potere, come il Richelieu.
Sul versante ecclesiastico
bisogna ricordare che conobbe personalmente anche Francesco di
Sales. Al grande vescovo di Ginevra Vincenzo è debitore
di almeno tre temi che formano lossatura della spiritualità
vincenziana: la chiamata alla santità di tutti, uomini
e donne, dotti o ignoranti; per la concezione e la metodologia
della meditazione ed infine per la preoccupazione di rendere
lamore di Dio non solo affettivo ma anche effettivo, da
tradurre cioè in opere quotidiane concrete.
Grandi consolazioni spirituali
Vincenzo le ebbe con le missioni al popolo, fatte con i suoi
Figli spirituali. Si trattava di un nuovo stile di azione pastorale:
per 15 giorni si predicava in una parrocchia, annunciando la
Parola di Dio a tutti, istruendo così il popolo di Dio.
Vincenzo diceva: Io facevo dappertutto la stessa predica
che voltavo e giravo in mille modi: la predica del timore di
Dio.... Vincenzo e i suoi Figli preparavano il terreno
e gettavano con dedizione la Parola. E quel seme cresceva benedetto
da Dio con tante conversioni anche commoventi. Si lavorava, si
sudava, si soffriva la fame e le difficoltà per Dio: questo
era il modo con cui Vincenzo mostrava e dimostrava a tutti di
amarlo. Diceva: Non mi basta amare Dio se il mio prossimo
non lo ama.
Naturalmente tutta questa attività
era sostenuta da una intensa preghiera incentrata soprattutto
sul mistero di Cristo sofferente, da consolare e da curare operativamente
nei poveri. Cristo e i poveri da aiutare per amore di Cristo:
questi due erano i grandi punti fermi della spiritualità
e dellazione apostolica di San Vincenzo de Paoli.
Validi ancora oggi. Morì nel 1660 proprio invocando Cristo
con le sue ultime parole: È Gesù.
MARIO SCUDU sdb ****
Amare Dio lavorando per lui
Amiamo Dio, fratelli, amiamo
Dio, ma a spese delle nostre braccia, con il sudore della nostra
fronte.
Perché molto spesso
tanti atti di amore di Dio, di compiacenza, di benevolenza e
altri simili affetti e pratiche intime di un cuore tenero, sebbene
buonissime e desiderabilissime, sono non di meno sospette, quando
non giungono alla pratica dellamore effettivo...
Molti si lusingano con la loro
immaginazione eccitata, si contentano delle soavi conversazioni
che hanno con Dio nellorazione, ne parlano anzi come angeli.
Ma usciti di lì, se
si tratta di lavorare per Dio, di soffrire, di mortificarsi,
di istruire i poveri, di andare a cercare la pecorella smarrita,
di essere lieti se sono privi di qualcosa, di accettare le malattie
o qualche altra disgrazia ahimè, non cè più
Pensieri di San Vincenzo
de Paoli
1 Lasciare Dio per Dio (ovvero lasciare
la preghiera per andare a fare
unopera di carità urgente).
2 Non mi basta amare Dio se il mio prossimo
non lo ama.
3 Le opere di Dio non si fanno quando
lo desideriamo noi, ma quando piace a Lui. Non bisogna saltare
davanti alla Provvidenza.
4 Quando sarete vuoti di voi stessi,
allora Dio vi riempirà.
5 Io facevo dappertutto una sola predica
che voltavo e giravo in mille modi: la predica del timore di
Dio..., e Dio intanto faceva quello che aveva previsto da tutta
leternità: benediceva il nostro lavoro.
6 Bisogna essere come i raggi del sole
che si posano continuamente sopra limmondizia e nonostante
questo non si sporcano (così diceva alla sue Suore).
7 Il fine principale per il quale Dio
ci ha chiamati è per amare Nostro Signore Gesù
Cristo.
8 Bisogna santificare queste occupazioni
cercandovi Dio e compierle per trovare lui, piuttosto che per
vederle fatte.
9 È Gesù
(le ultime parole prima di morire).
10 Ti accorgerai presto che la
carità è un fardello pesante... Ma tu conserverai
la tua dolcezza ed il tuo sorriso. Non è tutto dare il
brodo e il pane. Questo lo possono fare anche i ricchi...
(consiglio di San Vincenzo
ad una sua Figlia, tratto dal film Monsieur Vincent).