17 SETT. SANTA ILDEGARDA DI BINGEN (1098-1179)
CONOSCI LE VIE
NELLE QUALI DIO TI VIENE INCONTRO

“La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del «genio femminile» apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e a tutte le nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità; ringrazia per tutti i frutti di santità femminile” (Giovanni Paolo II, Mulieris Dignitatem).

Tra queste donne singolari da ringraziare c’è senza dubbio Santa Ildegarda di Bingen, vissuta nella Germania del XII secolo. Una figura di donna e di santa dalla personalità straordinaria.
Tre anni fa si è celebrato il nono centenario della sua nascita. Una celebrazione che ha suscitato molta curiosità, che ha portato a nuovi studi su questa santa chiamata anche la “profetessa del Reno”. Ildegarda è anche la prima santa per la cui documentazione mi sono servito di Internet. Ho ceduto, devo ammetterlo senza alcuna resistenza, sia alla moda e sia alla curiosità. Volevo testare sulla Rete l’attualità della Santa. Col motore di ricerca Janas di “Tiscali.it” ho provato la sezione italiana. Sorpresa: segnalava la presenza di ben 82 pagine. Poi mi sono rivolto a “Tiscali.de” (sezione tedesca). Pensavo: “Ildegarda «gioca» in casa quindi...”. La risposta rapida di Janas: 816 pagine su di lei, con 21 siti correlati, in tedesco e in inglese. Conclusione: Ildegarda ed il suo messaggio sono sì frutto del passato, ma non sono ancora sor-passati. Eccone la figura ed il messaggio.

“Oh tu, fragile creatura ... parla e scrivi ciò che vedi”

Ildegarda nacque nei pressi di Alzey (a circa 30 km da Magonza) da Matilde e Idelberto di Bermersheim. Era di famiglia nobile. Due particolarità si notarono subito nella bambina Ildegarda: era di intelligenza pronta ed acuta ma anche di salute fragile. La sua vita fu segnata da visioni celesti che cominciarono all’età di 5 anni come lei stessa raccontò:

“Nel mio quinto anno di vita vidi una luce così grande che la mia anima ne fu scossa però, per la mia tenera età, non potei parlarne...”.

All’età di otto anni fu affidata alla maestra Jutta, una giovane donna di famiglia nobile appena ritiratasi nel monastero benedettino di Disibodenberg. Il secondo maestro fu il monaco Volmar, assistente spirituale della clausura ed in seguito suo primo segretario. Giunta all’adolescenza Ildegarda decise liberamente di entrare nell’ordine, e ponendo così la sua vita al totale servizio di Dio.

Per trent’anni non si verificò niente di straordinario, mentre Jutta scopriva, piena di meraviglia che la sua allieva Ildegarda era diventata a sua volta maestra. E così quando ella morì le monache la elessero loro badessa. Seguirono cinque anni di ordinaria amministrazione poi a 42 anni la svolta decisiva. Sentì la voce di Dio che le diceva:

“Manifesta le meraviglie che apprendi ... Oh tu fragile creatura ... parla e scrivi ciò che vedi e senti...”.

Un particolare: più lei resisteva alla Voce, più aumentavano le sofferenze. Finalmente, dietro consiglio di Volmar, cominciò a scrivere. E anche le forze ritornarono. Il primo frutto fu l’opera “Scivias” (Conosci le vie). In 35 visioni c’è tutta la storia della salvezza. È un invito pressante a

“conoscere le vie, a prestare attenzione, a guardare, scrutare, discernere le vie divine, i percorsi, rettilinei o contorti, le circostanze belle o brutte nelle quali Dio ci viene incontro. Tutte le vie portano ad un’unica meta, pertanto in ogni circostanza si può desiderare Dio e conoscerlo”.


La sua fama intanto cresceva sempre di più, fino ad arrivare alle orecchie del papa Eugenio III che nel 1147 aveva convocato un sinodo generale della Chiesa a Treviri. Il papa inviò una delegazione ad incontrare e interrogare Ildegarda. Il test fu superato brillantemente e gli “esaminatori” ritornarono contenti. Al sinodo intervenne anche Bernardo (San) il famoso abate di Chiaravalle, che chiese al papa di non permettere che una luce così luminosa fosse coperta dal silenzio. Eugenio la incoraggiò a scrivere. Uno dei frutti della sua fama (e santità) fu il grande numero di ragazze nobili che bussavano alla porta del suo monastero. Anche per questo, non senza difficoltà, riuscì a fondarne un altro vicino a Bingen.

Possiamo dire che Ildegarda era una monaca atipica. Non era tutta casa (monastero) e chiesa; non era una donna segregata dal mondo tutta incentrata su Dio. Viveva profondamente delle vicende del suo tempo. La sua fama infatti arrivò fino a... Federico Barbarossa (sì l’imperatore che ebbe molto da fare anche in Italia). Ildegarda ebbe buoni rapporti con lui fin dal 1154. Questo però non le impedì in seguito di prendere posizione decisa contro di lui a favore del papa legittimo Alessandro III e contro quelli illegittimi “eletti” da lui. Ildegarda gli scrisse contro parole di fuoco: “Colui che è dice: la ribellione Io la distruggo... Guai, guai alle male azioni dei sacrileghi che mi disprezzano”. L’imperatore non rispose, non si vendicò, ma interruppe il legame. (Alla “distruzione” del Barbarossa contribuì anche la sconfitta che subì a Legnano nel 1176 per opera di una coalizione di città del nord Italia).

Ildegarda intraprese anche quattro grandi viaggi di predicazione pur essendo non più giovane e malaticcia. Predicò, tra le città tedesche, anche a Treviri e a Colonia. Questo era possibile perché godeva di una grandissima autorità spirituale che le permetteva di parlare con decisione e talvolta con durezza e senza paura. È rimasta famosa (infatti fu tramandata) la predica di Treviri nella Pentecoste 1160:

“Io povera creatura, a cui mancano salute, vigore, forza e istruzione, ho udito nella luce misteriosa del vero volto le seguenti parole per il clero di Treviri: i doctores e i magistri non vogliono più dar fiato alla tromba della giustizia, perciò è scomparsa in loro l’aurora delle buone opere...”.

Anche a Colonia fu molto dura con il clero:

“Per la vostra disgustosa ricchezza ed avidità, nonché per altre vanità non istruite i vostri fedeli”.

Fu altrettanto decisa contro gli eretici detti Catari.
La sua fama era grande, l’attività incessante e le malattie tante. Tuttavia Ildegarda aveva l’intelligenza (e la santità) di fare anche della auto ironia: “Perché non insuperbisca Dio mi ha costretta a letto”.

Messaggio antropologico ed... ecologico

Varie furono le sue opere. Ho già detto della prima “Scivias”. La seconda fu il “Libro dei meriti della vita” in cui tratta del grande tema dell’armonia tra legge di Dio e volontà dell’uomo. Nell’opera “Libro delle opere divine” riprende l’immagine dell’uomo posto in una struttura complessa di rapporti fra microcosmo e macrocosmo. Scrisse anche opere nel campo medico-scientifico che hanno recentemente destato interesse tra gli studiosi.

È interessante notare come le sue visioni sono originali, contenenti straordinarie figurazioni intellettuali e immaginifiche, sviluppate sulla base dell’immaginario collettivo del Medio Evo: vi sono presenti elementi naturalistici e astrologici ereditati dall’antichità pre-cristiana. Dio parlava ad Ildegarda, come già ai profeti dell’Antico Testamento, dall’interno della sua cultura.

All’uomo d’oggi Ildegarda dice di non fare di se stesso un idolo, sacrificando ad esso tutto. La sua grande battaglia fu contro l’autonomia umana idolatrata, contro l’uomo centrato su di sé e pieno di sé, contro l’uomo che parla con empietà proclamando: “Non voglio ubbidire né a Dio né a qualsiasi uomo”.
E qui c’è anche un messaggio ecologico per l’uomo moderno. È di bruciante attualità. Tante volte ci si lamenta dell’inquinamento delle acque e dell’aria delle nostre grandi città. La qualità della vita sembra sempre più in pericolo, dovuto ad uno sviluppo selvaggio (non sostenibile) sprezzante dell’ambiente. Una volta rovinato esso si ritorce contro l’uomo stesso (pensiamo all’effetto serra e simili).

Per Ildegarda è quest’uomo senza rispetto né per Dio né per l’ambiente che causa il lamento terribile di tutta la creazione:

“E udii – ha scritto la santa – come gli elementi si volsero a quell’uomo con un urlo selvaggio. E gridavano: «Non riusciamo più a correre e a portare a termine la nostra corsa come disposto dal Maestro. Perché gli uomini con le loro cattive azioni ci rivoltano sottosopra come in una macina. Puzziamo già come peste e ci struggiamo per fame di giustizia»”.

È un invito pressante al rispetto della natura. A tutti raccomanda di rispettarla e ascoltarla, perché è Dio stesso che ci parla attraverso di essa. Anche la natura infatti può essere una delle vie per conoscere il suo Amore e arrivare a Lui. Questo il messaggio di Ildegarda. Accogliamolo.

                                                                                              MARIO SCUDU sdb ***


IO INVISIBILE VITA TRASFORMO TUTTO IN VITA

In questo passo stupendo Ildegarda riferisce le parole pronunciate da Cristo in una visione:

“Io, suprema forza di fuoco che accese ogni scintilla di vita, da cui nulla uscì di mortale, io decido di tutto ciò che è. Al cerchio dell’universo con le mie ali, cioè volandogli intorno con la mia sapienza, ho dato il giusto ordine.

E di nuovo io, infiammata vita del divino essere originario, scintillo sulla bellezza dei terreni dei campi, brillo nelle acque, ardo nel sole, nella luna, nelle stelle.

Con un soffio di vento, invisibile vita che dona pienezza, tutto trasformo in vita... Dunque io sono la forza di fuoco che segretamente riposa in tutto questo, tutto arde grazie a me, come il respiro tiene incessantemente in vita l’uomo e come nel fuoco si leva una fiamma accesa...”.


IMMAGINE:
1
Santa Ildegarda di Bingen, statua nella cattedrale di Francoforte /
2 Tramonto - (Foto di Barbarina SCUDU, per gentile concessione)
*** Questo ed altri 120 santi sono confluiti nel volume di:
       
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Elledici, 2011

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2001-8
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