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29 ottobre: BEATA CHIARA LUCE BADANO
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B. Chiara Luce Badano (1971-1990), adolescente del Movimento dei Focolari ***

Come diventare un capolavoro di Dio

Non sono pochi i punti di somiglianza tra la monaca carmelitana cilena S. Teresa de Los Andes (1900-1920) e l'adolescente italiana B. Chiara Luce Badano (1971-1990). Ambedue vissute nel secolo scorso, quindi non nel lontano Medio Evo, a noi distante di secoli ma anche di mentalità: per questo possiamo meglio sentirle come 'nostre' contemporanee con le quali è più facile mettersi in sintonia spirituale.
Ambedue sono morte giovani, all'età di diciannove anni appena. Non molti certamente ma per loro sufficienti per raggiungere la santità già certificata dalla Chiesa che le ha elevate all'onore degli altari (Teresa santa nel 1993, Chiara Luce beata nel 2010) e le ha così mostrate come luminosi modelli di vita spirituale specialmente per i giovani.
Ambedue queste nostre sorelle sono morte a causa di una grave malattia: Teresa di tifo per una diagnosi trascurata, Chiara Luce invece, nonostante tutte le cure moderne, di un tumore dei più maligni e implacabili cioè l'osteosarcoma. C'è anche un somiglianza bella e significativa: Teresa e Chiara Luce hanno vissuto il loro rapporto spirituale totale con Gesù Cristo sotto una luce speciale (peraltro non nuova nella storia della Chiesa), e cioè quella sponsale delle nozze mistiche. Teresa è morta esclamando forte: "E' lo Sposo". Chiara Luce prima di morire diceva "E' lo Sposo che viene a trovarmi" e, con la sua amica del cuore, scelse il vestito da sposa… con il quale lei voleva presentarsi davanti al suo Signore Gesù per il sì definitivo.
C'è una cosa che non hanno in comune ma che nello stesso tempo ci mostra come non solo le vie del Signore per arrivare a noi, poveri mortali e peccatori, sono infinite, ma anche quelle per arrivare a lui, nella santità. Teresa ancora adolescente coltivò l'ideale carmelitano, che realizzò solo alla fine, mentre Chiara Luce fin da fanciulla conobbe il Movimento dei Focolari, fondato da una donna carismatica come Chiara Lubich (1920-2008), con la quale fu in corrispondenza, ricevendo da lei (verso la fine della vita) il nome di Luce, da aggiungere e completare quello di Chiara. Scelta di vita diverse, aggregazioni ecclesiali diverse, uguale vita santa, perché uguale era il Cristo Gesù, il loro Sposo, che ambedue amavano e per il quale vissero come vere innamorate.
Queste due ragazze sante non possono, con la loro vita spirituale coraggiosa, che essere uno stimolo per tanti giovani alla ricerca di modelli in cui identificarsi. Chiara Luce poco tempo prima della morte scrisse: "I giovani sono il futuro. Io non posso più correre, però vorrei passare loro la fiaccola come alle Olimpiadi. I giovani hanno una vita sola e vale la pena di spenderla bene!". Parole che riecheggiano quelle scritte proprio da Chiara Lubich anni prima: "E' unica la vita dell'uomo; converrebbe per ognuno rimetterla in mano a Colui che gliel'ha data: questo sarebbe, nell'uomo ragionevole e libero, il più grande atto d'intelligenza ed il modo di mantenere ed estendere su piano divino la propria libertà…" (da Scritti Spirituali, vol.1, Città Nuova, pag. 62).
E tanti giovani, non solo del suo Movimento, hanno raccolto l'invito e preso in mano la sua fiaccola. Al suo funerale, o meglio nel giorno di festa delle sue nozze con il divino Sposo, erano varie centinaia i giovani presenti, attratti proprio dalla sua vita e dal suo messaggio. E da quel giorno, il 7 ottobre 1990, la sua tomba è diventato meta di pellegrinaggio, e la sua fama ha varcato il suo paese, Sassello (Savona) nell'entroterra della Liguria, e, grazie al Movimento a cui lei apparteneva, Chiara Luce è ormai conosciuta e amata da tanti giovani nel mondo.

"Il santo è una parola di Dio detta a quell'epoca"

Ancora la fondatrice del Movimento dei Focolari: "Nei santi, nelle epoche più varie, nelle personalità più diverse, nei luoghi e costumi più disparati, è sempre Cristo che torna in mezzo al suo popolo a riportargli un'eco delle sue parole. Quando il mondo smarrito, stonato, batte false strade per trovare soluzioni ai suoi problemi e forza nel lottare contro le avversità…il Signore gli dona il santo, che canta nel concerto dell'umanità la sua nota…. Il santo è una parola di Dio detta a quell'epoca…" (Scritti Spirituali, I, pag. 199). Quindi dobbiamo accogliere e ringraziare Dio per il dono di Chiara Luce alla Chiesa e in particolare ai giovani di questo nostro mondo tormentato e complesso, ricco di tecnologia ma povero di ideali grandi, che facilita le cose sul lato fisico e strumentale ma nello stesso tempo non si preoccupa dell'aspetto spirituale e trascendente della vita. E' stata donata da Dio proprio a questa nostra epoca, per risvegliarci e camminare verso di Lui.
Chiara è nata a Sassello (Savona) da Maria Teresa e Ruggero, che faceva il camionista. Una coppia affiatata, senza fronzoli e capricci, dalla fede semplice e sincera; frequentavano anche la parrocchia, alla quale riconoscevano un influsso positivo non solo a livello spirituale ma anche sociale. Tutto sembrava procedere bene… ma c'era un piccolo grande problema: il primo bambino tanto atteso e sospirato non arrivava. Ed erano ormai passati dieci anni senza poter coronare questo sogno. Ma è interessante notare, perché si potrebbe pensare il contrario quando si ha poca o niente fede, che anche questa mancanza di figli era da loro vissuta nell'amore reciproco: vedevano questo fatto come volontà di Dio, credevano fermamente che Lui rimaneva sempre un Padre provvidente che li amava anche se sembrava il contrario. Non solo non ci fu nessuna rivolta contro Dio, ma, insieme, intensificarono la preghiera per avere la forza di fare la sua volontà. Come non ricordare la storia della madre di Samuele e della sua preghiera a Dio per ottenere un figlio (1 Sam 1-2)?
Anche Ruggero si recò al Santuario della Madonna delle Rocche (Alessandria) per devozione sincera e per chiedere sempre la stessa grazia. E un mese dopo Maria Teresa, ormai a 37 anni, rimase incinta… quasi non voleva crederci. La gravidanza fu portata avanti con tutte le precauzioni. E così nacque Chiara e per riuscire a seguirla meglio lasciò l'impiego che aveva. Tutta concentrata su quel dono di Dio, tanto atteso, sospirato e… pregato.
Chiara crebbe circondata dall'amore dei genitori, che, insieme, la educarono umanamente e cristianamente. Aveva un carattere forte e generoso, buono e conciliante, anche se non esente da capricci; qualche volta anche con piccole ribellioni, proprie di una personalità in formazione. La mamma sempre attenta, raccontò che un giorno Chiara era stata invita a sparecchiare la tavola. La risposta fu perentoria: "No, non mi va" incrociando le braccia per rafforzare il no appena detto. Non giunse nemmeno alla sua cameretta che tornò indietro dicendo alla mamma: "Com'era quella storia del vangelo di quel padre che aveva detto ai figli di recarsi nella vigna, e uno aveva detto di sì e poi non era andato, e l'altro aveva detto no e poi invece era andato? Mamma, mettimi il grembiulino".
E in un'altra occasione la mamma le aveva detto di donare qualche suo giocattolo ai bambini poveri. Anche questa volta la prima risposta fu no, perché erano suoi e basta. Poi alcuni minuti dopo la sentì nella cameretta che faceva la divisione con questo criterio molto intelligente: "Questo sì, questo no… non posso dare i giocattoli rotti ai bambini che non ne hanno!".

Da Chiara a… Chiara

Chiara cresceva bene, come tutte le bambine di quell'età, con i suoi interessi e i suoi sogni. Uno era quello di diventare medico e di andare in Africa a guarire i bambini poveri, che già aiutava con i piccoli risparmi fin dall'asilo. Era sempre piena di gioia e di stupore alla scoperta della natura e della vita in generale. Un particolare importante: alla Prima Comunione le fu donato un piccolo Vangelo, che per lei costituì un grande regalo: si impegnerà subito a leggerlo, e dirà ai genitori che intendeva non solo studiarlo ma anche praticarlo.
A nove anni la seconda decisiva svolta alla sua vita: conobbe il Movimento dei Focolari, entrandovi lei stessa e coinvolgendo anche i genitori. Ci sarà una idea guida per tutta la famiglia: mettere Dio al primo posto. Nel 1980 dopo il primo incontro col Gen 3 cui Chiara partecipò scrisse: "Abbiamo cominciato subito la nostra avventura: fare la volontà di Dio nell'attimo presente. Col Vangelo sotto braccio faremo grandi cose". Insieme ai genitori infatti parteciperà anche al Familyfest a Roma. E in quella occasione riuscì a vedere Chiara Lubich, animatrice del Movimento. Non le riuscì a parlarle direttamente, ma poco tempo dopo le scrisse una prima lettera in cui le riferì, con un certo sano orgoglio, la risposta che lei diede alla madre che aveva un po' di paura a lasciarla partire sola per l'incontro estivo (la Mariapoli):"Mamma, non sono sola, c'è Gesù. Le bambine che ho incontrato erano buone, gentili, diverse da quelle di scuola, e insieme abbiamo cercato di vivere per Gesù…".
Nel 1983 si recò ben due volte a Rocca di Papa, presso Roma, per gli incontri internazionali del Movimento. Aveva solo 12 anni e lei stessa testimoniò scrivendo a Chiara Lubich la svolta che aveva dato alla sua vita. Sentiamola: "Questo per me è stato il primo congresso, e devo dire che è stata una esperienza meravigliosa, ho riscoperto Gesù abbandonato in modo speciale, l'ho sperimentato in ogni prossimo che mi passava accanto. Quest'anno mi sono riproposta di vedere Gesù abbandonato come mio Sposo e accoglierlo con gioia e, soprattutto, con l'amore possibile". Quello del Gesù abbandonato è uno dei punti cardini della spiritualità del Movimento: l'aveva capito, l'aveva fatto proprio vivendolo fino alla fine. Chiara Lubich la seguì epistolarmente, la consigliò spiritualmente, seguendola specialmente negli ultimi mesi di sofferenza. Un rapporto molto importante e decisivo per la sua crescita spirituale. Lei stessa scriverà: "Io devo tutto a Dio e a Chiara".

Donare Gesù agli altri con il comportamento

Intanto nel 1985 Chiara e genitori si trasferirono a Savona, a motivo del lavoro di Ruggero e degli studi al Liceo Classico. E qui abbiamo anche un piccolo incidente scolastico: una bocciatura immeritata. Sappiamo che, nonostante tutto, anche i professori possono sbagliare e quella volta fu proprio così. Delusione certo, riflessione sul fatto pure, ma nessuna minaccia o vendetta. Rielaborò la vicenda spiritualmente, facendone un'esperienza di crescita. Scrisse ad una sua amica Gen: "Sono rimasta bocciata. Per me è stato un dolore grandissimo. Subito non riuscivo a dare questo dolore a Gesù. C'è voluto tanto tempo per riprendermi un pochino e ancora oggi a volte quando ci penso mi viene un po' da piangere. E' Gesù abbandonato". Comunque nella scuola che frequenterà ha lasciato un'ottima impressione, come una scia luminosa.
Anche Chiara, come è normale nell'adolescenza, amava tirar tardi la sera davanti al bar in compagnia degli amici. Ci furono lunghe discussioni con i genitori, secondo copione per quell'età: erano preoccupati. Si arrivò con pazienza ad un onorevole compromesso sull'orario di rientro. Ma lei chiese anche: "Ma voi, vi fidate di me?". E la risposta fu: "Chiara di te sì, un po' meno degli altri".
Chiara era anche una ragazza sportiva. E fu proprio nell'estate 1988, giocando a tennis, che avvertì i primi sintomi della malattia che si annunciava: un dolore molto forte alla spalla. Dolori che si ripeterono in seguito sempre più acuti. Dopo ipotesi, analisi, visite mediche, consulti, diagnosi varie, arrivò il verdetto: sarcoma osteogenico con metastasi, un tumore spietato e doloroso. Difficile da accettare sempre, ma specialmente quando si è giovani.
A Torino, all'Ospedale Regina Margherita, iniziò le cure, cioè la chemioterapia, con tutto ciò che segue. Ed una volta alla madre Maria Teresa che le chiese com'era andata la cura, rispose: "Ora no, ora non parlare". E andò a stendersi sul letto. Rimase in silenzio e in preghiera. La madre non la disturbò, solo aspettò, naturalmente soffrendo con lei.

"Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch'io"

Dopo venticinque lunghissimi minuti Chiara sorridendo le disse: "Ora puoi parlare". Cos'era capitato? Qualcosa di grande: aveva detto il suo sì a Gesù e alla sua Passione a cui lei pure si associava con la propria sofferenza. Una volta sola chiese: "Perché Gesù?" E pochi istanti dopo aggiunse: "Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch'io".
La grandezza dell'uomo si mostra non solo nelle opere che riesce a realizzare, ma specialmente come affronta la morte e la eventuale malattia che la precede. Chiara è stata veramente grande, proprio durante la sua dolorosa malattia affrontata sorridendo e irradiando gioia attorno e con la sua morte. Il cammino spirituale che aveva iniziato continuò, ricevendo una grande accelerazione. Gesù è per lei veramente tutto. Il vescovo di Torino card. Giovanni Saldarini, in visita all'ospedale, avendo notato il sorriso ed il volto particolare di Chiara, le chiese: "Hai una luce meravigliosa negli occhi. Come fai?". E lei, un po' timidamente, rispose: "Cerco di amare Gesù".
I medici curanti e le infermiere ne furono profondamente impressionati: uno di loro disse che la testimonianza di Chiara l'aveva portato ad "aggiustare la propria anima". Tutti quelli che l'avvicinavano, amici e semplici conoscenti, rimanevano contagiati dal suo coraggio, dalla sua gioia e dalla sua fede. Eppure aveva i giorni contati, la morte si avvicinava rapidamente. Così giovane e già condannata, così pensava qualcuno, senza o poca fede cristiana.
No, Chiara non viveva la sua malattia come una condannata, ma come una vera innamorata che offriva al suo mistico Sposo anche quei dolori, volendo soffrire nell'amore con e per Lui. Rifiutò anche la morfina che avrebbe attenuto la sua sofferenza dicendo: "Toglie la lucidità ed io posso offrire a Gesù solo il dolore. M'è rimasto solo questo. Se non sono lucida, che senso ha la mia vita?".
Negli ultimi mesi il rapporto epistolare con Chiara Lubich fu più intenso e incoraggiante. Una volta, in concomitanza con una congresso dei Focolari, le scrisse: "E' stato proprio un momento di Dio: soffrivo molto fisicamente, ma l'anima cantava. Abbiamo continuato a pregare a lungo perché quel momento non passasse…". E Chiara Lubich le rispose subito ringraziandola perché aveva pregato e offerto le sofferenze per il Congresso: "E' stata una manifestazione dello Spirito, anche grazie a te. Ti sento tutta impegnata e protesa a corrispondere all'amore di Dio e a dirgli il tuo continuo 'sì' per il Movimento. Io ti seguo costantemente con la mia preghiera e con tutto il mio amore".
Chiara Luce andava lentamente incontro alla morte fisica, nonostante tutte le sofisticate cure nell'ospedale di Torino. La festa delle nozze mistiche si avvicinava sempre più. Lei lo sapeva e si preparava con gioia al grande incontro. Disse una volta durante una visita: "Spesso mi sento sopraffatta dal dolore. Ma è lo Sposo che viene a trovarmi, vero?...".
Scelse l'abito da sposa, i canti e le preghiere… tutto doveva essere vissuto nella gioia per il rito delle esequie, che lei chiamava le nozze,. E lo Sposo arrivò all'alba del 7 ottobre 1990, festa della Madonna del Rosario. Aveva anche deciso di donare le cornee… come ultimo dono a chi ne aveva bisogno. Lei poteva ormai contemplare il suo Sposo celeste anche senza di essi. "Vieni, Signore Gesù" aveva ripetuto varie volte quella mattina ricevendo l'Eucaristia. Le ultime parole furono per la mamma: "Ciao, sii felice, perché io lo sono". E venne la morte accettata e vissuta come l'ultimo sì terreno a Cristo Gesù, prima delle del sì eterno in Paradiso.

Mario SCUDU sdb - Torino

*** Testi:
1 - Ecco una testimonianza di Chiara Luce, registrata su cassetta, per i suoi amici Gen: "Per mantenere Gesù in mezzo a noi - dice -, cosa importantissima in questo periodo, vi volevo raccontare in breve una mia esperienza che ho fatto a Torino. Mi sono ricoverata per una visita specialistica. La paura era tanta, perché in quel momento non capivo cosa mi avrebbero fatto. Ho capito che si trattava di un piccolo intervento, con anestesia locale. È stata un'esperienza bellissima, perché, quando i sanitari hanno iniziato a fare questo piccolissimo intervento, però fastidioso, è arrivata una persona, una signora, con un sorriso luminosissimo, bellissima: si è avvicinata, mi ha preso la mano e mi ha fatto coraggio. Io ero convinta che questa persona fosse del Movimento, perché quella luce era proprio del nostro ideale. Io ero dell'idea che i miei, che erano rimasti fuori, l'avessero fatta entrare. A un certo punto, com'è arrivata, è sparita: non l'ho più vista. Ma sono stata invasa da una gioia grandissima, e m'è scomparsa la paura…. Ho compreso anche quante volte Dio ci passa accanto e noi non ce ne rendiamo conto".


*** Tratto dal volume:

MARIO SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 San
te e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino


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