B. Chiara
Luce Badano (1971-1990), adolescente del Movimento dei Focolari
***
Come
diventare un capolavoro di Dio
Non sono pochi i punti di somiglianza
tra la monaca carmelitana cilena S. Teresa de Los Andes (1900-1920)
e l'adolescente italiana B. Chiara Luce Badano (1971-1990). Ambedue
vissute nel secolo scorso, quindi non nel lontano Medio Evo, a noi
distante di secoli ma anche di mentalità: per questo possiamo
meglio sentirle come 'nostre' contemporanee con le quali è
più facile mettersi in sintonia spirituale.
Ambedue sono morte giovani, all'età di diciannove anni appena.
Non molti certamente ma per loro sufficienti per raggiungere la
santità già certificata dalla Chiesa che le ha elevate
all'onore degli altari (Teresa santa nel 1993, Chiara Luce beata
nel 2010) e le ha così mostrate come luminosi modelli di
vita spirituale specialmente per i giovani.
Ambedue queste nostre sorelle sono morte a causa di una grave malattia:
Teresa di tifo per una diagnosi trascurata, Chiara Luce invece,
nonostante tutte le cure moderne, di un tumore dei più maligni
e implacabili cioè l'osteosarcoma. C'è anche un somiglianza
bella e significativa: Teresa e Chiara Luce hanno vissuto il loro
rapporto spirituale totale con Gesù Cristo sotto una luce
speciale (peraltro non nuova nella storia della Chiesa), e cioè
quella sponsale delle nozze mistiche. Teresa è morta esclamando
forte: "E' lo Sposo". Chiara Luce prima di morire diceva
"E' lo Sposo che viene a trovarmi" e, con la sua amica
del cuore, scelse il vestito da sposa
con il quale lei voleva
presentarsi davanti al suo Signore Gesù per il sì
definitivo.
C'è una cosa che non hanno in comune ma che nello stesso
tempo ci mostra come non solo le vie del Signore per arrivare a
noi, poveri mortali e peccatori, sono infinite, ma anche quelle
per arrivare a lui, nella santità. Teresa ancora adolescente
coltivò l'ideale carmelitano, che realizzò solo alla
fine, mentre Chiara Luce fin da fanciulla conobbe il Movimento dei
Focolari, fondato da una donna carismatica come Chiara Lubich (1920-2008),
con la quale fu in corrispondenza, ricevendo da lei (verso la fine
della vita) il nome di Luce, da aggiungere e completare quello di
Chiara. Scelta di vita diverse, aggregazioni ecclesiali diverse,
uguale vita santa, perché uguale era il Cristo Gesù,
il loro Sposo, che ambedue amavano e per il quale vissero come vere
innamorate.
Queste due ragazze sante non possono, con la loro vita spirituale
coraggiosa, che essere uno stimolo per tanti giovani alla ricerca
di modelli in cui identificarsi. Chiara Luce poco tempo prima della
morte scrisse: "I giovani sono il futuro. Io non posso più
correre, però vorrei passare loro la fiaccola come alle Olimpiadi.
I giovani hanno una vita sola e vale la pena di spenderla bene!".
Parole che riecheggiano quelle scritte proprio da Chiara Lubich
anni prima: "E' unica la vita dell'uomo; converrebbe per ognuno
rimetterla in mano a Colui che gliel'ha data: questo sarebbe, nell'uomo
ragionevole e libero, il più grande atto d'intelligenza ed
il modo di mantenere ed estendere su piano divino la propria libertà
"
(da Scritti Spirituali, vol.1, Città Nuova, pag. 62).
E tanti giovani, non solo del suo Movimento, hanno raccolto l'invito
e preso in mano la sua fiaccola. Al suo funerale, o meglio nel giorno
di festa delle sue nozze con il divino Sposo, erano varie centinaia
i giovani presenti, attratti proprio dalla sua vita e dal suo messaggio.
E da quel giorno, il 7 ottobre 1990, la sua tomba è diventato
meta di pellegrinaggio, e la sua fama ha varcato il suo paese, Sassello
(Savona) nell'entroterra della Liguria, e, grazie al Movimento a
cui lei apparteneva, Chiara Luce è ormai conosciuta e amata
da tanti giovani nel mondo.
"Il santo è una parola
di Dio detta a quell'epoca"
Ancora la fondatrice del Movimento
dei Focolari: "Nei santi, nelle epoche più varie, nelle
personalità più diverse, nei luoghi e costumi più
disparati, è sempre Cristo che torna in mezzo al suo popolo
a riportargli un'eco delle sue parole. Quando il mondo smarrito,
stonato, batte false strade per trovare soluzioni ai suoi problemi
e forza nel lottare contro le avversità
il Signore gli
dona il santo, che canta nel concerto dell'umanità la sua
nota
. Il santo è una parola di Dio detta a quell'epoca
"
(Scritti Spirituali, I, pag. 199). Quindi dobbiamo accogliere e
ringraziare Dio per il dono di Chiara Luce alla Chiesa e in particolare
ai giovani di questo nostro mondo tormentato e complesso, ricco
di tecnologia ma povero di ideali grandi, che facilita le cose sul
lato fisico e strumentale ma nello stesso tempo non si preoccupa
dell'aspetto spirituale e trascendente della vita. E' stata donata
da Dio proprio a questa nostra epoca, per risvegliarci e camminare
verso di Lui.
Chiara è nata a Sassello (Savona) da Maria Teresa e Ruggero,
che faceva il camionista. Una coppia affiatata, senza fronzoli e
capricci, dalla fede semplice e sincera; frequentavano anche la
parrocchia, alla quale riconoscevano un influsso positivo non solo
a livello spirituale ma anche sociale. Tutto sembrava procedere
bene
ma c'era un piccolo grande problema: il primo bambino
tanto atteso e sospirato non arrivava. Ed erano ormai passati dieci
anni senza poter coronare questo sogno. Ma è interessante
notare, perché si potrebbe pensare il contrario quando si
ha poca o niente fede, che anche questa mancanza di figli era da
loro vissuta nell'amore reciproco: vedevano questo fatto come volontà
di Dio, credevano fermamente che Lui rimaneva sempre un Padre provvidente
che li amava anche se sembrava il contrario. Non solo non ci fu
nessuna rivolta contro Dio, ma, insieme, intensificarono la preghiera
per avere la forza di fare la sua volontà. Come non ricordare
la storia della madre di Samuele e della sua preghiera a Dio per
ottenere un figlio (1 Sam 1-2)?
Anche Ruggero si recò al Santuario della Madonna delle Rocche
(Alessandria) per devozione sincera e per chiedere sempre la stessa
grazia. E un mese dopo Maria Teresa, ormai a 37 anni, rimase incinta
quasi non voleva crederci. La gravidanza fu portata avanti con tutte
le precauzioni. E così nacque Chiara e per riuscire a seguirla
meglio lasciò l'impiego che aveva. Tutta concentrata su quel
dono di Dio, tanto atteso, sospirato e
pregato.
Chiara crebbe circondata dall'amore dei genitori, che, insieme,
la educarono umanamente e cristianamente. Aveva un carattere forte
e generoso, buono e conciliante, anche se non esente da capricci;
qualche volta anche con piccole ribellioni, proprie di una personalità
in formazione. La mamma sempre attenta, raccontò che un giorno
Chiara era stata invita a sparecchiare la tavola. La risposta fu
perentoria: "No, non mi va" incrociando le braccia per
rafforzare il no appena detto. Non giunse nemmeno alla sua cameretta
che tornò indietro dicendo alla mamma: "Com'era quella
storia del vangelo di quel padre che aveva detto ai figli di recarsi
nella vigna, e uno aveva detto di sì e poi non era andato,
e l'altro aveva detto no e poi invece era andato? Mamma, mettimi
il grembiulino".
E in un'altra occasione la mamma le aveva detto di donare qualche
suo giocattolo ai bambini poveri. Anche questa volta la prima risposta
fu no, perché erano suoi e basta. Poi alcuni minuti dopo
la sentì nella cameretta che faceva la divisione con questo
criterio molto intelligente: "Questo sì, questo no
non posso dare i giocattoli rotti ai bambini che non ne hanno!".
Da Chiara a
Chiara
Chiara cresceva bene, come tutte
le bambine di quell'età, con i suoi interessi e i suoi sogni.
Uno era quello di diventare medico e di andare in Africa a guarire
i bambini poveri, che già aiutava con i piccoli risparmi
fin dall'asilo. Era sempre piena di gioia e di stupore alla scoperta
della natura e della vita in generale. Un particolare importante:
alla Prima Comunione le fu donato un piccolo Vangelo, che per lei
costituì un grande regalo: si impegnerà subito a leggerlo,
e dirà ai genitori che intendeva non solo studiarlo ma anche
praticarlo.
A nove anni la seconda decisiva svolta alla sua vita: conobbe il
Movimento dei Focolari, entrandovi lei stessa e coinvolgendo anche
i genitori. Ci sarà una idea guida per tutta la famiglia:
mettere Dio al primo posto. Nel 1980 dopo il primo incontro col
Gen 3 cui Chiara partecipò scrisse: "Abbiamo cominciato
subito la nostra avventura: fare la volontà di Dio nell'attimo
presente. Col Vangelo sotto braccio faremo grandi cose". Insieme
ai genitori infatti parteciperà anche al Familyfest a Roma.
E in quella occasione riuscì a vedere Chiara Lubich, animatrice
del Movimento. Non le riuscì a parlarle direttamente, ma
poco tempo dopo le scrisse una prima lettera in cui le riferì,
con un certo sano orgoglio, la risposta che lei diede alla madre
che aveva un po' di paura a lasciarla partire sola per l'incontro
estivo (la Mariapoli):"Mamma, non sono sola, c'è Gesù.
Le bambine che ho incontrato erano buone, gentili, diverse da quelle
di scuola, e insieme abbiamo cercato di vivere per Gesù
".
Nel 1983 si recò ben due volte a Rocca di Papa, presso Roma,
per gli incontri internazionali del Movimento. Aveva solo 12 anni
e lei stessa testimoniò scrivendo a Chiara Lubich la svolta
che aveva dato alla sua vita. Sentiamola: "Questo per me è
stato il primo congresso, e devo dire che è stata una esperienza
meravigliosa, ho riscoperto Gesù abbandonato in modo speciale,
l'ho sperimentato in ogni prossimo che mi passava accanto. Quest'anno
mi sono riproposta di vedere Gesù abbandonato come mio Sposo
e accoglierlo con gioia e, soprattutto, con l'amore possibile".
Quello del Gesù abbandonato è uno dei punti cardini
della spiritualità del Movimento: l'aveva capito, l'aveva
fatto proprio vivendolo fino alla fine. Chiara Lubich la seguì
epistolarmente, la consigliò spiritualmente, seguendola specialmente
negli ultimi mesi di sofferenza. Un rapporto molto importante e
decisivo per la sua crescita spirituale. Lei stessa scriverà:
"Io devo tutto a Dio e a Chiara".
Donare Gesù agli altri con
il comportamento
Intanto nel 1985 Chiara e genitori
si trasferirono a Savona, a motivo del lavoro di Ruggero e degli
studi al Liceo Classico. E qui abbiamo anche un piccolo incidente
scolastico: una bocciatura immeritata. Sappiamo che, nonostante
tutto, anche i professori possono sbagliare e quella volta fu proprio
così. Delusione certo, riflessione sul fatto pure, ma nessuna
minaccia o vendetta. Rielaborò la vicenda spiritualmente,
facendone un'esperienza di crescita. Scrisse ad una sua amica Gen:
"Sono rimasta bocciata. Per me è stato un dolore grandissimo.
Subito non riuscivo a dare questo dolore a Gesù. C'è
voluto tanto tempo per riprendermi un pochino e ancora oggi a volte
quando ci penso mi viene un po' da piangere. E' Gesù abbandonato".
Comunque nella scuola che frequenterà ha lasciato un'ottima
impressione, come una scia luminosa.
Anche Chiara, come è normale nell'adolescenza, amava tirar
tardi la sera davanti al bar in compagnia degli amici. Ci furono
lunghe discussioni con i genitori, secondo copione per quell'età:
erano preoccupati. Si arrivò con pazienza ad un onorevole
compromesso sull'orario di rientro. Ma lei chiese anche: "Ma
voi, vi fidate di me?". E la risposta fu: "Chiara di te
sì, un po' meno degli altri".
Chiara era anche una ragazza sportiva. E fu proprio nell'estate
1988, giocando a tennis, che avvertì i primi sintomi della
malattia che si annunciava: un dolore molto forte alla spalla. Dolori
che si ripeterono in seguito sempre più acuti. Dopo ipotesi,
analisi, visite mediche, consulti, diagnosi varie, arrivò
il verdetto: sarcoma osteogenico con metastasi, un tumore spietato
e doloroso. Difficile da accettare sempre, ma specialmente quando
si è giovani.
A Torino, all'Ospedale Regina Margherita, iniziò le cure,
cioè la chemioterapia, con tutto ciò che segue. Ed
una volta alla madre Maria Teresa che le chiese com'era andata la
cura, rispose: "Ora no, ora non parlare". E andò
a stendersi sul letto. Rimase in silenzio e in preghiera. La madre
non la disturbò, solo aspettò, naturalmente soffrendo
con lei.
"Se lo vuoi tu, Gesù,
lo voglio anch'io"
Dopo venticinque lunghissimi minuti
Chiara sorridendo le disse: "Ora puoi parlare". Cos'era
capitato? Qualcosa di grande: aveva detto il suo sì a Gesù
e alla sua Passione a cui lei pure si associava con la propria sofferenza.
Una volta sola chiese: "Perché Gesù?" E
pochi istanti dopo aggiunse: "Se lo vuoi tu, Gesù, lo
voglio anch'io".
La grandezza dell'uomo si mostra non solo nelle opere che riesce
a realizzare, ma specialmente come affronta la morte e la eventuale
malattia che la precede. Chiara è stata veramente grande,
proprio durante la sua dolorosa malattia affrontata sorridendo e
irradiando gioia attorno e con la sua morte. Il cammino spirituale
che aveva iniziato continuò, ricevendo una grande accelerazione.
Gesù è per lei veramente tutto. Il vescovo di Torino
card. Giovanni Saldarini, in visita all'ospedale, avendo notato
il sorriso ed il volto particolare di Chiara, le chiese: "Hai
una luce meravigliosa negli occhi. Come fai?". E lei, un po'
timidamente, rispose: "Cerco di amare Gesù".
I medici curanti e le infermiere ne furono profondamente impressionati:
uno di loro disse che la testimonianza di Chiara l'aveva portato
ad "aggiustare la propria anima". Tutti quelli che l'avvicinavano,
amici e semplici conoscenti, rimanevano contagiati dal suo coraggio,
dalla sua gioia e dalla sua fede. Eppure aveva i giorni contati,
la morte si avvicinava rapidamente. Così giovane e già
condannata, così pensava qualcuno, senza o poca fede cristiana.
No, Chiara non viveva la sua malattia come una condannata, ma come
una vera innamorata che offriva al suo mistico Sposo anche quei
dolori, volendo soffrire nell'amore con e per Lui. Rifiutò
anche la morfina che avrebbe attenuto la sua sofferenza dicendo:
"Toglie la lucidità ed io posso offrire a Gesù
solo il dolore. M'è rimasto solo questo. Se non sono lucida,
che senso ha la mia vita?".
Negli ultimi mesi il rapporto epistolare con Chiara Lubich fu più
intenso e incoraggiante. Una volta, in concomitanza con una congresso
dei Focolari, le scrisse: "E' stato proprio un momento di Dio:
soffrivo molto fisicamente, ma l'anima cantava. Abbiamo continuato
a pregare a lungo perché quel momento non passasse
".
E Chiara Lubich le rispose subito ringraziandola perché aveva
pregato e offerto le sofferenze per il Congresso: "E' stata
una manifestazione dello Spirito, anche grazie a te. Ti sento tutta
impegnata e protesa a corrispondere all'amore di Dio e a dirgli
il tuo continuo 'sì' per il Movimento. Io ti seguo costantemente
con la mia preghiera e con tutto il mio amore".
Chiara Luce andava lentamente incontro alla morte fisica, nonostante
tutte le sofisticate cure nell'ospedale di Torino. La festa delle
nozze mistiche si avvicinava sempre più. Lei lo sapeva e
si preparava con gioia al grande incontro. Disse una volta durante
una visita: "Spesso mi sento sopraffatta dal dolore. Ma è
lo Sposo che viene a trovarmi, vero?...".
Scelse l'abito da sposa, i canti e le preghiere
tutto doveva
essere vissuto nella gioia per il rito delle esequie, che lei chiamava
le nozze,. E lo Sposo arrivò all'alba del 7 ottobre 1990,
festa della Madonna del Rosario. Aveva anche deciso di donare le
cornee
come ultimo dono a chi ne aveva bisogno. Lei poteva
ormai contemplare il suo Sposo celeste anche senza di essi. "Vieni,
Signore Gesù" aveva ripetuto varie volte quella mattina
ricevendo l'Eucaristia. Le ultime parole furono per la mamma: "Ciao,
sii felice, perché io lo sono". E venne la morte accettata
e vissuta come l'ultimo sì terreno a Cristo Gesù,
prima delle del sì eterno in Paradiso.
Mario
SCUDU sdb - Torino
*** Testi:
1 - Ecco una testimonianza di Chiara Luce, registrata su cassetta,
per i suoi amici Gen: "Per mantenere Gesù in mezzo a
noi - dice -, cosa importantissima in questo periodo, vi volevo
raccontare in breve una mia esperienza che ho fatto a Torino. Mi
sono ricoverata per una visita specialistica. La paura era tanta,
perché in quel momento non capivo cosa mi avrebbero fatto.
Ho capito che si trattava di un piccolo intervento, con anestesia
locale. È stata un'esperienza bellissima, perché,
quando i sanitari hanno iniziato a fare questo piccolissimo intervento,
però fastidioso, è arrivata una persona, una signora,
con un sorriso luminosissimo, bellissima: si è avvicinata,
mi ha preso la mano e mi ha fatto coraggio. Io ero convinta che
questa persona fosse del Movimento, perché quella luce era
proprio del nostro ideale. Io ero dell'idea che i miei, che erano
rimasti fuori, l'avessero fatta entrare. A un certo punto, com'è
arrivata, è sparita: non l'ho più vista. Ma sono stata
invasa da una gioia grandissima, e m'è scomparsa la paura
.
Ho compreso anche quante volte Dio ci passa accanto e noi non ce
ne rendiamo conto".
***
Tratto dal volume:
MARIO
SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 Sante
e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino
Visita Nr.