SANTA TERESA D'AVILA:
SOLO
DIO BASTA
Uno degli stereotipi antifemminili
più conosciuti e più duri a morire è quello
della chiacchiera come caratteristica peculiare della donna.
Lo scrittore Oscar Wilde, con il suo fine umorismo, disse che
queste chiacchiere sono anche vuote: Le donne non hanno niente da
dire, ma lo sanno dire molto bene.
Ma una donna che ha ancora
tanto da dire e molto bene a tutta la Chiesa è Santa Teresa
dAvila, vissuta nel 1500 ma oggi viva più che mai
in primo luogo attraverso la sua santità così originale
e coinvolgente, poi come Riformatrice del Carmelo e come scrittrice
di opere di vita spirituale. Era stata canonizzata già
nel 1622 insieme a Ignazio di Loyola, Francesco Saverio e Filippo
Neri (come si vede in buona e santa compagnia!) ma il titolo
di Dottore della Chiesa, prima donna nella storia, le arrivò
solo nel 1970 quando Paolo VI la dichiarava Maestra
per tutti i cristiani. È una donna che bisogna lasciar
parlare e che bisogna ascoltare con attenzione: nel nostro rapporto
con Dio e nel nostro cammino verso di Lui (orazione) Teresa è
una vera maestra, esperta e credibile perché parla per
esperienza vissuta.
Un grande riconoscimento le è venuto anche da Giovanni
Paolo II nella sua famosa Lettera alle Donne (1995).
Andando al di là di
ogni stereotipo antifemminile il Papa ha scritto: La storia della Chiesa,
in questi due millenni, nonostante tanti condizionamenti, ha
conosciuto «il genio della donna», avendo visto emergere nel suo seno
donne di prima grandezza (...) e cita Santa Caterina da
Siena e Santa Teresa dAvila. E Teresa è stata veramente
oltre che una grande santa, una donna geniale per quello che
ha fatto e per come e quando lo ha fatto.
Io desidero
tutto con passione
Teresa de Ahumada y Cepeda
nacque ad Avila nel 1515 in una famiglia numerosa, ricca di fede
cristiana e di mezzi
materiali. La sua infanzia fu pia e felice (ero la più
amata da mio padre) piena di buoni esempi e di pie letture.
Ancora bambina, insieme al fratello Rodrigo, era affascinata
dallidea di eternità del Paradiso (e dellinferno)
e i due amavano ripetere, quasi come un gioco: Cè
una vita che è per sempre, per sempre, per sempre.
Quel brivido di eternità che dava loro la ripetizione
della parola sempre fece venire a Teresa lidea
della rapida conquista del Paradiso eterno attraverso il martirio,
fino a convincere il fratellino a fuggire di casa
per andare nella la terra dei Mori.
La prospettiva del Paradiso
durò solo pochi chilometri perché uno zio li riconobbe
per strada e ricondusse a casa i due giovanissimi aspiranti martiri.
La scusa (e quasi la sfida) di Teresa davanti ai
genitori fu: Io volevo andare a vedere Dio. Già questo piccolo episodio
ci fa capire un po della sua personalità: agirà
sempre in tutto con profonda convinzione (Quello che io
desidero lo desidero con passione) e nella vita avrà
sempre un grande ascendente sugli altri fino ad essere una vera
trascinatrice di persone. Oggi si direbbe che era una vera leader.
A 12 anni perse la sua cara mamma terrena, Beatrice, e cercò
rifugio e conforto, come lei scrisse, nella mamma celeste, la
Madonna.
Teresa adolescente era una
ragazza carina e affascinante, dotata, come lei stessa confessò,
della grazia di piacere alla gente. Andava matta per i bei vestiti
(oggi si direbbe gli abiti firmati), i gioielli, i profumi, le
letture di romanzi cavallereschi ed il contorno di amici adoranti.
Coltivò insomma le normali frivolezze e vanità
adolescenziali, condite con una buona dose di romanticismo.
Arrivata a 20 anni, diede una
prima grande svolta alla propria vita: dopo grave malattia e
lungo travaglio spirituale decise di entrare nel convento dellIncarnazione
ad Avila. Il padre si oppose al progetto ed allora Teresa decise
di scappare di casa (1535). Nel convento carmelitano dellIncarnazione
le monache conducevano una vita religiosa piuttosto tranquilla
e rilassante: le parole come disciplina, penitenza, rinuncia
non godevano molta fortuna, anche perché ciascuna in convento
conservava lo stato sociale che aveva fuori, per cui se una era
ricca... E le monache di famiglie nobili e ricche erano più
di una. Anche Teresa visse in una relativa comodità questa
prima esperienza religiosa.
Superare
la depressione
Poco dopo dovette affrontare
un altro lungo periodo di malattia che la portò ad una
forma di paralisi grave. Durante questo tempo lesse uno libro
famoso dal titolo La terza parte dellalfabeto spirituale.
Fu per lei una vera introduzione e una guida alla preghiera mentale
e contemplativa.
Superata la lunga malattia, Teresa ritornò gradualmente
alla vita di prima comoda, rilassata, un po mondana e piena
di distrazioni. Arrivò anche ad abbandonare la pratica
della preghiera mentale. Motivo? Si sentiva indegna davanti a
Dio, e poi avvertiva un certo senso di frustrazione.
In seguito, dietro consiglio del confessore, riprese la pratica
della preghiera, anche se per alcuni anni rimase per lei ancora
difficile e pesante. Ecco le sue parole:
Avrei
fatto più volentieri una qualsiasi pur dura penitenza
(...) piuttosto che praticare il raccoglimento come atto preliminare
della preghiera (...). Mi sentivo così depressa che dovevo
raccogliere tutto il mio coraggio per costringermi a pregare.
Teresa questa volta perseverò,
nonostante gli apparenti insuccessi.
Fu un altro confessore (la maggior parte però non la capirono)
a suggerirle, nellesame di coscienza, a puntare più
che sui peccati o sulle distrazioni avute, sul bene che questa
sua resistenza alle grazie di Dio le impediva di fare. Teresa
aveva cominciato a capire che Dio le chiedeva tutto, non il primo
posto nei suoi affetti e interessi ma lunico, (con
tutto il cuore dice il Vangelo).
Donna di
contemplazione e di azione
Lepisodio decisivo per
la sua seconda e definitiva conversione fu davanti ad un Crocifisso
piagato. Ecco Teresa stessa:
Appena lo guardai... fu così grande il dolore che
provai, la pena dellingratitudine con la quale rispondevo
al suo amore che mi parve che il cuore mi si spezzasse. Mi gettai
ai suoi piedi tutta in lacrime e lo supplicai di farmi la grazia
di non offenderlo più. Era la svolta decisiva e
definitiva, profonda e duratura: Cristo al centro di tutto, dei
suoi affetti e pensieri, del suo tempo di preghiera e di azione,
del suo vivere e morire. Teresa aveva allora 39 anni (1554).
Conquistata da Lui, come Maria Maddalena, come San Paolo e SantAgostino,
santi che le erano molto cari.
Proprio in questi anni (e in
seguito) Teresa cominciò ad avere numerose visioni, esperienze
soprannaturali, voci, estasi e fenomeni mistici esaltanti e travolgenti,
che la resero celebre già in vita, e che furono la sorgente
della sua forza indistruttibile dispiegata negli anni seguenti
durante la grande impresa della riforma del Carmelo (primo convento
riformato nel 1562). Questa
riforma ella lattuò con coraggio e con intelligenza,
con molto buon senso e con tanta santa furbizia, nonostante innumerevoli
difficoltà frapposte dalle monache che doveva riformare,
dai Carmelitani Calzati che non ne volevano sapere (farsi riformare
da una donna!), dai superiori dellOrdine (fu definita donna
inquieta e vagabonda) e da parte della gerarchia ecclesiastica.
Inutile ricordare
e nessuno si meraviglia che anche il diavolo, come suo mestiere,
ha sempre remato contro di lei
e la sua opera. Soffrì tantissimo (non solo per le proprie
malattie) per questa sua opera di fondatrice o riformatrice del
Carmelo, ma in tutto era sostenuta dal Cristo, che era la sua
guida e il suo conforto, la sua forza e la sua garanzia. Quando
le tolsero alcuni libri di devozione (si percepiva lombra
lunga e minacciosa dellInquisizione) Cristo stesso le disse: Non aver paura,
Teresa. Io sarò il tuo libro vivente. Gesù le era sempre presente,
in ogni azione e pensiero, in convento e durante i viaggi, sempre
e dovunque. Gesù era tutta la sua vita, la riempiva completamente:
con Lui aveva un rapporto di dialogo totale, di amicizia profonda,
di comunione damore fino allo stato di unione mistica (1572)
o sponsale. Ancora Teresa:
Mi sembrava
che Gesù mi camminasse sempre a fianco... Sentivo chiaramente
che mi stava sempre al lato destro, testimone di ciò che
facevo e mai potevo dimenticare, se appena mi raccoglievo un
pochino o non ero molto distratta, che Lui era accanto a me.
Teresa Maestra
di preghiera
Queste esperienze soprannaturali di cui Cristo la fece partecipe,
sono state anche la fonte e lispirazione costante e originale
delle opere che scrisse. Ma a differenza di Giovanni della Croce,
(anchegli Dottore della Chiesa, amico, confessore, direttore
spirituale e suo sostenitore nella riforma dei Carmelitani, dal
1567 in poi) che aveva studiato filosofia e teologia allUniversità
di Salamanca, Teresa non voleva scrivere, perché non si
sentiva allaltezza.
Fu il confessore, saggiamente,
ad ordinarglielo. Non senza resistenza ella obbedì. Disse
infatti: Perché
vogliono che io scriva? Lo facciano i dotti, quelli che hanno
studiato: io sono ignorante.... Quindi il suo è un magistero frutto
non di studi universitari o di approfondite e faticose ricerche
in biblioteca, ma è di chiara provenienza trascendente,
grazie ai lunghi e continui input dallalto
attraverso le esperienze soprannaturali. Scrivendo metteva in
pratica il Contemplata aliis tradere della tradizione medievale:
aveva contemplato in profondità il mistero di Dio ora
ne faceva dono agli altri.
Abbiamo così un trittico
di opere teresiane ancora oggi di assoluto valore spirituale:
la Vita (o Autobiografia, la cui lettura aiutò Edith Stein
nella sua conversione al Cattolicesimo e a diventare monaca carmelitana),
il Cammino di perfezione e il Castello interiore, oltre a molte
Lettere.
Teresa è conosciuta non come Maestra di Teologia (vedi
Tommaso dAquino) ma come Maestra di preghiera.
Dovè
Teresa il discorso sulla preghiera è inevitabile. La preghiera
in lei diventa storia, narrativa, racconto, esperienza. Ed è
questa la caratteristica più tipica del suo magistero (Card.
Anastasio Ballestrero, carmelitano).
La prima caratteristica della
orazione, secondo Teresa, è di essere una realtà dinamica: pregare è iniziare una lunga
avventura alla ricerca di Dio, un lungo cammino di comprensione
dellamore inesauribile del Cristo per ciascuno di noi (laccettare
di essere amati da Lui e di sentirlo al nostro fianco giorno
e notte) e di amore al Cristo nei fratelli e nelle sorelle della
Chiesa. Per cui pregare seriamente ogni giorno equivale a incominciare
e a progredire nel cammino della santità, alla sequela
di Cristo per la salvezza della Chiesa e del mondo.
La preghiera, inoltre, deve essere affettiva: più che
di pensiero deve essere sostanziata di amore, più che
da idee partorite dallintelletto deve essere vivificata
da mozioni zampillanti dal cuore. È questo il significato
della più famosa definizione della preghiera che lei ci
ha lasciato: è un dialogo un intimo rapporto di
amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui
da cui sappiamo di essere amati.
Nella prospettiva di Teresa
la preghiera poi deve essere bibliocentrica, cristocentrica ed ecclesiocentrica. Per nutrire il tempo della nostra
orazione non cè pane più nutriente che quello
dalla Parola di Dio specialmente dei Vangeli dove il protagonista
è Cristo, sospiro e desiderio dellanima. Secondo
lei non si può conoscere e amare Cristo (prospettiva cristocentrica)
senza amare la Chiesa, che è il suo corpo (prospettiva
apostolica ecclesiale).
Una delle sue frasi celebri recita: Lamore vuole le opere. Teresa non fu estranea al grande movimento
di riforma della Chiesa del 1500 (ricordiamo Lutero e Calvino).
A spronare la sua azione fu il Concilio di Trento e laver
conosciuto ben tre santi: il gesuita Francesco Borgia, il riformatore
francescano Pietro dAlcantara che la consigliò e
diresse nella riforma del Carmelo, e Giovanni della Croce.
E questo amore che riempiva
il cuore di Teresa le fece intraprendere la grande impresa riformatrice
di una parte della Chiesa che era lOrdine Carmelitano (16
nuovi monasteri riformati grazie a lei) che la impegnarono, tra
tante difficoltà, fino alla fine della vita. Questa arrivò
verso le nove di sera del 4 ottobre del 1582: il suo volto diventò
luminosissimo, Teresa mentre stringeva forte il Crocifisso, mormorò
Signore,
mio Amore, è giunta lora che ho tanto desiderato.
È ormai tempo che ci vediamo, così finì il suo cammino terreno
parlando e sorridendo a Qualcuno che lei aveva sentito accanto
a sé per tanti anni: Gesù Cristo, il suo Amore.
MARIO SCUDU
***
*** Questo
e altri 120 santi e sante e beati sono presenti nel volume di
:
MARIO SCUDU, Anche Dio
ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino
10 pensieri
di Teresa
1 Lamore
vuole le opere.
2 Non abbandonate mai la preghiera.
3 Quando desidero qualcosa lo desidero con passione.
4 Tutto è perduto
se non permettiamo a Dio di agire in noi. Non siamo noi che andiamo
verso Dio, è Lui che ci porta nel suo cuore.
5 Una suora malinconica contamina tutto il convento.
6 Dio è presente anche in mezzo alle pentole.
7 Tutto
ci può mancare, ma Tu, Signore di tutto, non ci mancherai
mai.
8 Dio non vizia le anime, più le ama e più
fa loro percorrere la via della Croce.
9 Sulla preghiera:
Chi ha cominciato a fare orazione non pensi più
di tralasciarla, malgrado i peccati in cui avvenga di cadere.
Con lorazione potrà presto rialzarsi, ma senza di
essa sarà molto difficile. Non si faccia tentare dal demonio
a lasciarla per umiltà, come ho fatto io, e si persuada
che la parola di Dio non può mancare.
10 Nel coraggio
non siate donne ma uomini forti... anzi da far paura agli stessi
uomini (...). Qui rinchiuse lottiamo per Cristo... Siamo venute
a morire per lui
(Teresa alle sue monache).
IMMAGINI:
1 Santa Teresa D'Avila: Che una donna
sia rappresentata come maestra e modello di vita devota, non
può meravigliare nessuno che sappia che la pietà
o la religiosità è femminilità (Sören
Kierkegaard, filosofo).
2 Gian Lorenzo Bernini: Estasi di Santa
Teresa, Cappella Corsaro Santa Maria Vittoria, Roma
3
Alonso del Arco (sec. XVII), Santa Teresa di Gesù
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2004-9
VISITA Nr.