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VALDOCCO
10 ottobre: San
Daniele Comboni, Apostolo dell'Africa e Vescovo (1831-1881)
MORIRE PER GESU' CRISTO
E PER L'AFRICA
Già da molti anni la
Chiesa ha voluto dedicare il mese di ottobre alle missioni cioè
al ricordo dei tanti missionari e missionarie, religiosi e laici,
che hanno lasciato padre, madre, fratelli, sorelle, campi...
e sono partiti per annunciare il Vangelo, testimoniandolo con
le parole e con la vita, talvolta fino al martirio. È
un invito alla riflessione sulla missionarietà
di tutta la Chiesa, da fare particolarmente durante questo ottobre
missionario.
Ricordiamo, in questo mese, San Daniele Comboni, un grande missionario
che ha speso tutta la vita, tra innumerevoli difficoltà,
per la promozione spirituale e sociale dellAfrica, o come
si diceva allora per la Nigrizia.
Tempo fa sulla T-shirt di un
giovane ho letto il seguente messaggio: Il futuro dellAfrica
è nero. Frase dal significato ambivalente, come
molti messaggi della pubblicità. Il futuro per lAfrica
può diventare nero, cioè estremamente difficile,
per le molteplici difficoltà che ha a tenere il passo
tecnologico degli altri continenti. Ma può anche voler
dire che un futuro migliore per lAfrica arriverà
non dallesterno ma dallinterno, cioè dagli
stessi neri, dagli africani quindi, dal loro lavoro e dalla loro
creatività.
Questa seconda accezione del messaggio pubblicitario sulla T-shirt
è stata anche lidea fissa che guidò il lungo
e molteplice lavoro missionario di San Daniele Comboni: aiutare
gli africani in un primo momento e fare in modo che in seguito
fossero loro stessi in prima persona gli artefici e i promotori
della salvezza spirituale e promozione sociale del continente
nero. In sintesi aiutarli adesso per essere capaci di aiutare
se stessi dopo. Intuizione nuova per il tempo del Comboni, patrimonio
teorico ormai acquisito anzi ovvio della missionologia e della
prassi missionaria oggi.
Ed il Card. Francis Arinze,
figlio della Chiesa africana, arrivato ad un incarico molto importante
in Vaticano, ha scritto del Comboni: Precursore, evangelizzatore,
profeta, pioniere, gigante missionario, promotore, liberatore,
sacerdote e vescovo dal cuore magnanimo che sa perdonare, e specialmente
amico dellAfrica, per la quale non esita a sacrificare
tutto. Un riconoscimento prestigioso, certamente meritato.
Fino allultimo
respiro per lAfrica
Daniele Comboni è nato
a Limone sul Garda, il 15 marzo 1831, da genitori profondamente
cristiani. Dopo aver frequentato il seminario di Verona, entrò
nellIstituto di Don Nicola Mazza, che accoglieva anche
giovani bravi e di buona volontà ma di famiglie povere.
In quegli anni nella Chiesa era tornato a soffiare forte il vento
missionario, e un po dovunque nascevano organizzazioni
missionarie. Anche nellIstituto si respirava questo clima
e linteresse era rivolto specialmente allAfrica,
tanto che il Don Mazza era chiamato, scherzosamente, Don Congo.
Daniele respirò quel clima a pieni polmoni.
Una data importante nella sua
vita fu il 1849. Dopo il fallimento della spedizione di due missionari
partiti dallIstituto, Daniele, a soli 18 anni, giurò
davanti al superiore, con voto privato, di consacrare tutta la
propria esistenza allapostolato dellAfrica Centrale.
Tanto che, quasi ventanni dopo, nel 1867 poteva scrivere:
Votato allAfrica da diciassette anni, io non vivo
che per lAfrica e non respiro che per il suo bene.
E continuerà così fino alla fine della vita.
Fu ordinato sacerdote nel 1854
a Trento ma prima di partire per lAfrica (1857) passeranno
ben tre anni di preparazione, non solo per la lingua araba, ma
anche come infermiere. Era infatti scoppiata unepidemia
di colera, e il Comboni stesso, mandato nel paese di Buttapietra
(Verona), si prodigò con una tale generosa assistenza,
come prete e infermiere, da meritarsi un encomio pubblico dalle
autorità. Intanto aveva imparato ed esercitato larte
medica che gli sarà utile in seguito.
Fu nel 1857 che partì
anche lui con una spedizione dellIstituto di Don Mazza
(cinque preti ed un volontario laico, un fabbro). Daniele era
il più giovane. Egli visse questa prima esperienza con
gli occhi ardenti ed entusiasti non solo del missionario ma anche
dellesploratore che sapeva ammirare e descrivere la bellezza
della natura incontaminata che lui vedeva, e sapeva lodare di
tutto il Creatore. Ma non bastò lentusiasmo suo
e degli altri. La spedizione fallì, con la morte di due
sacerdoti e del laico,
mentre Daniele fu costretto a tornare in Italia prostrato nel
fisico (le febbri) ma intatto nello spirito e nella sua personale
consacrazione missionaria per il bene dellAfrica.
Lanno decisivo per la sua attività missionaria fu
il 1864.
Piano per
la rigenerazione dellAfrica
15 settembre 1864: presso la
tomba di San Pietro, Daniele vi pregò a lungo, mentre
si beatificava Suor Margherita Maria Alacoque, lapostola
della devozione al Sacro Cuore. Non si sa con precisione cosa
gli capitò. Fu unintuizione solo umana? Una folgorazione
belle buona? Fu ispirazione dallalto dello Spirito
Santo? Forse un po tutto questo. Daniele Comboni scrisse
nelle ore successive, quasi di getto, le 24 pagine della bozza
che dovevano costituire lossatura e le linee guida del
suo fare apostolato missionario nel futuro.
Ecco il titolo: Sunto
del nuovo Disegno della Società dei Sacri Cuori di Gesù
e di Maria per la Conversione della Nigrizia proposta alla Sacra
Congregazione di Propaganda Fide da Daniele Comboni dellIstituto
Mazza. Scriverà in seguito: Fidandomi in quel
Cuore sacratissimo, che palpitò pure per la Nigrizia,
e che solo può convertire le anime, sono vieppiù
disposto a patire e sudare fino allultimo respiro e a morire
per Gesù Cristo e per la salute dei popoli infelici dellAfrica
Centrale.
Il Sunto (chiamato poi Piano) conteneva il suo programma globale
che intelligentemente coniugava evangelizzazione e promozione
umana (binomio che ancora oggi si usa parlando di missioni),
unito allidea di salvare gli Africani per mezzo degli Africani.
Questo Piano missionario comboniano
aveva delloriginale e per certi versi anche del rivoluzionario.
Suggeriva
a tutti una revisione della metodologia evangelizzatrice fino
ad allora seguita. Ma non solo. Richiedeva anche una revisione
della teologia collegata (la missionologia).
In un tempo in cui tutto era in mano ai missionari europei, il
Comboni suggeriva invece di affidare il compito agli indigeni
e di fidarsi quindi di loro. Cosa non tanto pacifica per il fatto
che molti allora li ritenevano costituzionalmente incapaci e
inaffidabili.
Altro elemento caratteristico della sua azione missionaria fu
la valorizzazione dellelemento femminile. Una novità
quasi assoluta. Anche valorizzando la donna il Comboni cercava
e trovò non solo un valido aiuto per levangelizzazione
della popolazione ma anche un valido sostegno per la trasformazione
dellintera struttura sociale ed economica dei villaggi
dove operava.
Nel 1864 andò a Parigi per illustrare il proprio Piano
missionario. Di ritorno fu ospite di Don Bosco a Torino-Valdocco,
per alcuni giorni. Anche la città sabauda era un centro
di propulsione e propaganda missionaria. E a questo movimento
non era estraneo il Santo dei giovani. I due certamente parlarono
del Piano e della nuova metodologia di fare missione. Don Bosco
fece tesoro di quelle conversazioni e ne tenne conto quando i
suoi figli iniziarono la loro prima missione in Patagonia, Argentina.
Non ci fu nessuna collaborazione immediata tra i due, per impossibilità
da parte di Don Bosco. Fu solo cento anni dopo, quando i Salesiani
lanciarono il Progetto Africa (1980) che i missionari di Don
Bosco in terra africana ebbero molti consigli e grande simpatia
da parte dei Figli del Comboni. Questi tornò a Valdocco
anche nel 1880, ospite sempre di Don Bosco, in occasione della
grande Festa di Maria Ausiliatrice. Il Vescovo celebrò
una solennissima Messa in Basilica contagiando ed entusiasmando
tutti del suo zelo missionario.
Salvare
lAfrica con gli Africani
Il suo piano era bello, convincente,
anche innovativo. Pio IX infatti lo incoraggiò ad andare
avanti. LIstituto Mazza invece fu di tuttaltro parere:
sconfessò addirittura lintero progetto. Il Comboni
non si scoraggiò e procedette da solo. Infatti nel 1867
fondò lIstituto maschile per le Missioni della Nigrizia
(Missionari
Comboniani), e nel 1872 le Pie Madri della Nigrizia, e cioè
il ramo femminile. Aveva la sua famiglia, Figli e Figlie, i missionari
del futuro che avrebbero continuato (e continuano ancora oggi)
la sua opera per il bene dellAfrica.
Il Comboni alternava il suo lavoro missionario vero e proprio
nellAfrica Centrale (Khartum, Nubia, Monti Nubi) a prolungate
maratone in Europa alla ricerca di fondi per le sue opere. E
dovunque trovava buona accoglienza e sovvenzioni.
Finalmente nel 1872 Pio IX
lo nominò Provicario apostolico dellAfrica Centrale,
gli dava cioè autorità su tutti i missionari che
operavano in quella zona la più grande missione
delluniverso come lui diceva. Poi nel 1877 fu nominato
vescovo (di Khartum). La sua opera di penetrazione nel cuore
dellAfrica, nella zona equatoriale dei Grandi Laghi, continuava
pur tra mille difficoltà. Si adoperò con energia
a combattere il commercio degli schiavi, ufficialmente abolito
ma praticato in maniera florida con lavallo e lazione
di vari nazioni europee. Lentamente il suo sogno si stava avverando:
stavano nascendo maestre indigene, e si stavano formando famiglie
autoctone in grado di trasmettere la fede e di consolidare così
dallinterno le comunità cristiane appena formate.
Insomma la formula Comboni cominciava a funzionare.
I suoi ultimi anni furono travagliati
non solo da problemi di salute (violenti febbri) ma anche da
calunnie pesanti, che si rivelarono poi infondate. Egli sopportò
tutto, con molta pazienza e con il perdono sulle labbra.
A pochi mesi dalla sua fine
ebbe notizia della ribellione, scoppiata nel Sudan, ad opera
di un sedicente profeta
Mohamed Ahmed Mahdi, che affermava di essere stato mandato da
Dio a liberare il Sudan dai Turchi e dallinfluenza cristiana.
Naturalmente con la violenza delle armi non con la predicazione.
Notizia purtroppo tragicamente vera: era iniziata la sanguinosa
guerra santa islamica del Mahdi che avrebbe spazzato
via dallAfrica Centrale ogni traccia di presenza cristiana.
Episodio non ultimo nella storia di islamizzazione di una nazione
(in parte cristiana) attuata con la violenza. La sua opera fu
distrutta, i cristiani minacciati, cacciati via o uccisi. Alcuni
missionari europei rimasero prigionieri addirittura per diciassette
anni. Crudeltà innumerevoli e atrocità efferate,
sempre nel nome di Allah!
La sua intensa vita terrena
finì il 10 ottobre del 1881, con un ultimo pensiero alla
sua Africa, per la quale aveva speso tutto.
La Chiesa riconobbe la sua opera di grande missionario e di santo,
canonizzandolo il 5 ottobre 2003.
MARIO SCUDU sdb ***
*** Questo
e altri 120 santi e sante e beati sono presenti nel volume di
:
MARIO SCUDU, Anche Dio
ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino
10 Pensieri
del Comboni
1 Sono ventisette anni e sessantadue
giorni che ho giurato di morire per lAfrica centrale: ho
attraversato le più grandi difficoltà, ho sopportato
fatiche enormi, ho più volte visto la morte vicino a me
e, malgrado tante privazioni e difficoltà, il Cuore di
Gesù ha conservato nel mio spirito (...) la perseveranza
in modo che il nostro grido di guerra sarà fino alla fine.
O Nigrizia o morte.
2 Io sono martire per amore delle anime
le più abbandonate del mondo e voi diventate martiri per
amore di Dio, sacrificando al bene delle anime lunico figlio
(così scrisse una volta ai genitori).
3 Non vi spaventate. La vita nostra
è nelle mani di Dio. Ei faccia quel che vuole: noi labbiamo
con irrevocabile dono sacrificata a Lui. Sia benedetto. Dalla
sera alla mattina qui si muore... (dopo aver ricevuto lUnzione
degli Infermi, dopo una gravissima
malattia).
4 Mi sento tanto forte che ormai non
cedo più. Se il Papa, la Propaganda Fide e tutti i vescovi
del mondo mi fossero contrari, abbasserei la testa per un anno,
e poi presenterei un nuovo Piano: ma desistere dal pensare allAfrica,
mai, mai...
5 Ho i nervi troppo duri, ho sette anime
come le donne. Dirò sempre col cuore: sia benedetto il
Signore!
6 Qui il nero come essere ragionevole
non ha valore alcuno... e io volli mostrare vieppiù ai
popoli, provandolo con un esempio parlante, che secondo lo spirito
sublime del Vangelo tutti gli uomini, bianchi e neri, sono uguali
dinanzi a Dio e hanno diritto allacquisizione della fede
e alla civiltà cristiana.
7 Io ritorno tra voi per non cessare
mai più di essere vostro... Il vostro bene sarà
il mio, e le vostre pene saranno pure le mie. Io prendo a far
causa comune con ciascuno di voi, il più felice dei miei
giorni sarà quello in cui potrò dare la vita per
voi (da una sua omelia).
8 Bisogna patire grandi cose per amore
di Cristo, combattere con i potenti, con i Turchi, con gli atei,
con i frammassoni, coi barbari, con gli elementi, coi preti,
coi frati, col mondo e con linferno.
9 Il missionario deve essere disposto
a tutto, alla gioia e alla memestizia, alla vita e alla morte,
allabbraccio e allabbandono.
10 Ho sofferto di tutto... Le assicuro
che Giobbe il giusto ha navigato nelle gioie e nelle delizie
in confronto a me. Egli ha avuto più pazienza di me, ma
io ho sofferto più di lui. Ma per quanto spezzato dalle
fatiche, dalle amarezze e da tante pene, mi sento un coraggio
da leone... Lopera di Dio deve procedere nel cammino regale
della Croce e bisogna ringraziare Dio (lettera ad una Benefattrice,
1879)