SAN SEVERINO BOEZIO: FILOSOFO
E MARTIRE (480-526):
Dove troveremo
la felicità?
... Che cos'è la Felicità?
Giovanni Paolo II nella sua Lettera
Enciclica Fides et Ratio (1998) ha scritto:
Ogni uomo è
in certo qual modo un filosofo e possiede proprie concezioni filosofiche
con le quali orienta la sua vita. In un modo o in un altro, egli si
forma una visione globale e una risposta sul senso della propria esistenza:
in tal luce interpreta la propria vicenda personale e regola il suo
comportamento (n. 30).
È una cosa ovvia affermare
che tutti gli uomini desiderano sapere (Aristotele) e
che loggetto di questa loro incessante ricerca è la verità:
la verità sul mondo (Cosmologia), la verità su Dio (Teologia)
e da ultimo la verità su se stessi (Antropologia). Ricerca
della verità come assoluto, come qualcosa che si ponga a fondamento
di ogni cosa fatta e pensata.
Se ogni uomo può essere considerato
cercatore di senso e di verità, alcuni personaggi della storia
assurgono anche a martiri della verità, di questo assoluto
che avevano trovato nella loro ricerca, contemplato e tramandato per
noi. Ricordiamo il grande Socrate nel mondo pre cristiano, San Giustino
filosofo cristiano e martire e un suo collega, di alcuni secoli dopo:
San Severino Boezio. Martiri per la verità e per amore della
verità.
Ancora Giovanni Paolo II:
Il martire,
in effetti, è il più genuino testimone della verità
sullesistenza. Egli sa di avere trovato nellincontro con
Gesù Cristo la verità sulla sua vita e niente e nessuno
potrà mai strappargli questa certezza. Né la sofferenza
né la morte violenta lo potranno fare recedere dalladesione
alla verità che ha scoperto nellincontro con Cristo.
Ecco perché
fino ad oggi la testimonianza del martire affascina, genera consenso,
trova ascolto e viene seguita. Questa è la ragione per cui
ci si fida della loro parola: si scopre in essi levidenza di
un amore che non ha bisogno di lunghe argomentazioni per essere convincente...
(n. 32).
Proprio per questo suo amore alla
verità e a Cristo fino al martirio che la vita e gli scritti
di San Severino Boezio possono dirci e darci qualcosa di importante
anche a distanza di tanti secoli.
Per la verità qualcuno ha messo in dubbio il suo essere martire
per la fede cattolica (A. Butler) argomentando che Boezio fu fatto
uccidere da Teodorico (che però era seguace delleresia
ariana) semplicemente per ragion di stato cioè per ragioni
politiche, di potere insomma. Altri studiosi (come L. Obertello) affermano
che proprio in quanto cattolico, egli fu colpito dallira
del sovrano, desideroso di castigare in maniera esemplare e atterrire
i cattolici latini....
A suffragare la tesi di Boezio martire
(e quindi santo) ricordiamo anche, e non è decisamente poco,
la testimonianza del sommo poeta, Dante. Questi nel Canto X del Paradiso
parla di lui come di anima santa e come da martiro
e da essilio venne a questa pace in quel di Cieldauro (Pavia)
dove in effetti Boezio morì. Il Poeta lo considerava come un
uomo straordinario, una vera cerniera tra la cultura romana e la nascente
Scolastica, un filosofo che aveva esercitato uno straordinario
influsso su tutta la civiltà medievale (specialmente con lopera
La Consolazione della Filosofia). Dichiarava inoltre che erano stati
proprio i suoi scritti a spingerlo alla studio della filosofia.
La persona è...
Anicio Manlio Torquato Severino Boezio
nacque a Roma nel 480 da una delle famiglie romane aristocratiche
più influenti della Città, di cui il padre fu anche
console nel 487. Alletà di trentanni era già
un uomo famoso per la cultura filosofica che possedeva. Sposò
Rusticana, figlia di Quinto Simmaco, un grande romano del tempo, suo
amico e tutore legale da quando era diventato orfano.
Nel 497 lItalia veniva invasa
e conquistata dagli Ostrogoti di Teodorico. Questi riusciva in un
primo tempo a creare un certo equilibrio tra il suo popolo, i Romani
e i Bizantini. Boezio era tra i Romani colti del tempo che speravano
in una progressiva romanizzazione dei barbari Goti, cosa
che avrebbe fatto sopravvivere la romana libertas di fronte
alle prepotenze di Bisanzio, la seconda Roma. Anche con questa motivazione
culturale e civile, Boezio cominciò a tradurre in un latino
facile molte opere classiche greche (altrimenti incomprensibili ai
più). Queste traduzioni ed i commentari gli diedero una grande
notorietà nel Medio Evo, in tutta Europa. Tradusse Aristotele,
Platone, Pitagora, Tolomeo, Euclide e Archimede, ed il neoplatonico
Porfirio. Scrisse inoltre trattati di logica, matematica e musica,
senza trascurare il campo religioso.
A lui ormai si attribuisce con sicurezza
il De Sancta Trinitate. Lo scritto però più rilevante
che gli darà fama attraverso i secoli è il De Consolatione
Philosophiae, scritto in carcere, da condannato a morte. Cosera
capitato?
Nel 522 due figli di Boezio erano stati nominati consoli. La sua fortuna
era arrivata al massimo. Teodorico lo stimava profondamente, ed egli
ricambiava questa stima. Qualche tempo dopo però, per certi
suoi obblighi, dovette scontrarsi con alcuni funzionari pubblici dalla
condotta non eccessivamente onesta. Un certo Cipriano lo accusò
ingiustamente adducendo prove false di tradimento. Teodorico, senza
neppure ascoltarlo, lo condannò a morte. Così egli morì
in esilio a Pavia nel 426. Boezio perdeva la vita per ordine di Teodorico,
non soltanto per motivi personali ma anche a causa di ben precisi
contrasti politici e religiosi che sconquassavano lImpero.
Non è infrequente a distanza di secoli trovare il suo nome
citato in campo antropologico e cristologico, per la famosa definizione
di persona. Questa:
Rationalis
naturae individua substantia e cioè la persona è
una sostanza individuale di natura razionale. Questa definizione che mette
in rilievo sia la sostanzialità e lindividualità
della persona e quindi il suo essere-in-sé e la sua autonomia,
sia la sua razionalità. In forza di questultima essa
è capace di elevarsi fino alla coscienza di sé e alla
libera determinazione di se stessa (libero arbitrio).
La definizione
di Boezio si muove così sulla logica dellequilibrio fra
le spinte diverse che vorrebbero risolvere da una parte il molteplice
nellUno, dallaltra lUno nel molteplice. La persona
vi appare come lessere di frontiera, che tiene insieme i due
mondi, e perciò come la categoria che può essere applicata
agli uomini, agli angeli e a Dio, senza escludere una solidarietà
col piano degli esseri di altra natura, pur mantenendo la sua irriducibile
singolarità (Bruno Forte).
La definizione boeziana sarà
ripresa sostanzialmente dal grande teologo del Medio Evo, Tommaso
dAquino che definirà la persona come lessere che sussiste
per se stesso nella natura intellettuale" mettendo così in risalto laspetto
della sussistenza spirituale, del suo essere spirito incarnato in
un corpo, che esiste in-sé e per-sé, che significa che
luomo è così autocoscienza e fine a se stesso,
non può essere strumento di nessuno e questo comporta una dignità
(dignitatem importat).
La felicità
è...
Loccasione per scrivere La Consolazione
della Filosofia fu il suo imprigionamento e la sua condanna a morte.
Boezio riprende un genere letterario notevolmente diffuso nellantichità,
e cioè la consolazione filosofica che invita chi
si trovava in situazione difficile ad andare oltre i propri problemi
e tormenti.
Sono due i personaggi fantastici che
lo consolano in carcere: Filosofia e Fortuna. Sarà specialmente
la prima, che gli si presenta nelle sembianze fantastiche di una bella
e maestosa dama, a interrogare, a far ragionare e a consolare il prigioniero
suo discepolo. A Boezio che si lamenta di essere stato condannato
allesilio per aver difeso linnocenza dei senatori e per
le falsità dette contro di lui, Filosofia risponde:
Condannato allesilio?
Nessuno può dirsi in esilio quando è con se stesso.
Non mi impressiona laspetto del luogo in cui ti trovo, ma lo
stato del tuo spirito.
E quando si lamenta perché
la fortuna lo ha abbandonato, dimenticando quello che aveva ottenuto,
Filosofia gli dice rimproverandolo:
Invece di misurare
quello che hai perduto, perché non consideri quello che ti
è rimasto? Perché non confronti la tua vita con quella
degli altri?... Voglio farti riflettere sul fatto che i veri beni
sono fuori del controllo di Fortuna. La ricchezza, le cariche, la
fama... sono poi i veri beni?... Se la Fortuna cè (cosa
che andrebbe discussa), serve più agli uomini la fortuna avversa
che quella felice, perché la sfortuna fa ragionare mentre la
felicità illude.
Poi è Filosofia ad interrogarlo:
... Ma che cosè la felicità?. Il prigioniero
risponde:
Io direi che la felicità
consiste in un bene, posseduto il quale, non se ne desiderano altri.
Ma Filosofia gli rinfaccia il fatto che anche quando aveva tutto (fama,
ricchezze, onori, piaceri) non era tranquillo e felice, senza preoccupazioni
e paure. Boezio confessa che ha ragione. Eri dunque infelice
perché ti mancava qualcosa: la certezza che il tuo stato sarebbe
durato per sempre. Dunque ricchezza, fama, potere... non danno una
felicità completa o almeno non danno una felicità continua.
Poi Filosofia dà la definizione:
La Felicità
consiste nellavere tutte queste cose e altre insieme a queste,
senza la possibilità di perderle con la certezza di poterle
sempre aumentare, se lo si desidera. Ma se questo è vero,
la felicità non si può trovare che nellInfinito,
cioè nel Bene sommo, cioè in Dio, per usare un termine
duso abituale tra noi.
Ancora Filosofia:
Se il possesso
di Dio fa diventare felici, ogni uomo felice è un po
come Dio. Esiste un Dio solo per natura, ma possiamo dire che esistono
molti dèi per una certa qual partecipazione, perché
ogni uomo felice è un po un dio...
Non ci può
essere felicità stabile per luomo che non sia «unificato»,
«intero», cioè per luomo che non tende
tutto al Sommo Bene... Dio ha posto allinterno di ogni cosa
una forza che abbiamo chiamato «natura» e che spinge
tutti inconsciamente verso di Lui. Bisogna dunque volerla soffocare
per non raggiungerlo. Non è questo che ha sempre sostenuto
il tuo Platone?... Tutte le cose dunque cercando la loro felicità
cercano per ciò stesso Dio....
Ma nel mondo non ci sono anche i cattivi
che danno dolore e creano difficoltà ai buoni e ai giusti?
Filosofia risponde al problema: Io sostengo dunque (e non ti
sembri un paradosso) che i cattivi «non esistono» come
uomini, soltanto «vivono» da uomini.... E aggiunge:
I delinquenti
dovrebbero essere portati in tribunale non da accusatori sdegnati
ma da amici carissimi, proprio come si fa per il malato con il medico.
Ora è Filosofia a porre una
domanda al discepolo:
Gli uomini non
sono capaci di vedere a fondo le cose. Pensano che tutto sia confuso...
Esaminiamo il problema del presunto trionfo dei cattivi: chi tra gli
uomini può vantarsi di saper infallibilmente distinguere i
buoni dai cattivi?... Luomo non riesce a scorgere nellintimo
dellanima altrui.
E più avanti interviene parlando
delloperato di Dio, che a qualcuno sembra ingiusto:
Dio può
essere benissimo paragonato ad un medico dellanimo umano che
fissa ad ogni uomo i rimedi che sono necessari a lui singolarmente...
Dio prova tutti perché ognuno possa capire e sperimentare se
stesso... essendo Dio onnipotente ed infinito... mentre luomo
è finito e limitato, questultimo non può capire
tutto il suo procedere e perciò dobbiamo accontentarci di accettare
che Dio crea e governa razionalmente la natura e dirige tutte le cose
al bene....
Unultima domanda. Che cosè
la vita delluomo? È Filosofia che risponde, ma ricordiamoci
che è Boezio stesso che parla della propria esperienza e della
propria visione antropologica.
La vita è
un combattimento e non un gioire tra le delizie o un marcire tra
i piaceri. Bisogna dunque che ogni uomo si faccia la sua fortuna:
e questo è possibile, se per fortuna si intende quello a
cui io accennavo, cioè il risultato giornaliero delladattamento
e della pazienza delluomo di fronte allo svolgersi inevitabile
del Destino e cioè di fronte al concreto incarnarsi nella
storia della Provvidenza di Dio.
E un consiglio di Boezio alluomo
moderno tanto geloso della propria libertà a tutti i costi
anche fuori dalle regole poste dalla natura e da Dio. Luomo
è libero quanto più si mantiene legato al piano provvidenziale
di Dio ed è tanto meno libero quanto più si lega al
corpo o alle sue passioni. Un pensiero che arriva da 1500 anni
fa. Non credete che sia valido ancora oggi?
MARIO SCUDU
sdb ***
*** Questo
e altri 120 santi e sante e beati sono presenti nel volume di :
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi
campioni, Editrice Elledici, Torino
Che cos'è la Felicità?
PENSIERI SULLA FELICITA'
La felicità è
una merce meravigliosa: più se ne distribuisce, più
se ne ha.
B. Pascal, filosofo e matematico
La felicità non è
di questo mondo. Le ricchezze possono rendere luno più
fortunato dellaltro, ma non può farlo più felice.
Euripide, scrittore greco classico
Felice è colui che ha
potuto conoscere le cause delle cose.
Virgilio, Georgiche II, 489
La sola cosa che possa rendere
e mantenere felici è non stupirsi di nulla.
Orazio, Epistolae I, 1-2