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19 novembre: SANTA MATILDE DI MAGDEBURGO
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S. Matilde di Magdeburgo (1207 -1285 circa), monaca ***

L'ACQUA DEL DOLORE E IL FUOCO DELL'AMORE

La vita umana non è sempre una passeggiata rinfrescante e corroborante, con un paesaggio delizioso e gratificante, con una meta sicura e a portata di mano. Prima o poi, da giovani o più probabilmente da meno giovani, siamo chiamati anche a bere "l'acqua del dolore" che può avere mille sfaccettature, da quello fisico, molto probabile, a quella psicologico spirituale o esistenziale. E' proprio in questi momenti che bisogna "accendere il fuoco dell'amore" con i "fiammiferi della perseveranza" che uno si è preparato, con coraggio e con fede, giorno dopo giorno, lungo la propria vita. Così si ha il coraggio di stare davanti a Dio, senza il conforto delle cose dalle quali ci si è distaccati (ecco il deserto). E' questo il consiglio di Matilde di Magdeburgo vissuta nel sec. XIII che ha descritto la propria esperienza religiosa in uno dei capolavori della mistica tedesca: "Das fliessende Licht der Gottheit" (in italiano conosciuto come La Luce fluente della Divinità). E' anche la prima mistica che utilizza nei suoi scritti la lingua volgare e lo fa come una vera poetessa tanto che Enrico di Nordlingen, che nel 1345 lo traspose nel tedesco letterario, affermò: "E' il tedesco più meraviglioso e il frutto dell'amore più profondamente rassicurante che io abbia mai letto in tedesco".

Matilde tra le beghine di Magdeburgo

Matilde nacque verso il 1207 nella Bassa Sassonia, in Germania, da una famiglia agiata, probabilmente nobile. Ebbe un'educazione accurata, secondo il tempo, ma sembra che non conoscesse il latino tanto da poterlo scrivere, e di questo se ne doleva. Fu favorita da parte di Dio di esperienze mistiche: già all'età di 12 anni ebbe una travolgente e decisiva esperienza dello Spirito Santo e da quel momento in poi riusciva a vedere Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio come lei stessa affermerà: "Il giorno del mio risveglio spirituale fu quando vidi tutte le cose in Dio e Dio in tutte le cose, e ne ero consapevole".
Poi per vari anni non successe niente di straordinario. Raggiunti i vent'anni Matilde prese la grande decisione che doveva segnare la propria vita in campo spirituale: lasciò la famiglia per seguire la chiamata di Dio a vivere per lui solo, nella solitudine, nella preghiera, nella penitenza e nelle opere di carità verso il prossimo. Andò nella città di Magdeburgo, dove visse per molti anni come beghina, finché non si ritirò nel monastero di Helfta nel 1270. Diventò anche terziaria domenicana.
Ma chi erano le beghine e i begardi, (gli uomini)? Le beghine erano donne laiche ('mulieres religiosae') appartenenti ad un tipo particolare di associazione o comunità a carattere religioso, diffuso specialmente nel nord Europa. Vivevano inoltre al di fuori del controllo diretto degli ordini religiosi (domenicani, cistercensi…). Le beghine vivevano una intensa vita di preghiere ed erano dedite ad opere di carità e di misericordia, come l'assistenza ai malati e l'aiuto ai poveri della propria città. Queste forme di vita o associazione era chiamato beghinaggio. Naturalmente era ben diverso da una comunità religiosa di un qualunque ordine (es. monache cistercensi o benedettine), e non erano direttamente sotto una giurisdizione ecclesiastica di controllo (come nei monasteri). Si ebbero perciò vari abusi e difficoltà riguardo all'ortodossia (accuse di panteismo e quietismo) all'autorità ecclesiastica. Talvolta ci furono anche atteggiamenti quasi sprezzanti (si sentivano superiori spiritualmente) verso gli altri che non condividevano i loro ideali. Fino a diventare, qualche volta, dei fanatici intransigenti (e scivolare così in movimento ereticale). Per cui dopo la metà del sec. XIII non erano visti di buon occhio dall'autorità ecclesiastica, che autorizzò contro di loro azioni inquisitive vere e proprie.

Matilde nel monastero di Helfta (1270)

Matilde tenne le esperienze mistiche di cui Dio l'arricchiva, nascoste per molti anni. Queste la riempivano di gioia, di ottimismo ma anche di angoscia e di sofferenza. Molto probabilmente per ordine del confessore, che era anche suo amico e confidente il domenicano Enrico di Halle, allievo di sant'Alberto Magno (come lo fu anche Tommaso d'Aquino) scrisse le visioni e rivelazioni soprannaturali che aveva. Fu quindi lo stesso confessore che raccolse gli scritti in un volume a cui lo stesso Gesù diede il titolo:"Luce fluente della Divinità nei cuori di coloro che vivono senza falsità". "In esso, con tranquilla franchezza, come santa Ildegarda di Bingen prima di lei e come santa Caterina da Siena dopo, Matilde criticava l'Impero e la Chiesa, stigmatizzando la condotta dei chierici e dei monaci dissoluti. Matilde era venerata da molti, ma incompresa e osteggiata da altri. (Augusta Tescari, OSCO). L'audacia dei suoi scritti, lo stile usato non proprio convenzionale contenente prosa e anche poesie ispirata dalla lirica cortese, l'audacia di certe immagini proprie dell'ambito nuziale (ispirate dal famoso Cantico dei Cantici), il sospetto di qualche ecclesiastico non contento del coraggio dimostrato da Matilde facendo queste denunce, si coagularono insieme, in forma di una vera tempesta contro di lei. Lo sappiamo dalla storia: il potere, civile o anche ecclesiastico, quando è attaccato e si vede in pericolo, difficilmente perdona; prima o poi, in una forma o in un'altra, fa arrivare la reazione vendicativa. Furono tutti questi elementi che, probabilmente, indussero i Domenicani, verso il 1270, ad affidarla, ormai vecchia e quasi cieca, al monastero di Helfta, dove visse per almeno 12-15 anni, e dove completò la sua opera, con l'ultimo capitolo. "Nonostante la sua vita di beghina, indipendente e marginale rispetto allo stato religioso canonico, nonostante la sua proclamata libertà dal tutto ciò che non è Dio, nonostante l'arditezza del suo linguaggio mistico che trascende la precisione delle affermazioni teologiche, l'amore alla chiesa di questa donna straordinario non può essere messo in dubbio. Per questo possiamo leggere il libro di Matilde di Magdeburgo come una magnifica e appassionata esperienza di unione, beata e sofferta, con Dio e con i fratelli "(Augusta Tescari).

La mistica sponsale di Matilde

La sua presenza e le sua esperienza spirituale influì su altre monache eccezionali dello stesso spessore e profondità spirituale, che vissero in quegli anni proprio a Helfta: Matilde di Hackeborn (santa), sua sorella Gertrude che fu la fondatrice del monastero e anche maestra delle novizie, tra le quali ebbe santa Gertrude la Grande. Matilde visse qui gli ultimi anni guidata dallo Spirito Santo, intimamente unita alla Passione di Cristo, trascorrendo i giorni nella preghiera, nell'umiltà, nella pazienza e mitezza verso tutte le altre monache.
Matilde è considerata tra le iniziatrici, insieme alla beghina Hadewijch, a Matilde di Hackeborn e Gertrude la Grande, della cosiddetta mistica sponsale (o Brautmystik). Queste "descrissero le loro esperienze di unione mistica in termini di estasi, sessualità erotica e devozione amorosa, passionale" (S. Hames, C.S.J., in Nuovo Dizionario di Spiritualità, Editrice Vaticana 2003, p. 462).
E' la stessa tradizione biblica (vedi specialmente il Cantico dei Cantici, ed il profeta Osea) e patristica ad usare l'immagine dello sposo e della sposa per descrivere il rapporto tra Dio ed Israele, tra Dio e la Chiesa (è rimasto famoso il commento al Cantico dei Cantici di Origene). Lo stesso fece Bernardo di Chiaravalle che riprese l'immagine dell'amore umano o sponsale dallo stesso Cantico. Così pure anche Riccardo di San Vittore usò il linguaggio simbolico della promessa di matrimonio, dello stesso vincolo coniugale e della fecondità dell'anima per descrivere l'unione dinamica dell'anima con lo stesso Creatore.

Messaggio spirituale di Matilde

Per Matilde tutto il cammino ascetico da lei vissuto e descritto, deve condurre all'unione mistica, intesa come unione sostanziale, totale dell'anima con Dio."La mistica dell'amore di Matilde sottolinea il reciproco desiderio di unione dell'anima e di Dio, che si esprima nella gioia e nell'allegria della danza mistica. Las fruizione di Dio si ottiene solo dopo essere passati attraverso l'oscurità della notte spirituale, nella perfetta imitazione della passione e morte di Cristo. Gli occhi della sua anima spesso contemplano la bellezza dell'umanità di Gesù Cristo che, come un bel giovane, personifica l'amore e l'invita a partecipare alla danza mistica che circonda il Padre e lo spirito Santo" (R. Termolen, in Dizionario di Mistica, Editrice Vaticana 1998, p.799).
Non si può arrivare a Dio, la santa montagna, senza salire con fatica, con impegno, con fede e soprattutto senza spogliarsi di tutto ciò che non è Dio (le cose terrene che ci trattengono), e che ci impedisce la salita. Lei stessa aveva scritto che "man mano che ci svuotiamo, Dio ci riempie e noi riversiamo in lui il nostro amore, riuscendo a renderci simili a lui". Questo svuotamento di tutto ciò che viene all'anima attraverso i sensi, la memoria e l'immaginazione, i propri progetti, e perfino quasi staccandosi da ogni pensiero alle proprie virtù, porta all'unione con Dio. Così facendo l'anima arriverà a lui, accendendo ogni giorno il "fuoco dell'amore" e superando così tutte le difficoltà e le sofferenze del cammino.

Mario SCUDU sdb - Torino

*** Testi

1 - Quando bevi l'acqua del dolore…
Ama il nulla, fuggi il sé. Rimani solitaria, non cercare l'aiuto di nessuno.
Lascia che il tuo essere si acquieti, che sia libero da ogni legame con le cose.
Libera coloro che sono legati, ed esorta coloro che sono già liberi.
Prenditi cura dei malati, ma rimani da sola.
Quando bevi l'acqua del dolore. accendi il fuoco dell'amore,
con i fiammiferi della perseveranza. Così si sta nel deserto.
2 - L'anima e Dio Trinità
Se dunque l'anima è salita fino all'Altissimo che può raggiungere mentre è legata al suo povero corpo, e se è discesa nella parte più profonda possibile, allora è del tutto cresciuta in virtù e santità. Deve poi adornarsi con i dolori di una lunga attesa…. (c. 5,4).
Signore Gesù Cristo che senza inizio sei fluito in modo spirituale dal cuore del tuo eterno Padre, nato secondo la carne da una perfetta vergine, dalla carne di Santa Maria, e che insieme a tuo Padre sei un Spirito, una volontà, una potenza, una forza altissima al di sopra di tutte le cose, che è stata e sarà senza fine. Signore, eterno Padre, poiché io di tutte le creature sono la più indegna, sono a mia volta fluita dal tuo cuore in modo spirituale e sono nata, Signore Gesù Cristo, da tuo fianco, e poiché io, Signore Dio e Uomo, sono stata purificata con lo Spirito di ambedue, così parlo, io povero essere afflitto: Signore, Padre celeste, tu sei il mio cuore. Signore Gesù Cristo tu sei il mio corpo! Signore, Spirito Santo, tu sei il mio respiro!Signore, Santa Trinità, tu sei il mio unico rifugio ed il mio eterno riposo (Da La Luce fluente della Divinità,c. 5,6).
3 - Pensieri di Matilde
1 - Il giorno del mio risveglio spirituale fu quando vidi tutte le cose in Dio e Dio in tutte le cose, e ne ero consapevole.
2 - Maria, tu hai fatto nascere il tuo figlio sulla terra, hai fatto nascere il Figlio di Dio dal cielo spirando lo Spirito di Dio.
3 - Vuoi avere l'amore? Se vuoi avere l'amore allora devi abbandonarlo.
4 - Come dovremmo vivere? Viviamo accogliendo tutti.
5 - Non disprezzare il tuo corpo, perché l'anima è al sicuro nel corpo, come nel regno dei cieli.
6 - Nel diletto multiforme che io imparo ad ottenere dalle cose terrene non potrà mai allontanarmi dal mio Diletto. Perché nella nobiltà delle creature e nella loro utilità io amerò Dio e non me stessa.
7 - Dio non è solo paterno, Dio è anche una madre, che solleva il suo bimbo amatissimo dal pavimento sulle sue ginocchia. La Trinità è come il mantello di una madre sotto il quale il bambino trova una casa e riposa il capo sul petto materno.
8 - Man mano che ci svuotiamo, Dio ci riempie e noi riversiamo in lui il nostro amore, riuscendo a renderci simili a lui.
9 - Chi conosce e ama la nobiltà della mia libertà non può sopportare di amarvi solo per me stesso, ma deve amarmi anche nelle creature. Così io continuo ad esser il Prossimo per la sua anima (Così il Signore spiega a Matilde che vuole essere amato anche nel prossimo).
10 - Signore, tu ci hai coperto di doni e anche noi dobbiamo donare a nostra volta agli altri… Man mano che ci svuotiamo, Dio ci riempie e noi riversiamo in lui il nostro amore, riuscendo a renderci simili a lui.i


*** Tratto dal volume:

MARIO SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 San
te e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino


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