S. Matilde
di Magdeburgo (1207 -1285 circa), monaca ***
L'ACQUA
DEL DOLORE E IL FUOCO DELL'AMORE
La vita umana non è sempre
una passeggiata rinfrescante e corroborante, con un paesaggio delizioso
e gratificante, con una meta sicura e a portata di mano. Prima o
poi, da giovani o più probabilmente da meno giovani, siamo
chiamati anche a bere "l'acqua del dolore" che può
avere mille sfaccettature, da quello fisico, molto probabile, a
quella psicologico spirituale o esistenziale. E' proprio in questi
momenti che bisogna "accendere il fuoco dell'amore" con
i "fiammiferi della perseveranza" che uno si è
preparato, con coraggio e con fede, giorno dopo giorno, lungo la
propria vita. Così si ha il coraggio di stare davanti a Dio,
senza il conforto delle cose dalle quali ci si è distaccati
(ecco il deserto). E' questo il consiglio di Matilde di Magdeburgo
vissuta nel sec. XIII che ha descritto la propria esperienza religiosa
in uno dei capolavori della mistica tedesca: "Das fliessende
Licht der Gottheit" (in italiano conosciuto come La Luce fluente
della Divinità). E' anche la prima mistica che utilizza nei
suoi scritti la lingua volgare e lo fa come una vera poetessa tanto
che Enrico di Nordlingen, che nel 1345 lo traspose nel tedesco letterario,
affermò: "E' il tedesco più meraviglioso e il
frutto dell'amore più profondamente rassicurante che io abbia
mai letto in tedesco".
Matilde tra le beghine di Magdeburgo
Matilde nacque verso il 1207 nella
Bassa Sassonia, in Germania, da una famiglia agiata, probabilmente
nobile. Ebbe un'educazione accurata, secondo il tempo, ma sembra
che non conoscesse il latino tanto da poterlo scrivere, e di questo
se ne doleva. Fu favorita da parte di Dio di esperienze mistiche:
già all'età di 12 anni ebbe una travolgente e decisiva
esperienza dello Spirito Santo e da quel momento in poi riusciva
a vedere Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio come lei stessa
affermerà: "Il giorno del mio risveglio spirituale fu
quando vidi tutte le cose in Dio e Dio in tutte le cose, e ne ero
consapevole".
Poi per vari anni non successe niente di straordinario. Raggiunti
i vent'anni Matilde prese la grande decisione che doveva segnare
la propria vita in campo spirituale: lasciò la famiglia per
seguire la chiamata di Dio a vivere per lui solo, nella solitudine,
nella preghiera, nella penitenza e nelle opere di carità
verso il prossimo. Andò nella città di Magdeburgo,
dove visse per molti anni come beghina, finché non si ritirò
nel monastero di Helfta nel 1270. Diventò anche terziaria
domenicana.
Ma chi erano le beghine e i begardi, (gli uomini)? Le beghine erano
donne laiche ('mulieres religiosae') appartenenti ad un tipo particolare
di associazione o comunità a carattere religioso, diffuso
specialmente nel nord Europa. Vivevano inoltre al di fuori del controllo
diretto degli ordini religiosi (domenicani, cistercensi
).
Le beghine vivevano una intensa vita di preghiere ed erano dedite
ad opere di carità e di misericordia, come l'assistenza ai
malati e l'aiuto ai poveri della propria città. Queste forme
di vita o associazione era chiamato beghinaggio. Naturalmente era
ben diverso da una comunità religiosa di un qualunque ordine
(es. monache cistercensi o benedettine), e non erano direttamente
sotto una giurisdizione ecclesiastica di controllo (come nei monasteri).
Si ebbero perciò vari abusi e difficoltà riguardo
all'ortodossia (accuse di panteismo e quietismo) all'autorità
ecclesiastica. Talvolta ci furono anche atteggiamenti quasi sprezzanti
(si sentivano superiori spiritualmente) verso gli altri che non
condividevano i loro ideali. Fino a diventare, qualche volta, dei
fanatici intransigenti (e scivolare così in movimento ereticale).
Per cui dopo la metà del sec. XIII non erano visti di buon
occhio dall'autorità ecclesiastica, che autorizzò
contro di loro azioni inquisitive vere e proprie.
Matilde nel monastero di Helfta (1270)
Matilde tenne le esperienze mistiche
di cui Dio l'arricchiva, nascoste per molti anni. Queste la riempivano
di gioia, di ottimismo ma anche di angoscia e di sofferenza. Molto
probabilmente per ordine del confessore, che era anche suo amico
e confidente il domenicano Enrico di Halle, allievo di sant'Alberto
Magno (come lo fu anche Tommaso d'Aquino) scrisse le visioni e rivelazioni
soprannaturali che aveva. Fu quindi lo stesso confessore che raccolse
gli scritti in un volume a cui lo stesso Gesù diede il titolo:"Luce
fluente della Divinità nei cuori di coloro che vivono senza
falsità". "In esso, con tranquilla franchezza,
come santa Ildegarda di Bingen prima di lei e come santa Caterina
da Siena dopo, Matilde criticava l'Impero e la Chiesa, stigmatizzando
la condotta dei chierici e dei monaci dissoluti. Matilde era venerata
da molti, ma incompresa e osteggiata da altri. (Augusta Tescari,
OSCO). L'audacia dei suoi scritti, lo stile usato non proprio convenzionale
contenente prosa e anche poesie ispirata dalla lirica cortese, l'audacia
di certe immagini proprie dell'ambito nuziale (ispirate dal famoso
Cantico dei Cantici), il sospetto di qualche ecclesiastico non contento
del coraggio dimostrato da Matilde facendo queste denunce, si coagularono
insieme, in forma di una vera tempesta contro di lei. Lo sappiamo
dalla storia: il potere, civile o anche ecclesiastico, quando è
attaccato e si vede in pericolo, difficilmente perdona; prima o
poi, in una forma o in un'altra, fa arrivare la reazione vendicativa.
Furono tutti questi elementi che, probabilmente, indussero i Domenicani,
verso il 1270, ad affidarla, ormai vecchia e quasi cieca, al monastero
di Helfta, dove visse per almeno 12-15 anni, e dove completò
la sua opera, con l'ultimo capitolo. "Nonostante la sua vita
di beghina, indipendente e marginale rispetto allo stato religioso
canonico, nonostante la sua proclamata libertà dal tutto
ciò che non è Dio, nonostante l'arditezza del suo
linguaggio mistico che trascende la precisione delle affermazioni
teologiche, l'amore alla chiesa di questa donna straordinario non
può essere messo in dubbio. Per questo possiamo leggere il
libro di Matilde di Magdeburgo come una magnifica e appassionata
esperienza di unione, beata e sofferta, con Dio e con i fratelli
"(Augusta Tescari).
La mistica sponsale di Matilde
La sua presenza e le sua esperienza
spirituale influì su altre monache eccezionali dello stesso
spessore e profondità spirituale, che vissero in quegli anni
proprio a Helfta: Matilde di Hackeborn (santa), sua sorella Gertrude
che fu la fondatrice del monastero e anche maestra delle novizie,
tra le quali ebbe santa Gertrude la Grande. Matilde visse qui gli
ultimi anni guidata dallo Spirito Santo, intimamente unita alla
Passione di Cristo, trascorrendo i giorni nella preghiera, nell'umiltà,
nella pazienza e mitezza verso tutte le altre monache.
Matilde è considerata tra le iniziatrici, insieme alla beghina
Hadewijch, a Matilde di Hackeborn e Gertrude la Grande, della cosiddetta
mistica sponsale (o Brautmystik). Queste "descrissero le loro
esperienze di unione mistica in termini di estasi, sessualità
erotica e devozione amorosa, passionale" (S. Hames, C.S.J.,
in Nuovo Dizionario di Spiritualità, Editrice Vaticana 2003,
p. 462).
E' la stessa tradizione biblica (vedi specialmente il Cantico dei
Cantici, ed il profeta Osea) e patristica ad usare l'immagine dello
sposo e della sposa per descrivere il rapporto tra Dio ed Israele,
tra Dio e la Chiesa (è rimasto famoso il commento al Cantico
dei Cantici di Origene). Lo stesso fece Bernardo di Chiaravalle
che riprese l'immagine dell'amore umano o sponsale dallo stesso
Cantico. Così pure anche Riccardo di San Vittore usò
il linguaggio simbolico della promessa di matrimonio, dello stesso
vincolo coniugale e della fecondità dell'anima per descrivere
l'unione dinamica dell'anima con lo stesso Creatore.
Messaggio spirituale di Matilde
Per Matilde tutto il cammino ascetico
da lei vissuto e descritto, deve condurre all'unione mistica, intesa
come unione sostanziale, totale dell'anima con Dio."La mistica
dell'amore di Matilde sottolinea il reciproco desiderio di unione
dell'anima e di Dio, che si esprima nella gioia e nell'allegria
della danza mistica. Las fruizione di Dio si ottiene solo dopo essere
passati attraverso l'oscurità della notte spirituale, nella
perfetta imitazione della passione e morte di Cristo. Gli occhi
della sua anima spesso contemplano la bellezza dell'umanità
di Gesù Cristo che, come un bel giovane, personifica l'amore
e l'invita a partecipare alla danza mistica che circonda il Padre
e lo spirito Santo" (R. Termolen, in Dizionario di Mistica,
Editrice Vaticana 1998, p.799).
Non si può arrivare a Dio, la santa montagna, senza salire
con fatica, con impegno, con fede e soprattutto senza spogliarsi
di tutto ciò che non è Dio (le cose terrene che ci
trattengono), e che ci impedisce la salita. Lei stessa aveva scritto
che "man mano che ci svuotiamo, Dio ci riempie e noi riversiamo
in lui il nostro amore, riuscendo a renderci simili a lui".
Questo svuotamento di tutto ciò che viene all'anima attraverso
i sensi, la memoria e l'immaginazione, i propri progetti, e perfino
quasi staccandosi da ogni pensiero alle proprie virtù, porta
all'unione con Dio. Così facendo l'anima arriverà
a lui, accendendo ogni giorno il "fuoco dell'amore" e
superando così tutte le difficoltà e le sofferenze
del cammino.
Mario
SCUDU sdb - Torino
*** Testi
1 - Quando bevi l'acqua del dolore
Ama il nulla, fuggi il sé. Rimani solitaria, non cercare
l'aiuto di nessuno.
Lascia che il tuo essere si acquieti, che sia libero da ogni legame
con le cose.
Libera coloro che sono legati, ed esorta coloro che sono già
liberi.
Prenditi cura dei malati, ma rimani da sola.
Quando bevi l'acqua del dolore. accendi il fuoco dell'amore,
con i fiammiferi della perseveranza. Così si sta nel deserto.
2 - L'anima e Dio Trinità
Se dunque l'anima è salita fino all'Altissimo che può
raggiungere mentre è legata al suo povero corpo, e se è
discesa nella parte più profonda possibile, allora è
del tutto cresciuta in virtù e santità. Deve poi adornarsi
con i dolori di una lunga attesa
. (c. 5,4).
Signore Gesù Cristo che senza inizio sei fluito in modo spirituale
dal cuore del tuo eterno Padre, nato secondo la carne da una perfetta
vergine, dalla carne di Santa Maria, e che insieme a tuo Padre sei
un Spirito, una volontà, una potenza, una forza altissima
al di sopra di tutte le cose, che è stata e sarà senza
fine. Signore, eterno Padre, poiché io di tutte le creature
sono la più indegna, sono a mia volta fluita dal tuo cuore
in modo spirituale e sono nata, Signore Gesù Cristo, da tuo
fianco, e poiché io, Signore Dio e Uomo, sono stata purificata
con lo Spirito di ambedue, così parlo, io povero essere afflitto:
Signore, Padre celeste, tu sei il mio cuore. Signore Gesù
Cristo tu sei il mio corpo! Signore, Spirito Santo, tu sei il mio
respiro!Signore, Santa Trinità, tu sei il mio unico rifugio
ed il mio eterno riposo (Da La Luce fluente della Divinità,c.
5,6).
3 - Pensieri di Matilde
1 - Il giorno del mio risveglio spirituale fu quando vidi tutte
le cose in Dio e Dio in tutte le cose, e ne ero consapevole.
2 - Maria, tu hai fatto nascere il tuo figlio sulla terra, hai fatto
nascere il Figlio di Dio dal cielo spirando lo Spirito di Dio.
3 - Vuoi avere l'amore? Se vuoi avere l'amore allora devi abbandonarlo.
4 - Come dovremmo vivere? Viviamo accogliendo tutti.
5 - Non disprezzare il tuo corpo, perché l'anima è
al sicuro nel corpo, come nel regno dei cieli.
6 - Nel diletto multiforme che io imparo ad ottenere dalle cose
terrene non potrà mai allontanarmi dal mio Diletto. Perché
nella nobiltà delle creature e nella loro utilità
io amerò Dio e non me stessa.
7 - Dio non è solo paterno, Dio è anche una madre,
che solleva il suo bimbo amatissimo dal pavimento sulle sue ginocchia.
La Trinità è come il mantello di una madre sotto il
quale il bambino trova una casa e riposa il capo sul petto materno.
8 - Man mano che ci svuotiamo, Dio ci riempie e noi riversiamo in
lui il nostro amore, riuscendo a renderci simili a lui.
9 - Chi conosce e ama la nobiltà della mia libertà
non può sopportare di amarvi solo per me stesso, ma deve
amarmi anche nelle creature. Così io continuo ad esser il
Prossimo per la sua anima (Così il Signore spiega a Matilde
che vuole essere amato anche nel prossimo).
10 - Signore, tu ci hai coperto di doni e anche noi dobbiamo donare
a nostra volta agli altri
Man mano che ci svuotiamo, Dio ci
riempie e noi riversiamo in lui il nostro amore, riuscendo a renderci
simili a lui.i
***
Tratto dal volume:
MARIO
SCUDU, Pazze per Dio
Profilo storico-spirituale di 40 Sante
e Beate
Prefazione di YVONNE REUNGOAT
Editrice ELLEDICI - Torino
Visita Nr.