15
nov.: SANT'ALBERTO MAGNO, Vescovo e Dottore della Chiesa (1206-1280)
VOLERE
CIO' CHE DIO VUOLE
PER LA SUA GLORIA
Luniversità
di Padova fu una delle prime a sorgere in Europa e già
nel 1200 era fra le più famose e apprezzate. Attirava
studenti un po da tutto il continente che qui si preparavano
al futuro, studiando, riflettendo e divertendosi... in pure stile
goliardico, molto creativo e spesso dissacrante. Venivano proposti
loro anche dei momenti di formazione spirituale, come quando
arrivò un rinomato predicatore, che era addirittura il
numero due dellOrdine dei Predicatori (Domenicani), fondati
da poco da uno spagnolo, un certo Domenico di Guzman (Santo).
Il suo nome era Giordano di Sassonia, ed era tedesco.
Forse non era molto convinto
dellutilità della sua predicazione, tuttavia predicò
con tutto lo zelo di cui disponeva. Alla fine sospirò
un po perplesso: gli sembrava di aver perso tempo, di aver
gettato il seme della Parola di Dio su un terreno sassoso
costituito da quella torma di allegri giovanotti. È questa
la sensazione, peraltro non nuova, che gli (noi) insegnanti abbiamo
davanti a certe classi di ragazzi di tuttaltro interessati
fuorché alla scuola. Ma Giordano di Sassonia si sbagliava.
In mezzo a quel terreno apparentemente impermeabile alle cose
spirituali erano presenti anche piccole zone fertili, che avevano
accolto quel seme della Parola con gioia. Infatti ben dieci universitari
gli chiesero di entrare nellordine domenicano. Tra essi
due figli di nobili tedeschi: uno si chiamava Alberto di Lauingen.
Quel giovanotto intelligente
e di bellaspetto, che amava molto i libri, rimase colpito
dalle parole di Giordano di Sassonia: questi lo spedì
nel convento a Colonia per il noviziato e per iniziare gli studi
teologici. Nel 1228 divenne lettore di teologia, cominciando
una prestigiosa carriera come insegnante: nei conventi di Hildesheim,
di Friburgo, di Ratisbona, di Strasburgo. Poi nel 1243 fu inviato
alluniversità di Parigi, dove nel 1245 divenne Magister
theologiae cioè professore e tenne la cattedra di teologia
per tre anni.
Finché nel 1248 i Domenicani
diedero vita allo Studium generale di Colonia (una specie di
università) e chiamarono a dirigerlo proprio Alberto che
era a Parigi. Questi accettò lincarico e prese una
decisione di importanza straordinaria per la storia della cultura
ecclesiastica (e non): portò con sé un suo allievo,
il più brillante e il più intelligente: si trattava
di un giovane domenicano italiano, di nome Tommaso dAquino.
E il destino dei due si intrecciò vigorosamente per tanti
anni con grande beneficio per la teologia e per la Chiesa intera.
Maestro ed esempio
per Tommaso dAquino
A Colonia, Alberto, uomo sereno,
oggettivo e aperto a tutte le verità da qualunque parte
provenissero, ebbe modo di studiare (anche se su traduzioni imperfette)
e approfondire la sua conoscenza di Aristotele, che stava ormai
penetrando nel mondo accademico del tempo. Cera diffidenza
in quegli anni in ambito cristiano verso il grande filosofo greco:
lo si credeva (complice Averroè) nemico del cristianesimo,
e non collimante con la visione tradizionale che si aveva allora
e che era quella di Agostino.
In Alberto invece la filosofia
di Aristotele trovò luomo in grado di dargli diritto
di cittadinanza nellinsegnamento filosofico e teologico
della Chiesa (la Scolastica latina). Appare chiaro, con
Alberto, che laristotelismo non solo non rende impossibile
la ricerca scolastica, cioè la comprensione filosofica
della verità rivelata, ma costituisce il fondamento sicuro
di tale ricerca e offre il filo conduttore che consente di legare
insieme le dottrine fondamentali della tradizione scolastica
(N. Abbagnano). Alberto ebbe questa grande intuizione, ma la
realizzò solo in parte. In lui mancarono chiarezza, completezza,
sistematicità e possiamo anche dire scientificità.
Tutte caratteristiche che ebbe in grado eccelso il suo illustre
discepolo e continuatore di questo connubio: il sommo Tommaso
dAquino, Santo e Dottore della Chiesa.
Alberto con il suo esempio
spronava tutti a non aver paura delle scienze umane, perché
esse sono portatrici di verità che possono aiutare nella
comprensione della fede. Dotato di una poderosa intelligenza
sorretta da una formidabile memoria studiò anche la logica,
la retorica, letica, e le varie scienze naturali come la
matematica, lastronomia, la fisica, la biologia. Tutto
lo scibile di allora disponibile nel bacino mediterraneo. E,
sollecitato dai confratelli, cominciò a scrivere anche
un vasta enciclopedia proprio per loro. Comunque sia il giudizio
dei critici, Alberto si è guadagnato
degnamente alcune pagine nella storia della filosofia, oltre
ad avere un posto nella storia della Chiesa come vescovo e dottore
(gli è stato dato il titolo di Dottore Universale), e
ciò che ancora più importante come santo.
È interessante notare
che Alberto non era solo e tutto immerso nei libri: non era la
figura dello studioso che vive solo di libri e per i libri. Era
anche inserito bene nelle vicende politiche della città
di Colonia. Si impegnò infatti personalmente per la pacificazione
fra i suoi governanti e larcivescovo. Nel 1254, fu poi
nominato anche responsabile spirituale dei Domenicani della vasta
e importante provincia tedesca. In questo incarico si dimostrò
non solo esperto di libri di filosofia e di scienza, ma anche
uomo saggio e capace nellarte del governo degli uomini
(che è ben più difficile). Nel 1256, si recò
a Roma e poi ad Anagni con Bonaventura di Bagnoreggio, francescano,
presso la corte papale, dove difese con successo il diritto dei
membri degli ordini mendicanti (Domenicani e Francescani) di
potersi inserire nelle Università come insegnanti.
Alberto vescovo: scarpe
grosse e cervello fine
Fu nel 1257 che il Capitolo
Generale di Firenze lo sollevò dallincarico e così
Alberto, con gioia, tornò ai suoi studi nella città
di Colonia. Credeva di potersi dedicare in tutta tranquillità
ai suoi studi, ma si sbagliava. Gli arrivò, infatti, poco
dopo, la nomina a vescovo di Ratisbona (oggi Regensburg, in Baviera).
Il Papa Alessandro IV, che aveva conosciuto e apprezzato la scienza
e la santità di Alberto, lo inviò in quella grande,
famosa e prestigiosa diocesi, che in quel momento versava in
difficoltà morali ed economiche. Alberto si piegò,
anche se a malincuore, al volere del Papa di Roma e partì
per il suo nuovo incarico. Vi arrivò vestito dellumile
abito dellordine domenicano con ai piedi un bel paio di
scarponi, amici fidati dei lunghi viaggi.
La cosa non passò inosservata.
I nobili della città, superficiali quanto orgogliosi delle
gloriose tradizioni della loro città, si sentirono quasi
insultati e umiliati da quel nuovo vescovo dalle scarpe
grosse che si presentava in modo così umile (e non
in pompa magna come i suoi predecessori). E naturalmente si lamentarono.
Ma ben presto si accorsero che oltre alle scarpe grosse il nuovo
vescovo aveva anche il cervello fine. Infatti, riuscì
a portare la pace e la concordia in città, sistemò
parrocchie e conventi, e tutte le organizzazioni caritative cittadine
incominciarono a funzionare di nuovo e bene. Missione compiuta,
si torna agli amati libri e agli studi a Colonia, pensò
Alberto. E così fu. Ma non subito.
Dopo Ratisbona, ebbe dal Papa Urbano IV lincarico di predicare
la crociata nei paesi di lingua tedesca, e lo fece spingendosi,
con lunghi viaggi, fino in Boemia, ma non ebbe molto successo.
Lanno successivo fece un nuovo viaggio in Italia, arrivando
fino a Viterbo dove cera la curia papale e dove ebbe loccasione
di incontrare il suo carissimo amico e discepolo Tommaso dAquino.
Lanno dopo (1263) fece ritorno in Germania, a Colonia e
ai suoi amati studi. Ma Alberto non viveva solo di libri e di
preghiera ma anche di impegno apostolico e sociale. In questo
periodo infatti si adoperò, su richiesta degli interessati,
a portare la pace e la concordia in varie città tedesche
che si combattevano tra di loro (come del resto avveniva in Italia).
Nel 1274, eccolo di nuovo in
viaggio verso Lione per partecipare al Concilio. Alberto era
contento di questa esperienza, anche perché aveva la possibilità
di rivedere il suo grande discepolo e amico italiano, cioè
Tommaso. Ma aspettò invano, perché questi moriva
proprio in quellanno nellabbazia di Fossanova. Alberto
partecipò attivamente ai lavori del Concilio, con la sua
scienza e la sua saggezza, con la sua esperienza e santità.
Ma il ricordo di Tommaso che laveva preceduto nella casa
del Padre, lo faceva sovente sospirare di nostalgia.
Tuttavia nel 1277, ormai carico
di anni, di fama e di... acciacchi, si mise ancora in viaggio
per Parigi per difendere il suo amico dallaccusa di eterodossia
che gli aveva lanciato contro il Vescovo della città Stefano
Tempier con la condanna di ben 19 tesi. Alberto con un vigoroso
discorso allUniversità difese Tommaso non solo dallinvidia
dei suoi nemici ma anche dallignoranza e dal pericolo di
far retrocedere gli studi e il pensiero cristiano, così
mirabilmente portato avanti dallamico.
La sua giornata terrena si concludeva nel 1280, dopo aver passato
gli ultimi anni nella malattia, nella preghiera silenziosa, profonda
e costante e nel continuo e amorevole ricordo di Tommaso che
laveva preceduto in cielo.
Si racconta che ad un signore
che era venuto alla porta del convento chiedendo se abitava lì
il Maestro Alberto, lui rispose: No, non abita più
qui. Una volta era qui, ma non ricordo quando. Solo umiltà
o anche quello che oggi chiamiamo morbo di Alzheimer? Forse un
po tutte e due le cose. Alberto ritornò a Dio il
15 dicembre 1280 lasciando le sue sostanze ai poveri e tutti
i suoi libri al convento domenicano di Colonia. Fu santo e Dottore
della Chiesa nel 1931, e nel 1941 dichiarato patrono dei cultori
delle scienze naturali. MARIO SCUDU sdb ***
*** Questo
e altri 120 santi e sante e beati sono presenti nel volume di
:
MARIO SCUDU, Anche Dio
ha i suoi campioni, Editrice Elledici, Torino
Volere ciò
che Dio vuole
SantAlberto fu filosofo,
teologo, esegeta commentatore della Bibbia, scienziato esperto,
mistico teorico e pratico (pare che il famoso mistico Maestro
Eckhart sia stato suo discepolo a Colonia). Fu un santo, un grande
intellettuale e grande uomo di preghiera. In lui sono presenti
teologia e santità: binomio questo non frequente nei secoli
seguenti tra i professori di teologia.
Per Alberto lo studio, sia
di teologia sia di scienze naturali, era e doveva essere una
lunga e paziente ricerca di Dio. Dio solo era linteresse
supremo, la causa finale di ogni suo sforzo intellettuale. Non
certo la propria carriera (e meno ancora lo stipendio... che
non aveva). Inoltre, non concepiva lo studio di Dio senza la
preghiera a Dio. Studio e preghiera: ecco le due ali che permisero
ad Alberto (come pure a San Tommaso e San Bonaventura, suoi contemporanei
e amici) di volare così alto nel campo filosofico e teologico.
Come maestro di vita spirituale,
oltre che sulla preghiera, Alberto poneva laccento sullamore,
che è il sigillo della perfezione evangelica. La santità
inoltre è raggiungibile in ogni stato di vita, non certamente
solo dai frati professori di teologia come era lui. Lunica
condizione per il suo raggiungimento è ladeguamento
della propria volontà alla santa volontà di Dio.
Ecco la formula della santità per Alberto: Volere
tutto ciò che io voglio per la gloria di Dio, come Dio
vuole per la sua gloria tutto ciò che Egli vuole.
La sfida della santità anche oggi è proprio qui:
volere e fare tutto solo e sempre per la gloria di Dio. Il che
non è semplice, visto come siamo complicati noi umani.
(MARIO SCUDU)
Beata
la Madre del Signore
Beata è dunque la Madre
del Signore, perché le fu detto da Elisabetta: Beata
colei che ha creduto nelladempimento delle parole del Signore.
Ma talmente grande fu la sua speranza che, imitando il patriarca,
contro ogni speranza ha creduto alla speranza, cioè contro
la speranza della natura, per la quale viene sposata vergine,
credette nella speranza della grazia così da diventare
madre del figlio di Dio e, dunque, di tutti i credenti per i
quali ha generato il Salvatore.
E ugualmente fu piena di fervore
nella carità, essendo talmente ferita dallamore
da non interessarsi daltro se non del suo Diletto
E fu la prima che, per amore suo, rinunciò col voto di
verginità, dando ogni sostanza desiderabile di questo
mondo per procurarsi lamore di Dio e disprezzandola come
se non avesse alcun valore
Da
Sulla natura del bene, 116
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2004-10
VISITA Nr.