S. Giovanni
della Croce: carmelitano e dottore della Chiesa (1542-1591).
Collaboratore di Teresa d'Avila nella riforma del Carmelo, affrontò
grandi sofferenze e incomprensioni. E' uno dei più grandi
maestri di vita spirituale.
Che fede e che coraggio! Giovanni
della Croce sul letto di morte ai confratelli che recitavano
le preghiere per i moribondi chiese qualcosa di più
allegro, per es. il Cantico dei Cantici: un bellissimo poema
d'amore dell'Antico Testamento. Non stava forse andando incontro
all'Amore? Non era quello l'appuntamento con Dio Amore, che tanto
aveva desiderato? I confratelli obbedirono. Finita le lettura,
Giovanni finì il proprio pellegrinaggio terreno dicendo:
"Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito". Poneva
tutto se stesso nelle mani di quel Dio Amore che aveva amato
tutta la vita. Anni prima aveva anche scritto la poesia "Rompi
la tela ormai al dolce incontro": la morte per lui era un
"dolce incontro" con Dio. Aveva 49 anni. E' stato proclamato
santo e dottore dalla Chiesa ed ha anche ottenuto un posto nella
letteratura spagnola.
L'incontro con Teresa
Giovanni nacque a Fontiveros
non lontano da Avila nel 1542 in una famiglia ricca di amore
ma povera di mezzi materiali. Rimasto presto orfano, Caterina,
la madre, con i figli si trasferirono a Medina del Campo, un
importante centro commerciale. Qui Giovanni fece i suoi studi
e accettando nello stesso tempo piccoli lavori: fu così
apprendista sarto, falegname, intagliatore e pittore. Fece anche
l'infermiere, sempre amorevole con i malati. Si pagava così
gli studi presso i Gesuiti. Nel 1563 entrò nell'Ordine
Carmelitano con il nome di Fra Giovanni di S. Mattia.
I superiori si accorsero subito della serietà, intelligenza
e profondità spirituale di fra Giovanni e per questo lo
mandarono all'Università di Salamanca.
Durante questi anni, oltre nella conoscenza della teologia, era
cresciuto anche spiritualmente sognando la vita contemplativa:
per questo pensava di entrare tra i Certosini. Poco prima di
essere ordinato sacerdote, ecco l'incontro provvidenziale con
una monaca dalla forte personalità: Teresa di Gesù.
Questa era da anni impegnata nella riforma delle Carmelitane
e voleva estenderla anche al ramo maschile. Quindi lo pregò
di aspettare prima di cambiare ordine. . E questi accettò.
Nel 1568, Teresa finalmente riuscì a fondare il primo
convento maschile, a Duruelo, presso Avila. Giovanni (da questo
momento sarà Giovanni della Croce) abbracciava così
la vita religiosa, condividendo con Teresa, l'ideale di riforma
del Carmelo: nascevano i Carmelitani Scalzi.
In prigione a pane e acqua
Nel 1572, Teresa venne nominata
priora del convento di Avila (non riformato), con 130 monache,
alcune delle quali erano poco sante e molto turbolente. E volle
accanto a sé per la loro rieducazione proprio Giovanni
della Croce. I risultati spirituali furono brillanti grazie alla
loro opera congiunta. Ma nello stesso tempo, erano cresciuti
anche i rancori e l'opposizione di alcuni carmelitani non riformati.
E ben presto si fecero sentire. Ma mentre Teresa non venne toccata,
la cattiveria umana si scatenò contro il povero Giovanni.
Con l'accusa di essere un frate ribelle fu arrestato e incarcerato
in un convento a Toledo. Gli lasciarono in mano solo il breviario:
maltrattato, umiliato, segregato con poca luce e molto freddo.
Nove mesi di prigione, durissima a pane e acqua (e qualche sardina).
Dimenticato da tutti. Ma non da Teresa (che protestò vigorosamente)
e tanto meno da Dio. Sì Dio non solo non lo aveva dimenticato,
anzi era sempre stato con lui, con la sua grazia. Egli sapeva
che anche nella notte della prigione Dio era nel suo cuore, presentissimo
in ogni istante. E il miracolo avvenne. Non ci fu né il
collasso psico fisico e neppure il naufragio spirituale. Anzi
in quella situazione compose, con materiale biblico, le più
calde e trascinanti poesie d'amore, ricche di sentimenti e di
immagini. Vivendo di Dio anche in quelle circostanze, attingeva
a Lui, fonte perenne di novità e creatività, "anche
se attorno era notte".
Maestro di vita spirituale
Alla vigilia dell'Assunta del
1578, fuggì dal carcere, rischiando grosso. E così
Giovanni ammaestrato e maturato dalla sofferenza patita, continuò
con coraggio la riforma del Carmelo. E nello stesso tempo scrisse
opere importanti che lo pongono tra i grandi maestri spirituali.
Ricordiamo La Salita al Monte Carmelo e La Notte Oscura.
Per Giovanni della Croce l'uomo è un essere in cammino,
in perenne ricerca di se stesso e di Dio essendo stato fatto
da Lui e per Lui. Questo ritorno verso Dio egli lo immagina come
la salita di una montagna, il Monte Carmelo, che rappresenta
simbolicamente la vetta mistica, cioè Dio stesso.
Nel suo discorso spirituale egli parla molte volte di rinunce,
di lasciare tutto, del nulla (le cose rispetto a Dio), di salita
faticosa, di notte oscura. Tutta una terminologia per descrivere
la vita spirituale come un lavoro di correzione e controllo di
sé nelle azioni e decisioni, come un impegno, una fatica,
una ascesi continua. Ma per lui la parola più importante
non è rinuncia ma amore: non si tratta tanto di rinunciare
a qualcosa ma di amare Qualcuno. Egli inoltre invita a dimenticare
i piccoli amori per un amore più grande anzi per l'Amore
Dio. Amore quindi è la parola decisiva. Credere e amare:
questo è il destino dell'uomo.
Mario
Scudu
---PENSIERI:
Ad una monaca che gli aveva scritto accennando alle difficoltà
che egli aveva sofferto rispose:"Non pensi ad altro se non
che tutto è disposto da Dio. E dove non c'è amore,
metta amore e ne riceverà amore".
È facilissimo compiere un atto di amor di Dio. Si può
fare in ogni momento, in ogni circostanza, in mezzo al lavoro,
tra la folla, in qualunque ambiente, in un attimo. Iddio è
sempre presente, in ascolto, in attesa affettuosa di cogliere
dal cuore della sua creatura questa espressione di amore. L'atto
d'amore non è un atto di sentimento: è un atto
di volontà elevato infinitamente al di sopra della sensibilità
ed è anche impercettibile ai sensi. Basta che l'anima
dica con semplicità di cuore: "Mio Dio, io ti amo".
Credere e amare anche se è notte
Quella eterna fonte sta nascosta, ma so ben dove sgorga anche
se è notte. La sua origine non so, poiché non l'ha,
ma so che ogni origine da lei viene, anche se è notte.
So che non può esserci cosa tanto bella e che in cielo
e terra bevono di quella, anche se è notte. Ben so che
in lei il suolo non si trova e che nessuno la può attraversare,
anche se è notte. Quella eterna fonte sta nascosta in
questo vivo pane per darci vita, anche se è notte. Qui
si sta, chiamando le creature, perché di quest'acqua si
sazino, in forma oscura, anche se è notte. Questa viva
fonte che io desidero in questo pane di vita la vedo, anche se
è notte.
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