22 DICEMBRE: SANTA FRANCESCA S. CABRINI
CI SENTIAMO MALE?
SORRIDIAMO LO STESSO

Siamo arrivati al secondo anno di questa rubrica “Un mese, un santo”. Sono stati presentati undici brevi profili di altrettanti santi e sante. Tra queste nostre sorelle sante ho presentato Caterina da Bologna, Maria Mazzarello, Brigida di Svezia, Geltrude la Grande e in questo mese Francesca Cabrini. Tra i santi furono presentati Francesco di Sales, Gabriele dell’Addolorata, Francesco di Paola, Tommaso Moro, Gregorio Magno e, nel mese di ottobre, Giovanni da Capestrano. Quindi sono sei santi e cinque sante. Ho cercato di salvare... la “par condicio” e ci sono riuscito anche se le sante apparentemente perdono... Ma è solo una cosa tecnica, visto che i santi da presentare sono undici. Per l’anno venturo mi propongo di far “pareggiare” le sante. Lo meritano certamente perché sono sicuro che le sante, sul calendario o fuori, non sono in numero minore rispetto ai santi.

Chiudo questa carrellata di nostri fratelli e sorelle “eroi della fede, della speranza e della carità” (questo vuol dire essere santi) presentando una santa “moderna”, santa Francesca Cabrini. Parlando dei santi torinesi come Don Bosco, il Cottolengo, il Murialdo, il Cafasso, il Beato Michele Rua ed altri si usa la denominazione di “santi sociali”. Questo significa che hanno vissuto il Vangelo lavorando, per amore di Dio, nella società. Non sono vissuti, come altri, in monastero. Francesca Cabrini è una “santa sociale”.

Ha lavorato con molto coraggio e determinazione, guidata sempre dall’amore di Dio, per affrontare il problema dell’assistenza, non solo religiosa, ai numerosi emigrati italiani negli Stati Uniti. Gli ultimi decenni del secolo scorso e del ’900 sono stati anni di un vero esodo di italiani in cerca di lavoro verso le Americhe. Anche Mons. Scalabrini, contemporaneo della Cabrini (si conobbero anche) si diede molto da fare per i nostri emigranti. E prima ancora di loro lo stesso Don Bosco raccomandava ai suoi primi Salesiani in partenza per l’Argentina di aver cura prima di tutto degli emigrati del nostro Paese in quella terra.

Nel mese di novembre ho presentato una santa del Medio Evo, Geltrude la Grande. Proclamata santa dalla Chiesa, proposta alla venerazione e imitazione dei fedeli come santa Francesca Cabrini. Due donne, vissute in secoli diversi, accomunate dal desiderio di amare lo stesso Dio e innamorate tutte e due dello stesso Gesù Cristo. Ambedue sante ma profondamente diverse. Geltrude visse quarant’anni, cioè quasi tutta la vita in monastero, senza viaggiare e senza occuparsi di “questioni sociali”. Francesca invece fu una grande viaggiatrice. Attraversò 24 volte l’Oceano Atlantico e fece altri innumerevoli viaggi, spesso rischiando la vita. Stili di vita e attività diverse ma ambedue le sante (tutte in verità) hanno vissuto eroicamente le virtù della fede, della speranza e della carità

“La vostra Cina saranno gli Stati Uniti”

Francesca nacque nel 1850 a Sant’Angelo Lodigiano, in una numerosa famiglia di contadini benestanti e cristianamente praticanti. Nella sua famiglia imparò non solo il fervore religioso e un certo spirito di iniziativa, ma anche un sincero amore alla patria italiana, non frequente in quei tempi. Questo giusto sentimento patriottico che cercò di risvegliare o di tenere desto nei numerosi emigranti italiani negli Stati Uniti.

onseguito il diploma magistrale e l’abilitazione, anche per accudire insieme alla sorella Rosa l’altra sorella handicappata Maddalena, accettò subito il lavoro di supplente nella scuola vicina di Vidardo. Qui insegnò due anni. Un episodio ci rivela il carattere e la determinazione di Francesca. Riuscì infatti a vincere la battaglia contro il sindaco anticlericale del paese: ottenne il permesso all’insegnamento della dottrina cristiana in classe nonostante la proibizione governativa. Lei però desiderava ardentemente diventare missionaria. Sogno che non poté realizzare subito. Fece anche i voti religiosi entrando nella Casa della Provvidenza di Codogno. Furono anni difficili, (“ho pianto molto” dirà lei stessa) che lei affrontò con coraggio e praticando la virtù dell’obbedienza.

Ma la Provvidenza le venne incontro nella persona del Vescovo di Lodi che le propose di fondare un istituto religioso per l’assistenza degli emigrati italiani in America. L’America non era la Cina che lei sognava, ma l’ideale missionario si poteva concretizzare ugualmente. Fondò presto Le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, con case in Lombardia, ed una anche a Roma. Il secondo intervento provvidenziale arrivò con Mons. Giovanni B. Scalabrini. Questi cercava un ramo femminile al suo Istituto, e stimava molto la Cabrini. Lei però temendo di perdere l’autonomia dell’istituto, resistette alla proposta. Ma accettò subito la direzione di una scuola e di un asilo a New York. Questo significava l’addio per sempre alla Cina. D’altra parte, ed ecco il terzo intervento provvidenziale, era stato nientemeno che il Papa Leone XIII a dirle paternamente: “Non a Oriente, Cabrini, ma all’Occidente. L’Istituto è ancora giovane. Ha bisogno di mezzi. Andate negli Stati Uniti, ne troverete. E con essi un grande campo di lavoro. La vostra Cina sono gli Stati Uniti, vi sono tanti italiani emigrati che hanno bisogno di assistenza”.

Francesca partì nel 1889. Destinazione l’America, città New York. Era sicura della volontà di Dio, e del campo di lavoro missionario. Ma le difficoltà non si fecero attendere. Uno dei primi che si mise a ‘remare contro’ di lei e il suo progetto fu addirittura l’arcivescovo Corrigan. Fece la parte dell’avvocato del diavolo scoraggiando quel manipolo di suore temerarie e... italiane che sembravano avere tanta fede ma, ahimè, poco “money”. Anche per le opere del Signore, pensava lui, ci vuole molto “denaro”. Che, poverette, non avevano. Non era più saggio tornare in Italia? La Cabrini gli oppose un argomento spirituale... la benedizione del Papa, e uno materiale: l’amicizia di una ricca cattolica americana, moglie di un emigrato italiano illustre, Luigi Palma de Cesnola, direttore del Metropolitan Museum.

Non si sa se il prelato fu convinto da questi due “argomenti”, ma è sicuro che la Cabrini continuò per la sua strada e il suo progetto. “Le suore aprirono una prima scuola femminile in un modesto appartamento offerto dalla contessa de Cesnola, ma si impegnarono anche in un lavoro di assistenza e di insegnamento nei quartieri più degradati della città, compiendo ogni giorno chilometri di strada ed entrando senza paura in ambienti spaventosi per miseria e violenza. Madre Cabrini dimostrò subito di saper affiancare alla sua attività di educatrice religiosa una spiccata sensibilità per i problemi degli emigranti italiani: “Gli italiani qui sono trattati come schiavi... bisognerebbe non sentire amor di patria per non sentirsi ferita” (L. Scaraffia).

Ella lavorò tutta la vita, con innumerevoli viaggi, per aiutare ad inserire gli emigrati nella realtà sociale americana, facendone dei buoni cittadini, ma nello stesso tempo rafforzando in loro anche l’identità italiana e cattolica. In questa promozione sociale Francesca usò una tecnica il cui principio era: convincere gli italiani ricchi ad aiutare gli altri italiani meno favoriti. Ed alcuni dei suoi benefattori, convinti e incalliti anticlericali, la aiutavano trascinati dal suo carisma più che dalle motivazioni teologiche.

“Si è detto che se Cristoforo Colombo ha scoperto l’America, la Cabrini ha scoperto tutti gli italiani in America. Ma pur sentendosi autentica patriota e quantunque circostanze particolari la inducessero a rendersi cittadina americana nel 1909, il suo ideale missionario rimase sempre quello genuino, senza confini di razze e di geografia” (G. Pelliccia).

Spiritualità e messaggio di Francesca Cabrini

Continuò con coraggio nel suo lavoro di fondazioni di nuovi istituti e di rafforzamento di quelli esistenti e soprattutto nel seguire l’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, da lei fondato. E questo fino alla fine della sua vita, che si spense a Chicago, durante uno di questi viaggi, nel 1917. Lasciando dietro di sé in eredità alla chiesa tutta e al mondo un fiorente istituto religioso e la sua personale santità e testimonianza di carità apostolica a beneficio particolarmente degli emigrati italiani (ma non solo).

Fu dichiarata santa da Pio XII il 7 luglio 1946 e nel 1950 proclamata “Celeste Patrona di tutti gli Emigranti”. Due anni dopo, in considerazione del suo lavoro per gli Italo-americani, il Comitato Americano per l’Emigrazione Italiana le decretava un importante riconoscimento dichiarandola “La Immigrata Italiana del Secolo”. Per gli emigrati italo-americani è semplicemente “la loro santa”: la sua opera geniale, coraggiosa la fece stimare anche in ambienti non benevoli verso il cattolicesimo, e aiutò enormemente a far cambiare idea sui nostri connazionali emigrati.

Francesca Cabrini non la ricordiamo per le sue opere teologiche o per grandi rivelazioni e miracoli. Niente di tutto questo. Noi la ricordiamo per la sua santità semplice, umile, fatta non di tante ore di preghiera, ma per tutte le ore delle giornate, di tutta la sua vita, passate a “lavorare, sudare, faticare per Dio, per la sua gloria, per farlo conoscere ed amare”. Una santità fatta non di rapimenti o di rivelazioni mistiche, ma di grande impegno sociale per Dio. Non fu rapita in estasi nella contemplazione di Dio, ma consumò la vita “lavorando” per lo stesso Dio. Con gioia. Un giorno, infatti, fermò una suora che era sul punto di imbarcarsi per andare nelle missioni, solo perché salutando parenti e amici, aveva affermato che faceva volentieri “il sacrificio”. Sembrava che per lei si trattasse di una rinuncia da fare, che le mancasse la gioia di partire e “lavorare per Dio”. Madre Cabrini la fermò dicendole: “Iddio non vuole importi sacrifici così gravi”.

Il Papa Pio XI esaltava il suo nome come un “poema di attività, un poema di intelligenza, un poema soprattutto di carità”. E prima ancora era stato lo stesso Leone XIII che già nel 1898, affermava di lei: “È una santa vera, ma così vicina a noi che diventa la testimone della santità possibile a tutti”. Una santità “accostevole” imitabile da tutti, perché consiste nel fare bene e per amore di Dio quelli che sono i nostri doveri. Questo richiama la famosa frase e programma di santità consigliato da Don Bosco a Domenico Savio, smanioso di farsi santo a forza di penitenze: bastava l’esatto adempimento dei propri doveri quotidiani.

La santità e “la spiritualità intensa di madre Cabrini si realizzò soprattutto nelle opere, nella sua continua attività finalizzata ad opporre del bene al male. La preghiera stava nei fatti, non nelle parole. La sua vita è segnata da una perpetua attività” (L. Scaraffia). Fatta tutta per Dio e per correre dietro al Cristo. Diceva: “Con la tua grazia, amatissimo Gesù, io correrò dietro a Te sino alla fine della corsa, e ciò per sempre, per sempre. Aiutami o Gesù, perché voglio fare ciò ardentemente, velocemente”.
Lavorare per Dio nella gioia (anche quando si pensa di avere diritto a tutt’altro). Non amava lamentarsi nelle difficoltà e raccomandava alle sue figlie non solo tanto lavoro ma anche il coraggio, fondato sulla fede, che si esprime nel sorriso: “Ci sentiamo male? Sorridiamo lo stesso”.

                                                                                 MARIO SCUDU SDB ***


       Pensieri di Santa Francesca Cabrini

* “Con la tua grazia, amatissimo Gesù, io correrò dietro di te sino alla fine della corsa, e ciò per sempre, per sempre. Aiutami, o Gesù, perché voglio ciò fare ardentemente, velocemente”.
“Non so dirti come, ma so che soffrendo mi avvicino sempre più al mio Diletto, so che sopporto qualche cosa per Colui, che ha fatto tanto per me, e questo basta a farmi contenta”.

“Tu lo sai o Gesù mio che il mio cuore è sempre stato per Te”.
“Seguite... tutte le regole della buona educazione, la quale è mezza santità”.
“La perfezione è tal lavoro che non finisce mai... troveremo sempre qualcosa da correggere, da migliorare”.

“Non voglio che le mie figliole facciano quel che non fa la loro madre” (così nel 1892 a New Orleans rispose ad una consorella che la dissuadeva ad andare a fare la questua per farle evitare umiliazioni e situazioni di disagio).
“Voi avete lo Spirito di Dio; portatelo in tutto il mondo” (così le disse Leone XIII).


IMMAGINE:
Santa Francesca Saverio Cabrini (1850-1917)


*** Questo e altri 120 santi e sante sono confluiti nel volume:
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice ELLEDICI, 2011, pp.936

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2000-11
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