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DIC.: SAN FRANCESCO SAVERIO:
PATRONO DELLE MISSIONI
E DELL'ORIENTE
A San Francesco
Saverio sono bastati dieci anni di lavoro missionario, fatto
con intelligenza e assoluta dedizione per il nome di Gesù,
per guadagnarsi sul campo i titoli di Patrono dellOpera
di Propagazione della Fede (1904) di Patrono delle Missioni (nel
1927 insieme a Santa Teresa di Gesù Bambino, mai stata
in una missione vera e propria). Ma già nel lontano 1748
era stato dichiarato Patrono dellOriente. È una
delle più grandi figure del 1500 e della storia della
Chiesa moderna.
Ma chi era
Francesco Saverio?
Nacque nel castello di Xavier, nella Spagna del nord, nel 1506.
Sesto figlio di Maria e di Juan de Jassu, che aveva studiato
a Bologna e che allora ricopriva la carica di presidente del
Consiglio reale di Navarra. Era di famiglia nobile. Ma già
da bambino conobbe il dolore per la perdita del padre. Dopo essere
entrato nel clero di Pamplona, nel 1525 si recò a Parigi
per proseguire gli studi. Quella di Parigi era una delle famose
università del tempo di respiro europeo (insieme
a Bologna, Salamanca, Oxford, Padova, ed altre) che attirava
studenti da tutta Europa.
Nel 1530 Francesco
diventò Magister Artium oggi si direbbe si
laureò in Lettere. Cominciò ad insegnare perché
gli interessava la carriera accademica. Nel collegio Santa Barbara,
dove risiedeva, conobbe Ignazio di Loyola, altro spagnolo in
trasferta a Parigi per studi. Lincontro voluto dalla Provvidenza
si rivelò decisivo per la sua vita. Egli stesso scriverà
in una lettera: Quale grazia Nostro Signore mi ha fatto
nellaver conosciuto il signor Maestro Ignazio. Questi
aveva 15 anni più di lui, quindi più maturo di
anni, più esperto della vita e più avanti nel cammino
spirituale: si era già convertito a Gesù
Cristo.
Dopo lunghe
conversazioni con Ignazio nel 1533 avvenne la conversione
definitiva di Francesco a Gesù Cristo. Continuò
inoltre a far parte di quel gruppo di ignazisti che
nel 1534 a Montmartre emisero i voti religiosi: era il primo
nucleo della Compagnia di Gesù, chiamati poi Gesuiti.
Diventato sacerdote a Venezia nel 1537, e dopo un po di
apostolato nelle città di Vicenza e di Bologna, fu segretario
di Ignazio di Loyola per il biennio 39-40. Poi la
svolta radicale, che avrebbe segnato per sempre la sua vita.
Nel 1540 Francesco accettò con
entusiasmo di sostituire un missionario in partenza che si era
ammalato. Il papa Paolo III lo nominò nunzio apostolico
per le Indie.
Missionario
tra i pescatori di perle
Il 1500 è
stato un secolo di grandi navigatori. La scoperta dellAmerica
da parte del genovese Cristoforo Colombo nel 1492 aveva risvegliato
lentusiasmo. Il mare non faceva più paura, non era
il nemico delluomo di cui bisognava diffidare. Nel mare
si tornavano a vedere grandi opportunità: nuove vie di
comunicazione, certamente, ma anche di arricchimento veloce (molto
spesso a spese degli indigeni) mediante il commercio.
Francesco Saverio
partecipò di questo spirito di avventura proprio di tanti
navigatori del secolo. Per lui mari e oceani non furono
mai barriere dignoto e di paura. Erano strade aperte. Vero
uomo dellEvo moderno, non tollerava limiti nellandare.
Ma la sua meta non erano loro e largento del Nuovo
Mondo appena scoperto: affrontava onde e tempeste solo per incontrare
altri uomini, ignorando confini e barriere di razza o lingua
o cultura. Tutti erano destinatari della notizia cristiana e
lui doveva farsene messaggero. Nulla e nessuno era troppo lontano
o troppo diverso (Domenico Agasso).
Erano molti
quelli che sfidavano i mari per arricchire se stessi materialmente.
Francesco e tanti altri missionari (prima e dopo di loro) affrontavano
le stesse fatiche e gli stessi rischi per arricchire gli altri
spiritualmente.
Nel maggio del 1542 era a Goa, allora capitale delle colonie
portoghesi dellOriente. Furono questi per Francesco mesi
di intensa attività pastorale, nel settore della formazione
del clero indigeno. Era tornato un po professore. Ma sentiva
nel profondo del cuore che questo non era il suo compito e il
suo destino. Il suo primo lavoro missionario fu nelle coste meridionali
del subcontinente indiano e nellisola di Ceylon. Lavorò
con dedizione e amore tra i pescatori di perle, convertiti da
poco tempo, e privi di cure pastorali. Questi appartenevano ad
una delle caste più basse dellIndia: Francesco ne
imparò la lingua, il tamil, li istruì scrivendo
per loro un Catechismo, e li difese politicamente dagli invasori.
Nel biennio 45-47 lavorò nelle isole Molucche,
appartenenti anchesse alla diocesi di Goa. Oltre agli indigeni
egli si occupa anche dei mercanti portoghesi, giunti nelle Indie
per arricchirsi. Anchessi avevano bisogno delle sue cure
pastorali.
Francesco non
si è stabilito in modo permanente in nessun luogo di missione.
Un po come san Paolo, il suo grande modello, lui doveva
iniziare il lavoro missionario più difficile, seminare
i campi di seme evangelico, altri lo avrebbero coltivato e curato,
altri ancora avrebbero raccolto. Voleva personalmente conoscere
tutta lAsia, per informare il Papa su questo nuovo mondo.
E per realizzare questa spinta missionaria ecco che Dio gli prepara
un altro incontro provvidenziale. Anche questo darà una
svolta decisiva alla sua opera di evangelizzatore.
I
Giapponesi amano
ascoltare le cose di Dio
Verso la metà
del 1547 nellisola di Malacca Francesco Saverio fece la
conoscenza di un indomito lupo di mare, di nome Yajiro, un ex
pirata dei mari della Cina. Particolare fondamentale: era giapponese.
Questi gli fece una bellissima descrizione del Cipangu, cioè
del Giappone. Yajiro parlava dei propri connazionali come di
un popolo di buona cultura, animato dal desiderio di imparare
e dellinteresse anche per le cose religiose. Francesco
ascoltava tutte queste cose, sognando già il suo nuovo
campo di apostolato. Voleva presto rispondere a questo desiderio
dei Giapponesi di conoscere cose nuove su Dio.
Questanno
cade proprio il 450° anniversario del suo arrivo in Giappone.
Arrivò infatti il 15 agosto 1549, precisamente a Kagoshima
insieme ad un suo compagno missionario e Yajiro che frattanto
aveva ricevuto il battesimo prendendo il nome di Paolo della
Santa Fede: sarebbe stato il suo interprete. Il primo approccio
con i nuovi amici da portare a Cristo non fu semplice. Francesco
trovò un paese in preda alle lotte fra i grandi feudatari
e latifondisti, con un potere centrale imperiale che non si imponeva.
Il problema della lingua affiorò subito. Data la modesta
cultura dellex pirata diventato interprete le difficoltà
furono tante. Impiegò ben quaranta giorni ad imparare
i comandamenti in giapponese. I frutti di conversione arrivarono
e furono abbondanti e consolanti. Lui stesso scriveva con entusiasmo
ai Gesuiti di Goa questo bellissimo elogio dei Giapponesi di
allora: La gente con la quale abbiamo finora parlato è
la migliore che abbia mai incontrato, e credo che tra gli infedeli
non se ne troverà mai altra che superi i giapponesi. È
gente sobria nel mangiare; molti sanno leggere e scrivere; hanno
una sola moglie; pochi sono i ladri; amano ascoltare le cose
di Dio.
Cresceva intanto
lopposizione alla sua predicazione da parte dei bonzi buddisti.
Cercò una strada diversa, per vincere questa resistenza.
Puntò in alto, molto in alto, allimperatore stesso.
Voleva ottenere il permesso di predicare da lui stesso. Ma qui
fece un errore: laspetto umile dei missionari, il loro
modo di vestire suscitò invece che attenzione disprezzo
tra la gente, con il risultato che non venne ricevuto dallimperatore.
Cambiò
subito strategia e metodologia evangelizzatrice. Oggi si parla
molto di adattamento e di inculturazione per poter
annunciare il Vangelo. Non è certo una novità nel
campo della evangelizzazione. La storia della Chiesa porta molti
esempi. Sulla scia del primo evangelizzatore, di Gesù
Cristo stesso. Nel secondo incontro Francesco ed i suoi amici
si presentarono vestiti secondo letichetta, portando allimperatore
dei doni europei. Ottenne così il permesso di predicare
liberamente e fare conversioni.
Nel Giappone Francesco battezzò più di mille persone.
Riuscì a formare delle buone comunità di cristiani,
compatte e composte da tutte le classi sociali.
Ma sempre più sovente affiorava una obiezione. Francesco
presentava il Cristianesimo come la verità in campo religioso,
superiore alle altre religioni conosciute dai Giapponesi. Questi
però gli dicevano: se nel cristianesimo cè
la verità come mai in Cina non ne sanno niente? Per i
Giapponesi di allora la Cina era il paese guida, in tutto, dalle
scoperte scientifiche alle ultime mode. Quindi doveva conoscere
anche il Cristianesimo se questo era la verità. E Francesco
che conosceva bene la logica decise subito di partire per la
Cina. Cristianizzata la Cina, in Asia non ci sarebbero state
altre difficoltà.
È proprio vero che luomo propone e Dio dispone.
Francesco lasciò il Giappone per far ritorno a Goa e qui
preparare il viaggio. Dopo varie difficoltà arrivò
a Canton, porta verso la Cina. Accompagnato da un solo compagno,
cinese e cristiano, colto da forti febbri, morì sullisola
di Sanchnan, proprio davanti alle coste cinesi. Era il 1552.
Aveva solo 46 anni. Il suo sogno svaniva. Ma altri ben presto
nel suo ricordo e seguendo lesempio, avrebbero ripreso
lidea e realizzato il progetto.
MARIO SCUDU ***
San
Francesco Saverio: missionario catechista
San Francesco
Saverio fu un grande missionario e un grande catechista. E fu
grande missionario perché grande catechista. Questo lo
dimostrò nella sua prima missione nellIndia meridionale.
Nel suo metodo missionario procurò subito di imparare
la lingua dei suoi catechizzandi. Ebbe poi una opzione preferenziale
per i bambini e i ragazzi. Proprio per essi preparò dei
Catechismi. Per gli adulti invece creò un metodo
per pregare e anche un catechismo adatto a loro.
Nel Giappone,
cambiando i soggetti da evangelizzare, cambiò metodologia.
Ne studiò prima la struttura sociale, quindi cominciò
i primi approcci con i signori feudali e con i bonzi, attraverso
numerose discussioni o dialoghi.
San Francesco
Saverio dava grande importanza al ministero della Parola, e questa
annunciata con stile popolare. Lo considerava come il centro
di tutta la evangelizzazione. Lui stesso affermava: Le
vostre prediche saranno frequenti tanto quanto protranno esserlo,
poiché questo è un bene universale da cui si ottiene
molto frutto, servizio a Dio e vantaggio per le anime.
IMMAGINI:
1 San Francesco Saverio
(1506 - 1552) /
2 Costumi giapponesi
*** Questo e altri 120
santi e sante di Dio sono confluiti nel volume:
MARIO SCUDU, Anche
Dio ha i suoi campioni, Editrice ELLEDICI, Torino 2011, pp.936
RIVISTA
MARIA AUSILIATRICE 1999-11
VISITA Nr.