L'AMORE PERFETTO

«L’amore perfetto scaccia il timore,
perché il timore suppone un castigo
e chi teme non è perfetto nell’amore» (1 Gv 4,18).

Forse un piccolo esempio può farci comprendere meglio queste parole del Signore.
Due ragazzi vanno a giocare in un campo, col permesso dei genitori: questi però vogliono che essi tornino a casa entro una certa ora.
I ragazzi, senza rendersene conto, superano il tempo stabilito. Quando se ne accorgono, il primo esclama: «Come è tardi! Mi faranno saltare la cena!».
Il secondo dice: «Dispiace anche a me! Chissà come saranno preoccupati papà e mamma!».
Come si vede, il rammarico dei due ragazzi è comune, ma si fonda su motivi molto diversi. Il primo si preoccupa soprattutto di se stesso. Il secondo si impensierisce per i suoi.
Solo il secondo si avvicina a quell’amore perfetto di cui parla San Giovanni.
Anche la costrizione del peccatore può essere perfetta o imperfetta.
La contrizione perfetta proviene dall’amore di Dio. Quella imperfetta nasce da altri motivi, quali la dannazione eterna che minaccia chi vive in peccato grave.

È naturale che la contrizione perfetta ottenga subito il perdono dai peccati mortali, quando suppone l’intenzione di accostarsi al sacramento della confessione sacramentale.
La contrizione imperfetta, invece, pur essendo anch’essa un dono di Dio, non ottiene subito questo perdono, ma dispone ad ottenerla al momento della confessione sacramentale (cf Concilio di Trento e il Catechismo della Chiesa Cattolica).
Quindi, la contrizione perfetta, che nasce dall’amore verso Dio prima che dall’amore verso noi stessi, è una grazia importantissima da chiedersi al Signore.
Con essa torniamo subito da Lui, nonostante le nostre colpe: essa sottintende il desiderio di confessarsi, ma nell’attesa non ci lascia lontani da Lui.
Non ci lascia lontani da Lui, perché essere lontani da Lui significa vivere nel pericolo, senza la gioia di sentirci “in casa”... ma soprattutto essere lontani da Lui significa che noi Gli manchiamo, come (anzi, molto più di come) mancherebbe ad una mamma un ragazzo fuggito da casa.

Ce lo fanno capire tanto la meravigliosa parabola del figliol prodigo, atteso a lungo dal padre e da Lui festeggiato, con somma sorpresa del figlio maggiore, quanto quella della pecorella smarrita, cercata con ansia dal pastore e da lui presa in braccio con tenerezza infinita.
Forse, nella nostra preghiera, non ci rendiamo conto di questo amore appassionato del nostro Dio, e stiamo a preoccuparci della nostra vita, dimenticandoci che Lui ha cura di noi più di quanto ne abbiamo noi di noi stessi.
Quante volte Gli diciamo: «Salvaci, Signore!», senza pensare che è proprio questo che Egli vuole, con un amore più grande, con una saggezza più acuta, con una potenza invincibile...

Diciamolo pure, perché così ci uniamo alla Sua volontà; ma prima ancora dovremmo chiederGli: «Papà, fa’ che non ti manchiamo mai..., fa’ che tutti gli uomini, quegli uomini di cui Tu sei follemente innamorato, Ti riempiano la casa!». Perché, come scriveva Sant’Ireneo di Lione, la gioia di Dio, la gloria di Dio siamo noi, quando siamo felici accanto a Lui.
Quindi, la nostra preghiera, come ci insegna il Padre Nostro, è quella che s’interessa di Lui prima che di noi: amore perfetto è capire che a noi ci pensa Lui, e volere che a Lui ci pensiamo noi.

                                                                              Antonio Rudoni sdb


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2005-1
VISITA Nr.