EUCARESTIA:
SERVIZIO E CONDIVISIONE

Nel narrare l’Ultima Cena, i tre evangelisti sinottici Matteo, Marco e Luca – oltre a Paolo in 1 Corinzi 11,23-32 – riferiscono l’istituzione dell’Eucaristia, mentre Giovanni non ne parla. In cambio, però, Giovanni narra – con particolari molto interessanti e importanti – l’episodio della lavanda dei piedi.
Probabilmente, il quarto evangelista ha voluto colmare la lacuna dei tre Sinottici e al tempo stesso mettere in evidenza che l’Eucaristia non può limitarsi al rito, ma deve aprirsi su una vera fraternità tra i discepoli, così da sapersi aiutare e s
ervire con amore, umiltà e generosità.

Comunione e servizio

È importante soffermarci sulle parole con le quali Gesù commenta e spiega il gesto – molto umile – di lavare i piedi agli Apostoli. «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio perché, come ho fatto io, facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica» (Giovanni 13,12-17).

Dice il Santo Padre nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia (n. 20): “Significativamente, il Vangelo di Giovanni – là dove i Sinottici narrano l’istituzione dell’Eucaristia – propone, illustrandone così il significato profondo, il racconto della lavanda dei piedi, in cui Gesù si fa maestro di comunione e di servizio (Giovanni 13,1-20). Da parte sua, l’apostolo Paolo qualifica indegno di una comunità cristiana il partecipare alla Cena del Signore, quando ciò avvenga in un contesto di divisione e di indifferenza verso i poveri (cf 1 Corinzi 11,17-22.27-34)”.

Nel precedente articolo abbiamo riflettuto sull’Eucaristia come segno di comunione e di unità; l’atteggiamento di servizio e di condivisione è appunto a vantaggio della comunione e dell’unità. Non si può vivere una autentica comunione e non si può formare una vera unità, se non si è disponibili al servizio e alla condivisione.

Servizio e condivisione

Un segno di tale servizio e condivisione – nelle nostre celebrazioni eucaristiche – lo si dà particolarmente durante l’offertorio. In antico, durante l’Eucaristia si raccoglievano, da parte dei fedeli, innanzitutto il pane e il vino per la celebrazione; in più si aggiungevano offerte libere (soprattutto di cibi e indumenti) per i più poveri. A poco a poco, la materia necessaria per l’Eucaristia venne preparata dai sacerdoti stessi (come avviene oggi: sono i responsabili delle varie chiese a procurarsi le ostie e il vino per la Messa), mentre si continuava a dare importanza ai doni per le necessità dei fedeli in stato di povertà.

Oggi l’offerta si riduce al denaro, strumento utile e non ingombrante, che poi i sacerdoti devono trasformare in opere necessarie per il culto e per i poveri. Il gesto, ovviamente, ha perso molto del suo significato originale. Non sarebbe male se qualche sacerdote particolarmente ispirato trovasse altri modi per interpretare questo momento così importante, di servizio e di condivisione, con un contenuto meno impersonale e più partecipato.

Ma non occorre nemmeno aspettare le iniziative ingegnose di qualche sacerdote: gli stessi fedeli, i singoli cristiani possono e devono aprirsi al servizio e alla condivisione, e in questo modo continuano nella loro vita quella dimensione di carità che è l’essenza e il fine dell’Eucaristia.


Dinamismo della comunione

Possiamo affermare che l’Eucaristia resta il centro propulsore del servizio e della condivisione, che poi ogni comunità è chiamata ad attuare, organizzando un vero e proprio programma di ricerca dei veri bisognosi, per aiutarli a vivere una vita più sicura e dignitosa.


Che scopo ha rinnovare il dono di Se stesso, che Gesù ha compiuto nell’Ultima Cena donandosi agli Apostoli sotto il segno del pane e del vino? Se tutto si dovesse ridurre a una semplice – sebbene reale – Presenza di Cristo sull’altare, Gesù non avrebbe compiuto questo gesto straordinario e quasi inimmaginabile. Se Gesù ha trasformato il pane e il vino nel suo corpo e nel suo sangue, è principalmente perché anche noi sappiamo donarci ai fratelli, come si è donato Lui!

Certamente, noi non siamo chiamati a trasformarci in pane e in vino, ma siamo chiamati a servire il prossimo in tutti i modi e nelle misure più generose! Ancora il Papa (Ecclesia de Eucharistia, 24) afferma: “Il dono di Cristo e del suo Spirito (...) innalza l’esperienza di fraternità insita nella comune partecipazione alla stessa mensa eucaristica a livelli che si pongono ben al di sopra di quello della semplice esperienza conviviale umana”.

Necessità della compartecipazione

Su questo punto, oggi noi cristiani siamo troppo inadempienti: andiamo tante volte a Messa e facciamo tante comunioni, ma in che modo traduciamo il gesto di Gesù di lavare i piedi agli Apostoli e di donarsi a loro? Facciamoci qualche domanda:

Quanti poveri conosciamo? E quanti ne frequentiamo? Quale tipo di aiuto diamo ai malati, a chi soffre, a chi è solo, a chi non ha lavoro o non ha un tetto, una casa? Di che cosa sappiamo privarci per venire in aiuto a chi non ha? Inoltre, di fronte a questi problemi, ci limitiamo ad aspettare che qualcuno venga a chiederci aiuto, o sappiamo andare a cercare i bisognosi? Nelle nostre parrocchie, che cosa si organizza per queste opere evangeliche – eucaristiche! – di servizio e di solidarietà?

In tanto le nostre Eucaristie domenicali sfociano e continuano nella settimana, in quanto le traduciamo in amore e servizio, in gioiosa condivisione, in offerta di aiuto e consolazione... Non riduciamo le nostre Messe a un momento in cui chiediamo di tutto al Signore, ma poi non sappiamo muovere un dito, o scomodarci per accogliere il grido di chi ha bisogno!

Una Chiesa a misura di Dio

La Messa deve aiutarci ad acquisire lo stile di Dio. Solo così si costruisce la Chiesa e si edifica la santità dei cristiani. Il motivo fondamentale per cui oggi noi vediamo – nei Paesi di lunga tradizione cristiana come il nostro – un pauroso e vertiginoso decadere della fede e della virtù cristiana è principalmente questo: non sappiamo – e nemmeno pensiamo! – donarci al prossimo.

Riprendiamo dai poveri; oggi molti accattoni chiedono l’elemosina. In non pochi casi si tratta di persone che non hanno voglia di lavorare e preferiscono farsi mantenere chiedendo l’elemosina. Ma la via del dare qualche spicciolo non è la più giusta e nemmeno la più opportuna.

Ai poveri (veri e meno veri) occorre prima di tutto offrire l’aiuto di una vita dignitosa; invece del denaro, dar loro il lavoro (e insegnare a voler lavorare).

Cioè: non dare la pappa fatta, ma aiutarli – fin dove lo possono (per età, salute e situazione familiare) – a ricostruirsi una vita dignitosa.

Eucaristia e apostolato

Certamente, tutto questo non è quasi mai possibile farlo da soli, ed è per questo che le parrocchie e le varie associazioni e movimenti cristiani devono organizzarsi per costruire un programma semplice e chiaro, preciso ed efficace, dove tutti i cristiani di buona volontà si aiutano e collaborano: questa è già in qualche modo Eucaristia, è Comunione!
Possiamo concludere questa meditazione, cercando di individuare alcuni gesti, alcune azioni che aiutino noi e il nostro prossimo a capire di più l’Eucaristia e a viverla meglio.

Proviamo a condurre a Messa qualche persona amica (magari, facendocela amica proprio con l’invito a partecipare alla Messa). Fondiamo la nostra amicizia su questa compartecipazione, senza darci arie di volere insegnare, ma solo con lo scopo di trovarci insieme davanti a Gesù. Nella conversazione che può seguire, non è difficile portare l’accento sul significato dell’Eucaristia, come convito di amici e come volontà di farci gli uni disponibili agli altri. In seguito, si può combinare insieme anche qualche opera di servizio (appoggiandosi, per es. alla San Vincenzo). L’apostolato non sempre deve essere fatto con le parole e con la catechesi, ma molto spesso può attuarsi nel compiere insieme qualche opera di fraternità e condivisione.

Andare insieme a compiere qualche opera buona: ecco un modo splendido di “continuare l’Eucaristia”! Da una parte la Messa conduce alla carità e – dall’altra – la carità conduce all’Eucaristia!

                                                                                                  Don Rodolfo Reviglio


IMMAGINI:
1  
L’Eucaristia sollecita il credente alla condivisione e al servizio.
2  L’Eucaristia domenicale deve tradursi in opere di servizio, condivisione e aiuto.
3  L’Eucaristia domenicale sfocia nel servizio ai fratelli in una generosa offerta di aiuto e consolazione.

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2005-8
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