LA
CATECHESI DI BENEDETTO XVI /
RENDIMENTO DI GRAZIE NEL TEMPIO
Il Salmo 115 che preghiamo
ai primi Vespri della domenica della terza settimana, è
stato sempre in uso nella tradizione cristiana, a partire da
San Paolo che, citandone lavvio nella traduzione greca
della Settanta, così scrive ai cristiani di Corinto: «Animati
tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto:
Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò
parliamo» (2 Cor 4,13).
LApostolo
si sente in spirituale accordo col Salmista nella serena fiducia
e nella sincera testimonianza, nonostante le sofferenze e le
debolezze umane. Scrivendo ai Romani, Paolo riprenderà
il v. 2 del Salmo e delineerà un contrasto tra il Dio
fedele e luomo incoerente: «Resti fermo che Dio è
verace e ogni uomo mentitore» (Rm 3,4).
La tradizione
cristiana ha letto, pregato e interpretato il testo in diversi
contesti e così appare tutta la ricchezza e la profondità
della Parola di Dio, che apre nuove dimensioni e nuove situazioni.
Allinizio è stato letto soprattutto come un testo
del martirio, ma poi nella pace della Chiesa è divenuto
sempre più un testo eucaristico, a causa della parola
del «calice della salvezza».
In realtà Cristo è
il primo martire. Ha dato la sua vita in un contesto di odio
e di falsità, ma ha trasformato questa passione
e così anche questo contesto nellEucaristia:
in una festa di ringraziamento. LEucaristia è ringraziamento:
«alzerò
il calice della salvezza».
Gratitudine
per la fedeltà di Dio
Il Salmo 115 nelloriginale
ebraico costituisce ununica composizione col Salmo precedente,
il 114. Ambedue costituiscono un ringraziamento unitario, rivolto
al Signore che libera dallincubo della morte, dai contesti
di odio e di menzogna.
Nel nostro
testo affiora la memoria di un passato angoscioso: lorante
ha tenuta alta la fiaccola della fede, anche quando sulle sue
labbra affiorava lamarezza della disperazione e dellinfelicità
(cf Sal 115,10). Attorno, infatti, si levava come una cortina
gelida di odio e di inganno, perché il prossimo si manifestava
falso e infedele (cf v. 11). La supplica, però, ora si
trasforma in gratitudine perché il Signore è rimasto
fedele in questo contesto di infedeltà, ha sollevato il
suo fedele dal gorgo oscuro della menzogna (cf v. 12).
E così questo Salmo
è per noi sempre un testo di speranza, perché anche
in situazioni difficili il Signore non ci abbandona, perciò
dobbiamo tener alta la fiaccola della fede.
Lorante si dispone, perciò, ad offrire un sacrificio
di ringraziamento, nel quale si berrà al calice rituale,
la coppa della libagione sacra che è segno di riconoscenza
per la liberazione (cf v. 13), e trova il suo ultimo compimento
nel Calice del Signore. È quindi la Liturgia la sede privilegiata
in cui innalzare la lode grata al Dio salvatore.
Apparteniamo
alla casa di Dio
Infatti si fa cenno esplicito,
oltre che al rito sacrificale, anche allassemblea di «tutto
il popolo», davanti al quale lorante scioglie il
voto e testimonia la propria fede (cf v. 14). Sarà in
questa circostanza che egli renderà pubblico il suo ringraziamento,
ben sapendo che, anche quando incombe la morte, il Signore è
chino su di lui con amore. Dio non è indifferente al dramma
della sua creatura, ma spezza le sue catene (cf v. 16).
Lorante salvato dalla
morte si sente «servo» del Signore, «figlio
della sua ancella» (ibidem), una bella espressione orientale per indicare chi è
nato nella stessa casa del padrone. Il Salmista professa umilmente
e con gioia la sua appartenenza alla casa di Dio, alla famiglia
delle creature unite a lui nellamore e nella fedeltà.
Un ringraziamento
ecclesiale
Il Salmo, sempre attraverso
le parole dellorante, finisce evocando di nuovo il rito
di ringraziamento che sarà celebrato nella cornice del
Tempio (cf vv. 17-19). La sua preghiera si collocherà
così in ambito comunitario. La sua vicenda personale è
narrata perché sia per tutti di stimolo a credere e ad
amare il Signore. Sullo sfondo, pertanto, possiamo scorgere lintero
popolo di Dio mentre ringrazia il Signore della vita, il quale
non abbandona il giusto nel grembo oscuro del dolore e della
morte, ma lo guida alla speranza e alla vita.
Per la trasformazione
del mondo
Concludiamo la nostra riflessione
affidandoci alle parole di San Basilio Magno che, nellOmelia
sul Salmo 115, così commenta la domanda e la risposta
presenti nel Salmo: «Che cosa renderò al Signore
per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza.
Il Salmista
ha compreso i moltissimi doni ricevuti da Dio: dal non essere
è stato condotto allessere, è stato plasmato
dalla terra e dotato di ragione... ha poi scorto leconomia
di salvezza a favore del genere umano, riconoscendo che il Signore
ha dato se stesso in redenzione al posto di tutti noi; e rimane
incerto, cercando fra tutte le cose che gli appartengono, quale
dono possa mai trovare che sia degno del Signore.
Che cosa dunque
renderò al Signore? Non sacrifici, né olocausti...
ma tutta la mia stessa vita. Per questo dice: Alzerò il
calice della salvezza, chiamando calice il patire nel combattimento
spirituale, il resistere al peccato sino alla morte.
Ciò che, del resto,
insegnò il nostro Salvatore nel Vangelo: Padre, se è
possibile, passi da me questo calice; e di nuovo ai discepoli:
potete bere il calice che io berrò?, significando chiaramente
la morte che accoglieva per la salvezza del mondo» (PG
XXX, 109), trasformando così il mondo del peccato in un
mondo redento, in un mondo di ringraziamento per la vita dataci
dal Signore.
Benedetto XVI
LOsservatore
Romano, 26-05-2005
IMMAGINI:
1-2 Lateismo rende
luomo il grande solitario delluniverso. Negando la
presenza di Dio, alluomo viene a mancare il senso della
gratitudine e della lode, esigenze radicate nel cuore che cercano
disperatamente un Tu a cui rivolgersi.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2005-8
VISITA Nr.