EUCARESTIA:
SPERANZA DI RESURREZIONE

Parliamo tanto di Risurrezione, ma forse non ne approfondiamo abbastanza il significato. Non si tratta – almeno, nella rivelazione cristiana – di reviviscenza, di un semplice ritornare dalla morte alla vita di prima; si tratta, invece, di un passare da un tipo di vita, molto bello ma anche limitato, ad una vita di ordine superiore: non solo perché più bella e più desiderabile, ma perché è una vita che va al di là delle coordinate terrestri, è una “vita in Dio e con Dio”!

Certamente, già adesso siamo in Dio e con Dio, ma in maniera molto limitata e guidata dalla fede, che ci fa credere ma non ci fa vedere, non ci fa toccare con mano, soprattutto non ci fa partecipare in modo pieno e perfetto. Queste nostre parole sono poveri tentativi di dire l’indicibile, di descrivere ciò che non abbiamo mai avuto la possibilità di ammirare in pienezza. Pertanto, anche le parole con le quali si cercherà, qui, di spiegare la Risurrezione e la vita eterna sono povere e limitate... Se potessimo dire e capire tutto, saremmo già in Paradiso!

Dio ci ha creati per la vita eterna

Diciamo intanto che l’unico scopo per il quale Dio ci ha creati è proprio la vita eterna, cioè la vita “in Dio e con Dio”, così come il supremo scopo per cui due sposi mettono al mondo dei figli è quello di farli partecipi di tutto il loro bene (non parlo di beni, altrimenti si pensa solo a case e denari, ma di bene, cioè di tutta la ricchezza spirituale di papà e mamma).

Tuttavia, non dobbiamo disprezzare questa nostra esistenza terrena, anche se sappiamo che siamo destinati a perderla, per il semplice motivo che questa vita di quaggiù è la premessa, l’inizio, l’introduzione alla vita eterna.

Non solo, ma anche la morte terrena ha questo senso e questo scopo: non è tanto il termine della vita terrena, quanto piuttosto la porta di ingresso alla vita futura; e per poter entrare in maggiore pienezza nella vita futura, non ci basta essere vissuti bene quaggiù, dobbiamo anche saper morire bene! La vita terrena e la morte, infatti, hanno lo scopo di aiutarci a entrare, a desiderare e a gustare la vita definitiva, il nostro (eterno!) incontro con Dio, la nostra partecipazione alla Sua Vita!

Ecco perché il Papa (Ecclesia de Eucharistia, 20) scrive: “Se infatti la visione cristiana porta a guardare ai cieli nuovi e alla terra nuova (Apocalisse 21,1), ciò non indebolisce ma piuttosto stimola il nostro senso di responsabilità verso la terra presente”. Se guardiamo con desiderio e speranza alla vita futura, proprio questa tensione verso l’eternità ci fa apprezzare e vivere meglio l’esistenza terrena. Non è stupendo tutto questo? Il costruire quaggiù una vita più conforme al progetto di Dio non può non prepararci a vivere e godere di più la vita beata!

In cammino con Gesù

Questa è la speranza di Risurrezione, che Dio ha immesso nei nostri cuori, creandoci a Sua immagine e somiglianza. Pensiamo ai due discepoli di Emmaus che, al pellegrino sconosciuto che li aveva raggiunti lungo la strada e li aveva interrogati perché fossero tristi, risposero parlando della morte di Gesù e dicendo angosciati: «Noi speravamo…» (Luca 24,21).

Essi non riuscivano a vedere nulla dopo la morte, come anche tante persone di oggi. Del resto, i primi discepoli che sono andati alla tomba e hanno trovato il sepolcro vuoto, sono tornati indietro spaventati e smarriti, capaci solo di pensare a un furto del cadavere di Gesù.

Uno dei motivi per cui tanti non riescono a sperare nella Risurrezione e nella vita futura sta nel fatto che si ripiegano troppo sulle cose di quaggiù, e la loro speranza si limita a un benessere materiale, di salute e di godimento, ma non sanno capire che siamo stati creati per una felicità di ordine superiore.

La nostra esistenza terrena, se la priviamo della speranza in una vita futura e migliore, più perfetta e definitiva, perde tutto il suo senso. Se Dio ci ha creati con una mente e un cuore capaci di pensare e desiderare mete stupende (anche se limitate ai nostri parametri e alle nostre povere misure), è perché il Suo progetto spazia molto più in là, molto più in su!

Ecco perché il documento del Papa afferma: “Conseguenza significativa della tensione escatologica insita nella Eucaristia è anche il fatto che essa dà impulso al nostro cammino storico, ponendo un seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti” (Ecclesia de Eucharistia, 20).

Dobbiamo riconoscere che nei primissimi tempi della Chiesa questa tensione era più presente di oggi. È vero, si pensava che Gesù sarebbe tornato presto e pertanto i cristiani erano molto protesi verso l’attesa del Risorto. Nelle lettere di San Paolo (pensiamo alla II ai Tessalonicesi), l’Apostolo mette in guardia e fa capire che davanti a Dio mille anni sono come un giorno. Noi, oggi, dobbiamo vivere la speranza nella nostra Risurrezione e nel nostro incontro con Cristo, senza però legarlo a date o a segni straordinari: è il desiderio del Bene assoluto (che è Dio!) a farci meno preoccupati del desiderio dell’immediato.

Ogni Messa un incontro vivo

Ritorniamo perciò a guardare all’Eucaristia come segno autentico della Risurrezione nostra “in Cristo”. Il Papa scrive: “Con l’Eucaristia si assimila, per così dire, il segreto della Risurrezione” (Ecclesia de Eucharistia, 18). Questo segreto non è tanto un mistero nascosto, o meglio: è nascosto per chi non crede o non cerca di approfondire la fede. Un vero devoto dell’Eucaristia non può non sentire Gesù risorto nel proprio cuore!
Ogni Messa è un incontro vivo con Gesù vivo. Proviamo a interrogarci e ad esaminarci: siamo veramente vivi quando alla domenica andiamo a Messa? Cioè: il nostro cuore palpita di entusiasmo e di speranza? Ci fermiamo al dovere, o anche solo al momento di intimità, o cerchiamo invece di spaziare verso il futuro, verso l’incontro eterno, verso la totale immedesimazione con Gesù?

Ecco, con che spirito dobbiamo cercare di andare a Messa... e soprattutto con quale entusiasmo siamo chiamati a uscirne, per tornare a casa e per annunciare, attraverso la gioia dello spirito, la nostra piena partecipazione alla gloria di Cristo! Certamente, la croce non si allontanerà da noi, perché Gesù è il Risorto, ma prima è stato il Crocifisso. E tuttavia, in quello spirito di speranza che cerchiamo di vivere, anche la croce può, deve, diventare uno stimolo a sperare, ad attendere la Risurrezione!

E in questo senso, guai se la Liturgia della Parola si limita ad essere una memoria del passato... deve invece essere una finestra aperta sul futuro, una boccata di aria del Cielo, una forza irradiante che ci proietta nel mondo di Dio, e di lì ci fa diventare apostoli di Gesù in tutti i momenti e in tutte le situazioni.

Pegno di vita

Così arriviamo – attraverso l’Eucaristia – alla Vita Eterna. Il viatico (la Comunione che si amministra ai moribondi) non va visto come un ultimo traguardo, piuttosto penoso per i parenti e anche per chi è prossimo a morire. Va visto come un segno e un pegno di gioia eterna, di comunione eterna con il Signore!

Faremmo bene a leggere e meditare il cap. 2 della Lettera di San Paolo ai Colossesi, soffermandoci poi su quelle parole brevissime e stupende che danno inizio al cap. 3: “Se siete risorti con Cristo...”. San Paolo dice, con un’espressione stupenda: “La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio”.
Non possiamo terminare diversamente. Già da adesso, sentiamoci – tramite l’Eucaristia – “nascosti con Cristo in Dio”!
                                                                                               
Don Rodolfo Reviglio


IMMAGINI:
1  
Mediante la sua Risurrezione, Gesù è il Vivente che, mediante la Chiesa, si rende presente per la vita del mondo in ogni epoca della storia umana.
2  Nel corso della sua millenaria storia, la Chiesa ha assunto diversi simboli per indicare la presenza eucaristica, uno di questi, in uso fin dai tempi delle catacombe, è il pesce, il cui nome in greco rimandava alle iniziali della frase greca: Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore.

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2005-9
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