MEDITAZIONE:
LA
RETRIBUZIONE DEFINITIVA
Lidea
della retribuzione, che Dio assegna agli uomini in base al loro
libero comportamento, è già presente nellAntico
Testamento: inizialmente, però, si tratta soltanto di
una retribuzione terrena, e quindi la felicità per il
giusto e linfelicità per il malvagio riguardano
questa vita.
Ma negli ultimi libri che precedono la vita di Gesù, la
retribuzione non riguarda più questo mondo, ma si sposta
dopo la morte.
Gesù accoglie questo
concetto, ma lo perfeziona e lo sublima.
Tuttavia, molti cristiani non lhanno ancora compreso e
pensano alla retribuzione in una forma del tutto inadeguata e
persino falsata.
La retribuzione dei buoni, cioè quella di coloro che vivono
nellamore di Dio, viene considerata dal Salvatore come
una ricompensa gratuita. È ciò che non aveva capito
il fariseo, nella parabola che racconta di lui e del pubblicano
(cf Lc 18,9-14). Quegli credeva di accampare dei diritti davanti
a Dio, e di poter giudicare un fratello secondo il suo metro.
Gesù, invece, cinsegna che anche i nostri meriti
sono anzitutto dei doni del Padre: e questo emerge, per esempio,
nellimmagine della vite e dei tralci (cf Gv 15,4-6).
Gesù è la vite,
noi siamo i tralci: i nostri frutti buoni sono certamente nostri,
ma prima ancora sono di Gesù, che ci partecipa della sua
stessa linfa vitale, la sua forza divina...
Il flusso però sinterrompe se noi ci stacchiamo
da Lui: e quando non abbiamo più la sua vita, non siamo
più capaci di fruttificare, come in natura non può
fruttificare un tralcio separato dalla vite. Così, la
nostra collaborazione con Gesù, la vera vita, consiste
nellaccogliere il suo dono (la sua linfa vitale): e solo
per linfinita misericordia di Dio, Egli distribuisce a
nostro merito laccettare liberamente il suo dono, e lo
completa fino alla sua pienezza in Paradiso: «Bravo, servo
buono e fedele... sei stato fedele nel poco (cioè su questa
terra), ti darò autorità su molto (nella gioia
del Cielo)» (cf Mt 25,21.23).
Considerando
che i nostri meriti sono anzitutto dei doni di Dio, capiamo meglio
come il nostro agire per il Paradiso
non renda meno puro il nostro impegno morale, ma piuttosto lo
avvalori.
È vero, sono sempre possibili i nostri fraintendimenti
e le nostre debolezze, per cui le nostre azioni potrebbero derivare
da un certo interesse egoistico, anche se trasferito
al di là di questo mondo...
Ma, per chi comprende e condivide
il disegno del Padre, agire per il Paradiso significa fare la
sua volontà, che cinvita a compiere con Lui dei
frutti buoni per migliorare il mondo, e a vivere ancor meglio
in Cielo, dove raggiungeremo la pienezza della gloria di Dio,
nel perfezionamento massimo dellintera umanità.
Anche la retribuzione dei malvagi
va vista con lottica di Gesù, che ha purificato
decisamente la nostra concezione di Dio.
La retribuzione alla cattiveria delluomo non va considerata
come una rivalsa, una vendetta del Padre, come se Egli dicesse:
«Tu hai
fatto del male? Ora io lo farò a te!». Al contrario,
«Dio non può fare il male, perché non può
volerlo, essendo bontà
infinita» (Catechismo di San Pio X, n. 11): il Nuovo Testamento
insegna che «Dio è amore» (1 Gv 4,8.16), e
quindi non può mai volere il male di nessuno, tanto meno
quello dei suoi figli!
«Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il
bene» (Rom 12,21): se questo deve valere per noi, quanto
più varrà per il Signore!
Con ciò, vogliamo forse
escludere la possibilità dellInferno? No, perché
il Nuovo Testamento ce lo presenta come leone ruggente,
che cerca di divorare (1 Pt 5,8). Ma vogliamo escludere
che lInferno possa essere voluto da Dio: anzi, è
proprio quello che Dio non vuole, tanto che ha lasciato dessere
torturato ed ucciso, per liberarne i suoi figli!
Però, può succedere
che qualcuno voglia fuggire da Dio fino alla fine: e allora,
non vorrà certo vivere con Lui in Paradiso!
Così, lidea della retribuzione va precisata: nel
caso del Paradiso, si tratta di ricompensa gratuita; nel caso
dellInferno, si tratta di dannazione delluomo,
voluta non da Dio, ma da un libero rifiuto di Lui e del suo amore.
Antonio Rudoni
IMMAGINI:1-3: La Gloria dei Santi, Beato Angelico
(1395-1455), San Marco, Firenze.
1 La Gloria dei Santi
non consiste in una visione statica anche se paradisiaca, ma
nella perfetta, amorosa ed infinita relazione che essi hanno
con Dio.
2 -3 È nella libertà umana
che dobbiamo indagare per comprendere in che senso Dio retribuisca
il male fatto. Lui non è mai responsabile della diminuzione
dessere delle sue creature. Invece, riconosce a malincuore,
la persistenza delluomo nel rifiutarsi dessere amato.
RIVISTA
MARIA AUSILIATRICE 2005-9
VISITA Nr.