SALMO
123,1-6.8:
IL NOSTRO AIUTO E' NEL NOME DEL SIGNORE
Il Salmo 123, è
un canto di ringraziamento che viene intonato da tutta la comunità
orante la quale eleva a Dio la lode per il dono della liberazione.
La Chiesa lo recita ai Vespri del lunedì della 3ª
settimana del Salterio.
Il Salmista
proclama in apertura questo invito: «Lo dica Israele!»
(v. 1), stimolando così tutto il popolo a innalzare un
grazie vivo e sincero al Dio salvatore. Se il Signore non si
fosse schierato dalla parte delle vittime, esse con le loro forze
limitate sarebbero state impotenti a liberarsi e gli avversari,
simili a mostri, le avrebbero dilaniate e stritolate.
Anche se si
è pensato a qualche evento storico particolare, come la
fine dellesilio babilonese, è più probabile
che il Salmo voglia essere un inno inteso a ringraziare il Signore
per gli scampati pericoli e ad implorare da Lui la liberazione
da ogni male.
Circondati
dallagguato
Dopo laccenno iniziale
a certi «uomini» che assalivano i fedeli ed erano
capaci di «inghiottirli vivi» (cf vv. 2-3), due sono
i momenti del canto. Nella prima parte dominano le acque dilaganti,
simbolo per la Bibbia del caos devastatore, del male e della
morte:
«Le acque
ci avrebbero travolti; un torrente ci avrebbe sommersi, ci avrebbero
travolti acque impetuose» (vv. 4-5).
Lorante prova ora la
sensazione di trovarsi su una spiaggia, miracolosamente salvato
dalla furia impetuosa del mare.
La vita delluomo è circondata dallagguato
dei malvagi che non solo attentano alla sua esistenza ma vogliono
distruggere anche tutti i valori umani.
Il Signore si erge, però,
a tutela del giusto e lo salva, come si canta nel Salmo 17: «Stese la mano dallalto
e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque, mi liberò
da nemici potenti, da coloro che mi odiavano... Il Signore fu
mio sostegno; mi portò al largo, mi liberò perché
mi vuol bene» (vv. 17-20).
Il respiro
della preghiera
Nella seconda parte del nostro
canto di ringraziamento si passa dallimmagine marina a
una scena di caccia, tipica di molti Salmi di supplica (cf Sal
123,6-8). Ecco, infatti, levocazione di una belva che stringe
tra le sue fauci una preda, o di una rete di cacciatori che cattura
un uccello.
Ma la benedizione espressa dal Salmo ci fa comprendere che il
destino dei fedeli, che era un destino di morte, è stato
radicalmente mutato da un intervento salvifico: «Sia benedetto
il Signore, che non ci ha lasciato in preda ai loro denti. Noi
siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori:
il laccio si è spezzato e noi siamo scampati» (vv.
6-7).
La preghiera diviene qui un
respiro di sollievo che sale dal profondo dellanima: anche
quando cadono tutte le speranze umane, può apparire la
potenza liberatrice divina. Il Salmo si può, quindi, concludere
con una professione di fede, entrata da secoli nella liturgia
cristiana come premessa ideale di ogni nostra preghiera: «Adiutorium
nostrum in nomine Domini, qui fecit caelum et terram - Il nostro
aiuto è nel nome del Signore; Egli ha fatto il cielo e
la terra» (v. 8). In particolare lOnnipotente si
schiera dalla parte delle vittime e dei perseguitati «che
gridano giorno e notte verso di lui» e «farà loro giustizia prontamente»
(cf Lc 18,7-8).
Il canto
della speranza
SantAgostino dà di questo Salmo un commento
articolato. In un primo tempo, egli osserva che questo Salmo
è adeguatamente cantato dalle «membra di Cristo
che hanno conseguito la felicità». Quindi, in particolare,
«lo hanno
cantato i santi martiri, i quali, usciti da questo mondo, sono
con Cristo nella gioia, pronti a riprendere incorrotti quegli
stessi corpi che prima erano corruttibili. In vita subirono tormenti
nel corpo, ma nelleternità questi tormenti si cambieranno
in ornamenti di giustizia».
Però, in un secondo
tempo, il
Vescovo di Ippona ci
dice che anche noi possiamo cantare questo Salmo nella speranza.
Egli dichiara:
«Siamo
anche noi animati da sicura speranza e canteremo nellesultanza.
Non sono infatti estranei a noi i cantori di questo Salmo...
Pertanto, cantiamo tutti in unità di cuore: tanto i santi
che posseggono già la corona quanto noi che con laffetto
ci uniamo nella speranza alla loro corona. Insieme desideriamo
quella vita che quaggiù non abbiamo ma che non potremo
mai avere se prima non labbiamo desiderata».
SantAgostino ritorna
allora alla prima prospettiva e spiega:
«Ripensano
i santi alle sofferenze che hanno incontrate, e dal luogo di
beatitudine e di tranquillità dove ora si trovano guardano
al cammino percorso per arrivarvi; e, siccome sarebbe stato difficile
conseguire la liberazione se non fosse intervenuta a soccorrerli
la mano del Liberatore, pieni di gioia esclamano: Se il
Signore non fosse stato con noi.
Così inizia il loro
canto. Non hanno detto nemmeno da che cosa siano scampati, tanto
grande è la loro esultanza» (Esposizione sul Salmo
123, 3: Nuova Biblioteca Agostiniana, XXVIII, Roma 1977, p. 65).
Benedetto XVI
LOsservatore
Romano, 21-06-2005
IMMAGINI:
1 Nella Bibbia, il mare è
elemento di purificazione e di separazione dal male, ma anche
di pericolo e di minaccia. Dio però è sempre vicino
al suo popolo e mai fa mancare la sua protezione.
2 Il canto della lode
a Dio esprime la nostra gratitudine per i benefici ricevuti e
chiama il nostro cuore alla conversione per essere capaci di
vedere in tutti gli avvenimenti della vita un segno della presenza
amorosa del Padre.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2005-9
VISITA Nr.