SALMO
26, 1-6
FIDUCIA IN DIO
Il Salmo 26 viene distribuito
dalla Liturgia in due diversi brani. La prima parte di questo
dittico poetico e spirituale (cf vv. 1-6) viene pregata ai Vespri
del mercoledì della 1a settimana e ha come sfondo il tempio
di Sion, sede del culto di Israele. Infatti il Salmista parla
esplicitamente di «casa del Signore», di «santuario»
(v. 4), di «rifugio, dimora, casa» (cf vv. 5-6).
Anzi, nelloriginale ebraico questi termini indicano più
precisamente il «tabernacolo» e la «tenda»,
ossia il cuore stesso del tempio, dove il Signore si svela con
la sua presenza e la sua parola. Si evoca anche la «rupe»
di Sion (cf v. 5), luogo di sicurezza e di rifugio, e si allude
alla celebrazione dei sacrifici di ringraziamento (cf v. 6).
Se, dunque, la liturgia è latmosfera spirituale
in cui è immerso il Salmo, il filo conduttore della preghiera
è la fiducia in Dio, sia nel giorno della gioia, sia nel
tempo della
paura.
Una lotta
simbolica
La prima parte del Salmo, che
ora meditiamo, è segnata da una grande serenità,
fondata sulla fiducia in Dio nel giorno tenebroso dellassalto
dei malvagi. Le immagini usate per descrivere questi avversari,
che sono il segno del male che inquina la storia, sono di due
tipi. Da un lato, sembra che ci sia unimmagine di caccia
feroce: i malvagi sono come belve che avanzano per ghermire la
loro preda e straziarne la carne, ma inciampano e cadono (cf
v. 2). Dallaltro lato, cè il simbolo militare
di un assalto compiuto da unintera armata: è una
battaglia che divampa impetuosa seminando terrore e morte (cf
v. 3).
La vita del credente è spesso sottoposta a tensioni e
contestazioni, talora anche a un rifiuto e persino alla persecuzione.
Il comportamento delluomo giusto infastidisce, perché
risuona come un monito nei confronti dei prepotenti e dei perversi.
Lo riconoscono senza mezzi termini gli empi descritti dal Libro
della Sapienza: il giusto «è diventato per noi una
condanna dei nostri sentimenti; ci è insopportabile solo
al vederlo, perché la sua vita è diversa da quella
degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade» (Sap
2,14-15).
Il Dio della
vita
Il fedele è consapevole
che la coerenza crea isolamento e provoca persino disprezzo e
ostilità in una società che sceglie spesso come
vessillo il vantaggio personale, il successo esteriore, la ricchezza,
il godimento sfrenato. Tuttavia egli non è solo e il suo
cuore conserva una sorprendente pace interiore, perché
come dice la splendida «antifona» dapertura
del Salmo «il Signore è luce e salvezza,
è difesa della vita» del giusto (Sal 26,1). Egli
ripete continuamente: «Di chi avrò paura?... Di
chi avrò timore?... Il mio cuore non teme... Anche allora
ho fiducia» (vv. 1.3).
Sembra quasi di ascoltare la voce di San Paolo che proclama:
«Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?»
(Rm 8,31). Ma la quiete interiore, la fortezza danimo e
la pace sono un dono che si ottiene rifugiandosi nel tempio,
ossia ricorrendo alla preghiera personale e comunitaria.
Sorgente
della pace
Lorante, infatti, si
affida alle braccia di Dio e il suo sogno è espresso anche
da un altro Salmo (cf 22,6): «Abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita». Là egli potrà
«gustare la dolcezza del Signore» (Sal 26,4), contemplare
e ammirare il mistero divino, partecipare alla liturgia sacrificale
ed elevare le sue lodi al Dio liberatore (cf v. 6). Il Signore
crea attorno al suo fedele un orizzonte di pace, che lascia al
di fuori lo strepito del male. La comunione con Dio è
sorgente di serenità, di gioia, di tranquillità;
è come entrare in unoasi di luce e di amore.
Il nostro rifugio
Ascoltiamo ora, a sigillo della nostra riflessione, le parole
del monaco Isaia, di origini sire, vissuto nel deserto egiziano
e morto a Gaza verso il 491. Nel suo Asceticon egli applica il
nostro Salmo alla preghiera nella tentazione: «Se vediamo
i nemici circondarci con la loro furbizia, cioè con laccidia,
sia che indeboliscano la nostra anima nel piacere, sia perché
non conteniamo la nostra collera contro il prossimo quando agisce
contro il suo dovere, oppure se aggravano i nostri occhi per
portarli alla concupiscenza, o se vogliono condurci a gustare
i piaceri della gola, se rendono per noi come un veleno la parola
del prossimo, se ci fanno svalutare la parola altrui, se ci inducono
a far differenze tra i fratelli dicendo: Questi è
buono, questaltro è cattivo: se dunque tutte
queste cose ci circondano, non perdiamoci di coraggio, ma gridiamo
piuttosto come Davide con cuore fermo dicendo: Signore,
protettore della mia vita! (Sal 26,1)» (Recueil ascétique,
Bellefontaine 1976, p. 211).
Giovanni Paolo
II / LOsservatore
Romano, 22-03-2004
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2004-10
VISITA Nr.