LA
CATECHESI DI BENEDETTO XVI:
CRISTO SERVO DI DIO (Fil. 2,6-11)
In ogni celebrazione domenicale dei
Vespri la liturgia ci ripropone il breve ma denso inno cristologico
della Lettera ai Filippesi (cf 2,6-11). Quello che qui consideriamo
è la prima sezione (cf vv. 6-8), ove si delinea la paradossale
«spogliazione» del Verbo divino, che depone la sua
gloria e assume la condizione umana. Questa parte viene pregata
ai Primi Vespri della domenica della terza settimana.
Cristo incarnato e umiliato
nella morte più infame, quella della crocifissione, è
proposto come un modello vitale per il cristiano.
Questi, infatti, come si afferma nel contesto deve
avere «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù»
(v. 5), sentimenti di umiltà e di donazione, di distacco
e di generosità.
Una scelta
di umiltà
Egli, certo, possiede la natura
divina con tutte le sue prerogative. Ma questa realtà
trascendente non è interpretata e vissuta allinsegna
del potere, della grandezza, del dominio. Cristo non usa il suo
essere pari a Dio, la sua dignità gloriosa e la sua potenza
come strumento di trionfo, segno di distanza, espressione di
schiacciante supremazia (cf v. 6). Anzi, egli «spogliò»,
svuotò se stesso, immergendosi senza riserve nella misera
e debole condizione umana. La «forma» (morphe) divina
si nasconde in Cristo sotto la «forma» (morphe) umana,
ossia sotto la nostra realtà segnata dalla sofferenza,
dalla povertà, dal limite e dalla morte (cf v. 7).
Non si tratta quindi di un
semplice rivestimento, di unapparenza mutevole, come si
riteneva accadesse alle divinità della cultura greco-romana:
quella di Cristo è la realtà divina in unesperienza
autenticamente umana. Dio non appare soltanto come uomo, ma si
fa uomo e diventa realmente uno di noi, diventa realmente «Dio-con-noi»,
che non si accontenta di guardarci con occhio benigno dal trono
della sua gloria, ma si immerge personalmente nella storia umana,
divenendo
«carne», ossia realtà fragile, condizionata
dal tempo e dallo spazio (cf Gv 1,14).
Fratello
di ogni uomo
Questa condivisione radicale
e vera della condizione umana, escluso il peccato (cf Eb 4,15),
conduce Gesù fino a quella frontiera che è il segno
della nostra finitezza e caducità, la morte. Questa non
è, però, frutto di un meccanismo oscuro o di una
cieca fatalità: essa nasce dalla sua libera scelta di
obbedienza al disegno di salvezza del Padre (cf Fil 2,8).
LApostolo aggiunge che
la morte a cui Gesù va incontro è quella di croce,
ossia la più degradante, volendo in questo modo essere
veramente fratello di ogni uomo e di ogni donna, anche di quelli
costretti a una fine atroce e ignominiosa.
Ma proprio nella sua passione e morte Cristo testimonia la sua
adesione libera, totale e cosciente al volere del Padre, come
si legge nella Lettera agli Ebrei:
«Pur
essendo Figlio, imparò lobbedienza dalle cose che
patì» (Eb 5,8).
Fermiamoci qui nella nostra
riflessione sulla prima parte dellinno cristologico, concentrato
sullIncarnazione e sulla passione redentrice. Avremo occasione
in seguito di approfondire litinerario successivo, quello
pasquale, che conduce dalla croce alla gloria. Lelemento
fondamentale di questa prima parte dellInno mi sembra essere
linvito ad entrare nei sentimenti di Gesù.
Entrare nei sentimenti di Gesù
vuol dire non considerare il potere, la ricchezza, il prestigio
come i valori supremi della nostra vita, perché in fondo
non rispondono alla più profonda sete del nostro spirito,
ma aprire il nostro cuore allAltro, portare con lAltro
il peso della nostra vita e aprirci al Padre dei Cieli con senso
di obbedienza e fiducia, sapendo che proprio in quanto obbedienti
al Padre saremo liberi. Entrare nei sentimenti di Gesù:
questo sarebbe lesercizio quotidiano da
vivere come cristiani.
Carico delle
nostre infermità
Concludiamo la nostra riflessione
con un grande testimone della tradizione orientale, Teodoreto che fu Vescovo di Ciro, in Siria, nel
V secolo:
«LIncarnazione
del nostro Salvatore rappresenta il più alto compimento
della sollecitudine divina per gli uomini. Infatti, né
il cielo né la terra né il mare né laria
né il sole né la luna né gli astri né
tutto luniverso visibile e invisibile, creato dalla sua
sola parola o piuttosto portato alla luce dalla sua parola conformemente
alla sua volontà, indicano la sua incommensurabile bontà
quanto il fatto che il Figlio unigenito di Dio, colui che sussisteva
in natura di Dio (cf Fil 2,6), riflesso della sua gloria, impronta
della sua sostanza (cf Eb 1,3), che era in principio, era presso
Dio ed era Dio, attraverso cui sono state fatte tutte le cose
(cf Gv 1,1-3), dopo aver assunto la natura di servo, apparve
in forma di uomo, per la sua figura umana fu considerato come
uomo, fu visto sulla terra, con gli uomini ebbe rapporti, si
caricò delle nostre infermità e prese su di sé
le nostre malattie» (Discorsi sulla provvidenza divina,
10: Collana di testi patristici, LXXV, Roma 1988, pp. 250-251).
Teodoreto di Ciro prosegue
la sua riflessione, mettendo in luce proprio lo stretto legame
sottolineato dallinno della Lettera ai Filippesi fra lIncarnazione
di Gesù e la Redenzione degli uomini.
«Il Creatore
con saggezza e giustizia lavorò per la nostra salvezza.
Poiché egli non ha voluto né servirsi soltanto
della sua potenza per elargirci il dono della libertà
né armare unicamente la misericordia contro colui che
ha assoggettato il genere umano, affinché quegli non accusasse
la misericordia dingiustizia, bensì ha escogitato
una via carica di amore per gli uomini e al contempo adorna di
giustizia.
Egli infatti, dopo aver unito
a sé la natura delluomo ormai vinta, la conduce
alla lotta e la dispone a riparare alla sconfitta, a sbaragliare
colui che un tempo aveva iniquamente riportato la vittoria, a
liberarsi dalla tirannide di chi laveva crudelmente fatta
schiava e a recuperare la primitiva libertà» (ibidem,
pp. 251-252).
Benedetto XVI
LOsservatore
Romano, 14-06-2005
IMMAGINI:
1 Il bacio di Giuda,
Giotto (1267-1337), Cappella degli Scrovegni, Padova. / La disponibilità
al perdono ha accompagnato Gesù nel corso di tutta la
sua vita. Lui è il vero maestro della pace.
2 Il Cristo giallo, Paul
Gauguin (1848-1903), Albright Knox Gallery.
3 Avvicinandosi
a Gerusalemme, Gesù è ripieno di sentimenti di
affetto verso la città. Osservandola dal Monte degli Ulivi,
piangerà su di essa.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE
2005-10
VISITA Nr.