MEDITAZIONE: Annunciazione e Natale
ACCOGLIAMO L'ABBANDONO DEL NATALE

Vi è una relazione fra l’Annunciazione e il Natale? Certamente!
Nell’Annunciazione guardiamo a Dio che si fa uomo nel grembo verginale di Maria.
Nell’Antico Testamento, soprattutto nel Cantico dei Cantici e in Osea, il Padre intende “sposare” l’umanità, ma non trova ancora una persona che ci possa degnamente rappresentare.

La stessa Alleanza con Abramo e con Mosé è un inizio di unione sponsale, ma soltanto in Maria Santissima Dio forma, nella pienezza dei tempi (Gal 4,4), una persona umana con cui potesse concludere un vero matrimonio. Attraverso l’angelo Gabriele, Egli si dichiara e la Vergine acconsente con un sì incondizionato. Allora incomincia la storia di Gesù, Dio perché Figlio del Padre e uomo perché figlio di una donna, una storia che incomincia sempre con nove mesi nel grembo materno e che la Liturgia racchiude nelle feste del 25 marzo e del 25 dicembre.
A Natale, dopo la gestazione, celebriamo il parto. Ma qual è il più profondo significato di questa nascita?
Ce lo dicono già i primi Padri della Chiesa: Dio si è fatto uomo perché l’uomo, unendosi a Lui, diventasse Dio con Lui e come Lui.
Infatti, Gesù chiamerà il Padre col termine di Abbà, papà, e desidera che anche noi Lo chiamiamo così (cf Rom 8,15; Gal 4,6).

Potremmo usare un esempio, magari banale: Gesù scende dal Cielo, per poter tornare in Cielo con tutti noi. Noi non saremo mai stati capaci di raggiungere la Trinità; allora Dio ha inventato un ascensore per scendere fin quaggiù; ora che c’è l’ascensore, vi carica i suoi figli e risale insieme con loro: ecco la Risurrezione pasquale e la Risurrezione dei morti!
Anche la povertà della nascita di Gesù è assai significativa. Ma la povertà del presepio vuole esprimere una povertà molto più grande: Dio, creatore onnipotente, si fa creatura fragile e mortale, perché l’uomo, per sua natura fragile e mortale, possa partecipare alla vita divina del Creatore! Ce lo dice San Paolo: «Cristo non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil 2,6ss): proprio perché noi stessi potessimo diventare figli di Dio come Lui!

Dunque, noi possiamo salire verso il Cielo con Gesù; possiamo avere la stessa eredità del Figlio di Dio (cf Rom 8,17): ma qual è il nostro prezzo da pagare? Forse immani fatiche, o studi difficili da compiere?
No, è tutto un dono gratuito. Il Natale, con la presenza di Gesù Bambino, ci fa presagire quello che Egli stesso, alcuni anni dopo, predicherà: ci basta accogliere i bambini, anzi ci basta diventare noi stessi come loro, per ottenere il Regno dei Cieli (cf Mt 18,3-5).
Che bello quando non avevamo autentici problemi: a noi pensavano mamma e papà, e noi non ci preoccupavamo né del cibo, né dei nostri vestitini, né della casa... ci pensavano loro. Ora possiamo avere la stessa tranquillità: lasciando tutte le preoccupazioni al nostro Dio fatto uomo.

La vera fiducia in Dio è proprio questa: Lasciarsi andare fra le sue braccia. Possiamo chiederGli qualunque cosa, come fanno i bambini; sarà poi Lui a discernere (per nostra fortuna) ciò che può darci, perché ci farà del bene e ciò che non può darci perché ci farebbe del male.
Certo, io vorrò collaborare con Lui, così come posso; occupandomi, sì, ma non preoccupandomi; curandomi sì, ma non angustiandomi mai: ci pensa il mio Papà!

E collaborerò con Lui specialmente in questo: nel chiederGli tutto quanto mi occorre (cf Fil 4,6).
Questo mi impedirà di agitarmi, trovando così una grande serenità, e mi otterrà la
vita, in questo mondo e nell’altro.
Come si è visto, l’Annunciazione ci presenta un Papà divino e una Mamma dolcissima; il Natale ci presenta il loro Bambino. E noi, unendoci a questo Bambino, ci abbandoniamo con fiducia a questo Papà e a questa Mamma, per trovare la nostra piena realizzazione, terrena e celeste!

                                                                                        Antonio Rudoni SDB


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-11
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