TESTIMONIANZE:
UNO SGUARDO BENEVOLO

In questi giorni ho partecipato ad una bellissima liturgia celebrata dalle massime autorità di una Diocesi italiana. Era la festa del Patrono della città, festa sempre sentita, a giusto titolo, perché è giusto, attraverso i secoli, festeggiare solennemente il primo che portò la fede cristiana nel borgo e talvolta dovette anche morire per testimoniarla, come hanno fatto tanti uomini e donne prima del 313.

La corale venuta dalla grande città era eccellente e ci ha edificati tutti con le voci che la componevano e la maestria del compositore! La predica misurata e compunta dava bene il sentimento della verità della celebrazione. Insomma io ero contentissima e mi sentivo il cuore pieno di riconoscenza per questo santo martire e per i suoi discendenti, tutti i vescovi che hanno saputo restare fedeli a Gesù nostro diletto, umile e unico Maestro!
Però uscendo, dopo il canto finale e la benedizione solenne, la tristezza mi ha riempito il cuore, all’improvviso. Quale abisso tra la gioia della celebrazione, la pienezza dell’Eucaristia ricevuta e la speranza (vana, purtroppo!) di ricevere uno sguardo gentile da parte dei celebranti, uno sguardo che fosse continuazione del Mistero di amore appena concluso. I loro volti, invece erano chiusi, quasi avversi alla gente, e questo, mentre stavano uscendo dal lieto banchetto che Gesù ancora una volta ci aveva dato.

Gli occhi del celebrante

Ma i celebranti che sono Cristo sull’altare, non dovrebbero forse fare come Lui, quando terminano le celebrazioni? Dovrebbero essere segni di amore! C’è un canto della Chiesa che dice:

Nella Chiesa del Signore,
tutti gli uomini verranno
e bussando alla sua porta,
solo amore riceveranno.

Lo sguardo dei sacerdoti è molto importante! Può essere una spada sguainata, senza che il povero cristiano ne sappia nemmeno il perché, oppure può diventare il più formidabile mezzo di comunicazione!
E poi... quando è lo sguardo di un Vescovo, o l’assenza del suo sguardo... non dico cosa può succedere nell’anima della povera gente! Della piccola gente che spera in un sorriso, un’accoglienza, una benedizione!

In quell’istante, ho capito però perché era così bello andare ad incontrare il Santo Padre, Papa Giovanni Paolo II! Anche nella sofferenza dove l’ho visto per l’ultima volta il 2 dicembre 2004 c’era l’accoglienza, il suo sguardo diceva: ti voglio bene, ti accetto così come sei!

Se poi guardiamo a Benedetto XVI, vediamo subito come il suo sguardo sia pieno di umiltà e di gentilezza.
Ha capito che ciò che ha rimarcato tutta la gente del mondo nel suo predecessore era proprio questa santa qualità del voler bene, di accogliere.
Una persona così la si può ascoltare e le si può obbedire, perché non è un muro. Si sente che è aperta e soprattutto vera! Capisco le migliaia di persone che sono diventate cristiane dopo aver conosciuto Papa Giovanni Paolo II, e mi sembra che con Benedetto XVI sarà la stessa cosa o forse anche di più, perché non si sente in lui il personaggio che appartiene ad una casta sociale! Ma veramente il fratello di tutti come diceva Paolo VI, o un amico come dice Papa Benedetto!

Sia benedetto per questa parola nuova e antica che non può non fare pensare al nostro diletto Gesù quando parla dei suoi discepoli: «Non vi chiamo più servi, ma amici».
Fa’, o Signore, che lo dica al suo clero, ma anche a tutti noi del gregge suo. Le pecorelle amano essere chiamate per nome e seguono il vero pastore perché sentono di essere amate e custodite.
Voglio ringraziare il Signore per averci dato di nuovo un vero buon pastore ma voglio anche pregarLo per chiederGli la grazia d’ispirare ai piccoli pastori ad amare e fare capire che amino il loro gregge e non che rappresentino solo l’autorità.

Concludo raccontandovi un’altra cosa che mi è successa alcuni giorni fa. Mi sono imbattuta in un sacerdote severo e aggressivo. Io, sorridendo, gli ho chiesto:

«Ma perché sei così teso e nero?». Lui mi ha risposto: «E come faccio a non esserlo? Con il mestiere che faccio! Ma lo sai cosa faccio, io? Io insegno, e insegno morale!».


Forse abbiamo confuso il Vangelo con l’irritazione e il sospetto. Ma questa non è morale. E per di più la morale cristiana che dovrebbe essere il Vangelo vissuto, messo in pratica. Vivere il Vangelo non deve metterci in ansia, perché il Vangelo è una benedizione, cioè lo sguardo benevolo di Dio sull’uomo, affinché l’uomo possa crescere e diventare realmente figlio. Ma questa è un’altra storia.
                                                                                                    
  Maddalena di Spello


IMMAGINI:
 Incontrare Gesù nell’Eucaristia per il cristiano deve essere un’esperienza gioiosa e vitale.
2  Ogni celebrazione è un momento di profonda comunione con tutta la Chiesa.
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2005-11
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