SALMO 116, 1-2
LODATE DIO
Continuando nella nostra
meditazione sui testi della Liturgia delle Lodi, consideriamo
un Salmo che utilizziamo al sabato della terza settimana, il
più breve di tutte le composizioni del Salterio. È
il Salmo 116, una sorta di piccolo inno, analogo a una giaculatoria
che si espande in una lode universale al Signore. Ciò
che viene proclamato è espresso attraverso due parole
fondamentali: amore e fedeltà (cf v. 2).
Con questi termini il Salmista
illustra sinteticamente lalleanza tra Dio e Israele, sottolineando
il rapporto profondo, leale e fiducioso che intercorre tra il
Signore e il suo popolo. Sentiamo qui leco delle parole
che Dio stesso aveva pronunziato al Sinai presentandosi davanti
a Mosè: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso
e pietoso, lento allira e ricco di grazia e di fedeltà»
(Es 34,6).
La preghiera
è un incontro con Dio
Pur nella sua brevità
ed essenzialità, il Salmo 116 coglie il cuore della preghiera,
che consiste nellincontro e nel dialogo vivo e personale
con Dio. In tale evento il mistero della Divinità si svela
come fedeltà e amore.
Il Salmista aggiunge un aspetto particolare della preghiera:
lesperienza orante deve irradiarsi nel mondo, trasformandosi
in testimonianza presso chi non condivide la nostra fede. Infatti,
in apertura, lorizzonte si allarga a «tutti i popoli»
e a «tutte le nazioni» (cfr Sal 116,1), perché
di fronte alla bellezza e alla gioia della fede siano anchesse
conquistate dal desiderio di conoscere, incontrare e lodare Dio.
Al di là
di ogni chiusura
In un mondo tecnologico minato
da uneclissi del sacro, in una società che si compiace
in una certa autosufficienza, la testimonianza dellorante
è come un raggio di luce nelloscurità.
In un primo tempo può solo incuriosire, poi può
indurre la persona riflessiva a interrogarsi sul senso della
preghiera e, infine, può suscitare un crescente desiderio
di farne lesperienza. Per questo, la preghiera non è
mai un evento solitario, ma tende a dilatarsi fino a coinvolgere
il mondo intero.
La vera
giustizia
Noi ora accompagniamo il Salmo
116 con le parole di un grande Padre della Chiesa dOriente,
SantEfrem il Siro, vissuto nel quarto secolo. In uno dei
suoi Inni sulla Fede, il quattordicesimo, egli esprime il desiderio
di non far cessare mai la lode di Dio, coinvolgendo anche «tutti
coloro che comprendono la verità» divina. Ecco la
sua testimonianza: «Come può la mia arpa, Signore,
cessare la tua lode? / Come potrei insegnare alla mia lingua
linfedeltà? / Il tuo amore ha dato confidenza al
mio imbarazzo, / ma la mia volontà è ancora ingrata
(strofa 9).
È giusto che luomo riconosca la tua divinità,
/ è giusto per gli esseri celesti lodare la tua umanità;
/ gli esseri celesti erano stupiti di vedere quanto ti sei annientato,
/ e quelli della terra di vedere quanto ti sei esaltato»
(str. 10: LArpa dello Spirito, Roma 1999, pp. 26-28).
Vibrare
di lode
In un altro inno (Inni di Nisibi,
50), SantEfrem conferma questo suo impegno di lode incessante,
e ne esprime il motivo nellamore e nella compassione divina
per noi, proprio come suggerisce il nostro Salmo.
«In te, Signore, possa la mia bocca far uscire la lode
dal silenzio. / Che le nostre bocche non siano povere di lode,
/ che le nostre labbra non siano povere nel confessare; / possa
la tua lode vibrare in noi! (str. 2).
Poiché è nel nostro Signore che la radice della
nostra fede è innestata; / benché lontano, tuttavia
Egli è vicino nella fusione dellamore. / Che le
radici del nostro amore siano legate a Lui, / che la piena misura
della sua compassione sia effusa su di noi» (str. 6: ibid.,
pp. 77.80).
Giovanni Paolo II
LOsservatore
Romano, 01-10-2003
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-6
VISITA Nr.