MISSIONE DELLA VITA
DELLA CHIESA:
UNA CHIAMATA PER TUTTI
Quando Gesù chiamò
i primi discepoli, disse a ciascuno di essi: «Seguimi».
E ci dicono i Vangeli che questi chiamati
abbandonarono chi la pesca chi il tavolo di cambiavalute, per
seguirlo. Ci dicono ancora i Vangeli che alcuni di questi discepoli,
Gesù dopo una notte trascorsa in preghiera
li chiamò più vicini a sé e diede loro il
nome di apostoli che vuol dire inviati, mandati.
A tutti i discepoli, poi, indistintamente, diede un comando preciso,
prima di salire al cielo: «Andate in tutto il mondo e predicate
il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Questo spiega come,
nella Chiesa, lessere mandati ad annunciare il Vangelo
non è una prerogativa di pochi, ma una missione di tutti.
Questo non esclude, evidentemente, che in questa missione universale
esistano gradi e gerarchie, se non altro perché il compito
di evangelizzazione non venga lasciato alla fantasia di ciascuno,
ma venga organizzato in modo saggio e ordinato.
Lanima
dellapostolato
Cè però
un pericolo, che salta subito agli occhi di tutti: nella Chiesa
e nel mondo, levangelizzazione è un compito di tipo
manageriale e organizzativo soltanto? Non ha unanima, uno
spirito? Evidentemente, sì. E bisogna che questo spirito
infiammi il cuore di tutti e di ciascuno. Gesù ha detto:
«Come il Padre ha mandato me, Io mando voi» (Gv 20,
come abbiamo già visto fin dallinizio). Dunque la
missione è nella sua radice unopera tutta divina,
è la continuazione dellIncarnazione del Verbo. E
non solo dellIncarnazione, ma anche di tutta lopera
di Gesù, compresa la passione, morte e Risurrezione (come
già abbiamo visto e meditato).
È talmente importante questa realtà della missione
come di compito affidato a tutti e a ciascuno, che occorre prolungare
la nostra riflessione. E cominciamo dal nostro Battesimo. Nei
primissimi tempi della Chiesa, venivano battezzati solo gli adulti,
e dopo un congruo tempo di preparazione e di prova (che venne
in seguito chiamato catecumenato). Il motivo era semplice: prima
di ricevere il Battesimo era necessario trattandosi di
persone adulte che conoscessero sufficientemente la fede
cristiana, ne accettassero gli impegni e dessero prova di sincera
e buona volontà.
Ma, con il passare del tempo, in diverse città e paesi,
il cristianesimo si diffuse ampiamente e molti genitori
giunti alla fede e battezzati sentirono il desiderio di
fare entrare nella Chiesa anche i loro figli, seppure fossero
ancora bambini. Il fatto che la Chiesa, dopo matura riflessione,
abbia accettato di battezzare i bambini, è la conclusione
di una riflessione attenta e diffusa, in base alla quale i figli,
che appartengono ai loro genitori, possono essere partecipi dei
doni dei loro genitori: a condizione che essi poi li educhino
secondo la fede cristiana.
La perdita
della fede
Oggi noi assistiamo a una graduale
scristianizzazione di tante famiglie, e questo spiega come i
figli, crescendo, non sentano né il dovere né il
desiderio di crescere nella vita cristiana e di conoscere il
Vangelo. Di qui unaltra conseguenza: non si sentono affatto
mandati a evangelizzare.
Qui nasce il problema: come possiamo evangelizzare gli altri?
Chi dobbiamo evangelizzare, se la gente intorno a noi si dice
o si crede cristiana? E poi, che cosa dobbiamo fare? Che cosa
dobbiamo dire? Chi ci prepara a questa missione?... O forse dobbiamo
tutti partire per altri Paesi non cristiani e andare là
a fare i missionari?
Moltissimi cristiani oggi di fronte allaffermazione
che tutti sono chiamati alla missione e ad evangelizzare
si sentirebbero assai imbarazzati e risponderebbero: «Mah,
io non so, io non ho tempo, e poi dove dovrei andare? A chi dovrei
parlare?». Diciamocelo con chiarezza, questa coscienza
di essere tutti in qualche modo missionari oggi non cè
e non è quasi mai stata insegnata; e di conseguenza non
si è mai pensato a preparare i cristiani adulti a questa
stupenda esperienza.
Suscitare
la domanda
Proviamo ad approfondire. Innanzitutto,
la missione non consiste solo nel primo annuncio di Gesù
Cristo, ma va vista e riconosciuta in ogni atto di manifestazione
della fede, di autentica testimonianza. Di conseguenza, quando
di fronte a una testimonianza chiara e sincera qualcuno chiede
il perché o vuole ricevere una spiegazione, nasce di colpo
la possibilità di rendere testimonianza della speranza
che è in noi (1 Pt 3,15), cioè di rendere
più ampiamente ragione della nostra fede e oggettivamente
di annunciare il Vangelo di Gesù. Naturalmente,
per fare questo occorre avere una fede abbastanza fondata e motivata,
cosa che in molti cristiani di oggi non cè se non
in minima porzione.
Di qui lesigenza che tutti coloro che si dicono e si credono
cristiani cerchino, abbiano il desiderio e la sincera volontà
di approfondire le motivazioni e le espressioni della fede in
Gesù. Questo lo si può fare, inserendosi in qualche
gruppo (parrocchiale o di qualche movimento o associazione, es.
lAzione Cattolica) e impegnandosi a partecipare alle riunioni
formative; di lì nascono e si sviluppano tante opere
anche in Paesi cattolici come in Italia per la diffusione
e lapprofondimento della fede, per la testimonianza e lapostolato;
e questa è già missione.
Poi, a livello personale e di amicizia, ciascun cristiano può
avvicinare persone di sua conoscenza, amici, colleghi, parenti,
vicini di casa, e parlare loro di Gesù, senza darsi delle
arie di sapientoni, senza voler fare opera di proselitismo, ma
per la gioia di annunciare la Verità di Gesù. Questo
si può fare anche con gli extracomunitari, anche con i
musulmani, naturalmente creando prima un rapporto di accoglienza,
di stima, di amicizia, e senza mai forzare le coscienze. Oggi,
su questo fronte, abbiamo molte possibilità; potremmo
dire che non tocca tanto a noi andare a cercare, ma ci basta
accogliere chi viene a noi o chi vive accanto a noi!
La prima
evangelizzazione
Tutto questo riesce se sappiamo
chiedere a Gesù continuamente luce e aiuto, e se cerchiamo
noi per primi Gesù, meditando assiduamente le pagine del
Vangelo. Lo Spirito Santo è impegnato a illuminarci, sempre
che noi cerchiamo questa luce che Gesù ha promesso.
Ma cè un aspetto molto importante per non
dire il più essenziale per attuare con frutto la
missione evangelizzatrice. Se pensiamo che per primo Gesù
è stato mandato e ha evangelizzato, ma ha ottenuto poco
o nulla, e solo dopo essere salito sulla Croce ha redento il
mondo e ha portato la salvezza, dobbiamo concludere che anche
per noi la Croce è strumento essenziale, anzi: più
che strumento, è la forma primaria dellevangelizzazione.
Non cè bisogno di cercarla, la croce, o di inventarla.
Basta mettersi di buona volontà allopera, meditando,
pregando, parlando, e poi possiamo essere sicuri che la croce
ci viene sulle spalle: ed è a questo punto che la nostra
missione va a buon segno e il Regno di Dio viene!
***
Come è facile scrivere tutte queste cose, e forse fa anche
piacere leggerle. Ma attuarle? Eh, sì! Ci sentiamo tanto
piccoli, ma non scoraggiamoci. Tante pagine del Vangelo ci vengono
in soccorso: costruiamo sulla roccia e non sulla sabbia, cioè
mettiamo buone fondamenta di fede e di preghiera; facciamoci
piccoli e semplici e il Padre ci rivelerà lo splendore
del mistero cristiano, così da essere capaci di rifletterlo;
siamo come Gesù miti e umili di cuore, e lo
Spirito ci illuminerà; seminiamo nel terreno buono la
Parola di Dio (cominciando noi per primi a meditarla e farla
nostra) e raccoglieremo il sessanta, lottanta e il cento
per uno; e non dimentichiamo di rivolgerci a Maria, perché
ottenga che la nostra povera acqua si trasformi in vino pregiato...
e così Gesù manifesterà la sua gloria e
gli uomini crederanno in Lui! (cf. Gv 2,11).
Don Rodolfo Reviglio
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-6
VISITA Nr.