ACCOGLIERE I DONI DI DIO

Nel Vangelo di Matteo, Gesù ci dice: «Non sprecate parole come i pagani, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno, ancor prima che gliele chiediate» (Mt 6,7 ss), e naturalmente desidera donarcele: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati (1 Tim 2,4); «Io sono venuto perché le mie pecore abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Ma allora perché la necessità della preghiera e di conoscere la Parola di Dio? Perché la Fede? Perché osservare i Comandamenti, per ottenere i suoi doni più importanti, di cui pure abbiamo bisogno per la vita terrena e celeste? Non dovrebbe pensarci il Padre, senza alcuna condizione?

Verso una gioia più grande

La nostra preghiera e l’ascolto del Vangelo non sono una condizione: non sono necessarie perché Dio ci voglia ai suoi piedi, ma perché sono il modo di comunicare con Lui! Se non gli parlassimo e non l’ascoltassimo, non sapremmo che cosa il Signore ci sta offrendo, né potremmo usare il suo dono: sarebbe come se questo dono non ce l’avessimo neppure! Dio ci dà tante cose materiali anche se non gliele chiediamo; ma soprattutto i doni spirituali, che non possiamo vedere, richiedono necessariamente la nostra preghiera, unita alla Parola di Dio.
Facciamo un esempio: se una persona che mi ama, ma che io non conosco, mi regalasse un magnifico palazzo, ma io non volessi parlare con lui, non volessi leggerne i messaggi... non potrei sapere di aver questo palazzo, o dove esso si trova! Ebbene, Dio ci dona infinitamente più di un palazzo, ma molti non lo sanno, né sanno come trovarlo: in questi casi, è come se non avessero nulla! Egli ci offre Se stesso e la sua gioia, ma quanti non se ne rendono conto, e non hanno la minima idea di cosa sia tanta ricchezza. È per questo che restano infelici, si credono senza prospettive, mentre hanno tra le mani un tesoro!
Ecco allora perché Gesù ripete più volte: chiedete e vi sarà dato (cf Mt 7,7-11); e ci raccomanda di pregare sempre, perché possiamo ottenere. Significative soprattutto sono le parabole dell’amico e della vedova importuni (cf Lc 11,5-8; 18,1-8): dove il Maestro assicura la pronta risposta di Dio alle nostre domande, purché non siano dannose e non impediscano un più grande disegno d’amore. Scrive Alessandro Manzoni:
«Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande» (Promessi Sposi, VIII).

La causa della gioia

La nostra Fede significa credere in ciò che Egli promette, quando comprendiamo che è proprio Lui che promette. Ma ci facciamo di nuovo la domanda: perché dobbiamo credere per avere i suoi doni? Possiamo riprendere l’esempio di prima. Se a quella persona che mi offre un palazzo io non volessi credere (perché non mi fido di lui, non mi fido dell’esistenza del palazzo), il suo dono non servirebbe a nulla. Se non gli credo, non vado certo a servirmi del suo regalo! E così rimango un poveraccio, pur avendo qualcosa che potrebbe risolvermi la vita!
Ecco perché il Vangelo ci spiega che, per la gente di Nazareth, Gesù «non fece molti miracoli a causa della loro incredulità» (Mt 18,58).
Invece, molte volte sembra che Gesù dimentichi d’essere Lui il taumaturgo, per sottolineare l’importanza della nostra fede per essere guariti (non solo fisicamente, ma soprattutto spiritualmente): «tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, l’otterrete «tutto è possibile per chi ha fede» (Mc 9,23).
Anche osservare i comandamenti di Dio è cosa necessaria per avere i suoi doni più grandi. «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti» (Mt 19, 17), dice il Signore, che per indicare l’importanza della pratica dei Comandamenti presenta la parabola della casa, che resiste o che crolla in base ad essa (cf Mt 7,24-27).

Qual è il motivo per cui Egli condiziona il suo dono fondamentale alla sequela della sua legge? Ripeto che Lui non lo condiziona affatto; se non seguiamo le sue vie, siamo noi che non vogliamo accogliere la sua vita e non Lui che non ce la vuole donare. Perché osservare i comandamenti di Dio significa osservare la legge dell’amore, come ci insegna San Paolo nella lettera ai Romani: «Infatti il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso»; così l’Autore sacro può concludere: «pieno compimento della legge è l’amore» (Rm 13,10).
E siccome Dio è amore (1 Gv 4,8 e 16), osservare la legge dell’amore in tutte le circostanze della vita è avviarsi ad accogliere Dio, inizialmente in terra e pienamente in cielo.

In conclusione, la preghiera e l’ascolto, la fede e l’osservanza dei comandamenti sono indissolubilmente uniti, e insieme formano il nostro sì all’offerta del Signore.
Essi stessi sono un dono di Dio e contemporaneamente sono un’azione dell’uomo che accoglie l’invito del Padre.
Infatti, la vera preghiera nasce dalla fede e dall’amore, è un atto di fede e d’amore e porta all’incontro con Lui faccia a faccia; la fede viene da un primo contatto con Dio nella preghiera e nell’amore, vive nella preghiera e nell’amore, e porta alla vita piena con Lui; l’amore generoso, sintesi dei comandamenti, nasce dalla fede e dalla preghiera, si rende possibile solo attraverso di esse e porta alla festa dell’abbraccio, nella Luce e nell’Amore senza confini.

                                                                                       Antonio Rudoni


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-9
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